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Autore: Para_muse    02/07/2012    2 recensioni
Elisabeth è una ragazza che sogna e poi realizza quello che vuole: va in America, lavora sul set di un telefilm abbastanza famoso e fa la fotografa. Quello che più ama fare nella sua vita è racchiudere in un click più soggetti. I soggetti che l'attirano. Uno in particolare lo ammira...sia con i suoi occhi che con il suo obbiettivo...una storia d'amore, d'amicizia, e di insicurezza che Elisabeth riuscirà, forse, a liberarsene.
*storia per metà betata*
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '"The Second Chance" - Racchiusi in un...bookstory.'
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Lo dico subito: scusate gli orrori -.- xD e poi non ho resistito a postarvi un altro capitolo *-*



2° Capitolo
 
~ Click, Zoom e...
 
 
 
Driiiiiiiiii.......nnnnn!
Alzai la mano e con forza la spiaccicai sul bottone della sveglia che stava facendo quel rumore assordante e fastidioso. Erano le sette del mattino di un tranquillo giorno in primavera. C'era il sole quel giorno, chissà come? ... di solito a Vancouver c'era sempre freddo. Mi alzai stiracchiandomi un po', dirigendomi poi nella cucina che condividevo con una ragazza del luogo, mia coinquilina, che studiava al college della città. Stava cercando di imparare a recitare.
E chi non lo faceva il college di Vancouver?
«Buon giorno Lizzie! », Luna allegra come mai, stamattina, era già pettinata e vestita, pronta per andare alla prima lezione del giorno.
«Buon giorno Luna... pimpante come mai stamattina? Hai fatto il caffè? Wow! », di solito era così sonnolenta che non riusciva nemmeno ad aprire le palpebre. Lasciava fare il caffè italiano e bello ristretto a me. Quale italiana non sa fare un buonissimo caffè ristretto?
Almeno ero brava a fare qualcosa, oltre a fotografare e basta! Dovevo sopravvivere, e se solo volevo riuscirci, dovevo saper almeno fare il caffè, cucinare la pasta al dente, e abbrustolire sia da una parte sia dall'altra una buona fetta di petto di pollo impanato - come faceva sempre la mia adorata mamma! -.
«Ho un meet con qualche attore di un film che gireranno a breve in città. Ci insegneranno un po' l'arte del mestiere... niente di ché, ma sicuramente ci sarà utile quindi, devo assolutamente trovarmi un posto in prima fila», fissò l'orologio appeso al muro di fronte a se: «e penso proprio di dover andare, ora! », lasciò la tazza dentro il lavello d'acciaio, mi baciò una guancia, mi aggiusto un po' i capelli arruffati e mi fissò meglio occhi, con quello sguardo ghiacciato: «Mi raccomando oggi! Stracciali tutti e fa vedere quanto tu sia brava! », mi lasciò andare e si diresse verso la porta d'ingresso quando mi urlò: «Ci vediamo a pranzo nel solito bar vicino al college? ». Urlai un "si" e bevvi l'ultimo sorso di caffè prima di andarmi a sistemare un po' il viso con un po' di trucco, e i capelli legandoli in un'alta coda di cavallo.
Quando arrivai davanti all’armadio, bhè li giunsero i primi seri problemi. Che cosa avrei messo? Che cosa dovevo scegliere? Sportivo o elegante? Un fotografo professionale va a lavoro in vestito o in jeans e maglia? E il problema più grande sarà mettere tacchi o converse? Dilemma. Chi me l'ha fatto fare?
Optai alla fine per un paio di jeans comodi, una camicia con le maniche arrotolate, e per le scarpe una via di mezza erano le ballerine: un paio di scarpe comode ma eleganti. Ero casual. E come mai non ci avevo pensato prima? Mi fissai allo specchio e non mostravo l'età che realmente avevo.
Capelli lunghi e biondi, un po' mossi e un po' lisci in coda. Occhi di un azzurro chiaro e intenso, un po' a mandorla. Naso un po' a patata e piccolino. Labbra fin troppo carnose e collo sulla media con le spalle un po' larghe; carnagione olivastra e liscia. Mani e dita da fotografa, un po' affusolate e unghie curate. Infine poca pancetta qua e là a delineare una seconda di seno, maniglie dell'amore e cosce e gambe lunghe. Età apparente: ventisette. Età reale: ventitre. Dovevo andarne fiera? Magari, forse mi avrebbero preso sul serio!
 
Mi avvicinai alla macchina che avevo comprato con un’offerta dal rivenditore di auto più vicino. Una Volkswagen New Beetle del 1999 rossa, con pochi chilometri, era ormai intestata al mio nome.
