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Autore: LadyBlake    17/01/2007    15 recensioni
Harry Potter ha detto 'NO' a Draco Malfoy. Uno Slytherin che, concedetemela, ora è parecchio inviperito. E tutto perchè, come ha tenuto a precisare alla sua migliore amica: 'Hermi! Un conto è affrontare Voldemort da uomo a uomo, da mago a mago, un conto è andare incontro alle fantasie malate di quel pazzoide Slytherin'. Ma un eroe, si sa, non può sottrarsi agli obblighi che la società gli impone.
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scacco Matto

 

 

Martedì sera. Sala Comune Slytherin.

 

-È solo un idiota. Ecco che cos’è. Un maledetto idiota.– sentenziò Draco Malfoy.

Pansy Parkinson alzò per mezzo secondo gli occhi dal suo libro per osservare il cipiglio severo e ostinato del suo migliore amico, le gambe elegantemente accavallate, una mano a sostenere la testa, quasi fossero troppo ‘pesanti’ i pensieri che gli affollavano la mente, l’altra mano che torturava nervosamente un lembo della sua uniforme.

-Gli stavo concedendo un’opportunità! Un segno per sancire una tregua, no?! Un modo per fargli capire che ero pronto a perdonargli la crudele insensibilità che ha dimostrato nei miei confronti per ben sette lunghi anni!

Scuotendo la testa rassegnata e sospirando impercettibilmente, la ragazza decise di ignorare volontariamente il commento del biondo Slytherin, tornando alla sua lettura.

Un sonoro sbuffo, molto sonoro, e gli scricchiolii di qualcuno che si agitava parecchio su una poltrona di pelle attirarono di nuovo la sua attenzione.

Lo sguardo, questa volta, rimase in fissa sul broncio quasi infantile dell’altro per il tempo record di 1/4 di secondo.

-Una riconciliazione! E lui? Non ha colto! Non ha colto per niente! Non che mi aspettassi chissà che, però, insomma!

Gli occhi di Draco scattarono furtivamente in direzione della compagna, sdraiata a pancia in giù sul tappeto della Sala comune di Slytherin, immersa nella lettura.

Notando il poco interesse dimostrato per i problemi che gli impedivano di vivere un’esistenza pacifica e tranquilla, decise di ripetere il concetto.

-Mi correggo: è proprio un grandissimo e maledettissimo idiota! Chiunque ne sarebbe stato onorato! Chiunque!– ripetè, calcando su quel grandissimo e maledettissimo e sputando con disprezzo, arricciando le labbra, una parola dopo l’altra.

–No?... Giusto?

-Sì, certo.- mormorò Pansy, senza distogliere gli occhi dal volume che aveva di fronte.

-Ovviamente.- confermò Theodore Nott, stravaccato sul divano a occhi chiusi, cercando di riprendersi dall’odiosa lezione di Trasfigurazione appena passata.

Draco annuì convinto.

-Sì, sì, certo, ovviamente, un fallito, un perdente, un essere insulso e privo di ogni qualità! Che non meriterebbe l’opportunità che gli ho offerto! Ma io sono troppo buono, troppo ingenuo nella mia grande magnanimità! -rincarò la dose, infervorandosi e colpendo ripetutamente il bracciolo della poltrona con il pugno chiuso.

-Sì, certo.-mormorò Pansy.

-Ovviamente.-confermò Theodore.

Attimo di silenzio.

Draco Malfoy guardò prima l’uno e poi l’altra, ancora l’uno e di nuovo l’altra, quindi si sbilanciò in avanti, appoggiando i gomiti alle ginocchia e sussurrò, con tono cospiratore.

-Ieri notte ho visto Filch in tutu rosa danzare sotto i raggi della luna piena, accompagnato da Snape che suonava il liuto, mentre Dumbledore e la McGranitt volavano nudi a cavallo di una scopa sopra il Lago Nero.

-Sì, certo.-mormorò Pansy.

-Ovviamente.-confermò Theodore.

Le narici di Draco ebbero un fremito.

Chiuse gli occhi e contò fino a tre.

Poi ancora fino a tre.

Era ovvio che nessuno si stesse interessando realmente a lui e al suo dramma.

Perché quello che stava vivendo era un dramma.

Settimane e settimane di preparazione psicologica per arrivare a quello.

Di prove davanti allo specchio a cercare l’espressione giusta, la corretta angolazione tra l’occhio e il sopracciglio destro, a metà tra il ‘ti ordino di dirmi di sì’ e il ‘non sai cosa ti perdi’.

