Scacco
Matto
Martedì sera.
Sala Comune Slytherin.
-È solo un idiota. Ecco che cos’è. Un maledetto idiota.– sentenziò Draco
Malfoy.
Pansy Parkinson
alzò per mezzo secondo gli occhi dal suo libro per osservare il cipiglio severo
e ostinato del suo migliore amico, le gambe elegantemente accavallate, una mano
a sostenere la testa, quasi fossero troppo ‘pesanti’ i pensieri che gli
affollavano la mente, l’altra mano che torturava nervosamente un lembo della sua
uniforme.
-Gli stavo
concedendo un’opportunità! Un segno per sancire una tregua, no?! Un modo per
fargli capire che ero pronto a perdonargli la crudele insensibilità che ha
dimostrato nei miei confronti per ben sette lunghi anni!
Scuotendo la
testa rassegnata e sospirando impercettibilmente, la ragazza decise di ignorare
volontariamente il commento del biondo Slytherin, tornando alla sua
lettura.
Un sonoro
sbuffo, molto sonoro, e gli
scricchiolii di qualcuno che si agitava parecchio su una poltrona di pelle
attirarono di nuovo la sua attenzione.
Lo sguardo,
questa volta, rimase in fissa sul broncio quasi infantile dell’altro per il
tempo record di 1/4 di secondo.
-Una
riconciliazione! E lui? Non ha
colto! Non ha colto per niente!
Non che mi aspettassi chissà che, però, insomma!
Gli occhi di
Draco scattarono furtivamente in direzione della compagna, sdraiata a pancia in
giù sul tappeto della Sala comune di Slytherin, immersa nella
lettura.
Notando il poco
interesse dimostrato per i problemi che gli impedivano di vivere un’esistenza
pacifica e tranquilla, decise di ripetere il concetto.
-Mi correggo: è
proprio un grandissimo e
maledettissimo idiota! Chiunque ne sarebbe stato onorato! Chiunque!– ripetè, calcando su quel
grandissimo e maledettissimo e sputando con disprezzo,
arricciando le labbra, una parola dopo l’altra.
–No?...
Giusto?
-Sì, certo.-
mormorò Pansy, senza distogliere gli occhi dal volume che aveva di
fronte.
-Ovviamente.-
confermò Theodore Nott, stravaccato sul divano a occhi chiusi, cercando di
riprendersi dall’odiosa lezione di Trasfigurazione appena
passata.
Draco annuì
convinto.
-Sì, sì, certo,
ovviamente, un fallito, un perdente, un essere insulso e privo di ogni qualità! Che non
meriterebbe l’opportunità che gli ho offerto! Ma io sono troppo buono, troppo
ingenuo nella mia grande magnanimità! -rincarò la dose, infervorandosi e
colpendo ripetutamente il bracciolo della poltrona con il pugno
chiuso.
-Sì,
certo.-mormorò Pansy.
-Ovviamente.-confermò
Theodore.
Attimo di
silenzio.
Draco Malfoy
guardò prima l’uno e poi l’altra, ancora l’uno e di nuovo l’altra, quindi si
sbilanciò in avanti, appoggiando i gomiti alle ginocchia e sussurrò, con tono
cospiratore.
-Ieri notte ho
visto Filch in tutu rosa danzare sotto i raggi della luna piena, accompagnato da
Snape che suonava il liuto, mentre Dumbledore e
-Sì,
certo.-mormorò Pansy.
-Ovviamente.-confermò
Theodore.
Le narici di
Draco ebbero un fremito.
Chiuse gli
occhi e contò fino a tre.
Poi ancora fino
a tre.
Era ovvio che
nessuno si stesse interessando realmente a lui e al suo dramma.
Perché quello
che stava vivendo era un
dramma.
Settimane e
settimane di preparazione psicologica per arrivare a quello.
Di prove
davanti allo specchio a cercare l’espressione giusta, la corretta angolazione
tra l’occhio e il sopracciglio destro, a metà tra il ‘ti ordino di dirmi di sì’
e il ‘non sai cosa ti perdi’.
Aveva
selezionato attentamente tutte le opzioni, ponderato i pro e i contro, forse più i pro (a suo vantaggio) che i contro…misurato le parole…beh, magari si
era fatto prendere un po’ la mano…ad ogni modo non esisteva che lui gli avesse detto di no.
Tanta fatica e
per cosa?
Per sentirsi
rifiutato come l’ultimo degli esseri più infimi ed essere pure snobbato dagli
amici?
Draco Malfoy si
alzò, si avvicinò al camino e afferrò l’attizzatoio in ferro battuto.