E aveva il mio nome. L'avevo chiamata Betta. Come mi chiamavano i miei amici in Sicilia. A me piace la guida di auto veloci, e Betta era dinamica. Pratica, e facile. Si faceva domare.
Mettendola in moto, feci marcia indietro dal vialetto e prendendo il cellulare con scritto la via dove dovevo recarmi per gli studios, mi diressi li, sperando di trovare il luogo senza perdermi.
Dopo svariarti incroci, e lunghissime vie, mi ritrovai davanti al set/studios del telefilm cui dovevo fare i servizi fotografici ufficiali sia sul set, che servizi fotografici pubblicitari.
Posteggiai l'auto nei parcheggi privati e prendendo i borsoni con gli attrezzi e le macchine fotografiche, mi diressi verso le porte d'ingresso. Mi diressi direttamente alla reception, per chiedere informazioni alla segretaria dietro il bancone lucido.
«Ehm salve... », alzai il dito mignolo perché impegnata a tenere le borse pesanti e anguste.
«Si? Mi dica... », mi rivolse un sorriso appena accennato. Molto gentile e cordiale mmh? Corrucciai la fronte e aprii la bocca cercando le parole adatte per spiegare la mia situazione.
«Ehm, si sono Elisabetta De Santis, la nuova fotografa ufficiale del set del telefilm...ehm... Sal...No ehm, non ricordo come si chiama Sus... », che razza di figura stavo facendo davanti alla segretaria non ricordando il nome del telefilm? "Betta svegliati cavolo!".
«Supernatural? », la ragazza alza un sopracciglio fissandomi sdegnata.
Ecco brava! «Sì, proprio quel telefilm! », annui sistemandomi la roba in spalla. La segretaria tutta tette e senza cervello scrisse qualcosa al PC e poi si rivolse con lo sguardo sul mio, o meglio sul di me in generale dicendomi qualcosa che non mi aspettavo: «Sicura di non essere la fotografa della serie tv su Disney Channel? Gli studi si trovano un po' più avanti nella nostra stessa via... », sorridendomi falsamente.
Il mio viso si corrucciò e il fumo iniziò a fuoriuscirmi dalle orecchie. «Perché non svolgi il tuo lavoro?! Chiama il Signor Singer e vedi se lavoro o no agli studios della Disney! », la mia voce salì di qualche ottava e alcune persone passanti mi fissarono con occhi curiosi e spaventati.
L'oca giuliva non si mosse minimamente e invece di prendere il telefono, schifata, sporse la mano per chiedermi: «Passami un documento che controllo immediatamente se fai parte del set o meno. E se continui a urlare chiamo la sicurezza, lo giuro! », con le unghie in gel si sistemò una ciocca di capelli e poi mi fissò aspettando.
Io frustrata sospirai rabbiosa, e lasciai atterrà uno dei quattro borsoni pesanti, cercai di aprire la cerniera della borsa a tracollo, ma naturalmente si era inceppata e cercando di tirare giù dalla spalla un altro borsone con le macchine fotografiche, i capelli impigliati per sbaglio, si tirarono indietro la mia testa facendomi sbilanciare con le altre borse, mettendomi in imbarazzo e cadendo giù di faccia.
Sentii qualche risolino e qualche tosse a nascondere la risata. Ormai era fatta. Mi ero fatta riconoscere come la svampita e scoordinata che ero.
Mi sciolsi dalle tracolle e dai borsoni, poi afferrando la borsa, mettendoci tutta la forza che avevo, aprii lo zip, notando solo dopo che l'avevo rotta. Ed ecco la borsa nuova in regalo da mia sorella, che faceva la stessa fine delle altre. La fissai con rammarico e con occhi lucidi, inginocchiandomi inizia a cercare il borsello con dentro i documenti. Tirai fuori la carta d'identità e la poggiai sul bancone, mentre mi alzavo.
Iniziai a sistemarmi i capelli nella coda perfetta che ero riuscita a fare stamattina ma che ormai era solo un bel sogno. Poi infilai la camicia alla bella meglio, dentro i jeans che spazzolai per via della polvere per terra.
Iniziai a rammendare tutti i miei borsoni e prima che afferrassi l'ultimo, qualcuno lo fece al posto mio sorridendomi.
«Ciao! Ti do una mano... », il giovanotto dai capelli lunghi e castani mi sorrise e cercai di farlo anch'io prima che l'oca giuliva mi richiamasse: «Scusami Elizabeth, mostri molto meno della tua età! Mi dispiace per l'inconveniente. Ecco tieni il pass così non ci saranno più problemi di questo genere con le altre segretarie. Spero non ti succeda più, e meno male che è arrivato Jared! Vero? », le sorrise in modo schifosamente sexy.