Aveva selezionato attentamente tutte le opzioni, ponderato i pro e i contro, forse più i pro (a suo vantaggio) che i contro…misurato le parole…beh, magari si era fatto prendere un po’ la mano…ad ogni modo non esisteva che lui gli avesse detto di no.

Tanta fatica e per cosa?

Per sentirsi rifiutato come l’ultimo degli esseri più infimi ed essere pure snobbato dagli amici?

Draco Malfoy si alzò, si avvicinò al camino e afferrò l’attizzatoio in ferro battuto.

Con nonchalance e ostentando estrema calma, si avviò verso la propria camera, fermandosi appena dietro ai suoi amici che, impegnati una a leggere a l’altro a sonnecchiare, non avevano dato segno di essersi accorti dei suoi movimenti.

Alzò il braccio destro sopra la testa, mollò la presa sull’attizzatoio e

SDENGGGG!

-MA PORCA VACCA!

-E CHE CAZZO!

causando un mezzo infarto agli altri occupanti della sala.

Non contento, entrò a passo di marcia nella sua stanza, sbattendosi la porta alle spalle.

-Ma che cavolo gli è preso?- esclamò Nott, ormai completamente sveglio e con gli occhi arrossati e fuori dalle orbite per lo spavento.

-Non lo sai?- sibilò Pansy, con una mano sul petto.

-Che cosa?- domandò il ragazzo, grattandosi la testa senza capire.

Pansy gli rivolse un’occhiata tra il seccato e il parecchio seccato.

Attese qualche secondo, ma pareva proprio che le due ore della McGranitt avessero prosciugato il cervello del suo ragazzo. Alzò gli occhi al cielo per l’ennesima volta quel giorno.

Sembrava fosse ormai diventato il suo passatempo preferito.

-Lui.-si rassegnò a dire con un gesto della mano, indicando verso l’alto.

-Oh!! Quello…

-Già, quello.

-Ma sono passati già tre giorni! Perché se la prende così?? Può farne anche a meno, no?? Ne ha fatto a meno per sette anni, sopravvivrà! Non l’ha ancora superato?

Pansy, indecisa se assegnare o meno a Theodore il premio per la domanda più idiota del mese, si degnò comunque di rispondere:

-Secondo te??

Silenzio.

-Beh, io non capisco.

-Che novità.

-Intendo dire… – proseguì Nott, dopo aver lanciato alla ragazza un’occhiata offesa –… che ci sono un sacco di pesci nel mare. Perché impuntarsi proprio su di lui?

-Andiamo Theo, ma pensi veramente che se ne possa star qua bello tranquillo? Come se domani saltasse fuori che Dumbledore è un giovane muscoloso e nasconde dei pettorali da urlo sotto quella barba troppo lunga. Nonostante sia abbastanza sexy anche così….Vabbè, insomma, in fondo in fondo ci sperava, ci ha sempre sperato.

-Bleahh! Pansy, hai delle fantasie perverse, te l’hanno mai detto?? – esclamò Theo, che si era bloccato all’immagine di Dumbledore con i pettorali in bella vista.

-Più di una volta.

Theo decise di soprassedere.

-E comunque – tornò a dire - io penso ci sia di meglio. Anzi, c’è sicuramente di meglio.- aggiunse con un tono malizioso che non sfuggì alla ragazza, la quale ribattè, stizzita:

-Beh, prima cosa tu faresti meglio a non pensare. In generale. E soprattutto a non pensare cosa o chi ci sia di meglio. Seconda cosa, ‘al cuor non si comanda’.

-E neanche agli ormoni impazziti di un diciassettenne infoiato, se è per quello. Solo che non capisco…

-Theo, sei già arrivato al numero massimo di ‘non capisco’ per la giornata e, ti avverto, hai finito i bonus due ore fa con la storia del perché non i boxer verdi a pois gialli. Punto, fine della storia.

-Gnegnegne.

Pansy lo fulminò.

-Comunque, ciò non toglie che io non capisca come si fa a dire di no a Draco.

-Non è questo il punto, Theo.

-E sentiamo, allora, genio dei geni, il punto qual è?

-Il punto è, idiota degli idioti, che a Draco non rode il ‘NO’ in sé, a Draco rode che a dire quel ‘NO’ sia stato proprio lui.

-Ma andiamo! Stiamo parlando di Harry Potter!

-Appunto.

 

 

Martedì sera. Sala Comune Gryffindor.

 

-Ho detto di no, ‘Mione.

-Già, ha detto di no, ‘Mione.

