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Autore: CrHacker98    02/07/2012    1 recensioni
Giulia, una ragazzina di tredici anni, si ritrova improvvisamente in un mondo popolato interamente da zombie. A capo di un gruppo di suoi amici, attraverso dolori, perdite, sofferenze...ma anche momenti di gioia e di felicità, dovrà superare l'apocalisse del mondo che conosce e continuare a combattere contro i mostri che cercando di uccidere lei e le sue persone più care...
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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9 AGOSTO 2012 - LUNEDì - DESPAR - VI GIORNO
Sono le 8:05, tutti dormono. Mi sveglio sempre prima perché gli urli degli zombie fuori non mi fanno dormire, soprattutto perché io ho il sonno leggero. Non sono ancora ritornati Diego ed Elena, e questo è una cosa che mi preoccupa davvero molto. Se non tornassero più, o se li ritrovassimo morti, è un fatto che inciderebbe molto sull’umore del gruppo e soprattutto sulla mia coscienza. Se non fossi più riuscita a tenere le redini del comando, credo che avrei messo al mio posto Wiktoria o Chiara. Fanny era fuori discussione, era già tanto se fosse sopravvissuta (non lo dico con cattiveria, ma poverina, ha paura di tutto. A volta è determinata come non mai, ma il momento dopo è insicura come un agnellino). Ho deciso: più tardi andrò a cercarli con Napoleone. Non voglio altre persone con me, non voglio rischiare di perdere qualcun altro dei miei...

Sono le 21:58, abbiamo già mangiato e io ne approfitto per scrivere la giornata stressante e deludente di oggi. 
" Come avevo già detto stamattina, ero decisa di andare a cercare Diego ed Elena insieme a Napoleone. La cosa più difficile fu alzarmi dal materasso senza che nessuno mi sentisse. Le urla di questa notte erano state (per fortuna) meno forti del normale, così ero riuscita a riposare un po’ ed a svegliarmi all’alba. Andai alla barricata Nord (ci sono due uscite: le porte all’inizio del discount e un’altra uscita posteriore, la porta Sud) e mi misi la cintura con i coltelli ed il mio machete che vi avevo lasciato il giorno prima. Presi anche un panino al salame per pranzo, svegliai Napoleone. Il cane era piuttosto confuso di quell’orario e guaì dolcemente, facendo appena trasparire la sua stanchezza e l’ansia dal giorno prima. Stavo facendo una fessura per vedere la situazione all’esterno, quando sentii una voce dietro di me. Era piuttosto contrariata e giovanile, da ragazzo. 
- Cosa diavolo stai facendo??- Mi girai di scatto preoccupata che qualcuno mi avesse sentito e si fosse alzato per controllare. Ed in effetti dietro di me c’era Leonardo che mi guardava storto dai quei occhi color miele, mentre Napoleone gli leccava la mano tutto contento di avere accanto una presenza familiare. Ma il ragazzo non gli badò per niente e continuò a fissarmi, appunto, in cagnesco. 
- Sto andando a un congresso per ballerine, secondo te cosa sto facendo?? Sto andando a salvare Elena e Diego, no?- gli dissi io sprezzante, così magari si levava dai piedi. Non volevo sembrare una vera e propria stronza, volevo solo che se ne andasse così avrei potuto agire indisturbata L’avevo già detto: non volevo mettere in pericolo nessun’altro per colpa mia. Purtroppo ottenni l'effetto contrario
- Vengo con te - disse lui deciso. Era stabilito che tutto il mondo mi girasse contro. 
- Ma non eri tu a dire che non andavi a salvarli?? O forse era il tuo ologramma?? – Cercai di controbattere io usando le sue stesse parola che aveva detto amareggiato il giorno prima.
- Ho detto che non andavo a salvare loro, ma chi salva te?? – Mio dio. Affabile ‘sto bambinello, non smentisce mai la propria testardaggine.
- ah-ah-ah-ah - risi io ironica, stavolta per davvero. Io me la sapevo cavare, erano gli altri che non riuscivo a salvare. E comunque se fossi morta (anche se in cuor mio non lo speravo) nessuno avrebbe notato la mia scomparsa.  
