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Autore: Yknow_    02/07/2012    2 recensioni
Cominciai a sorridere all'idea della libertà, ma il tutto restava comunque un'inutile illusione. Erano quattro ragazzi con qualche pistola, cosa potevano fare contro un esercito regolare?
-E tu? Neanche tu mi sembri proprio una conformista!- Gerard interruppe i miei pensieri.
-Si, neanche io sono una pedina del governo.- o meglio, rispetto a loro lo ero ancora ma ero una pedina, diciamo diversa.
-E allora cosa ci fai ancora con quella divisa?- colsi ciò che Gerard stava cercando di chiedermi. Di unirmi a loro. Di togliermi la divisa e scappare insieme a loro. L'idea mi pietrificò per qualche secondo, poi risposi.
-Non ho il coraggio che avete voi.-
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ventiseiesimo giorno, eravamo appena entrati in Minnesota e già avevamo conquistato lo stato, evidentemente anche loro aspettavano da anni questo momento.
Man mano che i giorni passavano, convincere gli stati diventava più semplice, dato che grazie a quel telefono speciale ci si contattava anche in anticipo dove si avevano conoscenze.
Eravamo fermi in una stazione di servizio abbandonata per pranzare.
Pensai di telefonare a Josh e a mio padre dato che il telefono anti-intercettazione lo avevamo noi.
Prima parlai con papà, saluti, raccomandazioni, spiegazioni, mi informò che la California era in fiamme, che la popolazione teneva testa all’esercito in modo eccellente, il tempo scadde troppo presto.
Poi fu il turno di Josh.
-…pronto?-
-Ehi Jack!-
-Cleo! Finalmente ti fai sentire! Non immagini quanto mi sia mancata la tua voce. -
-Anche tu mi sei mancato, ma il telefono speciale lo aveva un altro gruppo.-
-Capisco. Vado subito al dunque dato che abbiamo poco tempo, ce l’ho fatta!-
-Allora, dove ti trovi adesso e con chi sei?-
-Sono con altri quattro ragazzi, due di Los Angeles, uno di Bakersfield e uno di San Francisco come me. Sono gli autori della scritta! Siamo in Tennessee pronti per raggiungere il vostro gruppo in Maryland, fra sei giorni ci incontriamo di nuovo. Non vedo l’ora davvero!-
-Neanche io, ho tante cose da raccontarti e sei minuti non bastano neanche per prendere fiato.-
-Già, ma dobbiamo restare concentrati sull’obbiettivo.-
-Poco ma sicuro. Tu come stai?-
-Bene, neanche una sparatoria. E tu?-
-Io di sparatorie ne ho subite fin troppe, ma non importa. Qualche graffietto, niente di che.-
-Cleo, dimmi la verità.- non sapevo mentire a Josh, nemmeno per telefono.
-Okay, l’unica ferita relativamente grave è stata alla gamba sinistra ma ormai sono come nuova.-
-Buon per te. Adesso è meglio salutarci, manca meno di un minuto.-
-Ciao ribelle, ci si vede presto!- so che sorrise prima di chiudere anche se non potevo vederlo, perché lo feci anche io.
 
