Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Sophie Hatter    16/01/2007    8 recensioni
Sirius Black è appena scappato da Azkaban.
Remus Lupin è appena tornato a casa.
*
Sesta classificata al "The best drama flash contest" di _madduz_, indetto sul forum di Efp, e vincitrice del premio Malinconia.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
- Questa storia fa parte della serie 'The Nights Are Cold - Wolfstar'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Notte





Though you have forgotten
All of our rubbish dreams
I find myself searching
Through the ashes of our ruins
For the days when we smiled
And the hours that ran wild
And the magic of our eyes
And the silence of our words
Sometimes I wonder
Just for a while
Do you ever remember me?

(Tim Buckley, Once I Was)
 





Agosto 1993

 
L’uomo dall’aria stanca rientra in casa a notte fonda, le spalle incurvate sotto il peso degli acciacchi. Si è sempre sentito addosso il doppio dei suoi anni, ma c’era stato un periodo della sua vita in cui era quasi riuscito a non avvertire quella familiare sensazione.
La sua casa è una catapecchia. Ci si avvicina con indolenza, infastidito per il suo aspetto decadente e rovinoso, eppure desideroso più che mai di trovarvi conforto all’interno. Perché, per quanto non ami quel luogo, esso rappresenta il suo unico e solo rifugio. All’interno delle sue quattro mura riesce a percepire con confortante crudeltà la sua solitudine di uomo.
La luna maledetta fa filtrare i suoi diafani raggi all’interno dell’unica stanza, e i vetri dell’unica finestra non riescono ad impedirle di segnare il pavimento con una debole chiazza di luce. L’uomo le getta uno sguardo grave, mentre le occhiaie si allargano sul suo volto. Sa che dovrebbe cercare di dormire, dato che domani è certo che il lupo non glielo permetterà. Ma la stanchezza accumulata è talmente tanta che lui nutre solo il desiderio di abbandonarsi alle sue cupe riflessioni, per constatare ancora una volta quanto si senta infinitamente vuoto e privo di una reale ragione di vita, spinto ormai soltanto da una mera inerzia che non lascia scampo ad illusioni di nessun genere. Nessuno di coloro che vorrebbe avere lì ad ascoltare i suoi affanni ha ancora la possibilità di farlo, dopo che una morte prematura li ha strappati via dal mondo.
Non sa perché continua a tormentarsi, nonostante abbia la perfetta consapevolezza di non potersi dare delle risposte soddisfacenti. Non sa perché sia durata così poco. Come abbia fatto ad ingannarsi in modo così cieco ed ottuso quando era convinto di conoscere ormai ogni dettaglio del carattere di colui che si è rivelato il responsabile di ogni disgrazia. Dodici anni di continue domande hanno finito per prostrarlo e renderlo un essere miserabile, un povero stolto che non riesce a capacitarsi della cruda realtà perché nutre ancora il recondito desiderio di poter tornare a vivere nel mondo delle favole.
Ma nonostante tutto non riesce ad accettare di poter mettere in discussione la veridicità dei suoi stessi sentimenti. Non si è mai sentito un bambino sciocco ed ingenuo. Era sempre stato portato a riconoscere la realtà con pacata indifferenza, senza farsene un cruccio, senza lasciarsi sfuggire un lamento. Non aveva mai ignorato o mistificato i difetti, le debolezze di chi aveva amato. Ma tutte le volte che torna a confrontare il ricordo idilliaco con le taglienti rivelazioni successive, non riesce mai ad evitare di scuotere la testa, esalando un lungo sospiro amaro, nient’altro che un inconscio e istintivo gesto atto a negare la realtà in maniera del tutto inconsapevole, probabilmente.
Fuori, in quel prato incolto bagnato di rugiada che circonda la casa, il cane tiene gli occhi fissi sulla finestra appannata, scuotendo la coda con aria nervosa. Si avvicina compiendo qualche passo incerto, guardingo, sentendosi gli occhi della luna addosso. Non era nei suoi piani arrivare fin lì e sa che potrebbe non essere prudente, ma ha inseguito l’odore dando retta all’istinto e ora non desidera altro che dare sollievo ai suoi occhi, per poi sparire indisturbato nelle tenebre accoglienti.