Con nonchalance
e ostentando estrema calma, si avviò verso la propria camera, fermandosi appena
dietro ai suoi amici che, impegnati una a leggere a l’altro a sonnecchiare, non
avevano dato segno di essersi accorti dei suoi movimenti.
Alzò il braccio
destro sopra la testa, mollò la presa sull’attizzatoio e
SDENGGGG!
-MA PORCA
VACCA!
-E CHE
CAZZO!
causando un
mezzo infarto agli altri occupanti della sala.
Non contento,
entrò a passo di marcia nella sua stanza, sbattendosi la porta alle
spalle.
-Ma che cavolo
gli è preso?- esclamò Nott, ormai completamente sveglio e con gli occhi
arrossati e fuori dalle orbite per lo spavento.
-Non lo sai?-
sibilò Pansy, con una mano sul petto.
-Che cosa?-
domandò il ragazzo, grattandosi la testa senza capire.
Pansy gli
rivolse un’occhiata tra il seccato e il
parecchio seccato.
Attese qualche
secondo, ma pareva proprio che le due ore della McGranitt avessero prosciugato
il cervello del suo ragazzo. Alzò gli occhi al cielo per l’ennesima volta quel
giorno.
Sembrava fosse
ormai diventato il suo passatempo preferito.
-Lui.-si rassegnò a dire con un gesto
della mano, indicando verso l’alto.
-Oh!!
Quello…
-Già, quello.
-Ma sono
passati già tre giorni! Perché se la prende così?? Può farne anche a meno,
no?? Ne ha fatto a meno per sette anni, sopravvivrà! Non l’ha ancora
superato?
Pansy, indecisa
se assegnare o meno a Theodore il premio per la domanda più idiota del mese, si
degnò comunque di rispondere:
-Secondo
te??
Silenzio.
-Beh, io non
capisco.
-Che
novità.
-Intendo dire… – proseguì Nott, dopo aver
lanciato alla ragazza un’occhiata offesa –… che ci sono un sacco di pesci nel
mare. Perché impuntarsi proprio su di
lui?
-Andiamo Theo,
ma pensi veramente che se ne possa star qua bello tranquillo? Come se domani
saltasse fuori che Dumbledore è un giovane muscoloso e nasconde dei pettorali da
urlo sotto quella barba troppo lunga. Nonostante sia abbastanza sexy anche
così….Vabbè, insomma, in fondo in fondo ci sperava, ci ha sempre sperato.
-Bleahh!
Pansy, hai delle fantasie perverse, te l’hanno mai detto?? – esclamò Theo, che
si era bloccato all’immagine di Dumbledore con i pettorali in bella
vista.
-Più di una
volta.
Theo decise di
soprassedere.
-E comunque –
tornò a dire - io penso ci sia di meglio. Anzi, c’è sicuramente di meglio.- aggiunse con un
tono malizioso che non sfuggì alla ragazza, la quale ribattè,
stizzita:
-Beh, prima
cosa tu faresti meglio a non pensare. In generale. E soprattutto a non pensare
cosa o chi ci sia di meglio. Seconda
cosa, ‘al cuor non si comanda’.
-E neanche agli
ormoni impazziti di un diciassettenne infoiato, se è per quello. Solo che non
capisco…
-Theo, sei già
arrivato al numero massimo di ‘non capisco’ per la giornata e, ti avverto, hai finito i bonus due ore fa con la storia del
perché non i boxer verdi a pois gialli. Punto, fine della
storia.
-Gnegnegne.
Pansy lo
fulminò.
-Comunque, ciò non toglie che io non capisca come si fa a dire di no a
Draco.
-Non è questo
il punto, Theo.
-E sentiamo,
allora, genio dei geni, il punto qual è?
-Il punto è, idiota degli idioti, che a Draco non
rode il ‘NO’ in sé, a Draco rode che a dire quel ‘NO’ sia stato proprio lui.
-Ma andiamo!
Stiamo parlando di Harry
Potter!
-Appunto.
Martedì sera.
Sala Comune Gryffindor.
-Ho detto di
no, ‘Mione.
-Già, ha detto
di no, ‘Mione.
-Grazie Ron, ma
non ho bisogno che tu mi ripeta il concetto. – sbuffò Hermione, con la pazienza
ormai ridotta ai minimi termini, fulminando il rossino con la coda dell’occhio.
Seduta sul divano della Sala comune di Gryffindor stava tentando, ormai da ben
due ore, di convincere il suo migliore amico a cambiare idea.
Ron non le
stava facilitando la missione, preso com’era dallo spalleggiare Harry nella sua
cocciutaggine.
