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Autore: Violetta_    03/07/2012    3 recensioni
Dedicata a Dark Gaara, buon compleanno tesoro.
Si era resa conto di essersi iscritta basandosi su motivazioni totalmente sbagliate.
Non era difficile intuire che dopo due anni non sarebbe mai diventata chiunin, tanto valeva rinunciarci.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Matsuri, Sabaku no Gaara
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'For Sistah'
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I missed yoU

 

 

Ad una persona speciale.

Alla mia big sista.

Ad una grande amica.

A Dark Gaara.

Buon compleanno Gaby.

 

 

Stanca.

 

<< Insomma, potevi gestire meglio la situazione >>.

<< Potevi fare di più >>.

<< Eddai queste cose dovresti saperle >> .

 

Stanca stanca stanca.

 

<< Insomma ma che combini? >>.

<< Questa zuppa non mi piace >>.

 

Non lo sopportava più, quella situazione stava diventando veramente ingestibile per lei.

Più si impegnava, più si dava da fare, e peggio veniva trattata.

 

<< Siiii iniziamo a lanciare le armi. Weeee! >>.

 

Da quando era finita la guerra il suo lavoro si era moltiplicato: oltre alle solite pratiche le toccavano quelle che venivano da Iwa o Konoha, oltre ai suoi allenamenti doveva pensare alle giovani reclute (come se lei fosse vecchia) e in tutto questo le era stato affibbiato il compito di scortare gli ospiti di Iwa.

 

E qualsiasi cosa facesse non andava bene: I bambini andavano correndo in giro per l’accademia come se fossero al luna park, gli ospiti di Iwa si lamentavano per qualunque cosa, dal caldo al cibo, e quelle maledette pratiche nuove seguivano un protocollo diverso.

 

Precisiamo: i documenti e il compito di scortare gli ospiti toccavano SOLO a lei, Sari, Ittetsu o qualsiasi altro ninja erano tornati a casa e avevano ripreso le loro solite mansioni, ma visto che non c’erano missioni in vista le loro solite mansioni consistevano nel grattarsi il pancino.

 

Si insomma, se proprio dobbiamo precisare fino in fondo era stata lei a offrirsi volontaria, ma questo non significava certo essere spremuta come un limone ben maturo.

Passino le frecciatine dei colleghi, le battute degli anziani, le lamentele degli ospiti e anche quelle splendide ramanzine inflitte senza remore da Temari-san. In fondo è risaputo che lo scopo di quella donna è terrorizzare i sottoposti e distruggere l’esistenza di Nara Shikamaru.

 

<< Quindi adesso per questa svista si perderà un sacco di tempo … >>.

 

Ma che persino colui che SA, che è pienamente cosciente del suo impegno, e si mette a sproloquiare sul fatto che oltre a compilare, doveva pure sottoscrivere i documenti no.

Quello era troppo.

 

<< Mi stai ascoltando Matsuri? >> Gaara la osservava con aria seccata.

 

Non sapeva esattamente quale area del cervello si era attivata in lei, sicuramente era un’area che era rimasta latente per molto, molto tempo.

Sapeva solo che guardava fisso la persona dinnanzi a se con la sua faccia arrossata e imperlata di sudore, la testa sgombra dai pensieri attivata solo per farle compiere un gesto fluido: sfilarsi il coprifronte.

 

Lo prese con la mano sinistra e lo gettò malamente sulla scrivania del suo superiore, faceva dannatamente caldo quel giorno e quello strato in meno la fece sentire meglio anche se per pochi istanti.

 

Solo una frase: << Mi licenzio >> prima di girare i tacchi e sbattere la porta.

 

Dal canto suo Gaara osservava allibito la porta chiusa, la sua allieva non si era mai comportata in quel modo: si era sempre limitata ad un inchino impacciato e ad un “sumimasen balbettato ed incerto.

