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Autore: wordsaswind    01/07/2012    4 recensioni
A volte nella vita bisogna cavalcare le onde.
Dal film Shelter:
"Non si appartiene alle persone per sempre."
"Allora perchè darsi pena?"
"Non ne vale la pena?"
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shelter


 
Tutto era strano.
In quei giorni, a San Pedro, l’afa era la sovrana indiscussa.
Particolarmente soffocante durante quel primo pomeriggio di fine agosto. Avevo evitato accuratamente Shaun per tutto il giorno, se per paura o per orgoglio non ero esattamente sicuro di saperlo ma d'altronde, era meglio che le cose andassero in questa direzione dal momento che noi due – insieme – non saremmo mai potuti diventare un noi.
Afferrai la mia tavola da surf bianca e azzurra scuotendo il capo, l’osservai da vicino come ultimamente ero solito fare frequentemente: i graffi disseminati qua e là sulla superficie un tempo liscia – vigili testimoni d’infinite giornate trascorse a surfare – la rendevano adesso ruvida al tatto; accarezzai lentamente, con la punta delle dita, il perimetro della tavola e, dopo averla lucidata a dovere con un po’ di cera, la caricai a fatica sul retro dell’auto, diretto al mio angolo di paradiso.
Accesi il motore puntando dritto alla spiaggia: in lontananza riuscivo a scorgere le onde lunghe che s’infrangevano sul bagnasciuga, mentre il sole picchiava forte ancora alto nel cielo. Una distesa immensa d’azzurro, la schiuma s’infrangeva sul bagnasciuga un’altra e un’altra volta ancora, così all’infinito, in un movimento continuo.
Corsi a perdifiato verso l’oceano, impaziente di diventare un tutt’uno con l’acqua.
Perché c’è una sensazione strana che si prova quando si sta in spiaggia e fa caldo: all’improvviso si ha una voglia matta di fare il bagno, allora ci si alza e ci si avvicina, si porta avanti un piede e si entra, ma l’acqua è davvero fredda, a volte freddissima, allora c’è chi lascia perdere tutto e torna a sdraiarsi a riva ed a soffrire di nuovo il caldo – ma c’è chi invece rischia e si butta.
Io sono uno di quelli che si buttano, e solo chi ha il coraggio di tuffarsi, dopo qualche bracciata, riesce ad assaporare fino in fondo quel gusto unico e un po’ sciocco di totale libertà, perfino da se stessi. Quella libertà che solo l’oceano è in grado di trasmetterti.
Ed io mi sentivo libero come ogni volta che mi succedeva di tuffarmi, tutti i problemi sparivano nel momento in cui recidevo il filo che mi vincolava alla terra ferma: nessuna corda, nessun nodo, nessun problema, tutto spariva di fronte all’immensità dell’oceano.
Mi avvicinai ancora all’acqua, mentre la guardavo con occhi sognanti, guardavo la superficie incresparsi pian piano mentre mi sdraiavo con la schiena rivolta al cielo sulla tavola da surf, le mie braccia si agitavano frenetiche, muovendosi sempre più velocemente e facendosi spazio tra le onde per raggiungere finalmente il largo, smanioso di allontanarmi da tutto, incalzai il ritmo. Il contatto con l’acqua fu rassicurante, quasi come abbracciare una persona amica, una sorella, un vento fresco e leggero che mi fece sentire in paradiso: il mio paradiso marino.
E forse era del tutto normale sentirsi così, per uno che nell’oceano ha le proprie radici; sin da piccolo, adoravo venire ad esercitarmi con la tavola in spiaggia. Cadevo ripetutamente in acqua ma le mie esperienze di vita, non erano mai state vere sconfitte: avevo continuato a lottare ed a credere che un giorno mi sarei alzato in piedi ed avrei cavalcato quelle onde, e dopo innumerevoli sforzi, c’ero riuscito. Fin quando non avevo imparato a domare anche le onde più alte: Shaun era stato il mio mentore, durante quei pomeriggi infiniti e con solo l’oceano a tenerci d’occhio.
“Diventerai un esperto ragazzino!”
Un sorriso arricciò le mie labbra inumidite appena dalla salsedine, con un dito leggero le sfiorai proprio nel punto in cui si trovava il fantasma di quel misero e sofferto bacio.
Ed io lo amavo? Lui mi amava? Sentii di aver soffocato quello che ero e che sono per troppo tempo. Quanto tempo ancora, sarei riuscito a sopportare?
Nuotai verso l’orizzonte mentre l’acqua fredda continuò a bagnarmi il viso.
