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Autore: Gringoire97    02/07/2012    0 recensioni
Una ragazza molto insicura di se ha poche passioni, una delle quali è la musica. Suona la batteria. Si offre per un provino come seconda batterista. Non sa che cosa le riserva la vita. Quali nuovi sentimenti e con chi la aspettano.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11

Verità nascoste.

 

 

Lo afferro per il braccio. Ora basta. Non può scappare da me.

-Tu hai scoperto tutto, è così?- È inutile anche chiederlo. So gia che è così. Il suo sguardo è eloquente. -Ho pochi minuti per spiegarti tutto.- Dico io, fra meno di tre minuti dovremo essere di nuovo lì su. -Molti anni fa ho perso quasi ogni fiducia nel piano. Ho avuto sempre un rapporto terribile con lui. Ho passato periodi nei quali era difficile anche ricordare cosa significassero quei tasti bianchi e un periodo particolare che invece è stato uno dei migliori della mia vita. Suonavo tutti i giorni e mi ero riuscita a convincere di essere brava, strano non è vero? Poi dovevo affrontare un provino. Per passare al livello superiore, classico, banale. Hai ragione, è così. Avevo stretto un particolare rapporto con un ragazzo, senza rendermi conto dei suoi secondi fini. Mi chiese ripetutamente di aiutarlo. Era bravo, anche lui. Io non gli negai il mio sostegno. Cominciò a chiedere aiuto a tutti i miei professori e sfruttandomi nelle sue presentazioni cominciò a farsi un nome. Io non volevo, affatto. Lo aiutavo perchè mi piaceva, ed era anche bravo. Lui mi fece credere di provare dei sentimenti nei miei confronti e non era così. Voleva solo ingraziarsi i miei professori. Aveva degli occhi magnetici, li coinvolse tutti, come aveva fatto con me. Ho pensato fosse uno stregone. Quando andai a fare il provino mi giunse comunicazione che del mio corso era passato lui. Io non avrei più potuto farlo. La delusione fu moltissima. Da allora, il rapporto con il piano è stato così conflittuale che ho voluto fare scomparire l'informazione: “Suono il pianoforte” da ogni persona che mi circondava. Non lo sa quasi nessuno. Non voglio che si ascolti il mio fallimento. Da allora, ho sempre pensato di non essere brava. Ho continuato a suonare solo per me. Gli altri non mi dovevano sentire. Questa è la storia.-

-Perchè mi hai detto di non avere mai avuto un fidanzato, perchè mi hai mentito?- Chiese lui, sofferente.

-Oh, no. Non ti ho mentito. Non ho mai avuto un fidanzato, davvero. Lui non lo è mai stato. Io provavo dei sentimenti per lui. Lui, come sai, ha fatto ciò che ha fatto sfruttandoli. Ho sbagliato a non dirti nulla. Lo sa solo Stella e la mia famiglia. E ora te. È una piccola dimostrazione di fiducia. Tardiva. Me ne rendo conto. E forse inutile. Per non lasciare niente in sospeso chiedimi tutto ciò che vuoi.- Dico. Ormai tantovale che gli risponda onestamente a tutto ciò che avrà da chiedermi.

-Perchè ci sei andata a quel provino?- Chiede.

-Bella domanda, Marco. Me lo sono chiesta tante volte anche io. Credo di averlo fatto come rivincita per il provino di tanti anni fa. Sono sempre stata vendicativa. Purtroppo è così.- Rispondo io. Ora ho capito perchè l'ho fatto. L'anima è venuta fuori tutta. Nei rapporti con le persone che amo succede sempre così.

-L'hai passato.- Questa è una affermazione.

-Sì.- Dico io.

-Forse dovresti avere più fiducia in quello che puoi fare, non trovi?- Fa lui. I lineamenti un poco più rilassati. Gli occhi di chi è ferito.

-Forse.- Dico io.

-Quel tour te la può dare?- Chiede lui.

-Non penso.-

-E allora cosa te la può dare?-

-Non lo so nemmeno io.-

-Allora perchè hai accettato?- Questa domanda mi coglie di sopresa. Come sarebbe a dire che ho accettato? Lui come lo può sapere. Devo avere gli occhi fuori dalle orbite perchè Marco inarca un sopracciglio attendendo la risposta.

-Ma io non ho accettato.- Dico io. -Io ho capito che il mio posto era qui. Ora, probabilmente non lo è più. Capisco di averti ferito. E io di sicuro avrei reagito molto peggio di te. Quindi, ora lascio le bacchette a Davide. Continua lui. Per oggi e per sempre. Va bene? Sappi solo una cosa. Io ti aspetterò. Sempre. Quando tu sarai pronto, se mai vorrai, io sarò lì. Sai dove trovarmi. Ora che sai tutto, puoi dare il meglio di te. La sotto c'è gente solo per te. Fai vedere chi sei. Buona fortuna, Marco.- Dico io. Lui annuisce. Io abbasso la testa e mi giro. Mi dirigo verso il camerino. Scivolo a terra. Ora non ho davvero più nulla. E non posso incolpare nessuno. La colpa è solo mia. Volevo dimostrare di essere forte. E invece non lo sono. Non lo sono mai stata e probabilmente non lo sarò mai. La corazza che mi ero costruita dopo quella storia me l'ha distrutta Marco. Lui ha visto la me più vera. Quella dei complessi. Quella della lacrima facile. Niente di più niente di meno. Io l'ho ferito. Mi chiedo come ho fatto a dubitare della sua fiducia. Ora devo abbandonare quella che è diventata casa mia. Trovo un pezzo di carta e scrivo un biglietto a Davide.