Inoltre le aveva solo fatto notare che oltre a lui doveva firmare anche lei i documenti, se non altro per rispetto del protocollo.

 

Che diavolo le era preso?

 

 

 

Intanto la suddetta ragazza era letteralmente fuggita dal palazzo del Kazekage e adesso si stava sciacquando il viso con l’acqua gelida proveniente dal lavandino del suo bagno, all’accademia.

 

<< /Che diavolo mi è preso?/ >> pensò angosciata fissando il suo riflesso sul lavandino.

 

Dopo anni di tortura psicologia l’aveva fatto.

L’aveva pensato, e persino sognato molte volte, ma oggi l’aveva realmente fatto.

Era esplosa e si era licenziata.

 

Si era resa conto di essersi iscritta all’accademia per una promessa fatta a suo padre, poi aveva seguito la scia di ammirazione dovuta a due begli occhioni verde acqua e un culo a mandolino. Purtroppo non fece in tempo a capire che quella non era ammirazione che quel suddetto didietro era diventato il didietro del capo villaggio e dichiararsi poteva essere frainteso come un modo subdolo per far carriera.

 

Insomma aveva scelto una strada basandosi su motivazioni totalmente sbagliate.

 

Ok. Allora perché non avvicinarsi alla sua vera passione?

 

Era già una genin, ancora qualche sforzo e avrebbe potuto intraprendere la strada per diventare ninja medico.

 

E così da un anno a questa parte aveva fatto di tutto per salire di grado, le sarebbe bastato diventare chunin per entrare a far parte di una squadra di medici, almeno come allieva.

 

Ma c’era la fregatura.

 

Apparte la sua sfiga personale che la accompagnava ovunque come una buona amica, il suo sensei era pure cieco, o scemo, questo ancora doveva capirlo, perché non è possibile che tutti i suoi compagni siano passati di livello tranne lei.

Finalmente un’occasione stava giungendo quando, mesi prima, si avvicinava la data per la selezione dei chunin a Konoha, ergo se non la promuoveva il sensei, poteva essere promossa da esterna in un altro villaggio.

 

Le andava benissimo.

 

Ma, ma.

Il suddetto cieco-scemo si era fatto rapire, ergo lei doveva andare a recuperarlo, ergo allontanarsi da Konoha ergo bye bye promozione.

Anche se doveva ammettere che quando le fu data la notizia del rapimento a tutto questo non aveva pensato.

 

Comunque per farla breve si era accollata: pratiche, lavori extra, le ramanzine di una Sabaku ancor più temibile di Gaara, Temari, che l’aveva presa sotto la sua ala non ufficiale per via degli impeghi del fratello, un rapimento con conseguente rischio di attacco cardiaco, poiché al suo sensei teneva realmente tanto, troppo, una guerra e quei dannati ospiti di Iwa.

 

E non solo non era stata promossa, ma veniva trattata come un mocio sporco.

Non era difficile intuire che dopo due anni non sarebbe mai diventata chiunin, tanto valeva rinunciarci.

 

Prima di iscriversi all’accademia viveva in un orfanotrofio gestito da un’amica dei suoi genitori, chissà magari l’avrebbero accolta e avrebbe potuto lavorare li. Era brava coi bambini, e le piacevano molto.

 

Si asciugò il viso e iniziò a fare le valigie, da contratto aveva solo tre giorni per sloggiare quindi doveva sbrigarsi.

 

 

<< E se n’è andata sbattendo la porta? >> Kankuro era allibito.

<< Si >> Gaara fece spallucce .

<< E non sei andato ancora a parlarle? >>.

<< Kankuro >> ringhiò Temari << perché il Kazekage dovrebbe inseguire una piccola scansafatiche incompetente? Si è licenziata punto, deve lasciare la divisa e il posto letto all’accademia >>.

<< Non ti sembra di esagerare? Inoltre è vero come Kage Gaara non le deve nulla, ma come sensei … >>.