L’uomo passeggia davanti alla finestra, stringendosi i polsi dietro la schiena.
È invecchiato e i suoi occhi si sono spenti. Vorrebbe sfondare la porta e gettarglisi addosso, uggiolando di felicità, ma dodici anni di silenzio, di lontananza e di tragici equivoci lo tengono inchiodato lì fuori.
L’uomo, dal canto suo, sembra non riuscire a darsi pace, nemmeno quella notte.
Si sente confortato da quello spazio angusto, da quelle quattro mura che si richiudono su di lui. Quando è solo nessuno può intuire i suoi pensieri. È diventato estremamente abile a nascondersi, a dissimulare, perché nessuno dovrà mai scoprire che ancora lotta per accettare quanto è successo. Tutti lo considerano una persona ragionevole e dotata di buon senso, hanno rispettato il suo silenzio e il suo solitario dolore e non hanno mai cercato di indagare, ma lui corre sempre il rischio di tradirsi inconsapevolmente. Per questo, in ogni occasione, evita l’argomento. Non può esternare i suoi dubbi, o tutti cominceranno a gettargli occhiate di disprezzo recondito anche per quella ragione; crederanno che voglia difendere il traditore, che in realtà sia sempre stato dalla sua parte. Non è una cosa che si può permettere di fare; gli è già sufficiente lo sguardo di chi mentalmente lo associa ad una bestia.
L’attimo dopo si ferma davanti alla finestra, immobile, a fissare il vuoto.
È quello il posto dove uno come lui deve restarsene isolato, un posto dove niente è perfetto e non corre quindi il pericolo di essere distrutto dalla sua furia.
Ma qualcosa di insolito attira improvvisamente il suo sguardo.
Vede brillare due occhi solitari in quell’insolita macchia nera, e i battiti del suo cuore si bloccano in un istante.
Rapidamente gira il pomello e apre la finestra, la spalanca d’un solo colpo, si getta verso l’aria sferzante della notte gelida e scavalca il davanzale con un salto, sentendosi mozzare il fiato.
Ma si rende conto che è già troppo tardi.
Il cane si accorge del movimento al di là del vetro, si sente assalire di colpo dal terrore di essere stato scoperto, e capisce che non può più rimanere.
Si volta e corre, corre più veloce che può, senza voltarsi indietro.
Raggiunge una macchia e vi si nasconde, graffiandosi ovunque con i rami secchi. Si ferma ai piedi di un albero, dove l’immagine di quella finestra offuscata gli martella ancora nella mente, senza dargli pace.
Non è nemmeno riuscito a vederlo in viso. L’unico effimero sprazzo di ricordo che conserva mentre ansima per la corsa è della sua figura confusa che si affaccia sul davanzale, soltanto una visione indefinita di cui non potrà mai afferrare i contorni.
Il cane ora è sparito, al suo posto c’è un altro uomo. Un uomo dallo sguardo vacuo e febbrile, con grovigli di lunghi capelli neri che gli invadono il volto e le spalle.
L’uomo fissa il terreno sotto di sé con una disperazione che non riesce neanche a guaire.
Se anche avesse la forza di stare in piedi, non potrebbe sopportare il peso che lo sta schiacciando.
Si accascia, premendo la schiena contro il tronco. Il suo sguardo non riesce a sollevarsi al di là delle fronde, per ricevere il debole bacio dei raggi lunari. I lembi del suo passato sembrano volerlo lacerare in mille pezzi, mentre lui non riesce nemmeno a rendere vivo quel ricordo così fresco e immediato, l’unica ragione per cui ha continuato a correre verso quella casa pur sentendosi bruciare i muscoli in ogni parte del corpo.
Sperava di poter tornare da lui e farsi accogliere a braccia aperte, come se niente fosse mai accaduto. Sperava di poter riconoscere i suoi lineamenti, di udire di nuovo la sua voce uguale a quella di un tempo e osservare che dodici anni non erano poi così tanti, in effetti. E invece la consapevolezza della sua innocenza non ha potuto essere più forte della paura, della necessità di immedesimarsi nel più colpevole dei traditori.
Avvicina le ginocchia al petto e nasconde il volto, singhiozzando.
 
