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Autore: Geisha    01/07/2012    3 recensioni
Wendy era sempre stata quel rompicapo che neppure lui, bambino prodigio, era mai riuscito a risolvere. E a pensarci bene, era perfino da stupidi pensarla così, perché l’amica non era poi tanto diversa da miliardi di altre ragazze che avevano gravitato nella sua vita, avvicinandosi per poi allontanarsi senza fare più ritorno. O, forse, era stato proprio lui a decidere di non provare a dare un senso a quel puzzle umano, troppo spaventato al pensiero che, la soluzione, avrebbe potuto scombussolare la sua esistenza.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 3

Welcome to the jungle

 

Dopo tutto, una bugia cos'è? Nient'altro che la verità in maschera”

George Gordon Byron

 

 

Quartier Generale F.B.I., Quantico, Virginia, Ore 19.47

Il giorno prima

 

-Non sono d’accordo!-

-Mi spiace, ma ai superiori non importa se lei è d’accordo o no- la voce della Strauss si alzò di qualche ottava mentre inclinava il capo lo fissava con rimprovero –Hotchner, è appeso ad un filo e il direttore non vede l’ora di tagliarlo, se ne rende conto?-

L’uomo rimase rigido di fianco alla scrivania, tamburellando le dita sulla superficie cosparsa di pile di documenti –Pensavo che dopo il caso di Milwaukee le acque si fossero calmate.-

La donna scosse la nuca –Siete guardati a vista, non aspettano che un vostro passo falso per poter intervenire- Erin prese una pausa, lanciando uno sguardo esausto a Wendy che, seduta sulla poltrona, si rigirava fra le dita un boccolo corvino; tornò a guardare Aaron, ora impegnato a contraccambiare lo sguardo austero della superiore -Hotchner, se non fosse importante non glielo chiederei. C’entra il bene dell’unità!-

-Ha notato lei stessa che la squadra sta procedendo al meglio- replicò deciso –E dubito che l’aggiunta di un nuovo profiler possa intaccarne l’equilibrio, soprattutto se si tratta di un agente pluridecorato ed esperto.-

Erin arcuò un sopracciglio –Lei non si è chiesto perché David Rossi vuole tornare a lavorare con noi, vero?- Aaron incassò il colpo in silenzio, limitandosi a fissare le tendine che, chiuse, oscuravano la vista dell’open space –Beh, il direttore si sta ponendo questa domanda. E anche io- indicò Wendy che, sentendosi chiamata in causa, riportò lo sguardo apatico su di loro –Domani presenterà alla squadra l’agente Rossi e se doveste avere fra le mani un caso, Wendy vi seguirà per prendere appunti su di lui.-

La segretaria si morse la lingua, evitando accuratamente di controbattere a tale idea geniale della donna e di quello svitato del direttore; inoltre sperava che Hotch fosse dalla sua e che magari, fulminandola con uno dei suoi soliti sguardi, l’avrebbe fatta desistere. Lei ci aveva provato per tutto il tragitto dal loro ufficio a quello dell’agente, ma a nulla erano valse le sue lamentele –Appunti di che genere?- si intromise nella loro diatriba, venendo guardata solo in quell’istante, quasi si fossero dimenticati della sua silenziosa presenza.

-Il direttore vuole che studi le sue mosse. Cerca di carpire qualche informazione, perché è tornato qui… Un uomo famoso e ricco come David non si presenterebbe mai alla nostra porta senza un valido motivo.-

-E non posso farlo io?- domandò l’uomo lanciando un’occhiata verso l’open-space –O qualcuno della mia squadra?-

Erin scosse la nuca dopo aver pesantemente sospirato –Lei è sommerso di lavoro e la sua squadra ha altro a cui pensare. Non intendo sobbarcarvi di altri problemi.- a quelle parole, Aaron puntò lo sguardo scettico verso Wendy, ora intenta a rigirarsi fra le dita l’anello appeso alla collanina argentea  -Non sarebbe meglio chiedere consiglio ad un profiler più esperto, a questo punto?- domandò l’uomo scettico, arcuando un sopracciglio nero. La Lamont storse il naso, non tanto per la scarsa fiducia che l’agente riponeva nelle sue capacità di analisi, quanto per il fatto che stesse prendendo sul serio le idee strampalate della strega.

L’angolo destro delle labbra di Erin guizzò all’insù; sembrava gonfia come un tacchino tanto era compiaciuta  –Crede che non ci abbia pensato? Lei e la sua squadra avete altro di cui occuparvi, non posso chiedervi di tenere sotto controllo un nuovo arrivato e lei ha già troppo da fare da quando Gideon ci ha lasciati. Wendy andrà più che bene- la guardò e lei, nonostante la rabbia, si ritrovò a sorriderle tirata –Ha partecipato a molti casi con la squadra ed è stata l’assistente di Jason. Inoltre, non sarebbe la prima volta che vi segue per tenere sotto controllo la situazione.- replicò asciutta, come se non volesse sentire repliche o trovare falle nella sua richiesta.

-Mi sembra chiaro che un no come risposta non è contemplato… Mi corregga se sbaglio.- borbottò ironico, ricevendo un sopracciglio arcuato da parte della donna che si era limitata a proferire un lapidario –Esattamente.- prima di rivolgere ad una Wendy divertita un’occhiata torva. Hotch si prese qualche secondo per valutare la situazione, capitolando –Cosa dovrò dire alla squadra? Si chiederanno il perché della sua presenza.- la indicò con un cenno del capo.

Wendy intervenne, alzando le spalle –Puoi sempre dire loro che è in corso la valutazione mensile della squadra e dato che la Signora Strauss sarà in riunione, non potrà effettuarla lei stessa- si grattò la punta del naso –O puoi dir loro la verità.-

-Quello che direte non è affar mio, l’importante è che Rossi non scopra nulla- tagliò corto la donna agitando le mani, rivolgendo al capo squadra un’occhiata irritata -Allora, siamo d’accordo?- domandò portando le mani sui fianchi.

Wendy strinse il block-notes contro il petto; Hotch le rivolse un lungo sguardo  –Ho altra scelta?- mormorò stizzito, osservando la figura della superiore che si allontanava verso l’uscio.

-Lo prendo per un sì.- la Strauss si dileguò dall’ufficio lasciando dietro di sé un’aria tesa che andava appesantendosi sempre più ogni volta che la Lamont incrociava lo sguardo furibondo di Hotchner.

-La reputi una buona idea?- Wendy si guardò attorno, rendendosi conto che quella domanda scocciata era stata rivolta proprio a lei e Aaron, in piedi davanti alla scrivania, la fissava diffidente.

-Certo che no. Ma ho qualche alternativa?- domandò retorica giocherellando con un lembo della camicetta. Il sospiro pesante dell’agente rapì la sua attenzione.

-Avresti dovuto ribellarti. Sei la sua segretaria, non una pedina che può spostare a suo piacimento.- le fece notare mentre tornava a sedersi.