«Certo, Amanda! Ehm comunque mi presento, sono Jared Padalecki. Il tuo modello! », sorride e prima di stringermi una mano, mi rubò un altro borsone.
«Piacere, sono Elisabetta De Santis, la tua fotografa! Sei molto gentile Jared! », gli sorrisi cordiale e mi voltai solo un attimo per lanciare uno sguardo d'odio ad Amanda - o così l'aveva chiamata Jared - che lei però non notò perché impegnata a lanciare moine a Jared - che non la considerava.
Afferrai il mio Pass, e Jared m’invitò a seguirlo. «Qui è un po' complicato. La gente fa controlli perché un paio di mesi fa abbiamo avuto un problema con delle fan scatenate che con delle macchine fotografiche, alla nostra entrata ed uscita ci facevano sempre foto. Una addirittura si era fatta mettere sotto da Jensen», ci scherzò su Jared, mentre io restai semplicemente sconvolta, sgranando gli occhi.
«Sai ora che ci penso», mi fisso per qualche secondo, «somigli un po' a quella ragazzina. Chissà Jen come la prenderà. Sicuramente appena ti vedrà vorrà strangolarti. Sembri molto giovane. Quanti anni hai? », domandò curioso, aprendo una delle tante porte a vetri che divideva incroci e corridoi.
Lo fissai timidamente, e abbassando lo sguardo davanti a me risposi: «ventitré anni», e iniziai a guardarmi intorno mentre Jared continuava a parlare.
Quando finì con dire: «Spero ti troverai bene qui! Questo è il tuo studio», aprì la porta e vi entrò, aspettando che lo facessi anch'io.
Io entrai e prima che potesse porgermi un'altra domanda, parlai per prima chiedendogli: «Chi è Jensen? ».
Jared si voltò posando un borsone sulla scrivania che avrebbe portato il mio nome: «Come devi fare da fotografa alla nostra serie tv e non sai chi sono gli attori e i tuoi modelli principali e protagonisti? Così mi deludi Elisabetta! », disse fingendosi arrabbiato e mostrandomi un mezzo sorriso nascosto da un po' di barba.
«Ehm si scusami, la segretaria mi ha fatto un po' arrabbiare. Ehi comunque puoi chiamarmi Lizzie! Lo vedo che ti sforzi un poco eh!?», sorrisi timida e posai gli altri borsoni vicino al primo, tirando la piccola macchina professionale che usavo per scatti di tutti i giorni. Non molto professionale.
Mi voltai verso Jared e gli scattai una foto all'improvviso mentre fissava fuori dalla finestra.
«Ehi, non siamo sul set!», mi sorride mentre gliene scattai un'altra. «Voglio solo ricordare il momento in cui ci siamo incontrati, diciamo, tutto qui... sai quel detto Carpe Diem? Bene, ti basta sapere solo quello! », e gli scattai di nuovo un'altra foto.
«E va bene, ma penso che il soggetto fuori dalla finestra sarà più interessante vieni qua! », mi fece un gesto con la mano che non potei rifiutare. Mi avvicinai alla finestra, vicino a lui e guardai dietro al vetro.
Un ragazzo biondo stava scendendo da un bel sub, chiudendosi la portiera alle spalle, e inforcandosi gli occhiali, va incontro a un’Amanda euforica. Un Jared che sogghignava, aprì la finestra facendoci sentire la discussione.
«Ciao Jen, come stai? Dormito bene stanotte? Mi sei mancato terribilmente!Ehi sai ho un nuovo scoop per te! E' arrivata la nuova della troupe. Una ragazzina tutta cervello e poco coordinata... », Jared smise di ridere, mentre Jensen cominciava. Il ragazzo castano di fianco a me, chiuse immediatamente la finestra, mentre io restai sul posto a fissare il nulla davanti a me.
«Bhè ho già fatto la mia conoscenza anche con l'altro attore... », mi strinsi nelle spalle e andai a sedermi sulla poltrona, prima di sistemare la macchina dentro il borsone.
Sentii Jared grugnire qualcosa, poi si sovrappose di fronte a me e sbatte una mano sulla scrivania. «Ehi Elisabetta non scoraggiarti...». «Lizzie, va bene Jared!». «Ok Lizzie, allora senti me: non scoraggiarti, tu sei tu, e lei e lei. Non t'importare di cosa pensa la gente, sii te stessa, fai vedere quanto tu sia brava, e mostra il tuo talento! Ad Amanda ci penserò io più tardi», e mi fissò serio aspettando che gli dicessi qualcosa. Io alzai semplicemente le spalle e gli sorrisi, ringraziandolo.