Il tramonto si stagliava di fronte ai miei occhi stanchi, uno spettacolo da mozzare il fiato mentre il cielo si tingeva di varie sfumature di rosa, mescolate all’arancio ed al rosso, mentre la mia tavola procedeva lenta e spedita verso l’oceano. Inizia a sentire l’adrenalina impossessarsi del mio corpo, salì e mi pervase dai piedi fino ai capelli, riuscii finalmente a percepire il momento che velocemente si avvicinava: l’onda avanzava sempre più alta e imponente mi sovrastava, un muro d’acqua all’apparenza invalicabile.
Mi alzai in piedi sulla tavola raccogliendo tutto il coraggio che sapevo di possedere, pronto a superare la barriera, i miei problemi rimasero a riva.
Attraversai trattenendo il fiato la green room, quella stanza chiusa nella quale, paradossalmente, riuscii finalmente a respirare aria buona, non contaminata. Il tunnel mi avvolse impetuosamente ed io sfrecciai sull’acqua senza sosta, cavalcai l’onda, non caddi, sarei tornato a riva vincitore come avevo sempre fatto.
Mi passai una mano tra i capelli umidi mentre le goccioline d’acqua salata mi bagnarono il viso, entrai velocemente sotto la cresta dell’onda, pronto a tuffarmi di nuovo.
Finalmente la mia frenetica corsa s’arrestò. Presi un respiro profondo nel momento in cui l’onda morì, infrangendosi sul bagnasciuga: ero riuscito a superare l’ostacolo ed avevo assaporato quel momento eterno tanto agognato.
Sollevai lo sguardo al cielo, dopo aver sbattuto le palpebre più volte, sapevo di poterlo ammirare in silenzio: neppure una soffice nuvola bianca, sporcava quel meraviglioso spettacolo estivo – c’eravamo soltanto io, la mia tavola da surf e il rumore del mare.
Quel suono tanto soave che non assomiglia neanche lontanamente a quello che puoi sentire attraverso il buco di una conchiglia trovata in spiaggia – no. Quello è solo un frammento sonoro, di quel melodioso suono che le onde, infrangendosi contro gli scogli e il bagnasciuga, sono in grado di produrre.
E poi fu soltanto silenzio. La mia testa era completamente svuotata.
E forse era giunto il momento di smetterla di mentire a me stesso, forse era giunto il momento di avere il coraggio di buttarmi tra le onde della vita, ancora una volta.
La consapevolezza mi colpì all’improvviso, un’epifania in quel caldo crepuscolo di fine agosto: amavo Shaun più di ogni altra cosa.
Shelter
Sentivo di poter soffocare da un momento all’altro.
In quei giorni, a San Pedro, l’afa era la sovrana indiscussa.
Particolarmente soffocante durante quel primo pomeriggio di fine agosto. Avevo evitato accuratamente Shaun per tutto il giorno, se per paura o per orgoglio non ero esattamente sicuro di saperlo ma d'altronde, era meglio che le cose andassero in questa direzione dal momento che noi due – insieme – non saremmo mai potuti diventare un noi.
Afferrai la mia tavola da surf bianca e azzurra scuotendo il capo, l’osservai da vicino come ultimamente ero solito fare frequentemente: i graffi disseminati qua e là sulla superficie un tempo liscia – vigili testimoni d’infinite giornate trascorse a surfare – la rendevano adesso ruvida al tatto; accarezzai lentamente, con la punta delle dita, il perimetro della tavola e, dopo averla lucidata a dovere con un po’ di cera, la caricai a fatica sul retro dell’auto, diretto al mio angolo di paradiso.
Accesi il motore puntando dritto alla spiaggia: in lontananza riuscivo a scorgere le onde lunghe che s’infrangevano sul bagnasciuga, mentre il sole picchiava forte ancora alto nel cielo. Una distesa immensa d’azzurro, la schiuma s’infrangeva sul bagnasciuga un’altra e un’altra volta ancora, così all’infinito, in un movimento continuo.
Corsi a perdifiato verso l’oceano, impaziente di diventare un tutt’uno con l’acqua.
Perché c’è una sensazione strana che si prova quando si sta in spiaggia e fa caldo: all’improvviso si ha una voglia matta di fare il bagno, allora ci si alza e ci si avvicina, si porta avanti un piede e si entra, ma l’acqua è davvero fredda, a volte freddissima, allora c’è chi lascia perdere tutto e torna a sdraiarsi a riva ed a soffrire di nuovo il caldo – ma c’è chi invece rischia e si butta.
Io sono uno di quelli che si buttano, e solo chi ha il coraggio di tuffarsi, dopo qualche bracciata, riesce ad assaporare fino in fondo quel gusto unico e un po’ sciocco di totale libertà, perfino da se stessi. Quella libertà che solo l’oceano è in grado di trasmetterti.