Ehi, Drummer, io me ne torno a casa. Controllami Marco e, te ne prego, aggiornami sulla sua condizione. Ti voglio bene e passa a trovarmi, ok?”. Lo piego e lo infilo nel suo camerino. Prendo la mia borsa e corro. Il primo aereo sarà mio. Ho la mente vuota, gli occhi rossi. Uno spettacolo da non perdere, davvero. Quando atterro a Fiumicino, prendo il primo taxi. Sono stanca. I sensi di colpa mi attanagliano ogni parte del corpo possibile. La mia autostima è drasticamente crollata. Colpa mia, solo colpa mia. Non riesco a mantenere nulla, mai. Non vado a casa di mamma. Io ho casa mia. Corro nel mio piccolo rifugio. Un monolocale. Scrivo a mamma che da oggi alloggio lì. Quando la chiamo le spiego la situazione. Non posso certo aspettarmi che non mi biasimi. Fortunatamente ho le chiavi nella borsa. In meno di mezz'ora sono a casa. Lascio le borse nell'ingresso. Mi butto sul divano. Mi accorgo di non avere cioccolato a sufficienza per tirarmi su il morale. Costringo le mie gambe ad alzarsi di nuovo. Appena sotto casa trovo un alimentari. Compro tre pacchi di cioccolato. Il fabbisogno minimo. Mi riprometto di non lamentarmi se ingrasserò. Non posso passare così il resto della mia esistenza. Mi costringo, ogni mattina, ad alzarmi. Sono in uno stato pietoso. Devo trovare un lavoro. Devo trovare il modo per mantenermi. Esco in tuta. I capelli, ricresciuti, legati in una piccola coda. Compro vari giornali, in cerca di un annuncio. Non c'è niente. La crisi è brutta. Sento il telefono che squilla. Mi allungo per prenderlo.

-Pronto!- Stella.

-Stella...- La saluto io.

-Dove sei finita, Dio santo?- Chiede, in ansia.

-A casa mia.- Le rispondo.

-Che è successo?-

-Vieni.- Le dico. Significa che le spiegherò quando sarà qui. Quando arriva, tutta trafelata e le vado ad aprire struccate con gli occhi rossi, la tuta e i capelli in disordine probabilmente pensa che io abbia fumato qualche strana erba. In realtà è il risultato della depressione. Le spiego la situazione. In questo momento nessuno può dirmi che non è colpa mia. Sì che lo è. È chiaro. Passiamo il pomeriggio a guardare film fino a quando lei esce. Dice che passerà domani. Davide non si fa sentire. Non ho notizie da parte di nessuno. Non so come sta Marco e sono preoccupata. Mi butto sul divano. Mi addormento lì. Non ho nemmeno messo la sveglia. Sento un trillo. Penso che sia il sogno. Il trillo continua incessante accompagnato da una voce familiare. Mi alzo e percepisco che viene dalla porta. Apro. Quando vedo chi mi è davanti non resisto e gli salto addosso.

-Davide!- Faccio io. Lui mi abbraccia.

-Come stai?- Chiede. Mi indico. In uno stato pietoso. -Non riuscivo a trovarti da nessuna parte.- Dice lui.

-Sì, nessuno conosce l'ubicazione di questa casa.- Dico io. In realtà non è vero. Marco la conosce e Stella anche.

-Me l'ha detto Stella, dove trovarti.- Mi riferisce.

-Come sta?- Chiedo senza tanti giri di parole.

-Come te.- Dice lui. Ottimo. Mi appoggio allo stipite della porta. Vorrei sbatterci la testa. Sino a non capire più nulla. -Ha il suo mestiere però- Mi dice.

Conosce i suoi obblighi, sa che deve cantare.

-Vieni.- Dice Davide mentre mi conduce verso il divano. -Marco ha riaperto le audizioni per il secondo batterista. È una furia. Cerca di distrarsi in tutti i modi possibili. Purtroppo, devo dirti la verità, non abbiamo trovato nessuno che sia stato migliore di te. E, credo, Marco, ne cerca una migliore di te. Penso che si voglia fare una ragione di ciò che è successo trovando qualcuno di migliore.- Spiega.

-Ne ha tutte le ragioni. Vedrai che non tarderà molto a trovare chi cerca.- Sorrido io. Davide mi conduce fuori. Andiamo a fare un giro. Anche tu devi stare meglio, dice. Se mi convince ad uscire non mi convince a vestirmi meglio e a truccarmi quindi sembra che stia girando con una barbona.

