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Autore: Shodaime    02/07/2012    6 recensioni
Eccovi la mia prima fic, siate clementi^^
Come dicono gli avvertimenti è un AU, ma non troppo AU, quindi non spaventatevi. Il titolo è abbastanza esplicativo da sè, quindi vi dirò semplicemente che ho deciso di pubblicarla sotto le 'leggerissime' pressioni della mia beta^^
Spero che vi piacerà e che in tal caso lascerete un commentino, anche solo qualche parola =)
Detto questo vi auguro buona lettura, e attenti all'ananas, è agitato per il matrimonio incombente!
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La degenza di Tsunia all’ospedale durò più del previsto.

Non che fosse particolarmente grave, solo che per qualche strana ragione il primario di neurologia sembrava riluttante a dimettere una persona che si era piantata davanti all’ingresso dei bagni, per poi scoppiare in lacrime dichiarando di non sapere più se dovesse entrare in quello dei maschi o in quello delle femmine.

Così Mukurenzo ebbe tutto il tempo di dedicarsi ai preparativi del suo piano e a consegnare quella partita di ananas che aveva in stock su quello che sarebbe dovuto diventare di lì a poco il loro letto nuziale.

Perché lo sarebbe diventato. Kfufufu se lo sarebbe diventato!

Non aveva di certo intenzione di lasciarsi intimidire da quel tamarretto di provincia di Don Xanxigo, tantopiù che doveva ancora riuscire a capire quali fossero le sue vere e losche motivazioni. Sapeva che quel tale era solito disturbare i poveri abitanti del paesino giusto per passare l’happy hour in allegria, ma fino ad allora l’aveva relativamente lasciato in pace.

Che fosse invidioso dei suoi begli ananassi? O di sua moglie?

A quanto aveva detto Agn…Reborn (il ragazzo si schiaffò una mano in faccia, scuotendo la testa al solo pensiero di cosa potesse essere successo in quei bar di Caracas), quel periodo di calma apparente offerto dalla riabilitazione psicologica di Tsunia non poteva che giocare a loro vantaggio.

Don Yamabbondio, da fesso qual era, avrebbe senz’altro pensato che avessero rinunciato alle nozze; Don Xanxigo sarebbe stato buono per un po’, Reborn avrebbe avuto il tempo di fare un altro po’ di aerobica per entrare alla perfezione nel suo tailleur e Mukurenzo avrebbe potuto giocare con calma le sue carte. Bisognava agire con circospezione e molta cautela, così da non perdere l’occasione di poter far andare a buon fine il matrimonio a sorpresa.

“Tu te ne intendi di matrimoni?” Chiese Reborn, Sorseggiando il suo bianchetto al bar dell’ospedale.

Due piani più su, a Tsunia veniva regalata una nuova camicia con le maniche strette strette.

“Beh seguo Wedding Planners su Real Time, e qualche volta Abito da sposa cercasi…Ma mi fermo lì” Rispose Mukurenzo, pensieroso.

Reborn scosse la testa. “La mia dannata antenna nemmeno me lo prende, Real Time. Comunque non disperare, so chi può aiutarci per essere sicuri che legalmente la cosa sia assolutamente inoppugnabile.” Aggiunse, sottolineando le sue parole con uno sguardo misterioso che, dietro Mukurenzo, fece svenire una delle cameriere.

“Un parroco di Las Vegas?” Domandò Mukurenzo, curioso di sapere se stessero pensando alla stessa persona.

“No idiota! Ti ho detto che io coi tacchi alti in mezzo al deserto non ci viaggio! Il matrimonio si terrà qui, a Namimori. Ma tu devi andare a Bratislava, da un legale di mia conoscenza. Chiedigli consiglio, saprà di certo dirci come muoverci.”

Detto questo Reborn mandò un bacio a un paio di cameriere, lasciò il conto da pagare a Mukurenzo, e se ne andò. In fondo ormai l’orario delle visite era finito, e gli stava pure per scadere il biglietto del parchimetro.

Mukurenzo rimase notevolmente interdetto.

Doveva prepararsi per affrontare un lungo viaggio, e una domanda lo assillava, gettando un breve ma intenso lampo di terrore nei suoi occhi da esperto illusionista e venditore di frutta.

Dove diavolo era Bratislava??
 
