Capitolo cinque: In tour
Allen
e Kagome erano davanti al tempio in cui viveva la ragazza.
-
Questo…
È un addio… - disse Kagome, triste.
-
Si, ma… Io…
Sono stato bene con te, davvero molto… Io… vorrei che tu… Venissi con me. La
tua presenza mi ha dato una carica particolare, questa sera… - chiese Allen.
-
Io? Ma come
faccio? – chiese Kagome, sconcertata.
-
Semplice: io
domani mattina ti vengo a prendere in taxi, tu stasera prepari le valigie… Ed
andremo insieme in California! –
Kagome
non disse nulla, si mise solo a riflettere su cosa aveva da perderci: il
lavoro. Un lavoro senza un contratto, dove quindi non aveva ferie pagate, e
dove non doveva dare alcun preavviso per il licenziamento. E dove, inoltre, la
trattavano male e le davano una cifra irrisoria come stipendio. Beh, non
avrebbe avuto da perderci molto.
Il
più era la sua famiglia… Beh, gli avrebbe detto che le avevano offerto di
lavorare per loro. Come truccatrice, o scenografa… Qualcosa si sarebbe
inventata. Le sembrava di fare la cosa più deficiente che avesse mai fatto in
vita sua, ma allo stesso tempo sentiva di volerlo fare. Era come se un sesto
senso la guidasse fino ad Allen.
-
Allora, che
ne pensi? – le chiese il ragazzo.
-
Accetto –
disse semplicemente lei.
-
Davvero? –
-
Si, davvero
–
Allen
la abbracciò forte, e lei lo strinse a sua volta.
-
Allora ci
vediamo domani mattina. Dovresti riuscire a fare il biglietto direttamente in
aeroporto, tanto non sarai l’unica a doverlo fare… -
-
Eh? – Kagome
non capiva a cosa si fosse riferito Allen.
-
Non ti
preoccupare, domani vedrai –
Allen
la abbracciò ancora, baciandole con dolcezza una guancia. Poi si allontanò con
il taxi, verso il suo albergo.
Kagome,
entrata in casa, chiamò subito Ery, sperando che fosse ancora sveglia. Uno
squillo, e l’amica rispose subito.
-
Ciao… Sei a
casa? – chiese Kagome all’amica.
-
Si, sono
arrivata da una decina di minuti… -
-
Io sono
entrata adesso… Devo dirti una cosa! – annunciò Kagome, euforica.
-
Anch’io devo
dirti una cosa… - rispose Ery.
-
Prima tu! –
la incitò Kagome, curiosa.
-
Ok… Steve domani
partirà con i Wild Children, lavorerà per loro, e mi ha chiesto di partire con
lui… -
-
Ma è
bellissimo! –
-
Si, ma… Non
gli ho ancora dato una risposta… Mi ha detto che mi manderà un taxi domani e
che lui mi aspetterà all’aeroporto… E se non mi vedrà partirà senza di me… -
-
Ma tu ci
andrai, vero? –
-
Non lo so
ancora… E tu cosa dovevi raccontarmi? –
-
Ecco… Io…
Allen… Mi ha chiesto di partire con loro… Ma io ho accettato subito…! –
-
Davvero?
Questo mi conforta… Questa partenza improvvisa è un salto nel buio per
entrambe, ma se lo faremo assieme sono sicura che andrà bene… -
-
Allora
accetti la proposta di Steve? –
-
A questo
punto direi proprio di si… -
-
Perfetto!
Allora ci vediamo domani! –
-
Notte! –
Le
due ragazze terminarono la conversazione. Entrambe ora dovevano dedicare le
poche ore che le separavano dalla partenza, alla preparazione delle valigie…
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Un
taxi era fermo accanto ad una scalinata che, salendo verso l’alto, raggiungeva
un tempio. Quella era la casa di Kagome. E fuori dal taxi, che fumava una
sigaretta, c’era un ragazzo meraviglioso. Ogni donna, qualsiasi età ella
avesse, alla vista di quello splendido ragazzo si voltava a guardarlo. Sembrava
essere in attesa di qualcuno, lo sguardo rivolto in cima alla scalinata.
D’un
tratto, una ragazza con molte borse e valigie comparve in cima alle scale. Lui
con un agile scatto la raggiunse, la salutò con un sorriso, e le diede una mano
a portare giù i bagagli.