-Harryyy.
-‘Mioneee.- imitò lui con
tono cantilentante.
-Ma cosa ti
costa, dico io?- sbottò.
Lui la fissò
come se le fosse cresciuta una seconda testa.
-Ma cosa ci
guadagni tu, dico io! Ti ha forse
pagato??... Sei sotto fattura? Ti ha minacciato??- chiese, sempre più
preoccupato.
A quella
prospettiva, Ron drizzò le antenne e la fissò,
studiandola.
Hermione
rivolse a quei due uno sguardo assassino.
-No, Harry e no, Ron. Non sono affatturata, non mi ha
pagato, non mi ha detto niente di niente. E non sono sotto minaccia di nessuno.
-E allora?
– le chiesero in coro.
-Ron, tu non mi
aiuti!!
-Io non voglio
aiutarti!!
Silenzio.
Pesante
silenzio.
Era ovvio che
in quella maniera non si sarebbe arrivati da nessuna
parte.
-Ron.
-Che c’è? –
fissò guardingo la ragazza, compostamente seduta , le braccia
conserte e il piede che batteva sul pavimento come la zampa di un castoro.
Segno che,
ormai, era in procinto di esplodere.
-Ci lasci un
attimo soli, Ron? Per cortesia, Ron.
Harry lanciò
uno sguardo implorante al migliore amico che, con un’alzata di spalle, decise
che tra salvarsi la pelle e salvare il suo migliore amico dalla terribile
prospettiva che lo attendeva, era meglio di gran lunga salvarsi la
pellaccia.
Rimasto solo
con la ragazza, a parte le altre dieci persone che seguivano con interesse
quello scambio di battute, Harry tornò a concentrarsi sulle fiamme del camino,
sgranocchiando innocentemente Cioccorane e lanciando furtive occhiate alla
McGranitt in miniatura che era diventata in quel momento la sua migliore
amica.
-Harry.
-‘Mione.
-Harry!!
-‘Mione!
-Sei un
maledetto testardo Harry Potter!!
-Ma Hermione!
Non posso farlo, andiamo! Da quando sei passata dalla sua
parte?
-Da quando, per
la prima volta in sette anni, l’ho visto fare una proposta a vantaggio della
comunione e della convivenza pacifica tra gli studenti delle Case
e…
-Ma dai,
Herm! Non ti facevo così ingenua!
-…e da quando
ho notato che con il tuo atteggiamento non fai altro che peggiorare la
situazione e…
-Perché adesso
è colpa mia se Malfoy è uno
stronzo!
-No, ma è colpa
tua se da tre giorni a questa parte è
diventato intrattabile!
-Intrattabile!
È sempre stato un arrogante infame e bastardo nell’intimo più profondo, ma
guarda un po’, se da tre giorni è intrattabile come fosse in crisi premestruale
è colpa del sottoscritto!
La ragazza si
alzò e andò ad inginocchiarsi di fianco al bracciolo della poltrona su cui Harry
stava comodamente semisdraiato.
-Senti. –
disse, conciliante, attirando la sua attenzione con una mano posata gentilmente
sul suo avambraccio.
Harry
tremò.
-Nessuno qui ne
può più delle sue angherie. Quest’anno sembrava essersi parecchio
tranquillizzato, ma da quando è successa ‘sta cosa…insomma…vedi…io non ti parlo
solo a nome mio…
Harry la fissò,
gli occhi verdi spalancati con terrore di fronte alla prospettiva di essere
messo, ancora una volta, all’angolo.
-Herm! Un conto
è affrontare Voldemort da uomo a uomo, da mago a mago, un conto è andare
incontro alle fantasie malate di quel pazzoide Slytherin.
-Ma Harry, te
lo sto chiedendo a nome di tutti, salvaci dall’ira di Malfoy Jr. Te ne prego,
Harry…
Lo sguardo
smarrito da cerbiatto abbandonato non era una mossa leale.
-Fallo per noi,
Harry.
-Già, sei o non
sei il salvatore del mondo magico??
-Harryy…
Il-Bambino-che-era-sopravvissuto-ma-che-in-quel-momento-avrebbe-preferito-non-esserlo
fissò tutti uno a uno, scattando in piedi, con uno sguardo che la diceva tutta
sulla sua frustrazione per la situazione venutasi a
creare.
-Anche tu,
Seamus, amico mio?
Nessuno abbassò lo sguardo
di fronte alla muta implorazione dell’ eroe, sfiancato da tutte quelle
richieste.
-Ma voi non
capite!! Non provate un po’ di pietà?