-Grazie Ron, ma non ho bisogno che tu mi ripeta il concetto. – sbuffò Hermione, con la pazienza ormai ridotta ai minimi termini, fulminando il rossino con la coda dell’occhio. Seduta sul divano della Sala comune di Gryffindor stava tentando, ormai da ben due ore, di convincere il suo migliore amico a cambiare idea.

Ron non le stava facilitando la missione, preso com’era dallo spalleggiare Harry nella sua cocciutaggine.

-Harryyy.

-‘Mioneee.- imitò lui con tono cantilentante.

-Ma cosa ti costa, dico io?- sbottò.

Lui la fissò come se le fosse cresciuta una seconda testa.

-Ma cosa ci guadagni tu, dico io! Ti ha forse pagato??... Sei sotto fattura? Ti ha minacciato??- chiese, sempre più preoccupato.

A quella prospettiva, Ron drizzò le antenne e la fissò, studiandola.

Hermione rivolse a quei due uno sguardo assassino.

-No, Harry e no, Ron. Non sono affatturata, non mi ha pagato, non mi ha detto niente di niente. E non sono sotto minaccia di nessuno.

-E allora? – le chiesero in coro.

-Ron, tu non mi aiuti!!

-Io non voglio aiutarti!!

Silenzio.

Pesante silenzio.

Era ovvio che in quella maniera non si sarebbe arrivati da nessuna parte.

-Ron.

-Che c’è? – fissò guardingo la ragazza, compostamente seduta , le braccia conserte e il piede che batteva sul pavimento come la zampa di un castoro.

Segno che, ormai, era in procinto di esplodere.

-Ci lasci un attimo soli, Ron? Per cortesia, Ron.

Harry lanciò uno sguardo implorante al migliore amico che, con un’alzata di spalle, decise che tra salvarsi la pelle e salvare il suo migliore amico dalla terribile prospettiva che lo attendeva, era meglio di gran lunga salvarsi la pellaccia.

Rimasto solo con la ragazza, a parte le altre dieci persone che seguivano con interesse quello scambio di battute, Harry tornò a concentrarsi sulle fiamme del camino, sgranocchiando innocentemente Cioccorane e lanciando furtive occhiate alla McGranitt in miniatura che era diventata in quel momento la sua migliore amica.

-Harry.

-‘Mione.

-Harry!!

-‘Mione!

-Sei un maledetto testardo Harry Potter!!

-Ma Hermione! Non posso farlo, andiamo! Da quando sei passata dalla sua parte?

-Da quando, per la prima volta in sette anni, l’ho visto fare una proposta a vantaggio della comunione e della convivenza pacifica tra gli studenti delle Case e…

-Ma dai, Herm! Non ti facevo così ingenua!

-…e da quando ho notato che con il tuo atteggiamento non fai altro che peggiorare la situazione e…

-Perché adesso è colpa mia se Malfoy è uno stronzo!

-No, ma è colpa tua se da tre giorni a questa parte è diventato intrattabile!

-Intrattabile! È sempre stato un arrogante infame e bastardo nell’intimo più profondo, ma guarda un po’, se da tre giorni è intrattabile come fosse in crisi premestruale è colpa del sottoscritto!

La ragazza si alzò e andò ad inginocchiarsi di fianco al bracciolo della poltrona su cui Harry stava comodamente semisdraiato.

-Senti. – disse, conciliante, attirando la sua attenzione con una mano posata gentilmente sul suo avambraccio.

Harry tremò.

-Nessuno qui ne può più delle sue angherie. Quest’anno sembrava essersi parecchio tranquillizzato, ma da quando è successa ‘sta cosa…insomma…vedi…io non ti parlo solo a nome mio…

Harry la fissò, gli occhi verdi spalancati con terrore di fronte alla prospettiva di essere messo, ancora una volta, all’angolo.

-Herm! Un conto è affrontare Voldemort da uomo a uomo, da mago a mago, un conto è andare incontro alle fantasie malate di quel pazzoide Slytherin.

-Ma Harry, te lo sto chiedendo a nome di tutti, salvaci dall’ira di Malfoy Jr. Te ne prego, Harry…

Lo sguardo smarrito da cerbiatto abbandonato non era una mossa leale.

-Fallo per noi, Harry.

-Già, sei o non sei il salvatore del mondo magico??

-Harryy…

Il-Bambino-che-era-sopravvissuto-ma-che-in-quel-momento-avrebbe-preferito-non-esserlo fissò tutti uno a uno, scattando in piedi, con uno sguardo che la diceva tutta sulla sua frustrazione per la situazione venutasi a creare.

-Anche tu, Seamus, amico mio?