Una
volta caricato tutto, il taxi partì, diretto all’aeroporto. I due ragazzi
all’interno dell’auto non facevano che sorridersi e stringersi reciprocamente
le mani, scambiandosi talvolta anche qualche carezza. Sembravano una coppietta
che stava per partire per le vacanze.
-
Come stai? -
chiese Allen a Kagome.
-
Sono
emozionatissima – rispose lei.
-
Per quale
motivo? –
-
Beh… Fino a
ieri voi per me eravate lontani anni luce da me… Eravate uno dei miei gruppi
preferiti, ed irraggiungibili… Ed ora sto per partire con voi, con te… - le
ultime due parole Kagome le pronunciò a bassa voce, fissando il suo sguardo in
quello di Allen.
Vennero distratti dal tassista che gli
indicò l’aeroporto. Erano arrivati. Scaricarono i bagagli e, non appena entrati
nell’atrio, un uragano investì Kagome: era Ery, estremamente felice per essere
in partenza insieme alla sua amica, per quello che era il loro sogno. Poco
lontano da lì, Steve le guardava, sorridendo. Tutti, tranne Steve ed Ery,
rimasero sbalorditi vedendo arrivare Allen con Kagome. In genere lui le ragazze
non se le portava in tour, anche perché per ogni luogo visitato trovava una
ragazza diversa.
Dave si era accorto già dalla sera prima
che in Allen c’era qualcosa di diverso. Durante lo spettacolo spessissimo lo
aveva sorpreso a guardare verso quella ragazza.
Sempre la stessa, quella che gli aveva
mandato la sua foto, che lui ancora teneva nel portafoglio, quella che aveva
cantato un pezzo di una canzone con lui, quella che dopo il concerto era andata
nel backstage, quella che Allen aveva voluto accompagnare a casa, quella che
quella stessa mattina era arrivata per mano con Allen.
Il ragazzo non aveva mai mostrato tutte
queste attenzioni verso una donna, anche perché con la sua fama rischiava di
farsi sfruttare da qualche stronza. Ma quella… Kagome, si chiamava… Lei no, lei
sembrava essere brava, sincera. E lui… Sembrava prestarle particolare riguardo,
non l’aveva mai visto così.
John aveva provveduto a prendere i
biglietti aerei per le due ragazze, e dopo aver fatto il check-in, ognuno aveva
la possibilità di gironzolare un po’ per l’aeroporto in attesa dell’imbarco.
Ery, Steve, Allen e Kagome decisero di
andare a mangiare assieme, in un ristorante italiano che si trovava poco
lontano dal gate dove era previsto l’imbarco, per le due del pomeriggio.
I quattro si abbuffarono, cercando di
impedire ad Allen di pagare, senza tuttavia riuscirci. Il commento del cantante
fu: - Steve, tu vieni con noi per lavorare, e sei spesato, Kagome è mia ospite,
e Ery… Mi andava di offrirle il pranzo, ok? –
Il ragazzo annuì, ringraziandolo a bassa
voce. Allen era così diverso da come lo ricordava… Possibile che in un anno
fosse cambiato tanto? Lui aveva la netta impressione che ad averlo cambiato
così fosse stata Kagome, in poche ore.
Ery e Steve dopo il pranzo andarono a fare
un giro da soli, dando così la possibilità anche a Kagome ed Allen di passare
un po’ di tempo senza altre persone intorno.
Kagome era piuttosto stanca, e Allen lo
notò immediatamente.
-
Sei stanca?
– chiese il ragazzo, mentre si sedevano sulle poltroncine in attesa
dell’imbarco.
-
Un po’… Sai,
per preparare i bagagli, stanotte, non ho dormito per niente! – rispose la
ragazza, sbadigliando.
Allen
le fece appoggiare la testa sulla sua spalla e le disse:
-
Tranquilla,
tanto quando arriveremo là saranno le tre di notte, ed andremo dritti a dormire
–
-
Le tre di
notte? –
-
Si! –
-
Ma… Quante
ore di aereo dobbiamo sopportare? –
-
Sono sei
ore, ma se consideri il fuso orario… torniamo indietro di diciassette ore –
-
O mio dio…
Quindi rimarrò stordita per tre giorni! –
-
Tra tre
giorni saremo a New York, che rispetto a Los Angeles è avanti di tre ore… Solo
domani potremo gironzolare un po’… Poi fino a dopo il concerto a New York non
avremo molto tempo libero –
-
Quindi un
altro cambiamento d’ora? Ma come fate a reggere una vita simile? –
-
Beh,
chiamala passione, abitudine, lavoro… Ma se non ti va sei ancora in tempo a
tornare indietro! –
-
Assolutamente
no! – rispose Kagome, avvicinandosi un po’ di più al ragazzo, come a voler dire
che lei non aveva alcuna intenzione di allontanarsi di un solo millimetro da
lui.