 
-Ehi Cleo, hai per caso finito con il telefono?- Frank mi raggiunse da dietro, mentre fissavo il panorama ripensando a Josh e a quante cose fossero accadute in un mese. Un giorno eravamo a scuola, quello dopo scappavamo dall’esercito, che buffo.
-Si Frank, ecco a te io ho finito. A chi telefoni di bello?-
-Nessuno di troppo speciale..- Frank faceva il vago e sorrideva.
- Guarda che non sai mentire! Chi è questa ragazza fortunata?-
-Ecco, Cleo, veramente…-
-E daaai, a me puoi dirlo! Cosa c’è di male ad avere una ragazza?-
-Cleo…io ho un ragazzo.- complimenti, ennesima figura per te Cleo! Adesso ero determinata al cento per cento nel tenere la bocca serrata fino alla fine.
-Ma non cambia niente, no?- cercavo di essere più disinvolta possibile nonostante l’imbarazzo.
-Davvero la pensi così?- il volto del ragazzo si illuminò, come di speranza.
-Certo, l’amore è sempre amore no? Cosa cambia?-
-Oh grazie al cielo Cleo, temevo mi avresti preso per malato o per pazzo.-
-Ma cosa dici! Perché avrei dovuto?-
-Beh, a scuola tutti mi prendono in giro, mi chiamanoragazzina. – la sua voce cambiò tono, come se un ricordo doloroso gli fosse appena passato per la mente ed era proprio così.
-Sai Frank, anche io a scuola non ho proprio una bella reputazione. Per tutti sono quella strana che se ne sta sempre da sola, semplicemente perché non accetto mai gli inviti che quelle galline delle mie compagne mi offrono. Io li ignoro, mi basta stare in pace con me stessa.-
-Ma non capisci Cleo, è più complicato di quel che sembra. Non si tratta solamente di soprannomi…- capii quel che voleva dire Frank. Anche nella mia scuola succedeva. I ragazzini più indifesi si trasformavano nelle vittime dei più prepotenti. Era una cosa che non mi era mai andata giù.
-Capisco…e tu ne hai mai parlato con qualcuno?-
-Ma non posso! Loro fanno bene a prendersela con me no? Sono io quello sbagliato.- nella sua voce si riuscivano quasi a rivivere le giornate che passava a piangere di nascosto in camera sua, mentre il pregiudizio lo consumava. Avrei fatto passare lo stesso dolore quintuplicato in solo un secondo a chiunque fosse il bastardo, se mai lo avessi avuto davanti a me.
-Non provare neanche a pensarlo! Tu sei una persona stupenda, sei dolce e intelligente e non puoi crearti dei complessi solo perché degli idioti si ritengono superiori. Amare è un diritto di tutti!-
-Ma cosa posso fare Cleo, non posso parlarne con i miei perché beh, lo sai. Non posso parlarne con gli zii, cosa penserebbero di me? Non mi vorrebbero più da loro e non saprei dove andare. Non posso parlarne con nessuno, posso solo sopportare.- non sapevo cosa rispondergli, in fondo era vero. Una verità difficile da mandare giù, ma una verità. Io però non la mandavo giù. Un giorno mi sarei vendicata, lo giurai a me stessa.
-…tieni Frank.- gli porsi il telefono e mi avviai verso l’auto, mi sentivo allo stesso tempo arrabbiata, delusa e colpevole.
Frank stava piangendo ed era colpa mia, perché avevo preso quel discorso e non trovavo la soluzione.
Lo vedevo, si era seduto per terra e fissava l’orizzonte mentre il suo volto annegava fra le lacrime, silenzioso.
Non voleva disturbarmi e io non volevo disturbarlo, sapevo che in quei momenti è meglio restare soli.
Ripetei almeno mille volte nella mia testa che un giorno mi sarei vendicata, fosse l’ultima cosa che avrei fatto.
 
 
Quella giornata sembrò non passare mai, eravamo tutti tesissimi perché mancava poco alla fine.
Poteva essere la loro fine, o la nostra.
Ripartimmo alle sette di sera dopo esserci riposati tutta la giornata, mentre il sole si abbassava dietro di noi.
Diretti al prossimo stato, in allerta dai militari che ci sorvegliavano perennemente pronti ad attaccare e con tanta voglia di farla finita una volta per tutte.
 
Giorno 26, l’aria si fa pesante. 

                                                                                                             ~~~


Era il ventottesimo giorno, viaggiavamo nell’Illinois. Chuck ci aveva riferito che ormai eravamo in 32 stati ad essere d’accordo, 33 più quello in cui ci trovavamo. La cartina di Gerard che inizialmente segnava solo dodici stati adesso si era riempita di crocette rosse. Le sparatorie e gli attacchi cominciavano a farsi più frequenti, il governo aveva capito di essere vicino alla fine. Tutti eravamo stremati, non vedevamo l’ora che la fine arrivasse ma allo stesso tempo la temevamo.
 