-Ci ho già provato! Ma quando le ho fatto notare che domani è Halloween mi ha detto: “Non sei troppo grande per fare dolcetto o scherzetto?”- la imitò malamente mentre Hotch si limitava a socchiudere gli occhi scuri.

-E non lo sei?-

Una risata le sfuggì –Io sì, anche se non sembra- civettò, facendogli scuotere la nuca -Ma Abigail no- lo vide annuire prima di lanciare un’occhiata alla foto del figlio. Le labbra carnose di Wendy si modellarono in un sorriso amaro ora rivolto alle unghie laccate di rosso –Hotch, da quando sono qui ho imparato che ci sono cose che non dipendono da me, purtroppo. E per quanto io non sia d’accordo con le scelte della Strauss, è pur sempre il mio capo.- asserì incolore, stanca ormai di quel mantra che continuava a ripetersi da anni. Strano come con Gideon non si fosse mai posta problemi di questo genere. Con lui era come non avere gerarchie, o meglio, averle ma non farle notare ogni cinque secondi… Scosse la nuca, scacciando il magone che si era impossessato di lei da quando la Strauss l’aveva richiamata nel suo ufficio dopo la visita di Rossi.

-A questo punto, non mi resta che avvisare gli altri.- borbottò Hotch cominciando a scrivere su dei documenti. Wendy annuì, lisciandosi la gonna a pieghe mentre si alzava.

-E io dovrò avvisare Abby- lo vide sollevare il volto contratto in una smorfia di seccatura mista a rammarico e lei, approfittando della sua distrazione, gli pose quella domanda che da anni le frullava nella testa –Posso sapere come fai? Con Jack, intendo.-

-Che intendi dire?-

Wendy si morse le labbra –Passi a lavoro la maggior parte del tempo, eppure Jack sembra non avercela mai con te.-

Vide Aaron allentare il nodo della cravatta mentre mormorava un pacato –Haley mi da una mano- con il quale sembrò voler troncare il discorso. E lei, che non aveva voglia di intromettersi nella sua vita privata, si limitò ad annuire, procedendo amareggiata verso la porta. Fu quando appoggiò la mano sulla maniglia che Aaron la chiamò -Dì ad Abigail che mi dispiace.- e lei non riuscì a cogliere cosa esattamente il suo sguardo volesse dirle. Ma gli sorrise, come se sentisse che, in qualche modo, comprendesse la sua situazione…

 

-Lamont, che ci fai ancora qui?- la ragazza si volse di scatto riportata sulla terra dal richiamo di Hotch, incrociando il suo sguardo severo. Si guardò attorno; i colleghi si stavano sparpagliando lasciandola in balia del sergente di ferro che, esasperato, scosse la nuca –Devi andare con Reid e Rossi sulla scena del crimine. Non mi hai sentito?-

Si grattò la punta del naso, mormorando un ironico –Non vedo l’ora- a cui conseguì un occhiata truce dell’agente ora impegnato a recuperare le proprie carte. Sospirò, portando una mano sulla fronte –Scusa, è che sono in pensiero. Sono ore che provo a chiamare Abby, ma non vuole parlare con me.-

Aaron chiuse la ventiquattrore, guardandola di sottecchi –E’ a casa da sola?-

-Certo che no! La signora Campbell si sta prendendo cura di lei, ma—

-Allora ti pregherei di lasciare da parte per un momento i tuoi problemi familiari e dedicarti al caso- le parole dell’agente furono secche, taglienti come lame che le si stavano conficcando fra le costole –So che è difficile, ma abbiamo bisogno che tu sia lucida.- gli rivolse un’espressione esterrefatta prima di abbandonarsi allo sconforto, limitandosi ad annuire. Si sentiva come una bambina che, di nascosto, aveva rubato i biscotti dal vaso prima di cena e la mamma, coltala in flagrante, la stava rimproverando. Ma lei era abbastanza grande da comprendere che Aaron stava facendo il suo lavoro -Lamont?- la voce seria di Hotch arrivò come uno schiaffo in pieno viso –Concentrati. Una donna è morta e un’altra vittima è scomparsa da ieri sera, non stiamo giocando- la ragazza annuì, mordendosi il labbro inferiore mentre si tastava nervosamente lo chignon –E poi, prima finiamo prima potrai tornare da Abigail. Stasera è Halloween, no?- la ragazza puntò gli occhi blu sgranati nei suoi, scuri e profondi che sembravano volerle infondere un briciolo di positività. E, per la prima volta da quando aveva messo piede a lavoro, non le era parsa così brutta l’idea di seguirli in missione.

******

Carrolton, Texas, Dallas. Ore 12.14

-Capita spesso che lei segua la squadra durante i casi?- la voce di Rossi si perse nell’abitacolo occupato da lui, Reid , Wendy e il detective Frank che, silenzioso, li stava portando verso la scena del crimine. Spencer lanciò un’occhiata fugace all’amica che, rabbuiata, continuava a fissare il cellulare in attesa che Abby la richiamasse. Fu solo dopo qualche istante che la ragazza rivolse la propria sfuggente attenzione verso l’agente che, occhi fissi sulla strada, attendeva pazientemente una risposta.

-A volte. Essenzialmente mi occupo di dare una mano a JJ e velocizzare le pratiche burocratiche avendo contatti diretti con il direttore e la Strauss.- parlò meccanicamente, come se avesse ripetuto quella tiritera per giorni.

L’uomo annuì, volgendo il viso verso di lei –E sa qualcosa sul— le parole gli si spezzarono in gola mentre l’espressione allibita era rivolta alle sue braccia scoperte. Wendy corrugò la fronte e storcendo il naso, srotolò le maniche della camicia bianca per nascondere i tatuaggi –Sul profiling?- concluse scettico.

Wendy lasciò perdere il cellulare pronta a rispondergli, ma Reid si intromise nella loro conversazione –Certo! Sa, Wendy è stata l’assistente di Gideon, lo ha seguito sul campo molte volte e- ahi!- si massaggiò il costato; la Lamont gli aveva rifilato una gomitata seguita da uno sguardo tagliente.

-L’assistente di Jason?- sorpreso, allargò gli occhi scuri –Interessante.- lascò cadere il discorso, sistemandosi nuovamente sul sedile del passeggero, tornando a fare domande al detective riguardo il caso della giornata. Le labbra sottili di Spencer si stiracchiarono mentre osservava la figura assente dell’amica che, appoggiata la guancia contro il finestrino, osservava le colline srotolarsi davanti a sé. Non ci voleva un Q.I. di 187 per rendersi conto che Wendy fosse nervosa al pensiero di aver abbandonato la figlia e lui, da bravo migliore amico, aveva provato a consolarla ma la segretaria era stata chiara al riguardo quando si era lasciata cadere sulla poltrona del jet: niente domande o sguardi di pietà.