 
 
 





Nota conclusiva: per quanto riguarda quell’alone di indecifrabilità intorno al tipo di rapporto che volevo delineare fra Remus e Sirius, l’effetto è totalmente voluto e intenzionale. Mi considero Wolfstar e per tale motivo io ci vedo una coppia dietro queste parole, ma ho deciso di scrivere la storia in modo che potesse essere letta anche da chi li ritiene due semplici amici.





Sesta Classificata: Sophie Hatter

Notte

 

Grammatica e sintassi: 9.6/10 

Stile e lessico: 9.7/10

Originalità: 14/15

IC e caratterizzazione: 14.5/15

Livello di dramma: 19.5/20

Gradimento personale: 5/5

 

Totale: 72.3/75

 

Partendo dalla grammatica ti ho tolto 0.1 punti per “L’uomo” all’inizio della fan fiction, non che sia errato, ma secondo me “Un uomo” sarebbe andato meglio visto che non hai ancora parlato di lui prima. Poi ti ho tolto 0.2 punticini per alcune frasi un po’ “tortuose” che mi hanno bloccato leggermente la lettura. Ma non è proprio nulla di grave. E 0.1 punto per

Non era nei suoi piani arrivare fin lì e a che potrebbe non essere prudente”

Una sciocchezza, e come tale l’ho considerata.

Lo stile è buono, leggermente penalizzato dalle frasi lunghe e a volte un po’ pesanti che, a tratti, usi. Niente di incisivo comunque. Il lessico è ricco e me ne complimento, anche se a volte alcuni termini sembrano stonare, forse perché sono un po’ troppo inusuali. In ogni caso ho apprezzato il tuo modo di scrivere, malinconico e depresso, che si adatta alla situazione di cui parli. Sembra quasi schiacciare Lupin e opprimerlo nella sua solitudine.

La storia è originale, anche se i pensieri di Remus riguardo Sirius e la sua solitudine sono spesso utilizzati. In particolare è frequentissimo che si parli di un Remus affranto dalla spossatezza e dalla consapevolezza di essere rimasto solo. Questo accade anche nella tua storia, perciò non ti ho dato il punteggio pieno. Tuttavia tratti il tema con uno stile che esprime esattamente ciò che vuole dire, riesce ad angosciare il lettore, fargli patire le pene di Sirius e la tristezza di Remus.

Remus è lui in quel periodo in cui è pieno di solitudine e spossatezza, angosciato dalla perdita di tutti i suoi amici. Il carattere però è un po’ poco definito. Questo probabilmente accade per quella malinconia che gli hai dipinto addosso e che, certo, calza a pennello con il momento che tratti, però rende anche la sua personalità un po’ troppo offuscata. Non è niente di grave comunque. Sirius invece è esattamente come lo immagino in quel momento. È naturale la scelta di tornare da Remus, al di là del possibile accenno slash. È l’unico legame che gli è rimasto fuori da Azkaban, l’amicizia profonda che c’era di certo fino alla notte del 31 Ottobre.

Il dramma c’è indubbiamente. È una storia tristissima, smussata leggermente dalle frasi molto lunghe. Sarebbe stata accentuata invece da periodi brevi e taglienti. Questo però è un particolare, perché dalla tua storia traspare davvero una profonda ferita. Mi è rimasta impressa addosso tutta la malinconia dei due protagonisti.

Bellissima, intensa, stridente e colma di dolore e disperazione fino all’osso. Grazie per aver partecipato.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Sophie Hatter