-Ray, accelera più che puoi, ci stanno inseguendo.- Gerard aveva una specie di sesto senso riguardo al localizzare i nemici. Quando diceva che eravamo in pericolo, puntualmente lo eravamo.
Ray accelerò ma le auto ci raggiunsero comunque dopo circa dieci minuti.
-Arrivano da sinistra!-
-Io sorveglio la destra, voi pensate alla sinistra dove sono più numerosi!-
-Okay Frank,  fa attenzione!- Eravamo diventati molto più autonomi rispetto alle prime volte. Ormai non avevo più paura di sparare e riuscivo ad essere utile, almeno credo.
-Ray tu dirigiti a ovest, non importa se ci metteremo più tempo. Non possiamo mettere a rischio gli altri!-
-Okay Gee!-
I militari cominciarono a sparare, arrivavano da sinistra come aveva previsto Gerard. Io ne eliminai tre, poi fui colpita al braccio sinistro e la pistola mi cadde dalle mani. Non mi era mai successo dopo quella volta della gamba, quel giorno c’era qualcosa di diverso.
Le auto nemiche erano molto più numerose ed attaccavano non solo da dietro, ma anche da destra e sinistra. Avevano velocizzato i motori, erano più determinati che mai a non farci arrivare vivi a Washington. Mentre mi proteggevo notai che non ero l’unica in difficoltà, Mikey che aveva ottenuto il permesso di sparare e cercava di proteggere Ray era stato ferito anche lui alla mano sinistra, Frank invece al braccio ma continuava a resistere e sparare.
Gerard usava il lanciarazzi per eliminare intere auto e non sbagliava un colpo.
Eravamo in svantaggio, decisi di ignorare il dolore e tornare a combattere. Ero concentratissima nel mirare alle ruote per depistare i nemici, quando all’improvviso l’auto smise di correre. Cosa?! Mi girai di scatto e capii la situazione. Eravamo circondati.
C’erano auto che tutte intorno a noi formavano un cerchio, poi un altro e un altro ancora, eravamo in trappola. Perfetto, eccola la fine! Certo che me la immaginavo un po’ diversa, magari saremmo morti dopo aver premuto un “pulsante rosso” che avrebbe liberato il mondo, magari combattendo per salvare qualcun altro, non avrei mai immaginato che saremmo stati catturati così facilmente. E poi in quel modo non avrei mai più rivisto Josh.
Ma perché non lo avevano fatto prima? Non sarebbe stato più facile fermare dodici stati, che trentatré?
-Benvenuti, miei cari!- una voce adulta mi riportò alla realtà.
Riconobbi subito di chi era il volto di fronte a noi.
Il presidente.
-Ci lasci passare.- Gerard aveva un tono serio e deciso, mentre noi altri restavamo pietrificati a osservarli.
 
-Ma perché, siete appena arrivati, non vi va di divertirvi un po’?- magnifico! Sapevo che sarei morta, ma lui voleva anche divertirsi! Cominciai a immaginare migliaia di modi lenti, dolorosi e sadici, in cui avrebbe potuto eliminarci.
-Abbiamo di meglio da fare.-
-Oh immagino, ma non vi preoccupate. Presto i vostri impegni saranno disdetti.-
-Non faccia del male a nessuno dopo di noi. Ci arrenderemo, ma non faccia del male neanche a uno dei ragazzi, oltre noi.-
-Ma non mi sembra giusto, ognuno ha il diritto di divertirsi, Gerard!- come faceva a sapere il suo nome? So che Gerard gli avrebbe volentieri rotto il setto nasale con un pugno, ma si stava trattenendo dato che eravamo circondati da un esercito armato fino ai denti. Non rispose.
-Adesso forza, seguiteci!- il presidente entrò in un’auto nera e lunga mentre dei militari ci scortavano in un furgoncino bianco, togliendoci le armi e ammanettandoci. Eravamo dei detenuti.
-E’ la fine.- Mikey interruppe il silenzio.
-No Mikey, è l’inizio.- cosa voleva dire Frank? Proprio non capivo. Restammo zitti finché non ci chiusero nel furgone, poi fu Ray  rompere il ghiaccio.
-E adesso che si fa?-
-Si gioca fino alla fine, cosa altro potremmo fare?- Gerard gli rispose con tono preoccupato ma allo stesso tempo ambizioso.
-Ma è una follia!- io risposi.
-Tu sei qui, non credi sia una follia anche questa?- gli sorrisi. Aveva ragione, cosa costava provarci? Oltre la vita, ovviamente. Ormai eravamo al limite, la festa stava per terminare e ci rimanevano solo le ultime carte da giocare. Saremmo morti in entrambi i casi quindi combattere era la fine che preferivo.
-Vedrete che follia.- Frank ci rispose ridacchiando euforicamente, quel ragazzo non me la raccontava giusta. Come faceva ad essere così tanto felice di essere stato preso?
Ci furono interminabili minuti di silenzio.
 