-Avanti, Harry,
non ti ha chiesto di partecipare a una guerra! – sbottò
Hermione.
L’unico che
avrebbe potuto aiutarlo se ne stava rintanato nel dormitorio, dopo una ritirata
strategica, ormai rassegnato all’inevitabile.
-Ma…stiamo
parlando di Malfoy! Di Draco Malfoy! E poi, un ragazzo!! Che ha già espresso i suoi
gusti sessuali ben chiaramente!
-Beh, ma è solo
un innocente invito.
-Già.
-Una festa, con
tanta gente.
Harry
indietreggiò di un passo, di fronte a quella schiera compatta di
traditori.
-Ma! No, dico,
l’avete visto come mi ha guardato? Un pezzo di carne gustoso e
succulento!
-Harry, non
sarete soli.
-Non dirmi che
hai paura di Malfoy!
Ovvio che aveva
paura di Malfoy.
-Si
approfitterà di me…-bofonchiò con voce infantile.
-Harry – lo
riprese bonariamente Hermione, con un’espressione di trionfo sul viso,
parlandogli come si fa a un bambino di tre anni, dandogli delle leggere pacche
sulla schiena– non sarà così terribile, vedrai.
-Harry, io ci
metterei la firma perché si
approfittasse di me. – tentò di consolarlo Seamus, dandogli una pacca su una
spalla.
Al solo
pensiero di quello che sarebbe potuto succedere durante quella maledetta festa,
il colorito di un Harry Potter ormai sconfitto dai suoi stessi compagni di Casa,
salì di qualche tonalità verso un rosso cangiante.
Mercoledì
mattina. Sala Grande.
Draco
Malfoy, torvo più che mai, entrò in Sala Grande, facendo scappare un gruppo di
ragazzini del secondo anno, terrorizzati. Persino i suoi compagni di Casa
viaggiavano su binari distanti.
Harry, con in
mano una tazza di tè fumante, fissò per un attimo l’incedere furioso, le
occhiate nervose e i gesti a scatti del suo ‘rivale’.
Possibile che
il suo rifiuto di andare a quella
maledetta festa insieme a Malfoy fosse la causa di tutto quel
trambusto?
Possibile?
Spinto dai suoi
compagni, Harry Potter prese il coraggio a due mani e con tutta la dignità che
potè racimolare in tutto il suo essere il Gryffindor più amato e irresistibile
degli ultimi cento anni e l’eroe, oltre che del mondo magico, a breve, anche
della piccola comunità studentesca di Hogwarts, si diresse a passi lenti e
pesanti verso il tavolo degli Slytherin.
Un certo biondo
si accorse infine della sua avanzata.
La sorpresa ben
presto si tramutò in speranza e poi, con sommo disappunto di Harry, in trionfo e
qualche altra cosa…aspettativa? Meglio non indagare.
Ancor prima di
pronunciare le fatidiche parole, Harry Potter si era già pentito della sua
decisione.
-Malfoy.
-Potter.
A Harry non
piacque quel tono.
E nemmeno lo
sguardo famelico dell’altro, che lo percorreva da capo a piedi, mentre si
portava un biscotto alla bocca.
Un animale in
trappola, ecco cos’era.
Altro che
innocente serata e festa e tutto il resto.
Non sapevano.
Gli altri non capivano.
Non era proprio
così idiota.
-Malfoy. Ci ho
riflettuto bene e credo di essere stato…come
dire…precipitoso…
Draco fissava
compiaciuto il ragazzo che stava affogando nell’imbarazzo. Seguì il movimento
della mano che andò a piazzarsi nervosamente dietro la
nuca.
Precipitoso.
Sì, decisamente precipitoso, Potter. Continua, continua.
-Precipitoso in
che?
Harry lo guardò
malissimo.
-Indovina.
-Così non
migliori la tua situazione Potter.-
buttò lì Draco, acido.
Un mormorio
preoccupato percorse
Harry si
trattenne dal rispondere a tono e continuò, conciliante, fissando le iridi
d’argento dell’altro.
-Precipitoso a
dirti di no, Malfoy.
-Oh oh…ti sei
pentito ad avermi rifiutato, Potter?-
l’ istinto a stuzzicarlo era troppo forte, ma fu Pansy a riportarlo alla realtà,
dandogli una gomitata e sussurrandogli, concitata e
furente.
-Draco, vedi di
non tirare troppo la corda! Digli che per te va bene e finiamola qui!! Tanto lo
sappiamo che stai gongolando, te lo si legge in faccia!!!Pervertito che non sei
altro!