- Invece tu resti con gli altri, capito??- gli dissi io severa mettendo le carte in tavola. Ripresi a scavare ignorando la presenza di quello che in quel momento avevo definito un “Ragazzino scassamaroni testardo”. Napoleone mi girava intorno impaziente e capendo ben poco di quello che ci stavamo dicendo.
- Io invece vengo con te- continuò lui. Guarda se non gli tiro un cazzotto in faccia, poi toccherà a me diventare lo zombie infuriato inarrestabile.
- Non voglio che tu corra questo rischio...- " E magari già che ci sei ti levi dalle scatole, non voglio avere altre seccature oltre a quelle che già ho"
- Potrei dire lo stesso di te...-. Io mi girai, lo guardai in una maniera, che se avessi avuto gli occhi laser a quest'ora era un mucchietto di cenere. Sospirai. Aveva vinto lui. 
- Fai presto, non voglio perdere tutta la mattinata per te...- dissi infine io. Lui svelto prese un paio di coltelli dal posto in cui li avevamo ammucchiati. Attraverso la fessura notai che non c’era nulla fuori. O almeno, niente che si vedesse. Napoleone girava intorno per il negozio. Fummo costretti, quando uscimmo, a doverlo richiamare perché non volevamo che si cacciasse nei guai ancora prima di immergerci nella merda. Uscì fuori dalla barricata e atterrai su qualcosa di scuro e appiccicoso. Guardai le mie scarpe, che fino ad un momento prima erano bianche, diventare rossastre
-SANGUE!! CHE SCHIFO!!- dissi io rimpiangendo le mie povere scarpe seminuove.
-Zitta, non lamentarti che è già tanto se sei viva- mi rispose lui burbero. Il tatto non aveva idea di che cosa fosse, eh? Girammo l'angolo e...vedemmo un sole luminoso che irradiava ogni cosa, tutto era giallo, chiaro e bellissimo. Era l’alba, l’inizio di un nuovo giorno. Mi sentii leggermente rincuorata vedendo l’astro nascente sorgere su quella che era ormai una città vuota e polverosa, dove si combatteva una guerra silenziosa e dove ormai le parole “casa” e “sicurezza” non contavano più nulla. Una lacrimuccia mi scese sulla guancia, ritornando ai tempi passati. Mi ricordai tutto in una volta le liti con i miei genitori che ora non c’erano più, le uscite con i miei amici che ora erano a pezzi e disperati nonostante cercassero di non darlo a vedere, mi ricordai dei viaggi, dei posti che avevo visto, della gente che avevo conosciuto e che molto probabilmente non era più in vita. Di fronte a questi spettacoli della natura mi chiesi com'era possibile che fosse accaduto tutto questo. Tutto questo orrore solo nella mia vita. Leonardo mi fece cenno di muovermi ed io mi risvegliai dalle mie riflessioni, asciugandomi il viso con la manica della felpa. Presi per la collottola Napo, e tutti tre scendemmo le scale cercando di fare meno rumore possibile. 
- Dove possono essere andati?- mi domandò Leonardo perplesso. Questa era una questione che non avevo ancora affrontato, così in fretta e furia mi immaginai la piantina di Cerenova e tutti i negozi, edifici ed appartamenti. Me ne venne in mente uno molto vicino e relativamente sicuro (stavo anche cominciando a dimenticarmi cosa volesse dire quella parola). 
- Guardiamo ad “arte farina”, non è molto lontano ed è un nascondiglio perfetto...- gli risposi sussurrando.
- Già...è il posto più sensato dove uno si nasconderebbe. Allora dai, sbrighiamoci...- disse cominciando a scendere piano le scale. Napoleone ci seguì ubbidiente uggiolando sommessamente. Ci muovemmo silenziosi, come dei gatti, senza fare rumore. Napo ansimava come se avesse appena corso: scherzi dell’ansia. Un rumore di ramo spezzato,  Leo si girò istantaneamente, e appena vide quello che non avrebbe mai voluto, lanciò un grido che riecheggiò per la città deserta.