-Ray, Frank, Cleo, Gerard, sappiate che se il tempo tornasse indietro a un mese fa, io risalirei su quell’auto e ripercorrerei ogni istante di questa pazzia.- oh Mikey. Era già difficile mantenersi calmi, ti metti anche a scioglierci con questi discorsi? Riuscivo a vedere in ognuno di noi la voglia di scoppiare in lacrime.
-Già, vale lo stesso per me. Per la prima volta mi sono sentito…libero!- Ray rispose.
-Vi ricordate di quella notte, quando ci accampammo vicino al fiume? Mangiammo i marshmallows arrostiti e cantammo tutti insieme. Per qualche ora avevo dimenticato dove mi trovassi e cosa stessi facendo, è stata la sera più bella della mia vita e non la scorderò mai.- Fu di nuovo Mikey a continuare.
-Per me il momento più bello di questa avventura è stato quando ci siamo nascosti in quel boonker abbandonato dai militari che ci stavano inseguendo, ricordate? Pensavo fosse la fine ma mi sono divertito da matti a correre. Sembrava di giocare a nascondino!-
-Me lo ricordo Ray, io avevo il braccio sanguinante e tu mi avevi preso in braccio come una principessa.- risposi a Ray, quella giornata fu davvero magnifica. Ridemmo tutti e poi fu il turno di Frank.
-La parte che ho preferito è stata quando abbiamo incontrato Cleo al deposito, ricordate che paura avevamo di quel posto?- io ovviamente non potevo capire quel momento, perciò chiesi spiegazioni.
-Come paura, raccontami!-
-Beh, c’era una luce accesa in un edificio abbandonato, era notte, eravamo clandestini, mi sarei aspettato di tutto meno che te!- tutti ridemmo, poi tornò a raccontare. –entrammo armati fino ai denti, considera che eravamo ai primi giorni. Quando vedemmo i disegni fu come ricevere un regalo di Natale e quando vedemmo te capimmo subito che saresti stata un tipo interessante.-
-Oh, quale onore!-
Ray si intromise –ma qualcuno fu particolarmente felice…vero Gee?-
-Cosa? No! Ma cosa dici Ray!- Gerard divenne rosso e non riusciva a non sorridere. Anche uno stupido avrebbe capito che gli piacevo, come lui piaceva a me del resto. Ma piacere nel senso di amici, di persone che si rispettano…o forse no? Anche io cominciai a sorridere. Ecco, ci risiamo con gli atteggiamenti da ragazzina.
-E per te Gerard, qual è stato il momento migliore?- Frank ci salvò dall’imbarazzo.
-Per me è stata…la notte in cui…no, niente.- avevo già capito di cosa parlava.
-E dai Gee, raccontaci!- maledetto Mikey curioso.
-La notte in cui io e Cleo abbiamo osservato le stelle, davanti al fuoco. Tutti voi dormivate, è stato un momento speciale.- Mikey cercò di applaudire, come al solito, ma relativamente per fortuna questa volta le manette lo fermarono e si arrese. –e tu, Cleo?- speravo non me l’avrebbero chiesto. Il momento più bello lo avevo impresso nella mente e lo rivivevo ogni volta che gli occhi di Gerard incontravano i miei.
-Ecco…Gerard, ricordi che la stessa notte in cui stavamo osservando le stelle tu mi hai dedicato qualcosa di speciale?- la sua faccia si confondeva quasi con i suoi capelli.
-Si, me lo ricordo fin troppo bene ma speravo che tu l’avessi dimenticato…- come potrei averlo potuto dimenticare, anche volendo. Erano stati i secondi più…strani della mia vita. Strani in senso abbastanza positivo…parecchio positivo.
-Beh quell’attimo è stato il più bello, non solo dell’ultimo mese Gerard.
Quell’attimo è stato il più bello della mia vita.- tutte quelle cose sdolcinate non volevo neanche pensarle. Tutti ci guardavano come stessero guardando l’episodio della dichiarazione romantica di una soap-opera.
-Davvero, Cleo?- Gerard puntò i suoi occhi color verde smeraldo nei miei. In quel momento tutto ciò che mi circondava sembrò come svanire, non m’importava se ci trovavamo in un furgone diretto alla Capitale ammanettati e detenuti.
C’eravamo solo io e lui, immersi nel prato delle sue iridi.
-Davvero. Lo faresti ancora?-
 
-Where will we stand?
When all the lights go out
Across these city streets
Where were you when
All of the embers fell
I still remember there
Covered in ash
Covered in glass
Covered in all my friends…-
Si fermò.
 
-Gerard, continua almeno oggi. Voglio sentire la tua voce, potrei non farlo mai più.- Sospirò, poi ricominciò. Un altro stupido sorriso apparve sul mio volto.
 
I still,
Think of the bombs they built… -smise di sussurrare.
 
If that’s the best that I could be?
Than I’d be another memory,
Can I be the only hope for you?
Because you’re the only hope for me
And if we can find where we belong,
We’ll have to make it on our own.
Face all the burn and take it out
Because the only hope for me is you,

Alone…-
 
Ritornò il silenzio. Ci fissavamo ancora negli occhi, timidi e sorpresi.
Era la prima volta che sentivo davvero la sua voce e non avrei mai voluto smettere.
Vidi il suo volto avvicinarsi al mio e sentii il mio che cercava di raggiungerlo, senza che io potessi impedirlo.
Le nostre labbra si toccarono per la prima volta.
Ero sicura, era questo il mio momento preferito.
  
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