-Non ne sarei così sicuro, Giulia.- Mi risponde lui con qualche attimo di distanza dalla mia affermazione -Marco non è un personaggio troppo semplice, quando ama qualcuno da tutto e non perdona molto facilmente, questo è vero. Eppure piano piano si raddolcisce. Come musicista, sei stata bravissima. Come persona, a parte quel piccolo intoppo di percorso, anche. Abbi fede.- Dice lui.

-Ho fede. Ho fede. Ho fede.- Cerco di convincermi. “Fede” mi fa tornare in mente Federico. -Come sta Federico? E gli altri?- Chiedo.

-Devo essere sincero. Manchi un po' a tutti. E Federico non sa più con chi soffrire pre-concerto.- Dice lui. Io sorrido al ricordo di quei bei momenti. Quando torno a casa ho molto su cui riflettere. Cerco conforto in un libro. Nel mio preferito. Jane Eyre. Mr. Rochester esce dalle pagine e viene a rassicurarmi. Sono già immersa in un sogno profondo. Egli è stato il sogno della mia adolescenza. Rochester, che personaggio immenso. L'ho sempre amato.

Faccio sempre più fatica ad avere qualche fiducia. Nonostante tutto cerco di andare avanti. Tocco la parete spoglia delle foto che avevo attaccato con Marco. Stamani è più tardi del solito ed ho uno strano presentimento. Faccio colazione. Mi faccio la doccia e afferro “Jane Eyre” che mi guarda accattivante dal divano. È come se mi sussurrasse di andare a cercare conforto nelle sue pagine. Sono arrivata nel punto in cui Mr. Rochester chiede a Jane di sposarlo. Mi commuovo. Sarà la debolezza d'animo. Il campanello trilla e mi alzo per andare ad aprire con qualche lacrima congestionata all'interno dell'occhio. Non guardo nello spioncino, apro e basta. Davanti mi ritrovo la figura alta e snella di Marco. Il suo solito abbigliamento i suoi soliti occhiali da sole.

-Posso entrare?- Chiede. Annuisco e mi sposto. Certo che può. -Immaginavo fossi qui.- Sorrido. Ha imparato a conoscermi bene in questi mesi. Quasi un anno.

-Dimmi pure.- Gli dico io, guardandolo per la prima volta negli occhi.

-Davide, suppongo ti avrà detto che cercavo un secondo batterista. O meglio una seconda batterista. Alla fin fine sei stata onesta con me. Tanto vale che lo sia anche io. Ho cercato di rimpiazzarti. Di trovare qualcuno che mi rendesse felice come hai fatto tu. Non solo con la musica, ma con l'anima. È stato impossibile. Perdono con difficoltà ma tu, col tuo sorriso, hai deciso che io ti avrei perdonato più in fretta. Mi dispiace di aver reagito così.- Dice lui.

-Non ti devi dispiacere. Io avrei dovuto avere più fiducia in te. Avrei dovuto dirti tutto prima.- Gli dico.

-Non posso prendermela troppo con te perchè probabilmente sei uguale a me. Anche io non do fiducia a tutti e a tutti. Anzi quasi a nessuno. E ognuno ha i suoi tempi. Mi hai reso partecipe di una parte di te che pochi conoscono. Ora so tutto di te. E il resto lo affronteremo insieme. Ci stai?- Mi tende la mano. Io la prendo con la mia. Mi abbraccia stretta e gli bagno la maglietta con le mie lacrime. Sono un misto di gioia e di dolore. Sussuro qualche bene udibile “mi dispiace”. Marco mi accarezza la testa. Poi mi tira su il mento. Come fece tanto tempo prima.

-Basta. È acqua passata. Niente più lacrime. Voglio uno di quei bei sorrisi che hai. Fidati di me, ha ragione la gente quando ti dice che hai un sorriso splendido. Il migliore.- Questo basta. Il sorriso che mi ha chiesto esce da solo. Spontaneo.

-Bene. Così va bene. E poi, mi chiedevo, se sei ancora disponibile ad essere la mia brava batterista.- Gli occhi parlano. I miei annuiscono. I suoi sorridono. Dicono che tutto è bene quel che finisce bene. E io mi trovo a dargli retta. Ora devo tornare nella saletta. Da tutti gli altri. E ora so che potrò parlare del piano liberamente perchè nessuno mi giudicherà. Marco mi tiene per mano. Stretta. Come se non volesse lasciarmi sfuggire più. Come se tutto questo non fosse mai accaduto. Ti rendi contro di quanto una persona è importante solo quando la perdi. Anche questo forse è un po' vero. Ma è ancora più vero quando ti rendi conto di quanto una persona sia importante da come ti tiene le mani, da come ti stringe, da come ti tratta. Mi giro a guardare negli occhi Marco, ha tirato su gli occhiali da sole. Nei suoi occhi leggo amore. I miei sono il riflesso dei suoi. Ora che ne abbiamo passati di tutti i tipi il nostro “Noi” si è consolidato. Ora sono felice. Davvero. 

  
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