Jared fece il giro della scrivania e mi fece alzare per abbracciarmi. «Non ti preoccupare sono solo i primi giorni, poi sarà tutto tranquillo-.
Mi strinsi a lui, sentendomi sicura e protetta. «Ehi Jar, ma dai il benvenuto ai nuovi in questo modo? Perché domani e i giorni che verranno, vorrei che fossero così... - risi prima di ritirarmi dall'abbraccio. Lui fece lo stesso e mi fissò con aria di sfida: «Stai forse dicendo: "Ehi diventiamo amici di set e di vita?" bhè io rispondo di sì, meglio a farseli gli amici e non a perderli... - restai un attimo scioccata da quelle parole. Mia madre le ripeteva sempre ogni singolo giorno. Fu allora che mi accorsi di come già mi mancavano, ci sentivamo spesso e nulla di più. Però, mi mancavano, e anche i miei amici, e forse anche quel serpe del mio ex fidanzato.
Sospirai, frustante e sconsolata. Sarebbe stata una lunga giornata quella. Forse l'appoggio dei miei genitori sarebbe stato dì aiuto. Eppure, chissà magari Jared avrebbe occupato il loro posto.
 
Ci eravamo spostati nelle strade della città di Vancouver. Dove il verde campeggiava e il marrone degli alberi contrastava un po'. Ero attorniata da una cinquantina di persone. E Jared mi aveva accompagnato al posto di marcia. Mi lasciò perché mi disse che doveva andarsi a preparare. Avrebbe prima fatto degli scatti con una fotografa molto brava, talchè mi fece imbarazzare ma m’indusse anche a sorridere, e poi doveva anche chiedere delle spiegazioni a Jensen su alcune scene che avrebbero dovuto girare, e altro, che non aveva voluto dirmi. Intanto il regista, aveva chiesto di me, e ora ero davanti ad un fanatico del paranormale:
«Allora Elisabeth... - cominciò il regista. «Lizzie, per favore, chiamami pure Lizzie! - dissi nuovamente. Era così difficile ricordare un nome? Tutti quelli che dovevano chiamarmi prima guardavano il pass che avevo attaccato al collo, e poi mi chiamavano. Capivo il nuovo arrivo, ma non pensavo di essere così poco insignificante, giacché ero la fotografa ufficiale del set. Insomma... mi stava dando certamente fastidio, meno male che c'era Jared a tirarmi su di morale.
«Lizzie vorrei tanto che facessi delle foto mentre loro stanno in macchina, a me da un senso di giovinezza perduta... - con gli occhi sognanti il regista mi dava le indicazioni, ma avevo in mente già qualcosa. «Oh sì e vorrei tanto che nella scena in cui Jared ovvero Sam, è tutto insanguinato, tu faccia delle foto molto nitide, e di primo piano se possibile - continuò il regista.
Io annuii semplicemente, prima, però, di richiedere al mix luci, di darmi quello che desideravo. Molta luce, ma poco bagliore. Di conseguenza niente schermi bianchi.
Il regista fece sistemare la troupe, mentre io mi dirigevo sotto il gazebo dove di solito il fotografo teneva tutti i suoi attrezzi. Presi le macchine che m’interessavano, mentre notavo che gli attori acconciati nel trucco e nel parrucco, si disposero sulla macchina e si facevano spiegare le ultime cose dal capo.
Sistemando i comandi sullo schermo della Canon, mi avvicinai alla scena, cercando di capire se erano pronti o meno. Ero un po' imbarazzata, era pur vero che la mia prima esperienza, me lo aspettavo più tranquilla e non in un set televisivo. Ormai ero qui però, l'avrei fatta andare liscia come l'olio.
«Pronti? - domandai tossicchiando. Jared si affaccio dal finestrino, dietro l’altro attore, Jensen l'aveva chiamato. Lo fissai concentrata a notare ogni piccolo particolare.
Mmh... click, Zoom, Nitidezza, Luce, Click...Occhi azzuro-verdi, tirai indietro i capelli, e click...ciuffo all'insù, lentiggini un po' sparsi, e smorfia d'attore, click...
«Lizzie? - chiamò una voce.
Mi alzai sulla schiena e scossi la testa: «Eh? - fissai Jared osservami, sgranando gli occhi un attimo, e lanciandomi un messaggio, mentre Jensen si voltò di scatto fissando davanti a se, arricciando le labbra, stringendo lo sterzo dell'auto.
Mi risvegliai un attimo da quello che stava succedendo. Aspetta, ma cosa stava succedendo?
«Ehi, tutto okay? - il regista mi fece voltare indietro, un gruppo di persone era intento a studiarmi. Forse ero entrata un po' nel mondo parallelo, quello che chiamavo photoland.