– Corriiii! – non ho avuto neanche il tempo di vedere da cosa scappo, che un ringhio, più ruggito che ringhio, mi fece capire che eravamo inseguiti da dei mostri a quattro zampe sanguinanti. Mi girai giusto un attimo mentre correvo. Era come una scena a rallentatore: il cappuccio della mia felpa bianca che ondeggiava, tre cani metà smembrati scattare verso di noi velocemente, uno aveva la metà faccia spappolata, insanguinata, con le cervella visibili che pulsavano ed un occhio che ballonzolava ad ogni passo rivelando anche il contenuto; un altro correva su tre zampe, mentre il moncherino continuava a sanguinare abbondantemente tracciando una linea retta rossa per terra sul selciato grigio; l’ultimo aveva meno di metà cassa toracica e le costole, quelle poche che rimanevano, brillavano chiare alla luce del sole. 
Erano ossa, muscoli lacerati e zanne messi insieme che formavano una macchina di morte micidiale ed inarrestabile. Corremmo a perdifiato con Napoleone che a tratti, a causa dell’adrenalina, scattava impaurito di fronte a noi. Il selciato rotto e con migliaia di buche ci rallentava, mentre quelle bestie non ne risentivano minimamente, anzi, sembravano più che altro agevolate. Passammo di fronte ad un paio di condomini e girammo l’angolo.
Il cartello “Arte farina” messo in bella mostra su un negozio cadente e lercio fu tra le cose più belle che vidi in vita mia. Era un edificio di colore rosso, l’insegna sporca di sangue (come diavolo era arrivato fino a lì?), una porta a vetri crepata e delle finestre sprangate con delle assi di legno. Napoleone si slanciò contro la lastra di vetro trasparente incrinata fracassandola con un solo colpo e procurandosi dei tagli sul muso e sulle zampe anteriori, mentre io e Leo corremmo a ruota dietro di lui saltando i cocci e sollevando della farina che giaceva a terra dappertutto. Il locale era una stanza più o meno grande, con dei tavoli e delle sedie rovesciate e un bancone per le offerte. A destra la Toilette, a sinistra una porta verde aperta che molto probabilmente dava sul magazzino. C’era un odore penetrante di lievito, ma non ci badai molto, in quel momento la sola cosa che contava per me era salvare la pelle, mia e dei miei due “compagni”.
– Nel retrobottega, ora! – strillai a pieni polmoni indicando la porta in fondo. Leo aprì con un calcio la porta che dava sul retro. Dopo che entrai la chiuse di scatto ed entrambi vi ci appoggiamo sopra, mentre dall’altra parte i cani ci sbatterono contro, facendoci sobbalzare, ma non abbastanza forte da sbalzarci via. Avevo il petto in fiamme e riuscivo appena a respirare. Non ero abituata a correre così tanto, ed anche l’ansia cominciava a farsi sentire.

Il cane scomparvedietro ai tavoli con il pane che era stato messo a lievitare sopra ancora prima che ci fosse l’apocalisse zombificata. Era quasi divertente vedere come tutte le attività, anche fare il pane, si fossero improvvisamente fermate. E non sarebbero mai più andate avanti.

- Napo, apri la porta sull’uscita del retro, sperando iddio che ce ne sia una- La porta sobbalzò nuovamente, senza aprirsi. Mi venne un’idea così folle, che tra l’altro poteva anche funzionare.

- Non sono molto forti...- disse lui. Io gli sorrisi in un modo così strano, che anche io mi accorsi di quanto fosse innaturale in quella situazione.
- Aspetta a vederli arrabbiati- gli risposi io prendendo il machete dal fianco, senza togliermi quell’idiota sorriso dal viso.
- Pronto?! – esclamai a pieni polmoni con un’ondata di nuova energia. L’adrenalina.
- A cosa? – disse lui confuso, spalancando preoccupato gli occhi color miele come un cerbiatto spaurito. Feci mentalmente un CountDown, pregando Iddio che me la mandasse buona. Aprii di scatto la porta e il machete vibrò mentre tagliava la testa a uno dei cani e la zampa con quello a tre gambe.