Lei
ancora non poteva crederci. In pochi attimi la sua vita era cambiata
radicalmente. C’era ancora un sogno che avrebbe tanto voluto realizzare…
Baciare Allen. Ma non c’era fretta, non voleva rovinare tutto. Al momento era
un po’ come se fossero amici, si conoscevano da poche ore ma già lei si sentiva
in un certo senso legata a lui.
Ogni
tanto si soffermava a guardare quel viso meraviglioso, quelle labbra così
attraenti… Ed ogni volta lui se ne accorgeva, voltandosi verso di lei esibendo
uno dei suoi magnifici sorrisi… Quando lui faceva così lei credeva di svenire.
Una
voce agli altoparlanti richiamò l’attenzione dei viaggiatori diretti a Los
Angeles. Erano le due, ed era il momento di imbarcarsi. Kagome non aveva detto
a nessuno quanto fosse terrorizzata dall’aereo.
Kagome
ed Allen si sedettero nei posti assegnatigli, fortunatamente uno vicino
all’altro. Allen era dal finestrino, e Kagome ogni momento si sporgeva per
vedere, finendo irrimediabilmente sopra al ragazzo.
Alla
prima, seppur lievissima, turbolenza, Kagome rimase ferma, immobile, tesa come
una corda di violino.
-
Tutto bene?
– le chiese Allen, con un sorriso. Kagome aveva infatti la tipica faccia di chi
ha il terrore dell’aereo.
-
Si… Si,
tutto… Bene… - rispose lei, con voce tremante, che la tradì.
-
Hai per caso
paura dell’aereo? – chiese lui, prendendola bonariamente in giro.
-
N… No…
Assolutamente… - ma la voce di Kagome tremava sempre di più.
-
Dai che si
vede lontano un miglio che hai paura… Hai la tipica faccia di una che è
terrorizzata dall’aereo… -
-
Davvero? Si
vede così tanto? – gli chiese lei, sottovoce.
-
Si… Ma stai
tranquilla, non succede niente… Solo qualche piccola nuvola – la rassicurò
Allen, prendendole la mano.
-
Vedrai, la
paura ti passerà, stando con noi. Questo è il nostro unico mezzo di trasporto,
praticamente – continuò poi il ragazzo.
Kagome
deglutì a vuoto. Beh, sicuramente, prendendo un aereo ogni due o tre giorni, o
le sarebbe passata la paura, o sarebbe morta proprio per quest’ultima!
Le
turbolenze erano finite, e con loro, anche il viaggio volgeva al termine.
Presto sarebbero arrivati in aeroporto.
Dopo
aver preso i bagagli, i ragazzi trovarono un pullman ad aspettarli. Era un
pullman gigantesco tutto per loro. Kagome era stanchissima, e si addormentò
appoggiata alla spalla del suo adorato Allen.
Lui,
nel breve tragitto che dovevano percorrere in pullman, osservò Kagome, che
dormiva sulla sua spalla. Come era bella quella ragazza… Era praticamente
perfetta. Ed aveva un bel carattere, era simpatica, dolce… Quel giorno
l’avevano passato interamente insieme, e lui non si era mai sentito così bene.
Arrivarono
all’albergo.
-
Kagome…
Svegliati… Siamo arrivati… - disse Allen, scuotendo dolcemente la ragazza.
-
Mh? Yawn! – sbadigliò
Kagome. Poi, guardando fuori i suoi occhi si spalancarono improvvisamente.
Erano davanti ad un albergo enorme, con un parco grande e curatissimo, e
davanti all’entrata vi era una bella ed ampia fontana.
-
Questo… È il
nostro albergo? – chiese lei, incredula.
-
Si… C’è
qualcosa che non va? – chiese lui, non capendo lo stupore della ragazza.
-
No, è che…
È fantastico! – disse lei.
Lentamente
scesero dal pullman, entrando così nella lussuosissima hall dell’albergo.
John
raccolse i documenti di ognuno e si occupò di farsi dare le chiavi delle
camere. Poi andò verso il gruppo ed iniziò a distribuirle.