Nel giro di pochi minuti il detective parcheggiò al lato della strada, permettendo loro di scendere sotto il sole cocente di Dallas -Dobbiamo entrare nella radura per poter raggiungere il torrente.- esalò l’uomo massaggiando la fronte. Rossi annuì, incamminandosi veloce. Spencer si volse verso l’amica intenta a pigiare veloce i numeri sul telefono.

-Io vi raggiungo tra poco- sventolò una mano per spronarlo ad andare prima che la sua voce intrisa di rabbia si spargesse nella vallata –Fantastico! Ora non c’è campo?!- e vedendola tamburellare le dita sul cofano, pensò bene di lasciarla sbollire in solitudine, ben conscio che niente avrebbe potuto placare l’animo furente dell’amica. La distanziò, seguendo in silenzio i due uomini che sembravano non fare caso alla calura e lui, esaltato come un bambino, si ritrovò a lanciare occhiate fugaci alla larga schiena dell’agente più anziano. Insomma, aveva avuto l’onore di vederlo a qualche conferenza o di leggere solamente i suoi libri ma mai avrebbe pensato di poter indagare su di un caso con lui. Quasi avrebbe voluto baciare Hotch quando aveva detto loro di recarsi assieme al torrente! Lo guardò con la coda dell’occhio, stringendo le labbra mentre cercava di tornare coi piedi per terra. Insomma, sembrava una ragazzina al suo primo appuntamento! A quel pensiero corrugò la fronte e Rossi doveva essersene accorto, perché lo stava fissando con un sopracciglio arcuato –Tutto bene?-

-Ahm, certamente!- portò dietro l’orecchio una ciocca di capelli, riprendendo a camminare con passo veloce verso il torrente in cui era stato trovato il corpo della Colucci.

Rossi si accarezzò la barba –Dottor Reid, tutti i fascicoli  dei vecchi casi sono ancora nel deposito al quarto piano?- domandò curioso, osservando il paesaggio.

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia e replicò pensoso –Presumo di sì. Però la maggior parte delle informazioni sono state salvate sul computer. Oh, a proposito, ha trovato il tempo per vedere qualche vecchio caso? Se vuole potremmo esaminarne qualcuno assieme una volta tornati! Non immagina nemmeno quanti serial killer—

-Ma certo, magari più tardi- lo liquidò l’uomo con fare annoiato, sventolando una mano e superandolo mentre si dirigeva verso la radura. Reid stirò le labbra, conscio di aver esagerato. Come suo solito, era partito in quarta a parlare a raffica senza chiedersi se l’interlocutore avesse voglia di ascoltarlo. E l’agente Rossi non doveva averne, perché per tutto il viaggio dalla stazione di polizia al luogo del ritrovamento si era limitato a parlare del caso odierno oppure a starsene in silenzio scribacchiando sul taccuino. Non era stato esattamente un compagno di viaggio esemplare, soprattutto se paragonato a Gideon. Almeno Jason gli prestava ascolto, lo coinvolgeva nella conversazione e trascorreva il tempo con lui giocando a scacchi. Si grattò la nuca; pensava di essersi abituato alla sua assenza, ormai –L’agente Lamont sta ancora litigando al telefono?- Rossi si era fermato e stava fissando la donna che, in lontananza, li raggiungeva con espressione minacciosa.

-Sta parlando con sua figlia.- vide gli occhi scuri di David allargarsi mentre gettava un’occhiata incredula alla segretaria.

-Sua figlia?! Ma quanti anni ha?-

-Wendy ha ventisei anni, otto mesi e venti giorni! Abby ne ha otto compiuti da un mese e—

-Otto anni?!- ripeté inarcando le sopracciglia, lasciandosi sfuggire uno sbuffo misto a risata –E io che credevo che la Lamont avesse poco più di vent’anni. Una stagista, insomma- si accarezzò la barba. Spencer storse il naso a quell’affermazione, borbottando un ingenuo –Ma non ne dimostra così pochi!- che fece ridere di gusto l’uomo al suo fianco, ora impegnato ad imboccare il sentiero principale –Dottor Reid, ringrazi che non fosse qui ad ascoltarla- lo fissò confuso –Mai e ripeto, mai dare della vecchia ad una donna. O dirle che è ingrassata. Lo tenga bene a mente.- concluse Rossi abbozzando un sorriso, procedendo verso il torrente.

Spencer si morse l’interno delle guance, ponderando sull’unica parentesi di divertimento che quell’uomo si era permesso di concedersi in sua compagnia, come se avesse voluto regalargli una piccola perla di saggezza. E se anche Wendy lo avesse ascoltato? Insomma, dubitava se la sarebbe presa. Wendy era… Beh, Wendy era Wendy! Era la sua migliore amica, una sorella maggiore… Perché doveva fare attenzione a ciò che le diceva? Tra fratelli ci si stuzzicava, no? La ragazza lo affiancò e il suo sonoro grugnito interruppe il flusso dei suoi pensieri –Il telefono mi ha abbandonata- avvertì una nota di stanchezza nella sua voce prima di stropicciarsi il volto pallido –Ma tanto non mi avrebbe risposto.-

-L’ha presa così male?-

Annuì -E come biasimarla? Ho promesso di passare la serata con lei e invece mi ritrovo a Dallas!- la vide aprire le braccia e guardarsi attorno esasperata –Perché mi ricordo tanto mio padre?- gli puntello l’indice sulla fronte –Era una domanda retorica, eh. Non azzardarti a farmi il profilo!-

Reid stiracchiò le labbra di fronte alla sua voce velata di colpevolezza, limitandosi a guardarla con rammarico –Vedrai che le passerà.- fece per posarle una mano sulla spalla, ma la smorfia sul suo viso lo costrinse a bloccarsi. Portò la mano fra i capelli, vedendola incamminarsi spenta verso il sentiero dopo aver esalato un sincero –Se fossi in lei mi odierei anche io.- che lo scosse. Solitamente l’amica lasciava volare via le litigate con la figlia, ripetendosi che se voleva provvedere al suo futuro doveva per forza eseguire gli ordini della Strauss senza ribellarsi. Ma quel giorno gli parve diversa, prosciugata di ogni positività. La seguì in silenzio, incapace di confortarla. E fu solo quando la vide scendere il sentiero che portava al torrente che si fermò ad osservare la sua schiena stretta, i suoi capelli corvini legati in uno chignon, la sua camicetta sobria e la gonna a pieghe elegante che stonava con le All Star nere. E le parole dell’agente tornarono a galla…

Cioè, biologicamente parlando sapeva bene che Wendy era una donna fatta e finita, insomma, non poteva mettere in dubbio ciò! Eppure, ora che lo notava, mai si era soffermato a dirsi quanto fosse cambiata dalla ragazzina stravagante che cambiava taglio di capelli per l’infelicità della matrigna o che si faceva un tatuaggio quando litigava con il padre. Forse perché per lui era stata la normalità veder crescere quella bambina dai capelli rossi e ricci in una donna ancora legata al passato dubbiosa del proprio avvenire, ma capace ancora di infondergli sicurezza. O, forse, se ne era accorto tempo prima, ma se si fosse posto delle domande avrebbe dovuto cercare per forza delle risposte. E lui non era così sicuro di volerne…

 

Quando la sua nuca castana fece capolino dalla finestra della stanza color panna di Wendy, le note di “Baby one more time” lo investirono e subito, con espressione sconcertata, fissò la figurina dell’amica che, seduta sul letto, si rimpinzava di fette biscottate e marmellata d’arancia. Spencer lasciò vagare lo sguardo sulle pareti tappezzate di poster dei Guns n’ Roses e dei Nirvana che tanto cozzavano con quella musica così… da cheerleader, che quasi si chiese se non fosse entrato in una dimensione parallela.