- Fuori due! – esultai io correndo via trascinando il povero Leo per il braccio. Il corpo di uno dei canidi con la testa sanguinante e rotolante si accasciò senza vita sul pavimento. L’altro mostro invece si trascinava sulle sue uniche due gambe rimaste verso di me, inutilmente. Saltai sopra ai tavoli calpestando il pane e sollevando una nuvola di farina.
 - Cazzo!!! Avvisami quando fai stronzate del genere!!! – Urlò Leo dietro di me. Tossicchiai un poco, sia per l’imbarazzo sia per la polvere che mi era entrata in gola. Scesi con un balzo davanti alla parete di fondo. Una porta socchiusa e Napo che ci aspettava davanti a lei scodinzolando. Leo prese la rincorsa e con una spallata la aprì mentre io gli correvo dietro, non cadendo per poco su una pozzanghera recente di sangue. Uscimmo in un vicolo. Mi girai mentre corremmo via: il cane zombie rimasto ci aveva seguiti ma era a terra, con tutta probabilità era scivolato.
- Corri...non voltarti!- mi urlò Leonardo strattonandomi per un braccio. Napoleone era davanti a noi e saltò sul cofano di un'automobile arrugginita che scricchiolò pericolosamente sotto al peso dell’animale. Non riuscivo minimamente a capire che tipo di auto fosse, era troppo consumata.
“Molto probabilmente era già così prima dell’epidemia” pensai io.
 Napo ringhiò cattivo all'altro cane che, per una frazione di secondo,  si fermò, quasi capisse quello che gli voleva dire, ma poi riprendendo a correre più forte di prima con la bava alla bocca (o quella che si poteva definire così). Era una visione orrenda. Già i canidi rabbiosi mi facevano venire la pelle d’oca, ma aggiungi che era anche uno zombie ed il gioco è fatto. Scattai come un centometrista terrorizzata a morte.
- Sul cofano !-Mi urlò Leonardo. Saltammo tutti e due sulla macchina, il parabrezza si ruppe in mille pezzi. Poco male. Il cane zombie era su di noi, vicinissimo. Potevo sentire i polmoni, o quello che ne rimanevano, alzarsi più velocemente di come normalmente farebbero. Stavamo cercando disperatamente di scendere dalla parte del portabagagli, con me in testa che mi aggrappavo con tutta la forza che avevo sul tettuccio dell’auto. Sentii Leonardo con un gridolino scivolare indietro. Io mi voltai con gli occhi spalancati. Sarebbe morto, il cane l’avrebbe morso e sarebbe stato contagiato. Prima ancora che io stessa capissi quello che avevo fatto, avevo fatto uscire la lama dal mio fianco e gliela stavo lanciando.
- Il machete !- Gli urlai io passandogli il coltello. Leo la prese al volo dalla parte del manico (sia ringraziato Nostro Signore) e lo mise di fronte a sé come un’asta. Il colpo per il giovane fu terribile, lanciò un gemito di dolore quando un coccio di vetro gli ferì il braccio, ma non era niente di grave...per fortuna...
Il ragazzo aveva ficcato la lama in mezzo alla testa dell'animale che era a pochi centimetri da lui con le fauci spalancate. Un fiotto di sangue scese lungo il coltello. Il teschio canino esanime crollò sul petto di Leo, macchiandogli la maglietta di sangue.
- Che schifo!- bisbigliò lui con un sospiro. Si scrollò l'animale morto di dosso e mi restituì il machete, ormai sporco,  accennando ad un “grazie”.
Ci accasciamo entrambi esausti sulla macchina. Io non mi reggevo in piedi per il rischio che avevamo corso. Leo invece era del tutto scioccato. Si tastava il corpo, quasi non rendendosi conto di essere lì...ancora vivo. Respirava in maniera non normale. Beh, del resto avevamo preso un bello spavento.
- Credo che facendo così tutti i giorni dimagriremo molto velocemente-disse lui infine con una risata.
- Ah.., non esserne troppo sicuro, con quello che mangio...- gli risposi per le rime, ridacchiando anch’io.