Il viaggio fu piuttosto lungo. Mukurenzo non era mai stato in Europa prima d’allora e così, dopo aver salutato con un tenero bacio la sua promessa sposa nel letto di un ospedale, aveva deciso di passare qualche giorno visitando il vecchio continente prima di degnarsi a fare un salto in Slovacchia, il giovane si fece un bel tour europeo a spese del suocera.

Quando si presentò davanti alla porta dell’avvocato, quindi, aveva più l’aria di uno che era appena uscito dal veglione di capodanno che quella di un distinto commerciante in cerca di supporto legale.
Si degnò quantomeno di nascondere la giarrettiera della ballerina del Moulin Rouge che aveva tenuto al collo fino a quel momento, poi citofonò.

“Avvocato Azzeccamorsi….Mai sentito nominare. Un nome parecchio balzano, oserei!” Commentò tra sé, prima che, cigolando in maniera parecchio inquietante, il pesante portone di legno si aprisse, lentamente.

Sul palazzo si addensarono improvvise grosse nuvole nere, da cui provenivano tuoni e fulmini, mentre sul resto della città splendeva il sole.

Mukurenzo guardò perplesso il fenomeno, che di solito si ripeteva in presenza di supercattivi  in agguato. Poi scrollò le spalle.  Il citofono continuava a tacere, e il portone stava ancora aprendosi scricchiolando in modo sinistro.

Mukurenzo pensò che in quel palazzo avessero urgentemente bisogno di far revisionare gli ingressi.

“Mi perdoni, buon uomo… E’ qui lo studio dell’avvocato Azzeccamorsi?”  Domandò, tanto per ingannare l’attesa, a un tale che era appena spuntato da un tombino li a fianco. Lungo mantello, pelle bianca, canini appuntiti e rivolo di sangue sulle labbra.

Che gente strana, questi Slovacchi!

“Co….Come avete detto?” Quello si fece più pallido di prima. “Azzecca…..morsi?”

“Esatto.” Mukurenzo lo guardava perplesso.

Poi il tombino si chiuse di colpo, il gentile signore se la diede a gambe e il portone si spalancò del tutto.

“Venite avanti, Tramananasso. L’avvocato vi sta aspettando.” Disse una voce metallica dal citofono.

Mukurenzo entrò.
 
 
Lo studio non era un granchè. Mukurenzo ne aveva visti di migliori nelle fiction in tv, e persino a Namimori, dove lo avevano portato più volte i genitori di qualche fanciulla disonorata.

Qualche scaffale con dei libri, una scrivania, una parete completamente tappezzata di immagini di quella che aveva tutta l’aria di essere una scuola. Niente di interessante, insomma.

Una cosa catturò però l’attenzione del giovane.

Aveva sentito dire che molti avvocati tenevano il proprio motto in bella vista sulla scrivania. Ma si aspettava qualcosa del tipo “la legge è uguale per tutti” o “giovedì orario continuato e promozione 3 x 2”, ed invece, a chiare lettere nere su fondo dorato, tra il codice civile e la raccolta degli ultimi numeri di Cose di Casa, campeggiava la scritta:

FRANCAMENTE ME NE FOTTO.

Motto particolare, per un avvocato.

“Che diavolo vuoi?” Accompagnato da un curioso intermezzo al pianoforte suonato chissà da dove, l’avvocato apparve alle spalle di Mukurenzo.

In una mano teneva un plico di fogli, nell’altra uno Swiffer.

Lo sguardo di Mukurenzo passò dal curioso allo sconcertato, ma l’avvocato parve ignorarlo.

“Ordine. Serve ORDINE. Sei venuto a portare disordine? Ti parcellerò a morte per questo!” E così dicendo l’avvocato gli passò davanti, pulì la targa sulla scrivania, si sedette sulla poltrona e rimirò la foto della scuola che teneva accanto a sé.

Infine, si degnò di guardarlo.

“Allora, erbivoro. Che diavolo ci sei venuto a fare qui?” Domandò, con aria minacciosa.

Mukurenzo aveva trovato pane per i suoi denti, e ne era immensamente felice. La cubista olandese del giorno prima fece squillare il suo cellulare al suono di ‘’L’unico frutto dell’amor’’ e, diversamente dal suo solito, Mukurenzo chiuse la chiamata.

“Kfufufufu….Ecco come stanno le cose, insetto.” Esordì, mettendosi a sedere. Sarebbe stata una lunga chiaccherata.
 
   
 
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