-Da quando ascolti Britney Spears?- posò i piedi sul parquet rosa antico.

Gli occhi blu dell’amica si allargarono e lo stupore dipinse il suo volto –Spency! Che ci fai qui?!-

-Sono tornato stamattina. Non ho lezione questa settimana- indicò la radio accesa  –E’ la nuova punizione di tuo padre?-

-Se avesse davvero voluto punirmi, mi avrebbe nascosto i cd dei Guns- Wendy scacciò le briciole depositatesi sulla felpa –Me lo ha comprato Alicia. Dice che Britney mi aiuterà a far uscire la mia femminilità.- Spencer inclinò il capo, studiando la sua felpa dei Nirvana e i capelli rossi dalle punte viola. Alla parola femminilità accostata a Wendy, si ritrovò a coprire il sottofondo musicale con la propria risata –Ehi, non c’è nulla da ridere!- gli lanciò contro un cuscino per poi mormorare pacata –E’ bello rivederti, Spency- facendogli segno di sedersi sul letto. Reid annuì scrutando i suoi occhi rossi e gonfi; non bisognava essere dei geni per capire che aveva pianto fino ad allora, si disse mordendosi l’interno delle guance. Ma lei continuava a sorridergli felice, quasi volesse nascondere la sofferenza –Com’è andato il viaggio?-

Si passò una mano fra i capelli lunghi fino a metà collo –Bene. E so cosa stai per dire: no, non sono stanco, non ho bisogno di riposare- le rivolse un sorrisetto mentre la vedeva gonfiare le guance, colta in flagrante –Ma tu devi essere parecchio giù se ti ascolti questa roba- ritornò sull’argomento e lo sguardo cadde sul poster di un Axl Rose a torso nudo –Non credo che lui approverebbe.-

-Non è poi tanto malvagia. E Axl mi perdonerà.- lanciò un’occhiata sognante al poster prima di impugnare il coltello sporco utilizzandolo come microfono; Spencer le rivolse uno sguardo allucinato -Sometimes I'm scared of you, but all I really want is to hold you tight, treat you ri—

 -Senti, puoi spegnere quella roba?!- la interruppe brusco, vedendola ridacchiare -Mi-mi fa senso sentirti cantare “Sometimes”! E’-è-- aprì le braccia, incapace di descrivere la propria angoscia. Perfino il Kurt Cobain del poster appeso sopra il letto sembrava gridare “Pietà!”.

-Intanto conosci i titoli- lo punzecchiò, zampettando sulle punte fino allo stereo. Sorrise nell’osservare i suoi piedi scalzi; era confortevole vedere che quelle piccole, minuscole abitudini rassicuranti non erano affatto cambiate nonostante i mesi di lontananza –Posso offrirti qualcosa?- si ributtò sul letto, facendogli spazio dopo aver gettato a terra le buste di merendine.

-Se continui a mangiare così tanto, metterai su peso- le parole gli uscirono spontanee dalle labbra sottili e come sempre accadeva cominciò a parlare senza fermarsi –Lo sapevi che le ragazze una volta superata l’adolescenza tendono ad ingrassare? Uno studio australiano effettuato tra 1.500 giovani di età compresa tra i 14 e i 24 anni ha dimostrato che il loro peso è aumentato del 33%- cominciò a gesticolare, incurante della sua espressione sconvolta –Le cause sono da ricercarsi nel cambiamento di stile di vita legato all'ingresso nel mondo del lavoro, l'uscita dalla casa dei genitori, variazioni nella dieta e riduzione delle attività sportive. Tu, per esempio, non vai a correre da--

-Rimetto Britney- lo interruppe lapidaria –E non si dice ad una ragazza che potrebbe mettere su peso. Solitamente le si dice: “Oh, come sei dimagrita! Hai fatto palestra? No, sai, sei in gran forma!”-

-Ma tu sei—

-Spency!- il ragazzo annuì, sedendosi sul letto mentre posava la borsa a tracolla per terra, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio –Allora, a Caltech tutto bene?-

-Oh, alla grande! Sai?, a breve darò l’esame per prendere la laurea in matematica!- commentò raggiante, vedendo il suo viso illuminarsi dalla gioia –Invece a scuola? Alicia ha detto a mia mamma che sei tra le candidate per il titolo di Reginetta del ballo!- la stuzzicò divertito.

Wendy roteò gli occhi –Credevo fosse uno scherzo e invece qualche cretino mi ha candidata sul serio!-

-Potresti vincere.-

-Contro Alexa Isben? Non credo proprio- a quel nome si irrigidì; Alexa era la più bella della scuola, quella che riempiva i sogni dell’intera popolazione maschile, quella che attirava su di sé gli sguardi adoranti dei ragazzi quando passava per il corridoio. Decisamente l’opposto di Wendy che, nonostante gli svariati corteggiatori, sembrava attirare le attenzioni dei Nerd o dei bulli, non certo quelle dei giocatori di basket. Lanciò un’occhiata alla Lamont. Era sciocco da parte sua trovarla guardabile nonostante si vestisse con abiti adatti ad un concerto rock, sempre e rigorosamente con le scarpe da ginnastica, senza trucco e i capelli acconciati in maniera alternativa? –Fa niente, tanto non me ne frega granché. Ma per  papà e Alicia sarà solo un altro pretesto per darmi addosso.- addentò una fetta biscottata.

Spencer le rivolse un sorriso tirato, cercando di cambiare discorso –Hai già deciso cosa farai finita la scuola?-  l’amica alzò le spalle, segno che non ne aveva la più pallida idea e lui, sorpreso, la fissò con gli occhi allargati –Andiamo Wendy! Ne va del tuo futuro!-

-Adesso sembri mio padre!- agitò un indice –“Wendy, devi scegliere una facoltà che possa aiutarti a realizzarti nel mondo del lavoro! Come pensi di provvedere a te stessa se non sai nemmeno cosa vuoi dalla tua vita?”- fece la voce grossa e lui si ritrovò a ridere.

-Perché non lo affianchi nella direzione del Lucky 38?- propose convinto, allargando il sorriso; sorriso che si spense quando la vide inarcare entrambe le sopracciglia.

-Dice che non combinerei nulla di buono e che sarei capace di far andare in bancarotta il suo amato casinò!- commentò massaggiandosi il ventre, deglutendo -Per essere un genio a volte dici cose stupide, lo sai?- concluse bonariamente, liberandogli la fronte dalla frangetta scompigliata.