- Basta che non ti spazzoli via tutto il settore formaggi ! – ci guardammo un attimo negli occhi, nocciola miei e color miele suoi, e scoppiammo in una fragorosa risata. Erano i nervi che ci facevano questi scherzi. Erano passati pochi giorni ed eravamo già al limite psicologico...chissà cosa avremmo fatto tra un mese.  In quel momento, senza un motivo preciso, mi accorsi che napoleone non era più con noi .
- Dov’è Napo ?- chiesi io interrompendolo.Leo smise di ridere immediatamente si guardò intorno preoccupato, scandagliando ogni centimetro a portata di vista. Io stavo sudando freddo. E se ci fosse stato un altro cane e lui l’avesse inseguito per ucciderlo?
- Non lo vedo...NAPOOO!!! QUI BELLO!! - urlai mettendo le mani a cono intorno alla bocca. Stavo diventando nevrotica e non riuscivo a calmarmi.
- Non risponde- mi rispose pacatamente Leo, anche se potevo benissimo vedere attraverso i suoi occhi che anche lui era preoccupato. Lui era più forte di me, non lo dava a vedere il suo nervosismo.
-Dobbiamo trovarlo !! non posso perdere anche lui !!!-gli dissi io urlando come una pazza. Addio controllo mentale....
- Va bene, lo cercheremo,basta che non mi urli nelle orecchie – disse scoccandomi uno sguardo seccato. Lo aiutai ad alzarsi e preoccupata come non mai iniziai a girovagare per le strade. Girammo anche intorno al forno urlando il nome del cane. Molte volte vennero incontro zombie affamati,  ma riuscimmo, con un trucco o l’altro, sempre a seminarli. Spesso ci nascondevamo ( un de-javù) nei bagni del forno e non ne uscivamo finchè non sentivamo che il mostro se ne fosse andato. Ovunque era macchiato di sangue, a volte c'erano anche ossa o muscoli dilaniati e fatti a pezzi. Mi ricordai che gli zombie, in assenza di cibo, si sbranavano anche tra loro. C'era un silenzio opprimente, una calma traditrice che nascondeva dei mostri assetati di sangue. E Diego, Elena e Napo erano intrappolati in quell'inferno, forse feriti e impauriti. Mi rimproverai del mio fallimento come capo, e mi piansi addosso per la mia idiozia. Si, ecco che cosa ero veramente: un idiota. Solo io potevo mandare a morte certa i miei migliori amici, e poi non riuscire a fare nulla per loro. La mia coscienza urlava a squarciagola, dandomi i più improbabili appellativi.
- Dobbiamo tornare- disse Leo portandomi via dalle mie auto-commiserazioni.
- Cheeee??-esclamai io incredula. Non potevo credere alle mie orecchie: Leonardo voleva smettere di cercare i nostri amici? Si era già arreso? Pensai che non aveva tutti i torti, era più realistico di me che come una stupida andavo a cacciarmi nelle mie illusioni.
- Guarda sta per tramontare ...- mi disse lui indicando l’orizzonte e l’ombra rossastra che avvolgeva ormai tutti gli edifici.
- Ma non abbiamo trovato Napo!!- urlai io nuovamente. Stava diventando ormai u’abitudine.
- Ti prometto che lo cercheremo domani, ma dobbiamo andare!- cercò di dirmi convincente. Mi ricordai della promessa che mi ero fatta il giorno prima. Scossi la testa.
- Io non mi muovo da qui finche non trovo Napo!!- dissi con decisione. Stavo per dire “anche Elena e Diego”, ma le parole non mi uscirono di bocca.
- Senti ...lo so che vuoi trovare quel cane, e anche io, ma per il tuo bene, ti prego, torniamo al negozio -mi implorò dolcemente. Osservai il tramonto, rosso, solare, così bello.
- Va bene, ma domani...-
- Domani lo andiamo a cercare ok?-mi disse consolandomi. Lo guardai per un attimo. I capelli spettinati castani, gli occhi da cerbiatto. Mi sentivo a mio agio con lui. Era certamente un buon amico, di quelli che è meglio non perdere mai.
Tornammo al Despar e Fanny ci accolse festosa. Quale maggior ironia*
- Li avete trovati?-disse sorridendo. Io feci una faccia triste. Era il mi secondo fallimento. Stavo peggiorando anziché migliorare le cose.