<< Nemmeno come sensei, se n’è andata. Punto >>.

 

“Se n’è andata. Punto”.

Quelle parole rimbombavano nella mente del Kazekage.

 

Era una settimana che non si faceva vedere, e aveva pure riconsegnato la divisa, anche se questo Temari non lo sapeva.

 

In quei giorni c’era stato un po’ di trambusto, nulla di irrisolvibile, però molte pratiche non erano state consegnate, due piccole reclute si erano ferite in malo modo e gli ospiti di Iwa avevano anticipato il loro ritorno a casa indignati.

Non si era mai reso conto dell’autentico aiuto (gratuito) che le offriva la sua allieva, considerando che molti compiti non erano previsti da contratto.

 

Temari continuava a parlare. Kami! Non si era mai accorto del livello di irritabilità che poteva causare quella vocina petulante.

 

<< Ma ti rivolgevi così anche con Matsuri? >> sbottò Gaara.

 

Temari lasciò i capelli e il collo del fratello mezzano guardando il fratellino più piccolo seduto sulla sedia di fronte la scrivania.

 

<< Così come scusa? >>.

<< Con quella vocina… insopportabile >>.

 

Temari lo fissò offesa << Beh non è un mio problema tener conto dell’emotività dei miei sottoposti >>.

<< Quando ti ho chiesto di tenerla d’occhio non intendevo con l’occhio da killer >>.

<< Scusa Gaara ma che c’entra? >> Temari osservò lo sguardo accusatorio del fratello << Ah ah ah no, no! Non starai mica insinuando che se n’è andata per colpa mia? >>.

<< Non sarebbe una teoria così assurda >> disse Kankuro scocciato.

<< Piantala >> poi si rivolse a Gaara << E tu. Chi è il suo sensei? Chi le affidava tutti quei compiti? >>.

<< Si è sempre offerta volontaria >>.

<< Ah certo. Perché solitamente è così semplice dirti di no >>.

<< Soprattutto per lei >> aggiunse Kankuro.

<< Che vorresti dire? >> chiese incuriosito Gaara.

<< Lascia perdere e rifletti su una cosa… >> disse il micio con aria scocciata, somigliava vagamente al cervo di Konoha.

<< Sentiamo >> disse gelido.

<< … non è che ti manca? >>.

 

 

<< E così vuoi lavorare qui? >>.

 

A parlare non era stata la vecchia signora amica dei suoi genitori, ma il figlio.

Sua madre era morta di infarto due anni prima, e lui a malapena era riuscito a prendersi il titolo di chunin; adesso si occupava da solo dell’orfanotrofio.

Aveva circa ventun anni: alto, capelli ardesia chiaro e occhi azzurri. Carattere dolce, considerava ogni ospite dell’orfanotrofio come dei fratelli o delle sorelle minori, e Matsu-chan non faceva eccezione, infatti appena l’aveva vista sulla soglia con le valigie in mano qualche giorno prima l’aveva accolta senza remore.

 

<< Si Eiji >>.

<< Ero convinto che saresti rimasta solo qualche giorno, come una piccola vacanza >>.

<< Si lo so, ti sto mettendo un po’ con le spalle al muro, anche perché ho già portato tutta la mia roba qui… >>.

<< Ma sei brava, hai talento, chi te lo fa fare infognarti in un posto così? >>.

<< Ho passato parte della mia infanzia qui, e sinceramente non mi spiace ritornare >>.

Il ragazzo sospirò << E così hai portato tutta la tua roba qui… >>.

<< Già… e non ho un altro posto dove andare >> disse speranzosa.

<< Ok. Ti occuperai dei più piccoli. Ti ricordi gli orari si? >>.

<< Certo >> disse con un sorriso.

<< Cominci domani… anche se per me stai facendo uno sbaglio >>.

<< Ah. Per me invece è una scelta molto saggia >>.

 

 

<< Come? Sciocchezze! >> Disse Gaara evitando lo sguardo del fratello.