-Già, non ti ci vedrei a dirigere un casinò.- lei annuì, imburrandosi un’altra fetta di toast mentre canticchiava “Welcome to the Jungle”. E lui, nonostante fosse stanata come una campana, si ritrovò a bearsi della sua voce vellutata.

-Sei stato da tua madre?- non lo stava guardando, ma dal suo tono di voce comprese che una ramanzina sarebbe presto giunta nel caso avesse detto no.

Annuì –Sì, ma non ci siamo detti granché. Sai, ha avuto una delle sue crisi e—si inumidì le labbra, scuotendo la nuca di fronte al suo sguardo rammaricato; odiava quando Wendy si mostrava così pietosa nei suoi riguardi, ma non aveva voglia di litigare, perciò si limitò a cambiare velocemente discorso –Mi ha detto che vai a trovarla spesso. È contenta quando stai con lei.-

-Mi piace stare con Diana. Mi legge sempre un sacco di libri!- la vide agitare il coltello e sorridergli raggiante; forse Wendy era l’unica che adorava starsene chiusa in una stanza in sua compagnia anche quando entrava in uno dei suoi soliti viaggi e lui, che aveva deciso di andare a Caltech pur di non doverci avere a che fare ogni singolo giorno, ormai stanco, si ritrovò a dirsi quanto splendida fosse la migliore amica. Forse avrebbe dovuto ringraziarla sul serio. Vide Wendy farsi più vicina, gli occhi blu socchiusi e indagatori –Senti, è da quando sei arrivato che me lo sto chiedendo: cosa c’è che non va?- Spence guardò le lenzuola a motivi floreali, mordendosi il labbro inferiore –Non è da te tornare di mercoledì.-

-Te l’ho detto, non ho lezione!-

-Come se me la bevessi.-

Spencer strinse la maglietta, storse il naso e la bocca, messo a nudo di fronte alle sue parole. E ancora una volta, si ritrovò a mettere in primo piano il proprio dolore piuttosto che chiederle cosa non andasse nei suoi occhi blu rossi e spenti -Con oggi sono cinque anni che mio padre se ne è andato- portò dietro le orecchie i capelli mossi, agitando le mani –Ti prego, non iniziare con la solita storia che è solo una crisi passeggera, che io sono più forte, che non ho bisogno di lui, che ho ancora mia madre—la vide restare immobile, lo sguardo pensoso e per nulla adirato per quella sua uscita brusca –Il fatto è che ogni volta che torno da Caltech, mi illudo che aprendo la porta lui sarà lì a sorridermi, a dirmi che è tornato perché gli mancavo da morire- alzò la nuca, incrociando i suoi occhi velati di malinconia mentre si lasciava sfuggire un sorriso amaro –Forse hai ragione. Per essere intelligente, dico proprio cose stupide.-

 

Fu un istante, un gesto talmente tanto imprevedibile che il suo cervello andò in tilt facendolo paralizzare,  mozzandogli in fiato mentre il cuore perdeva un battito… Wendy si era sporta e, dolce, gli aveva baciato la fronte. E lui doveva essere arrossito come uno scolaretto perché, mentre si irrigidiva, l’amica lo aveva attirato a sé e lo aveva fatto adagiare sulle proprie cosce, cominciando a giocherellare con i suoi capelli in lente carezze.

-Cosa stai— le parole si attorcigliarono in gola; deglutì, sperando che il nodo si sciogliesse, senza alcun risultato. Wendy canticchiava, non gli diede alcuna spiegazione; i capelli rossi le ricadevano in lunghi boccoli oltre il seno, contornandole il viso ovale e chiaro cosparso di minuscole lentiggini; prese una punta violacea, giocherellandoci con le dita mentre si lasciava cullare dalla sua voce che continuava a spargersi nell’aria. Gli si accapponò la pelle quando intonò un Do al posto del Fa, ma lasciò perdere. Corrugò la fronte quando non la sentì più cantare -Non stai bene?- domandò preoccupato, vedendola portare una mano alla bocca mentre deglutiva.

-Ahm, no, tranquillo. Devo aver mangiato troppo- mormorò portandosi una mano alla pancia, massaggiandola. Reid strinse le labbra, osservando i movimenti delicati della sua mano –Allora, me ne vuoi parlare?- mormorò tenue, sorridendogli dolce.

Spency si passò una mano sulla fronte, rilassandosi sotto i suoi morbidi tocchi e prima che potesse rendersene conto, aveva cominciato a confidarsi. E lui, un genio, un bambino prodigio, non seppe spiegarsi il perché di quel fiotto al cuore che lo stava scaldando, quell’imbarazzo che lo costrinse a distogliere lo sguardo… Non lo sapeva, non lo capiva. Ma si sarebbe volentieri smarrito nel guardarla, di questo ne era certo…

 

-Spency, di qua!- la Lamont aveva distanziato i due agenti, gettando il capo all’indietro mentre lo scrutava con un sorrisetto a incresparle le labbra. Spencer strinse le mani intorno alla camicia, mordendosi il labbro inferiore mentre zampettava verso di lei con la testa pesante e satura di pensieri confusi –Rossi sembra un cane da caccia.- commentò tediata mentre l’uomo saliva su di un tronco che dal terreno si gettava in acqua.

Le labbra di Reid si distesero –Non ti piace, vero?- e prima che la Lamont potesse replicare, Spencer cominciò a gesticolare –Credo che tu lo veda come un sostituto di Gideon, una sua copia mal riuscita, un usurpatore di quello che per te è stato un surrogato di una figura genitoriale importante. E, inoltre, lo consideri la fonte scatenante della tua lite con Abigail. Continui a ripeterti che se lui non fosse tornato, la Strauss non ti avrebbe mandata con noi sul campo e—

-Ti butto giù dalla scarpata- minacciò scocciata, continuando a fissare l’agente con il volto inclinato. Poi il suo tono si tranquillizzò –Però sei proprio bravo, lo sai?- un sorriso divertito gli increspò le labbra mentre fissava le proprie scarpe da ginnastica. No, Wendy era sempre stata una donna matura solo che lui non aveva mai voluto vederlo… Gli diede una gomitata e si scontrò con il suo ghigno -Ehi, non sarebbe divertente se cadesse in acqua?-

Spencer serrò le labbra e gli occhi. No, decisamente quello sull’essere una donna matura era stato un errore di analisi.