«Sì, possiamo iniziare, mi accenderesti questo faro alla mia destra? Grazie... - mormorai, indicando a quello delle luci il faro che m’interessava.
Obbedì ai miei ordini, ed io abbassandomi e cercando l'inquadratura adatta, dissi a voce alta: «Ehi, potete essere il più naturale possibile? Rilassate il volto, ehm... Jared, tu fissa fuori dal tuo finestrino, mentre...ehm, sì... potresti avere il viso che guarda la strada mentre gli occhi sono rivolti verso Jared? -
Sembrava che Jared avesse capito, mentre Jensen, fissava dritto davanti a se. Non mi guardò nemmeno, e non so perché. Forse un motivo c'era, quella cosa che Jared mi aveva raccontato magari poteva essere vera, ma era un lavoro, io volevo farlo al meglio, e avevo bisogno della loro collaborazione. Ancora non capivo perché non si sarebbe presentato... e... sapevo solo che stavo andando in panico, perché niente e nessuno stava andando per il verso giusto.
Jared aspettandosi il flash e il rumore della mia macchina, si voltò preoccupato. Io guardavo ancora dall'obiettivo, mentre aspettavo che "l'altro attore" si decidesse.
Mentre Jared si volta a guardami, e a chiedere spiegazioni, Jensen si volto a fissarlo e a arricciare le labbra. «Che c'è? - domandò il castano.
«Ehm... niente, niente... diciamo che, forse... il tuo amico... - iniziai a mordermi il labbro. Che cavolo mi stava succedendo?
 Ansia da prestazione, ecco cosa. Si forte, e decisa.
«C'è che non sa nemmeno il nome dei propri modelli - mormorò la voce profonda di Jensen.
«Bhè? - disse Jared alzando le mani «bhè io l'avevo capito che si riferisse a te! Magari il "mio amico" ancora non si è presentato... - Jared si voltò arrabbiato e ritornò alla posizione di prima. Jensen invece dopo un monologo e un ghigno, sposto lo sguardo mormorando un: «mi chiamò Jensen, solo per informazione - e cercò di rilassare il viso come aveva fatto già suo fratello nella fantasia.
Bhè dopo essermi calmata, presi un bel respiro, memorizzai quella voce, quel nome, e quel "no, tu non mi stai simpatica, proprio no" sul bel viso d'angelo, mi fecero pensare all’unico amico-attore che mi sarebbe stato d'aiuto in quel mondo di... cosa?
Bhè me lo ricordava sempre mia sorella... "snob!"
Le ciglia sbatterono contro l'appoggio per l'occhio, e la macchina fece... click.
 
Poche ore dopo, quando finii di fare le foto, Jared era contento per me, Jensen era schifato per me, il regista si era astenuto (aveva detto che le avrebbe viste solo quando il grafico le avrebbe modificate al computer), la troupe sembrava essersi stancata dopo due ore estenuanti di foto e foto, ed io ero semplicemente d-e-m-o-r-a-l-i-z-z-a-t-a da tutto! Da tutto!
Sistemai la Nikon e la Canon dentro i propri borsoni. Chiusi la cerniera, ed ero quasi pronta "a pensare" di preparare le valigie. Sapevo già che il mio lavoro era stato insoddisfacente. Non era adatto per me! Non erano adatti i soggetti, il posto, e le persone che mi circondavano. Specialmente una, che mi aveva rivolto solo una volta la parola, e ancora mi dovevo e anche lui doveva darmi delle spiegazioni sul perché di quel comportamento. Stavo iniziando a stancarmi e a retrarre anche sul terreno di guerra. Perché lo era, e come se lo era.
Jared mi venne incontro. Mi guardava con occhi da scrutatore, perché aveva capito... e avevo notato nei suoi occhi come dovevo apparire.
Spossata, stanca psicologicamente più che fisicamente. E dovevo mostrarmi provata, risentita, e il muso arrivava forse in Cina. Mi strofinai le mani sul viso cercando di rilassare un po' i nervi.
«Mi spieghi che succede? Sembri sull'orlo di una crisi di nervi da lavoro... sei stata grande la fuori Lizzie. Hai mostrato a tutti che sei un'ottima fotografa! - mormorò dolce.