Ed io mi sentivo libero come ogni volta che mi succedeva di tuffarmi, tutti i problemi sparivano nel momento in cui recidevo il filo che mi vincolava alla terra ferma: nessuna corda, nessun nodo, nessun problema, tutto spariva di fronte all’immensità dell’oceano.
Mi avvicinai ancora all’acqua, mentre la guardavo con occhi sognanti, guardavo la superficie incresparsi pian piano mentre mi sdraiavo con la schiena rivolta al cielo sulla tavola da surf, le mie braccia si agitavano frenetiche, muovendosi sempre più velocemente e facendosi spazio tra le onde per raggiungere finalmente il largo, smanioso di allontanarmi da tutto, incalzai il ritmo. Il contatto con l’acqua fu rassicurante, quasi come abbracciare una persona amica, una sorella, un vento fresco e leggero che mi fece sentire in paradiso: il mio paradiso marino.
E forse era del tutto normale sentirsi così, per uno che nell’oceano ha le proprie radici; sin da piccolo, adoravo venire ad esercitarmi con la tavola in spiaggia. Cadevo ripetutamente in acqua ma le mie esperienze di vita, non erano mai state vere sconfitte: avevo continuato a lottare ed a credere che un giorno mi sarei alzato in piedi ed avrei cavalcato quelle onde, e dopo innumerevoli sforzi, c’ero riuscito. Fin quando non avevo imparato a domare anche le onde più alte: Shaun era stato il mio mentore, durante quei pomeriggi infiniti e con solo l’oceano a tenerci d’occhio.
“Diventerai un esperto ragazzino!”
Un sorriso arricciò le mie labbra inumidite appena dalla salsedine, con un dito leggero le sfiorai proprio nel punto in cui si trovava il fantasma di quel misero e sofferto bacio.
Ed io lo amavo? Lui mi amava? Sentii di aver soffocato quello che ero e che sono per troppo tempo. Quanto tempo ancora, sarei riuscito a sopportare?
Nuotai verso l’orizzonte mentre l’acqua fredda continuò a bagnarmi il viso.
Il tramonto si stagliava di fronte ai miei occhi stanchi, uno spettacolo da mozzare il fiato mentre il cielo si tingeva di varie sfumature di rosa, mescolate all’arancio ed al rosso, mentre la mia tavola procedeva lenta e spedita verso l’oceano. Inizia a sentire l’adrenalina impossessarsi del mio corpo, salì e mi pervase dai piedi fino ai capelli, riuscii finalmente a percepire il momento che velocemente si avvicinava: l’onda avanzava sempre più alta e imponente mi sovrastava, un muro d’acqua all’apparenza invalicabile.
Mi alzai in piedi sulla tavola raccogliendo tutto il coraggio che sapevo di possedere, pronto a superare la barriera, i miei problemi rimasero a riva.
Attraversai trattenendo il fiato la green room, quella stanza chiusa nella quale, paradossalmente, riuscii finalmente a respirare aria buona, non contaminata. Il tunnel mi avvolse impetuosamente ed io sfrecciai sull’acqua senza sosta, cavalcai l’onda, non caddi, sarei tornato a riva vincitore come avevo sempre fatto.
Mi passai una mano tra i capelli umidi mentre le goccioline d’acqua salata mi bagnarono il viso, entrai velocemente sotto la cresta dell’onda, pronto a tuffarmi di nuovo.
Finalmente la mia frenetica corsa s’arrestò. Presi un respiro profondo nel momento in cui l’onda morì, infrangendosi sul bagnasciuga: ero riuscito a superare l’ostacolo ed avevo assaporato quel momento eterno tanto agognato.
Sollevai lo sguardo al cielo, dopo aver sbattuto le palpebre più volte, sapevo di poterlo ammirare in silenzio: neppure una soffice nuvola bianca, sporcava quel meraviglioso spettacolo estivo – c’eravamo soltanto io, la mia tavola da surf e il rumore del mare.
Quel suono tanto soave che non assomiglia neanche lontanamente a quello che puoi sentire attraverso il buco di una conchiglia trovata in spiaggia – no. Quello è solo un frammento sonoro, di quel melodioso suono che le onde, infrangendosi contro gli scogli e il bagnasciuga, sono in grado di produrre.
E poi fu soltanto silenzio. La mia testa completamente svuotata.
E forse è giunto il momento di smetterla di mentire a me stesso, forse è giunto il momento di avere il coraggio di buttarmi tra le onde della vita, ancora una volta.
La consapevolezza mi colpì all’improvviso come un’epifania in quel caldo crepuscolo di fine agosto: amavo Shaun più di ogni altra cosa al mondo.
   
 
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