********

Distretto di polizia di Carrolton, Ore 16.37

 

-Noi andiamo alla Techco. Se Garcia ha ragione, il nostro S.I. sarà ancora nell’edificio- Hotch guardò le due ragazze, poi gettò un’occhiata severa verso Rossi che, neutro, se ne stava immobile ad ascoltare i piani d’azione –JJ, se qualcuno dovesse chiamare a proposito di Enid White o per qualsiasi altro motivo legato al caso, contattaci immediatamente.-

-Certo Hotch.- gli rivolse un sorriso prima di vederlo andare via insieme agli altri colleghi. Wendy, penna ferma sul block-notes osservò l’agente David andarsene in silenzio, continuando ad appuntare ciò che era accaduto in quel lasso di tempo. Sembrava quasi che, ogni sua mossa, gli si rivoltasse contro. Come il far trapelare l’immagine delle maschere rinvenute sulle scene del crimine e insinuare che l’S.I. fosse impotente, azioni che Aaron non aveva visto di buon grado, o il suo evitare di condividere i pensieri con il resto della squadra. No, lui appuntava tutto sul suo taccuino, ragionava in silenzio e si limitava ad agire senza interpellare gli altri. Un lupo solitario, insomma… Morse l’interno delle guance: nemmeno la Strauss sarebbe stata contenta del suo rapporto.

-Davvero una mossa geniale.- esalò Morgan nervoso, mentre caricava la pistola.

-E io che ho tanto raccomandato le centrali di non divulgare nulla fino al nostro avviso.- borbottò JJ stanca, massaggiandosi le tempie.

Morgan lanciò un’occhiata alla segretaria dopo aver scosso la nuca –Ragazza tatuata, segna questo: se Enid White muore, la colpa è di quel bell’imbusto.-

La segretaria fece sventolare il block-notes –Già fatto. E con parole più eleganti delle tue- JJ mormorò un flebile –Uno a zero per la nostra Wendy!- per poi gettarsi a capofitto nei fascicoli di alcuni casi, appoggiando il cellulare sul tavolo.  Dereck imprecò all’occhiolino che la giovane donna gli rivolse –Fate attenzione, ok?-

L’uomo ghignò -Hai dato il bacio portafortuna al nostro ragazzino preferito?-

-Morgan, non hai un S.I. da catturare?- sventolò una mano, intimandogli di levarsi dai piedi. E come sempre, quando si trattava di punzecchiarla, l’agente si dileguò lasciandole come ultimo ricordo la sua rauca risata. Wendy roteò gli occhi e si sedette al fianco di JJ che, divertita, la scrutava.

-Credo che tu e Spence siate il passatempo preferito di Morgan- le strappò un grugnito –E anche quello di Garcia.-

Wendy si passò una mano sul viso –Quei due sono tremendi insieme, sono peggio dei gemelli Weasley!- borbottò storcendo il naso lentigginoso, ricevendo uno pacca sulla spalla da JJ che, stoicamente, cercava di non scoppiarle a ridere in faccia. Il silenzio calò tra loro, ora indaffarate a portarsi avanti nel lavoro. Jennifer le rivolse un’occhiata fugace, vedendo la mano affusolata di Wendy avvicinarsi al cellulare -Sei poi riuscita a parlare con Abigail?-

Wendy tirò le maniche della camicetta fino ai gomiti per far scemare lo stress; il pensiero che i suoi compagni stessero andando ad affrontare un serial killer continuava tenerle la testa impegnata e JJ, da brava profiler quale era, doveva essersi resa conto del suo disagio se continuava a tenerla occupata con altro. Fece ciondolare la nuca –A dir la verità ho parlato solo io, lei non ha fiatato. E quando le ho chiesto come stava, ha detto che doveva andare a fare i compiti- confidò amareggiata, nascondendo le labbra dietro il palmo aperto della mano –Sai, non sono un abile profiler anzi, molte volte mi chiedo come io sia finita qui, ma non credo che bisogni essere come voi per capire che in questo momento mi sta odiando.-

JJ le posò la mano su una spalla –Ha otto anni, è normale che queste che per noi adulti sono piccolezze, a lei paiano come enormi torti- le sorrise dolce –Vedrai che non appena andrai a prenderla, correrà da te dicendoti quanto le sei mancata.

Corrugò la fronte  –Se ha preso da me, no- borbottò, facendo ridere la collega –Quando mio padre tornava dal lavoro, se avevamo avuto una lite, io non gli rivolgevo la parola. Abby sotto certi aspetti mi somiglia anche troppo.-

La curiosità trasparve dal viso di JJ -Sei mai andata a trovare tuo padre con lei?-

Sgranò gli occhi blu –Cosa?! Certo che no!- sventolò una mano -Le ho detto che Richard è l’uomo nero e da allora non ne ha più voluto sapere. Quando sente la sua voce in segreteria si nasconde sotto le lenzuola.- ridacchiò al ricordo di una Abby terrorizzata a causa del tono di voce burbero proveniente dall’apparecchio.

-Non sono migliorate le cose, vero?- domandò pacata.

Wendy alzò le spalle -Con quell’uomo è impossibile ragionare- bofonchiò amara, piegandosi sul block-notes pur di far cessare quella scomoda conversazione. JJ comprese e, silenziosa, tornò a sfogliare i fascicoli, dedicando di tanto in tanto qualche attenzione alla televisione accesa. La Lamont si accarezzò le braccia tatuate, riportando poi lo sguardo preoccupato su Jennifer –Credi che andrà tutto bene?-

-Ovvio!- replicò positiva, inclinando il capo. La sentì sospirare prima che il suo volto si velasse di amorevolezza –Credo di capire come ti senti. Quando mi lasciano in centrale ad aspettarli, vivo con l’ansia- confidò la ragazza indicando i documenti -Così ho imparato a portarmi dietro il lavoro. E’ un’ottima valvola di sfogo.- le regalò un occhiolino e Wendy malgrado tutto, malgrado il nervosismo, malgrado la consapevolezza di assomigliare sempre un po’ di più al padre, si ritrovò a sorriderle grata, come se le cose ora andassero un po’ meglio.

Fu solo dopo alcuni istanti di silenzio che il cellulare di JJ squillò. La ragazza lanciò un’occhiata allarmata all’apparecchio mentre Wendy riprendeva ad accarezzarsi le braccia. Si rilassò, però, quando la vide tirare un sospiro di sollievo prima di chiudere la conversazione –Era Hotch: Rossi ha ucciso l’S.I., stava cercando di colpire Morgan. Ma tranquilla, stanno tutti bene. Ha detto di raggiungerli a Cassington Road- si alzò dalla sedia, venendo imitata dalla collega. Wendy vide gli occhioni blu di JJ brillare mentre un ampio sorriso le dipingeva il volto –Enid White è viva.-

*******

Quartier Generale F.B.I., Quantico, Virginia, Ore 11.07

Wendy lasciò cadere il borsone per terra, stropicciandosi il volto mentre attendeva che il computer si accendesse. Lo sguardo stanco cadde inevitabilmente sulla foto di Abby che, ovviamente, non l’aveva richiamata al cellulare. Scosse la nuca aprendo il cassetto della scrivania, recuperando la cioccolata delle emergenze. Quella era una giornata da dimenticare: prima di tutto la litigata con la figlia, poi aveva dovuto scarpinare fino al luogo dell’abbandono senza avere nemmeno il piacere di vedere Rossi capitombolare nel torrente. O vedere le sue scarpe costose bagnarsi. Tirò fino al gomito le maniche della camicia, ringraziando che la Strauss se ne fosse già tornata a casa. Sospirò, lanciando un’occhiata al quaderno degli appunti su cui aveva segnato tutto ciò che l’agente David Rossi aveva fatto o detto durante il caso e il risultato era che, se la Strauss avesse letto, lo avrebbe spedito a casa a calci. Oltretutto, non aveva scoperto il motivo del suo ritorno, quindi anche lei sarebbe stata sbattuta fuori. Si grattò la nuca. Avrebbe dovuto parlarne con Hotch prima di dare sentenze alla superiore.