Nessuno abbassò lo sguardo di fronte alla muta implorazione dell’ eroe, sfiancato da tutte quelle richieste.

-Ma voi non capite!! Non provate un po’ di pietà?

-Avanti, Harry, non ti ha chiesto di partecipare a una guerra! – sbottò Hermione.

L’unico che avrebbe potuto aiutarlo se ne stava rintanato nel dormitorio, dopo una ritirata strategica, ormai rassegnato all’inevitabile.

-Ma…stiamo parlando di Malfoy! Di Draco Malfoy! E poi, un ragazzo!! Che ha già espresso i suoi gusti sessuali ben chiaramente!

-Beh, ma è solo un innocente invito.

-Già.

-Una festa, con tanta gente.

Harry indietreggiò di un passo, di fronte a quella schiera compatta di traditori.

-Ma! No, dico, l’avete visto come mi ha guardato? Un pezzo di carne gustoso e succulento!

-Harry, non sarete soli.

-Non dirmi che hai paura di Malfoy!

Ovvio che aveva paura di Malfoy.

-Si approfitterà di me…-bofonchiò con voce infantile.

-Harry – lo riprese bonariamente Hermione, con un’espressione di trionfo sul viso, parlandogli come si fa a un bambino di tre anni, dandogli delle leggere pacche sulla schiena– non sarà così terribile, vedrai.

-Harry, io ci metterei la firma perché si approfittasse di me. – tentò di consolarlo Seamus, dandogli una pacca su una spalla.

Al solo pensiero di quello che sarebbe potuto succedere durante quella maledetta festa, il colorito di un Harry Potter ormai sconfitto dai suoi stessi compagni di Casa, salì di qualche tonalità verso un rosso cangiante.

 

Mercoledì mattina. Sala Grande.

 

Draco Malfoy, torvo più che mai, entrò in Sala Grande, facendo scappare un gruppo di ragazzini del secondo anno, terrorizzati. Persino i suoi compagni di Casa viaggiavano su binari distanti.

Harry, con in mano una tazza di tè fumante, fissò per un attimo l’incedere furioso, le occhiate nervose e i gesti a scatti del suo ‘rivale’.

Possibile che il suo rifiuto di andare a  quella maledetta festa insieme a Malfoy fosse la causa di tutto quel trambusto?

Possibile?

Spinto dai suoi compagni, Harry Potter prese il coraggio a due mani e con tutta la dignità che potè racimolare in tutto il suo essere il Gryffindor più amato e irresistibile degli ultimi cento anni e l’eroe, oltre che del mondo magico, a breve, anche della piccola comunità studentesca di Hogwarts, si diresse a passi lenti e pesanti verso il tavolo degli Slytherin.

Un certo biondo si accorse infine della sua avanzata.

La sorpresa ben presto si tramutò in speranza e poi, con sommo disappunto di Harry, in trionfo e qualche altra cosa…aspettativa? Meglio non indagare.

Ancor prima di pronunciare le fatidiche parole, Harry Potter si era già pentito della sua decisione.

-Malfoy.

-Potter.

A Harry non piacque quel tono.

E nemmeno lo sguardo famelico dell’altro, che lo percorreva da capo a piedi, mentre si portava un biscotto alla bocca.

Un animale in trappola, ecco cos’era.

Altro che innocente serata e festa e tutto il resto.

Non sapevano. Gli altri non capivano.

Non era proprio così idiota.

-Malfoy. Ci ho riflettuto bene e credo di essere stato…come dire…precipitoso…

Draco fissava compiaciuto il ragazzo che stava affogando nell’imbarazzo. Seguì il movimento della mano che andò a piazzarsi nervosamente dietro la nuca.

Precipitoso. Sì, decisamente precipitoso, Potter. Continua, continua.

-Precipitoso in che?

Harry lo guardò malissimo.

-Indovina.

-Così non migliori la tua situazione Potter.- buttò lì Draco, acido.

Un mormorio preoccupato percorse la Sala, che per tutto quel tempo aveva trattenuto il fiato, in attesa.

Harry si trattenne dal rispondere a tono e continuò, conciliante, fissando le iridi d’argento dell’altro.

-Precipitoso a dirti di no, Malfoy.

-Oh oh…ti sei pentito ad avermi rifiutato, Potter?- l’ istinto a stuzzicarlo era troppo forte, ma fu Pansy a riportarlo alla realtà, dandogli una gomitata e sussurrandogli, concitata e furente.

-Draco, vedi di non tirare troppo la corda! Digli che per te va bene e finiamola qui!! Tanto lo sappiamo che stai gongolando, te lo si legge in faccia!!!Pervertito che non sei altro!