Aprii le dita, fissandolo da dietro il palmo. Scossi la testa, sorridendo amara: «A me sembra tanto che tu solo l'abbia capito, mentre gli altri troppo interessati a fare altro, non si sono accorti di nulla. Jared insomma... - tirai un lungo sospiro «a chi vogliamo prendere in giro? Sei bravo tu come modello, lo è anche mister "sono-figo- scusami-tanto-se-non-mi-piaci", che non mi considerava nemmeno. - la rabbia stava nascendo dentro di me, liberai il viso dalle mani iniziando a gesticolare e a indicare qua e la: «stiamo parlando di una persona che non si è degnata né di presentarsi, né di obbedire a una ragazza, anzi a una donna al suo comando che dettava ordini e che solo tu prendevi alla lettera, mio amico per fortuna. Non si è degnato nemmeno di spiegarmi per quale, c***o, dico c***o di motivo ce l'ha con me!Perché ce l'ha con me?! Cosa gli ho fatto di male? Oh scusa, somiglio alla fan che hai messo sotto? Bhè chi te l'ha dato la patente amico? Impara a guidare! Oh sei stupido di cervello come la segretaria? Bhè, mi faccio una chirurgia plastica così somiglia a tua nonna, e non ti do più fastidio! Magari ti piaccio un po' di più, e il tuo cervello capirà che alla fine sono una persona tutt'altro che diversa da una fan sfegatata e pazza da seguire un'idiota che sei! ... Cioè... - le ultime parole italo-americane volarono per tutto il set, non mi ero accorta che la crisi "rabbiosa" che avevo mantenuto per ben due ore di fila era uscita all'improvviso e che tutti attorno a me, mi fissavano allibiti. Sgranai gli occhi, abbassando le braccia di colpo, mi nascosi dietro ad un Jared stupido e divertito. Spalancai la bocca fissandolo.
Avevo dato di matto? Bhè forse solo un po'.
«Oh Porca Vacca, Lizzie sei... -
«A dir poco insensibile, volgare e artificiosa - la voce profonda che avevo sentito, mi fece rizzare i peli dietro la nuca. Mi voltai appena per vedere il corpo di Jensen travolgermi con una sola spinta per la spalla. Il corpo di Jared a sorreggermi, prima che cadessi giù, e vedere Jensen andare via dal set.
In quel momento l'autostima cadde giù di colpa, rompendosi in mille pezzi. Avevo offeso Jensen. Era ovvio. Mai nessuno mi aveva dette quelle parole, e sentirle pronunciare da una persona che nemmeno mi conosceva per quella che ero veramente, chissà quale oscenità il mio lato "malvagio" aveva pronunciato con le mie labbra e con le mie parole.
Ero un disastro.
Jared si rattristò e senza pensarci due volte, mi diede una pacca lasciandomi sola sul posto, rincorrendo Jensen che ormai era scomparso dal set. Mortificata per quel gesto, mi strinsi nelle spalle, e avvicinandomi al regista: «Abbiamo finito per oggi? - domandai a bassa voce.
«Sì, E... Elisabeth. Per oggi sì, ti faremo sapere per le foto e ti richiamerò se avremo bisogno di te - mi diede una pacca anche lui, e prendendo i borsoni, salii sul primo taxi che fermai e tornai agli studios in centro.
 
Quando arrivai, non trovai nessuno, solo... era finita Amanda? Un'altra ragazza aveva occupato il suo posto, e sembrava molto più cordiale e amichevole alla vista. Mi avvicinai e chiesi la chiave che avevo lasciato ad Amanda del mio ufficio.
«Prego, ecco a te Elisabetta. Sei italiana? - mi sorrise e dalla pronuncia del nome riconobbi il nostro accento.
«Anche tu - sorrisi felice e speranzosa. «Da dove vieni? - domandai curiosa.
«Calabria tu? - disse, porgendomi la mano. «Sicilia, piacere...? - . «Jessica. Ma chiamami pure Jessy! - . «E tu Liz... - le parole mi si fermarono quando le urla di uomo attirarono la nostra attenzione.
«Non doveva permettersi di urlare e mostrarti a tutti in quel modo. E poi venendomi contro, e urlando qualsiasi cosa volgare che potesse accidentalmente ferirmi, o almeno ci ha provato solo un po'. Mi ha offeso più che altro, e questo gliela farò pagare molto cara... -.
«Jensen ma, si giusto, devi capire che è nuova. E' una ragazza timida, ed è alle prime armi. Da sola, non sa cosa fare, vorrebbe che tutti qui le dessero un po' di attenzioni, e come si deve, non prendendola in giro con Amanda! Sul serio Jen? Te la fai ancora con Amanda solo perché Danneel è felicemente fidanzata? Non capisci? Ci perdi tu: l'amicizia che potresti avere con una ragazza acqua e sapone, che è Elis... - Jared cercò di far calmare Jensen mentre entravano dalla porta a vetri degli studios. Io li fissai preoccupata e mortificata, poi abbassai lo sguardo e mi girai appena, cercando di non farmi notare, fissando Jessica che si chiedeva cosa stesse succedendo.