-E’ permesso?- Wendy alzò lo sguardo dal cassetto aperto, venendo colta in flagrante con la cioccolata fra le mani proprio dall’oggetto dei suoi pensieri. La donna annuì, mandando giù l’enorme boccone e, senza parlare, allungò la barretta verso l’uomo che, scuotendo la nuca, entrò nell’ufficio –Non dovresti essere da tua figlia?-

Wendy aggrottò le sopracciglia –Come fa a sapere che ho una figlia?!- lo guardò insospettita, mordendosi l’interno delle guance, aspettandosi la classica tiritera sugli sbagli della gioventù. Ma l’uomo si limitò ad alzare le spalle facendosi strada nell’ufficio fiocamente illuminato –Oh, diciamo che ho fatto le mie ricerche.- mormorò vago, lasciando in sospeso il discorso. Wendy non indagò, preoccupata ora del fatto che l’agente Rossi l’avesse raggiunta invece che tornarsene a casa. Così, la giovane si schiarì la gola riguadagnando la sua attenzione –Ha bisogno di qualcosa?-  lo vide avvicinarsi alla scrivania. Istintivamente chiuse il block-notes e David, studiandola, si limitò a posare sulla superficie legnosa una targhetta metallica. Wendy arricciò le labbra, sgranando gli occhi quando lesse il nome Jason Gideon. Possibile che quel nome le facesse ancora tanto effetto?

-Pensavo di prendere l’ufficio di Jason, se non è un problema.-

La Lamont si grattò la fronte -Dovrò parlarne con la Strauss. Le farò sapere- lo vide annuire e tornare a far girovagare lo sguardo per la stanza anche se a quanto sembrava, le sue braccia tatuate erano ciò che più attiravano la sua attenzione –Ha bisogno d’altro?-

Si era avvicinato ai fiori che teneva sul comodino vicino all’archivio –Volevo parlarti di quello che è successo oggi. Spero che non sarai troppo dura con me- l’uomo le aveva sorriso e la ragazza, non cogliendo il significato delle sue parole, inclinò il capo. Rossi le indicò il block-notes –Non sono cieco, sai? Per tutto il caso sei stata la mia ombra!

-La-la sua ombra, che assurdità!- sventolò le mani, vedendolo accarezzarsi la barba.

-Quando in macchina ho chiesto se segui spesso la squadra non sei stata molto convincente, hai scribacchiato per tutto il tempo sul quaderno anche quando parlavamo di questioni non inerenti al caso e a volte mi ponevi domande bizzarre. E credo avresti preferito trascorrere l’intera giornata fra le grinfie della Strauss piuttosto che con noi. Sbaglio?-

Wendy sospirò pesantemente -E’ in casi come questi che vorrei tanto avere la poker-face di Hotch- commentò esausta, maledicendosi per le proprie scarse doti di agente sotto copertura. Aveva solo dovuto prendere appunti e si era fatta beccare come una principiante! -Come spia non sono un granché.- si ritrovò a stropicciarsi il viso per l’ennesima volta, trattenendo una risata.

Rossi scosse la nuca -Spero non ti mandino mai in missione in incognito- lanciò un’occhiata all’ufficio buio e vuoto della Strauss –Dubito però che la nostra Erin correrebbe il rischio di perderti in qualche missione suicida- la ragazza strabuzzò gli occhi, ma prima che potesse porgergli qualche domanda, l’uomo aveva alzato una mano intimandole di lasciarlo parlare –E’ stata lei a dirti di controllarmi?- rimase in silenzio, conscia che una scusa non sarebbe mai stata presa sul serio; ma lui sembrò aver compreso tutto appieno –Tipico di Erin- Wendy si grattò il naso, osservando lo schermo –Tranquilla, farò finta di nulla. Ma sentiamo, saresti già in grado di fornire un profilo?-

-Ahm, così su due piedi. Non è che sia molto brava in queste cose, ma-- assottigliò gli occhi, osservando le pagine piene di appunti.

-Vuoi farmi credere che l’assistente di Jason non saprebbe stilare un profilo?- domandò con tono di sfida.

Wendy storse il naso –Ero la sua segretaria, più che un assistente- precisò mentre lo sguardo andava da una pagina all’altra del quaderno -Ecco, credo che lei non sia un pericolo per la squadra.- alzò le spalle, come se quella spiccia analisi potesse bastare.

-Ma…?- il sorriso le si spense quando lo vide inarcare le sopracciglia, in attesa.

-Ma credo che lei non abbia compreso appieno il concetto di squadra. Lei annota tutto sul suo taccuino e tiene per sé informazioni che potrebbero risultare importanti per la buona riuscita del caso. E’ come un solitario che si circonda di gente senza volerci avere a che fare.- gli rivolse un sorriso abbozzato, imbarazzata al pensiero di aver appena semi-offeso un personaggio del suo calibro.

Ma lui non parve prendersela perché dopo essersi accarezzato la barba, esalò un deciso –Dammi tempo- prima di scoccarle un’occhiata divertita, come se sapesse che da lì non se ne sarebbe andato via molto presto. Tirò un sospiro di sollievo lasciandosi scivolare sulla sedia, pronta a vederlo andar via; tuttavia, David si chinò sui fiori, scrutandone i petali -Begonie: prendi—

-Prendi il destino nelle tue mani. Mia madre me lo ripeteva sempre.- stiracchiò le labbra, tornando a pigiare le dita sulla tastiera, mordendosi la lingua per quel commento gratuito. Odiava parlare di sé con chiunque non fosse Spency e, chissà perché, quando si lasciava sfuggire qualche aneddoto della propria infanzia, subito le domande scomode piovevano come pioggia. Ma lui rimase in silenzio, continuando a studiare l’ufficio tappezzato di disegni di Abigail e, a quel punto, fu lei a rivolgergli una domanda scomoda mentre si perdeva a lasciar scorrere le dita sull’intaglio della targhetta -Posso farle una domanda?- lo vide annuire –Come mai è tornato?-

-Faccende in sospeso.- replicò vago. Wendy inclinò il capo, pronta ad esporre tutti i propri dubbi ma un rantolo li fece trasalire e dopo essersi scambiati un’occhiata sconcertata, rivolsero la propria attenzione alla porta aperta: Spencer Reid, con indosso la maschera di Frankenstein, aveva fatto la sua trionfale entrata. Wendy si passò una mano sulla fronte, indecisa se scoppiare a ridere o limitarsi a sentirsi in imbarazzo per lui; Rossi inarcò un sopracciglio.