-Ehm..ehm…-tossicchiò un imbarazzatissimo Harry, che avrebbe fatto anche a meno di udire quelle dolci paroline sulla sua situazione di carne al macello.

Draco, di una tonalità rosata insolita per lui, decise che la sua colazione poteva terminare lì.

Di scatto si alzò, percorrendo lo spazio che lo separava da Harry.

A un passo da lui, gli artigliò il braccio e aggressivo gli disse.

-Allora il tuo è un ‘sì’?

Harry, il cui primo istinto era stato quello di fuggire a gambe levate, potè solo annuire con il capo, deglutendo vistosamente, con il viso di Draco a una spanna dal suo.

-Non sono ammessi ripensamenti, Potter.

Harry non stette lì a fargli notare che un ripensamento l’aveva già avuto.

E a suo vantaggio.

Di Draco.

-Alle sette, domani sera, fuori dall’aula delle Necessità. Nessun amico, niente ritardi.

-Devo vestirmi bene? – non potè trattenersi dal chiedere Harry.

Pentendosi subito.

Draco gli studiò il viso con un’espressione vagamente calcolatrice, allentando un po’ la presa sul braccio. La mano cominciò a muoversi su e giù, in una carezza.. sensuale?

-Vestiti come vuoi, Potter. Per me fa lo stesso. – rispose con un ghigno preoccupante.

Voglio sprofondare. Fatemi tornare Voldemort. Tutto, ma non questo.  Fu il pensiero di Harry.

-Non te ne pentirai, Potter. Fidati.- gli sussurrò poi, ammiccando e allontanandosi da lui per abbandonare la Sala Grande.

Harry non era poi così certo.

 

 

Venerdì sera. Sala Comune Slytherin.

 

-Draco!! Dracooo! Pansy, ma dove diavolo s’è cacciato Draco???

-Lascia perdere Theo, che ne dici di divertirci un po’ stasera, io e te?

-Mmm, okay, ma niente giochetti strani che riguardino Dumbledore, per favore.

-Oh, che ne dici di Filch in tutu rosa, allora?

Theodore si trattenne dal fare commenti, alzando gli occhi al soffitto e seguendo la sua ragazza in camera. Meglio distrarla prima che potesse elaborare chissà quali strane fantasie.

 

 

Venerdì sera. Sala Comune Gryffindor.

 

-Allora Harry, è stato poi così tremendo?? Harry??...Harry!

Hermione tirò un calcio al suo migliore amico, completamente con la testa tra le nuvole. Erano tutti seduti sul tappeto di fronte al camino, nella Sala comune di Gryffindor.

-Eh? Che c’è?

-Allora?

-Allora che?

-Beh…allora la festa, no?

-Ah…la festa, sì, certo…

-Non è stata poi così tremenda, no? – domandò Hermione, con un’espressione che la diceva lunga su quanto fosse ovvia la risposta a quella domanda.

Harry sorrise, arrossendo vistosamente.

-Mmmm…diciamo di no.

Scoppiarono a ridere.

-Tanta gente? – s’intromise Ron, curioso, non capendo il motivo di tanta ilarità.

Harry e Hermione si scambiarono uno sguardo d’intesa.

-Oh…beh,  il numero minimo perché ci si potesse divertire…diciamo.

-Ah. Beh, l’importante è questo, no? E tu che avevi paura di chissà cosa! Eh, amico? E Malfoy è tornato ad essere un agnellino!

Sentendo quel nome, Harry diede un’occhiata all’orologio e si alzò, stiracchiandosi.

-Beh, la compagnia è bella, ma sarà meglio che vada.

-Come?? Dov’è che devi andare??- saltò su Ron.

- Non dovevamo giocare a scacchi?

-Oh, già! Beh, lo faremo un’altra volta, eh? Stasera insegnerai a  ‘Mione a giocare! - gli rispose di rimando Harry, già mezzo fuori dal ritratto della Signora Grassa.

-Ma dove va??

-Sai, Ron, c’è una festa a cui non può proprio mancare stasera.

-Una festa??Ma come? Un’altra?

-Eh, già!

-E doveva andarci per forza?

-Beh, Ron, sai com’è, l’ospite d’onore non può mancare.

Ron si grattò la testa, dubbioso.

Qualcosa gli sfuggiva in tutta quella storia.

Hermione sorrise, comprensiva, riportando poi l’attenzione del rossino sulla scacchiera in mezzo a loro.

-Dai, allora, spiegami, com’è che si dà scacco matto al re?

 

 

***

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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