«Senti Jar non m’interessa se è acqua e sapone, se è meglio di Daneel o Amanda. Lei è solo una stupida ragazza italiana, che cerca lavoro, e successo con te soprattutto. Stai attento, queste persone sono usurpatori! Sono poveri e cercano comunque in ogni modo di fotterti! Sempre, ricordalo... - quando sentii quelle parole, mi pietrificai e restai sensibilmente sotto shock.
Jessica notò il mio stato d'animo: «Ehi Elisabetta tutto okay? - mi domandò ingenuamente.
Sentì la sorpresa dei due uomini dietro di me, e tesa e ferita, annuii semplicemente e voltandomi lentamente, dissi: «U... u... usurpatrice... I... i... io? Ehm credo che... - mi voltai indietro e respirando affannosamente restituì le chiavi a Jessica: «E' stato un piacere... ci... ci vediamo - mi diressi verso la porta e quando l'aprii Jared, mi si parò davanti: «Dove vai? Ehi, aspetta Jensen non voleva dire quelle parole, vero Jen? Jensen? - cercai di scostarlo, facendo zig-zag. M’importava proprio poco il ripensamento di quell'essere spregevole. Avevo solo voglia di andare a casa, e di auto commiserare quel giorno. Perché era stato il più brutto della mia vita.
 
Mentre Luna andava e veniva dalla mia stanza, cercando di farmi dire almeno una parola, provando a farmi mangiare o bere, ripensai a tutto quello che era successo nell'intera giornata.
Non mi aspettavo che sarebbe successo tutto quello che a flash appariva e scompariva nei miei ricordi. Una giornata così terribile non l'avevo mai vissuto, e sicuramente non avrebbe mai più dovuta ripetersi. Mi avrebbero potuta licenziare, se non l'avevano fatto già. Il pensiero di tornarmene in Italia in quel momento era molto allettante, ma allo stesso tempo no. Non volevo ritornare a casa dai miei genitori, non facendo nulla. In Italia c'era crisi, anche in America c'era il crollo, ma non avevo nessunissima voglia di prendere un aereo. Sarei rimasta qui, a testa alta, anche senza amici e senza parenti, però avrei continuato a lavorare, costi quel che costi.
Costi quel che costi? Costi anche l'amicizia tra me e Jared per via di quel Jensen?
Ripensare a quel nome, a quella faccia così, così bella... A quegli occhi così...magnifici e stupendi. Aprii e chiusi le palpebre ancora una volta, mentre la musica nelle orecchie rimbombava nelle cuffie.
Luna si preoccupava? Bhè io lo ero molto di più. La mia mente era affogata in lago di domande, senza la marea di risposte che se fossi più decisa e più autoritaria con me stessa, avrei avuto fin dal giorno in cui nacqui, quando presi lo stesso carattere di papà, e non di mamma. La mia mamma forte, quella mamma che ti dava tutte le risposte che cercavi.
Avevo bisogno di conforto, solo quello. Conforto da chiunque, come faceva la mia mamma...
«Lizzie, Lizzie, ti prego, parlami. Vuoi... per favore... - mi fissò e io la fissai semplicemente vedendo le sue labbra muoversi e le sue parole disperdersi insieme alla musica. Scossi per l'ennesima volta la testa. Lizzie sospirò amaramente, e prima di provare a tirarmi su dal letto, qualcosa le fece voltare la testa e andò via, lasciandomi di nuovo sola.
Io ero così. E mi dispiaceva tanto vedere quel viso, di solito felice, rattristarti per una, come me. Una ragazza che quando aveva problemi se li teneva tutti per se. Non voleva crearne altri per le persone a lei care. Io ero un riccio, che quando ha paura si richiude in se stesso, e quando non ne ha più, inizia il suo percorso, di nuovo, da capo.
Fra un po' paio di giorno forse mi sarebbe passata, ma la ferita di quella mattina, quelle parole pronunciate da quelle labbra, mi sarebbero rimaste impresse: nella mente e forse anche nel cuore.
Chissà perché? Quel perché? Quanti perché? Perché ce l'aveva con me? Perché?
Sospirai amaramente, e strinsi forti gli occhi per non farmi scappare nessuna lacrima. Non volevo piangere, non dovevo versare delle lacrime.
«Lizzie, Lizzie! - la voce di Luna sovrastò quella della cantante. Tolsi un auricolare: «Mmh? - aspettai che spuntasse e quando non lo fece, voltai di poco la testa alle mie spalle, verso la porta, e ciò che vidi mi fece morire in cuore.
«Hai visite! - disse allegra, indicando i ragazzi che si trovavano davanti alla porta occupandola completamente. I miei occhi si velarono, e spostando lo sguardo verso Luna, scossi la testa tornando in posizione fetale come prima.