-Ehm..ehm…-tossicchiò
un imbarazzatissimo Harry, che avrebbe fatto anche a meno di udire quelle dolci
paroline sulla sua situazione di carne al macello.
Draco, di una
tonalità rosata insolita per lui, decise che la sua colazione poteva terminare
lì.
Di scatto si
alzò, percorrendo lo spazio che lo separava da Harry.
A un passo da
lui, gli artigliò il braccio e aggressivo gli disse.
-Allora il tuo
è un ‘sì’?
Harry, il cui
primo istinto era stato quello di fuggire a gambe levate, potè solo annuire con
il capo, deglutendo vistosamente, con il viso di Draco a una spanna dal
suo.
-Non sono
ammessi ripensamenti,
Potter.
Harry non
stette lì a fargli notare che un ripensamento l’aveva già avuto.
E a suo
vantaggio.
Di Draco.
-Alle sette,
domani sera, fuori dall’aula delle Necessità. Nessun amico, niente ritardi.
-Devo vestirmi
bene? – non potè trattenersi dal chiedere Harry.
Pentendosi
subito.
Draco gli
studiò il viso con un’espressione vagamente calcolatrice, allentando un
po’ la presa sul braccio. La mano cominciò a muoversi su e giù, in una carezza..
sensuale?
-Vestiti come
vuoi, Potter. Per me fa lo stesso. –
rispose con un ghigno preoccupante.
Voglio
sprofondare. Fatemi tornare Voldemort. Tutto, ma non questo. Fu il pensiero
di Harry.
-Non te ne
pentirai, Potter. Fidati.- gli
sussurrò poi, ammiccando e allontanandosi da lui per abbandonare
Harry non era
poi così certo.
Venerdì sera.
Sala Comune Slytherin.
-Draco!!
Dracooo! Pansy, ma dove diavolo s’è cacciato Draco???
-Lascia perdere
Theo, che ne dici di divertirci un po’ stasera, io e te?
-Mmm, okay, ma
niente giochetti strani che riguardino Dumbledore, per
favore.
-Oh, che ne
dici di Filch in tutu rosa, allora?
Theodore si
trattenne dal fare commenti, alzando gli occhi al soffitto e seguendo la sua
ragazza in camera. Meglio distrarla prima che potesse elaborare chissà quali
strane fantasie.
Venerdì sera.
Sala Comune Gryffindor.
-Allora Harry,
è stato poi così tremendo?? Harry??...Harry!
Hermione tirò
un calcio al suo migliore amico, completamente con la testa tra le nuvole. Erano
tutti seduti sul tappeto di fronte al camino, nella Sala comune di
Gryffindor.
-Eh? Che
c’è?
-Allora?
-Allora
che?
-Beh…allora la
festa, no?
-Ah…la festa, sì, certo…
-Non è stata
poi così tremenda, no? – domandò Hermione, con un’espressione che la diceva
lunga su quanto fosse ovvia la risposta a quella domanda.
Harry sorrise,
arrossendo vistosamente.
-Mmmm…diciamo
di no.
Scoppiarono a
ridere.
-Tanta gente? –
s’intromise Ron, curioso, non capendo il motivo di tanta
ilarità.
Harry e
Hermione si scambiarono uno sguardo d’intesa.
-Oh…beh, il numero minimo perché ci si potesse
divertire…diciamo.
-Ah. Beh,
l’importante è questo, no? E tu che avevi paura di chissà cosa! Eh, amico? E
Malfoy è tornato ad essere un agnellino!
Sentendo quel
nome, Harry diede un’occhiata all’orologio e si alzò,
stiracchiandosi.
-Beh, la
compagnia è bella, ma sarà meglio che vada.
-Come?? Dov’è
che devi andare??- saltò su Ron.
- Non dovevamo
giocare a scacchi?
-Oh, già! Beh,
lo faremo un’altra volta, eh? Stasera insegnerai a ‘Mione a giocare! - gli rispose di
rimando Harry, già mezzo fuori dal ritratto della Signora
Grassa.
-Ma dove
va??
-Sai, Ron, c’è
una festa a cui non può proprio
mancare stasera.
-Una festa??Ma
come? Un’altra?
-Eh,
già!
-E doveva
andarci per forza?
-Beh, Ron, sai
com’è, l’ospite d’onore non può
mancare.
Ron si grattò
la testa, dubbioso.
Qualcosa gli
sfuggiva in tutta quella storia.
Hermione
sorrise, comprensiva, riportando poi l’attenzione del rossino sulla scacchiera
in mezzo a loro.
-Dai, allora,
spiegami, com’è che si dà scacco matto al re?
***