- No...ma...ecco...come posso dirlo...abbiamo... perso Napo – disse balbettando Leo al posto mio con voce roca, io stavo per scoppiare a piangere.
-Napoleone è morto !?-urlò Fanny disperata. Si mise le mani nei capelli arruffati. Mi sentii da schifo.
- No tranquilla. E' scomparso ma non è morto...è un cane in gamba c'e la farà – Stava cercando di riparare Leo, ma Fanny se ne andò piangendo senza neanche ascoltarlo. Io mi sedetti sul lettone e sentii le lacrime prepotenti finalmente scendermi giù per il viso. Mi lasciai andare. Non ce la facevo più a tenermi dentro tutto. Avrò pianto per una mezzora, ma a me sembrò di più. Leo fece saggiamente in modo che nessuno mi disturbasse, così riuscii a stare da sola per un po’.
Ad un certo punto sentii una mano sulla spalla. Era calda e soffice, con le dita affusolate come le mie.      
- Fettina impanata ?- mi voltai. Leo mi offriva un piatto con tanto di forchetta e coltello di plastica
- Sniff...va bene ...-dissi io annuendo Nella corsa avevo perso il panino che mi ero preparata e non avevo mangiato nulla tutto il giorno. Non mi ero lamentata, ma stavo davvero morendo di fame. Il ragazzo doveva essersene accorto e mi stava gentilmente offrendo del cibo.
- Ecco, brava, mangia- e si sedette vicino a me al bordo del materasso.
- Tranquilla,li troveremo...- cercò di consolarmi facendomi coraggio. Ebbe però ben poco successo.
- Si,ma se non li troveremo...sarà tutta colpa mia...-dissi io singhiozzando di nuovo.
- No...non dartene la colpa. Tu non hai fatto niente di male, le cose sono andate semplicemente così, non avresti potuto comunque fare niente...- continuò cercando di tenere in pugno la situazione. L’ultima cosa che non volevamo entrambi era una mia crisi di nervi.
- Tu dici...?- dissi soffiandomi il naso.
-Mh...Mh...- disse Leo annuendo con la bocca piena indicando il mio piatto. Non avevo ancora toccato la cena.
–Umf...va bene - dissi io cominciando a mangiare. In realtà la scusa di Leonardo non mi convinceva affatto. Era stata colpa mia. Io dovevo essere certa che non corressero nessun pericolo quando eravamo usciti, ed invece l’avevo buttata al caso, così, alla bella e meglio. Diego poi aveva fatto solo la cosa più ovvia, se fossimo rimasti insieme non avremmo mai potuto seminare gli zombie e saremmo morti tutti.
Dopo aver finito la cena buttammo i piatti sopra la barricata (che ormai era diventato solo un ammasso di ruderi e rifiuti) e ci raggiunsero anche il restante del gruppo.
Dalle 21:00 fino alle 21:30 abbiamo parlato di argomenti vari e siamo anche riusciti a ridere un po’, uccidendo per un breve momento i miei sensi di colpa.
Abbiamo deciso che domani con Leo andrà Fanny perché sia voleva ritrovare Napo sia perché io ho i nervi a pezzi e non me la sento di correre per un altro giorno intero. Leonardo è più robusto di me, lui ce la può fare.
Spero davvero che trovino quel cane. Una buona anima in meno sulla mia coscienza. L’animale non è come Elena o Diego che possono trovare un posto e procurarsi da mangiare. Al massimo potrà contare sul grasso accumulato per cercare di sopravvivere questa notte. Almeno lo spero.
                                        
                                                                                                                                                                                                                                                             Giulia  22:34 pm

* come ho detto nel primo capitolo, Napoleone è il cane di Fanny, ed i due sono molto attaccati, per questo Fanny è disperata...


Commento dell'autrice\artista\nonsochecosa...
E dopo un'amara sconfitta contro gli spagnoli agli europei 2012, incazzata nera mi metto a ricopiare la terza puntata, maledicendo la Spagna e il caldo di Luglio.
OH MY DOG...ma quanto diavolo dovrò aspettare finchè qualcosa mi vada per il verso giusto??? 
   
 
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