Luna tossì e cercò di richiamarmi, ma mormorai un semplice: «Lasciatemi in pace, non voglio vedere nessuno -. Infine infilai di nuovo l'auricolare all'orecchio e sperai che se ne andassero.
Passarono secondi, o forse minuti, addirittura ore, ma non successe nulla. Non sentii la porta chiudersi, non vidi Luna ritornare. Mi voltai dall'altro fianco, ritrovandomi i due ragazzi - fratelli nel paranormale fantasioso - vicino al letto. Jared davanti, triste e dispiaciuto. Jensen qualche passo dietro di lui, serio e poco rilassato.
Tornai a fissare gli occhi color nocciola del mio nuovo amico, mentre toglievo le cuffie dalle orecchie.
«Che c'è? - gracchiai con la gola secca. Avevo bisogno di un po' d'acqua.
Jared alzò le spalle, si girò un attimo a guardare Jensen, che decise momentaneamente di studiarsi intorno, quando Jared decise di sedersi ai piedi del letto e rivolgersi a me: «Tutto okay? - domandò preoccupato.
Alzai un angolo delle labbra in un sorriso che d’ironico non aveva nulla: «Secondo te ho una faccia da "tutto okay?, come stai?, ti senti bene?"... - dissi amaramente.
«Bhè...direi proprio di no... - mormorò Jensen.
Alzai lo sguardo verso di lui, mentre si soffermò su una foto che avevo fatto in spiaggia, mentre due ragazzi si tenevano per mano, in contro luce. Tirai un sospiro, cercando di trattenere le lacrime da crisi e da nervosismo che stavano per arrivare.
«E tu cosa ne sai usurpatore? - domandai aspramente.  «Non capisci niente di sentimenti tu! - sputai fuori quelle parole come un serpente sputa fuori il veleno dai denti dopo un morso.
Lo fissai con sguardo rabbioso, mentre Jared cercava di fermarmi e calmarmi stringendomi un braccio. Jensen si voltò a fissarmi, abbandonando le foto, lasciandomi sguardi di fuoco.
Se solo gli sguardi potessero uccidere...
«Meschino! Sei un...meschino! - mormorai socchiudendo gli occhi, cercando di alzarmi. Jared cercò ancora una volta di tenermi ferma.
«Azz, chi ha parlato, l'ipocrita della situazione! - disse ironicamente, allargando le braccia. Per me, quelle parole, furono segno di sfida.
«Stronzo che non sei altr... - mi lanciai contro di lui, saltandogli addosso. Mi afferrò per i fianchi cercando di tirarmi giù, mentre io gli trascinavo a forza i capelli, facendogli ruotare la testa avanti e indietro: «Perché non vuoi darmi delle risposte? Mi spieghi cosa ho fatto! Mi spieghi cosa? - gli urlai contro.
«C***o, c***o, lasciami andare, lasciami! Ti dirò tutto, tutto sul serio, lasciami...andare! - mi urlò contro lui, mentre Jared cercava di tirarci via l'uno dall'altra:
«Basta, mi sembrate due bambini. Volete farmi uscire pazzo nei mesi che verranno!? - urlò isterico.

 
*spazio autrice*
 
Come promesso eccomi qui con un capitolo da otto pagine, e bel lunghetto! Avete ormai ben capito che gli attori per una FF ci sono. Troviamo Jared e Jensen, i due attori che danno volto e voce ai due fratelli Winchester: Sam e Dean. Ora vorrei ben capire, domanda rivolta a chi segue la storia, che TEAM c’è? Più Team Dean, più Team Sam o entrambi? La trama della storia ormai io l’ho quasi stabilita, ho intenzione di mettere qualche scompiglio in più, ma vorrei capire da quale parte deve avvenire. Non fate caso a quello che ho scritto prima. Ditemi semplicemente che Team siete! E secondo voi per quello che avete appreso da questo primo vero capitolo, quale coppia vi piacerebbe vedere! Elisam o Delisabeth!? xD ahaha u.u I migliori sono i Robsten però! u.u W loro :3
Vi lascio, intanto mi schiarisco le idee su cosa scrivere sul prossimo capitolo. Non vi sto dicendo che posterò ogni settimana, ho degli impegni e devo rispettarli. Quindi posterò il più presto possibile, promesso. (Non solo molto lenta nello scrivere, se ho tre pomeriggi liberi, ci lavoro su, e ve lo posto promesso!)
Fatemi sapere se vi è piaciuto. Sicuramente vi chiederete perché tutta quest’angoscia, quest’odio profondo, e questo Jensen un po’ strano dal solito...lo scopriremoooo ....  Un bacione!
 
xoxo
Para_muse
 
   
 
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