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Autore: LCasssieP    02/07/2012    1 recensioni
Mi ricordo con esattezza il giorno in cui iniziai a correre. Avevo quattordici anni: il mio liceo organizzava ogni anno campestri e gare di velocità, resistenza e salto ad ostacoli per chiunque avesse almeno un briciolo di voglia di fare un po' di sano movimento.
Andavo ad allenarmi tutti i giorni sulla pista ciclabile del mio paese, e ricordo solo che ogni giorno, sempre di più, quella pista mi sembrava infinita.
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Questa one-shot ha vinto il Quinto Premio al ''Picture Fiction'': Fotografia, Emozioni, Scrittura! di Carla Volturi & Mathius92.
La foto da me scelta è questa:
http://stevemccurry.files.wordpress.com/2010/09/latin_america-10055.jpg
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La vita è una salita

 

 

Mi ricordo con esattezza il giorno in cui iniziai a correre. Avevo quattordici anni: il mio liceo organizzava ogni anno campestri e gare di velocità, resistenza e salto ad ostacoli per chiunque avesse almeno un briciolo di voglia di fare un po' di sano movimento.

Andavo ad allenarmi tutti i giorni sulla pista ciclabile del mio paese, e ricordo solo che ogni giorno, sempre di più, quella pista mi sembrava infinita.

Nonostante fossi piuttosto veloce, la mia specialità è sempre stata la resistenza.

Ogni volta che avevo una gara e il cuore mi batteva forte per l'ansia e l'agitazione, io cercavo in tutti i modi di non pensarci; mi focalizzavo su una canzone che conoscevo, piena di energia, e quella mi accompagnava per tutto il tragitto. Era come se quel cantante fosse li, in carne e ossa, a cantare per me, a correre insieme a me; ogni passo che facevo era una nota, un acuto, una vibrazione delle corde di una chitarra invisibile, che coincideva con le vibrazioni del mio cuore.

In questo modo mi era difficile pensare alla corsa, all'agitazione, alla voglia di vincere che mi spronava a mettere un piede davanti all'altro, e a dare sempre di più, sempre di più...

A sedici anni avevo smesso di correre e per un certo periodo non ho più riprovato: non so perchè, davvero. Forse perchè ero diventata pigra, forse perchè avevo smesso di pretendere da me stessa di essere sempre la migliore o, probabilmente, forse perchè avevo solo smesso di combattere.

Ma ora questa voglia ora è tornata.

Ogni volta che ho tempo mi infilo nella mia tuta preferita e mi butto nella strada, proprio come quel ragazzo nella foto.

Proprio come lui io mi sforzo di andare avanti e di non fermarmi, nemmeno quando inciampo o cado in avanti.

Guardando questa foto, mi ritrovo a chiedermi se quel ragazzo corre per lo stesso motivo per cui corro io.

Ha lo stesso fuoco che anima me, e che mi spinge a pretendere di continuare, anche se il fiato è affannoso e le gambe stanno cedendo?

Non lo so, io so solo che quando corro mi sento libera.

Vedo la pista a pochi passi da me e, non appena vi poggio sopra un piede, tutto il mondo attorno a me svanisce: per quella mezz'ora non m'importa delle persone che mi guardano, mi giudicano, e forse mi apprezzano. Per quella mezz'ora sono solo sudore e fatica, aria che evapora, polmoni che si dilatano, e cuore che pompa sangue nelle vene a non finire.

La strada davanti a me si trasorma in nuovole bianche e soffici, che mi conducono a quelle porte che prima o poi tutti dovremmo attraversare; vedo il volto di mia nonna che mi sorride, le sue braccia che si tendono verso di me, e io non sento più dolore nè fatica, ma solo l'incommensurabile gioia di poterla riabbracciare in quel momento e per sempre.

E come quando ti ritrovi a tirare il filo sbagliato e a disfare tutto il maglione, io mi ritrovo a sfilare dalla mia mente tutti i ricordi tristi della mia vita: mi rivedo seduta sulle scale dell'università, afflitta per quell'esame di Latino che proprio non riuscivo a passare; e poi la prima delusione d'amore, il mio volto fanciullesco rigato da lacrime che sanno che indietro non si può più tornare; e mi rivedo a rivivere gli ultimi momenti passati nel tentativo di salvare il mio cane, cone la corsa all'ambulatorio veterinario, i disperati tentativi fatti per salvarla, e infine la tristezza, profonda, che ancora mi attanaglia il cuore quando ci ripenso.

All'improvviso mi fermo e faccio dei profondi respiri: sono arrivata alla fine della pista senza neanche accorgermene.

Alzo lo sguardo e, poco più in là, la vedo: la salita mi aspetta e mi sfida, minacciosa.

Solo allora capisco che in realtà non ho mai smesso di correre e di combattere, anche quando credevo di averlo fatto: perchè dentro di me ho sempre saputo di non essere una persona che molla la presa e si lascia cadere.

E ora so che salire è molto difficile, ma ogni caduta, ogni ferita e ogni dolore ne varranno la pena: perchè la vista che mi aspetta in cima è a dir poco meravigliosa. 

  
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