Spencer balbettò qualche frase sconnessa mentre si toglieva la maschera, biascicando un –Oh, agente Rossi, non-non pensavo che lei, beh— si passò una mano fra i capelli scompigliati –Passerò dopo, scusate il distu—

-No, resta pure, tanto ho finito- lo rassicurò il più anziano avviandosi verso la porta dopo averle rivolto uno sguardo divertito. Reid si fece da parte sorridendogli tirato, avvicinandosi alla scrivania di Wendy che continuava ad osservare David ancora fermo sulla soglia –Buona serata ad entrambi e, a proposito- le indicò le braccia scoperte -Bei tatuaggi.- mormorò sincero e Wendy, suo malgrado, si lasciò sfuggire un sorriso di gratitudine prima di vederlo scomparire dalla propria vista.

Spencer allungò il collo, accertandosi che fosse distante –Cosa voleva?- osservò la targhetta che la segretaria si rigirava fra le mani.

L’angolo destro delle labbra carnose guizzò all’insù –Corrompermi- la infilò nel cassetto –Volevi qualcosa?- domandò inclinando il capo, vedendolo agitarsi sul posto.

Il sorriso del ragazzo si allargò mentre faceva sventolare la maschera –Sei pronta per trascorrere una nottata all’insegna del terrore?-

-A dir la verità passerò una mattinata all’insegna del terrore se domani la Strauss non troverà il rapporto nel suo uffici.- replicò sarcastica, osservando il blocco per gli appunti.

Spencer glielo chiuse, ricevendo un’occhiataccia in cambio  -Beh, dovrai rimandare a domani- la Lamont aprì le labbra, ma lui la zittì con il proprio entusiasmo -Ho chiamato la signora Campbell! Abby si sta vestendo.-

-Di cosa stai parlando?- aggrottò le sopracciglia sottili.

Spency le rivolse un sorriso enorme –Sto dicendo che fai ancora in tempo a portarla a fare dolcetto o scherzetto!-

-Fermo, fermo! Chi ti ha dato il suo numero?!-

-Garcia! Lo sai che è proprio portentosa? Insomma, riesce a trovare qualsiasi informazione nel giro di un seco--

-Spency— lo interruppe stanca, massaggiandosi le tempie –Non-non posso! Devo finire di lavorare!-

L’amico si imbronciò -Andiamo Wendy! Abby era felicissima quando le ho parlato al telefono!- la ragazza si morse il labbro inferiore –La signora Campbell ha detto che non è andata a fare dolcetto o scherzetto, si è rifiutata- guardò la foto di Abigail –Dice di volerci andare con la sua mamma.-

La Lamont sbuffò –Correrei subito da lei se potessi, lo sai bene.-

-Però sei ancora qui- la accusò deciso, inclinando il capo -Dov’è il problema?-

-Il problema è la strega cattiva nell’altro ufficio- borbottò secca, indicando la porta chiusa -E comunque avresti dovuto chiedermi il permesso prima di chiamarla.- lo vide incassare il colpo in silenzio e lei si morse la lingua, stropicciandosi il viso per la propria mancanza di delicatezza.

La voce di Spencer arrivò flebile e macchiata di colpa –Credevo ti avrebbe fatto piacere. Mi hai sempre detto che Richard non ti portava mai in giro per Halloween e che se avessi avuto dei figli tu—si inumidì le labbra –Hai ragione, non sono fatti miei… E’ che così assomigli tanto a tuo padre, no?-

La Lamont nascose la labbra dietro il pugno, passando l’indice sulla foto sorridente di Abigail. Sospirò –Come faccio a resistervi?- gli sorrise e Spencer si lasciò sfuggire uno sbuffo misto a risata -Oh, al Diavolo!- spense il computer senza nemmeno attendere la schermata di spegnimento, raccolse le proprie cose e gli rivolse un’espressione di gratitudine –Come farei senza di te?- e lui si limitò ad alzare le spalle, facendole segno di correre.

Wendy zampettò fino all’uscio, voltandosi poi verso il ragazzo che se ne stava immobile a rigirarsi la maschera fra le mani ossute –Sei ancora lì?- lo vide corrugare la fronte -Avanti, Frankenstein, Halloween non dura tutta la notte!-

Spency le sorrise felice, fiondandosi verso lei e trascinandola per un polso fino all’ascensore, elencando tutte le vie che avrebbero dovuto girare e le case da evitare. Durante tutto il viaggio la tartassò anche sul fatto che sì, Halloween sarebbe in realtà durato tutta la notte ma poco le importava: il viso raggiante di Abby vestita da streghetta che stringeva la mano di zio Spency e le mostrava quante caramelle aveva ricevuto, tutte gettate nel cestino a forma di zucca, valevano più di qualsiasi altra cosa.

 

Se guardi indietro potresti ricordare qualcosa che non tornerà più. Se guardi avanti potresti pensare a qualcosa che non arriverà mai. Chiudi gli occhi e riaprili solo quando avrai la forza di tornare indietro senza piangere e guardare avanti sorridendo”. 

Anonimo

 

Nella mente dell’autrice:

Questo capitolo è stata una sudata ancora peggiore di quelle provocate dal maledetto caldo estivo! Non mi convince, l’ho rimaneggiato un mucchio di volte e questo è il meglio che sono riuscita a tirare fuori D:  Ed è lungo… Ma questa è una mia pecca che non cambierò mai -.- Scrivo troppi dettagli, non posso farci nulla D: Se i capitoli dovessero essere troppo lunghi e noiosi fatemelo pure notare; migliorarsi è sempre cosa buona e giusta ;)

Oggi sarò breve (il capitolo è stato già abbastanza massacrante xD): Wendy è andata in missione (grazie ad una scusa balorda, ma va beh, vi prego di chiudere gli occhi e bendarli) ma non ha fatto granché –così come il caso è stato passato molto velocemente al microscopio- questo perché non la considero una profiler vera e propria e ciò che mi premeva era farla interagire con altri personaggi che non fossero necessariamente Reid; sono una famiglia non esiste solo lui  (dai, vediamola come una cugina lontana che viene a trovarli sono per le feste comandate xD). Spero che non stia venendo un lavoro orrido e che tutti i personaggi siano fedeli agli originali… Soprattutto Hotch… E Rossi… Forse gli ho dato un po’ troppo spazio, ma mi piace quell’arzillo vecchietto =3

Che dire ancora? Ringrazio sentitamente My_heart e giady82 per aver commentato (grazie ragazze, le vostre recensioni sono un incentivo per spronarmi *.*) e giady82 e Lars Black per averla aggiunta fra le seguite. Many thanks!!! Ringrazio anche chi continua a leggere ma resta in silenzio :) Una traccia del vostro passaggio è sempre ben gradita, sappiatelo ;)

E ora non vi tedio più. Alla prossima!

Geisha.
 

  
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