<< E allora perché ci hai chiamato? Perché te la stai prendendo con Temari? >>.

<< Vorrei solo non perdere altri ninja per colpa sua >>.

<< E ricomincia! Ma non pensi che forse se n’è andata per colpa tua? >> Temari cominciava a considerare Gaara fastidioso almeno quanto Kankuro.

<< Sei tu quella acida e severa >>.

<< Severa? Io non affido mansioni extra ai miei allievi e…. i miei li ho promossi tutti… fratellino >> detto ciò se ne andò dalla stanza.

 

Ci fu un momento di silenzio.

 

<< Se n’è andata pe colpa mia? >>.

<< Buh chi lo sa… perché ti importa tanto? >>.

 

Kankuro era sempre più annoiato dal discorso, poiché ne conosceva tutte le motivazioni e gli ingranaggi nascosti. Erano almeno due anni che conosceva la verità.

 

<< Perché mi manca >>.

 

Tuttavia non si aspettava che il fratellino lo ammettesse così apertamente.

 

 

Ci vollero alcuni giorni per liberare il Kazekage dai suoi impegni e convincerlo ad andare a cercare la sua allieva. Il 90% del tempo era andato sprecato per il secondo motivo, ma Kankuro era un tipo tenace soprattutto se si trattava della felicità del fratellino.

 

Non gli fu difficile trovare la ragazza: i suoi amici si contavano con una mano ed avanzavano persino una o due dita.

 

<< Non sono certo che questa sia una buona idea >>.

<< Allora vuoi che torni da te si o no? >>.

<< Non da me, ma a servire il villaggio, insomma ha talento … >>.

<< Si si ok >> lo fermò Kankuro, che aveva scoperto durante la guerra la tendenza del fratellino a diventare logorroico se messo in imbarazzo << Allora, va al mercato ogni mattina e poi percorre una piccola stradina che porta all’oasi. Tutto chiaro? >>.

<< Non sono mica scemo >> disse andando verso l’oasi.

 

 

 

<< Io vado! Porto la piccola Ise a fare una passeggiata e faccio la spesa >>.

 

Matsuri era appena uscita dall’orfanotrofio con la bambina di circa un anno in braccio, era la più piccolina del gruppo, Eiji l’aveva trovata abbandonata pochi mesi prima. Gli altri piccoli bimbi erano rimasti nel giardino sul retro a giocare.

 

Sinceramente non le dispiaceva stare a contatto con quei monellini: erano sicuramente molto meno pericolosi e molto più educati dei mocciosi che le erano stati affibbiati all’accademia. Ed erano notevolmente più dolci.

 

Da piccola quando era costretta a stare in quell’orfanotrofio per via dei genitori in missione era tra le più piccole, ed era rimasta tale anche dopo la morte dei suoi. Adesso invece era la ragazza più grande la dentro mentre l’età degli altri orfanelli variava dall’uno ai sei anni, il gruppo più piccolo e dai sette ai dieci anni il gruppetto dei grandi che continuava a stare sotto la tutela di Eiji.

 

Era la prima volta dopo anni che si sentiva realmente a casa, in famiglia.

L’ultima volta che si era sentita così era stato circa tre anni prima, quando sotto un diluvio aveva condiviso la tenda col suo sensei, si era sentita protetta.

 

Scosse la testa << Eh Ise Ise Ise, spera di non crescere troppo in fretta >>.

<< Gua! >> la piccola emise un lieve rumore mettendosi il piccolo pollice in bocca a mo’ di ciuccio.

 

Sorrise ed imboccò la stradina per l’oasi, preferiva sfruttare quell’arietta fresca per far svagare la bambina così poi avrebbe fatto la spesa e sarebbe tornata all’orfanotrofio.

Di certo non si aspettava quell’incontro.

 

<< Matsuri >>.

 

Il suo - ex - sensei la puntava con aria sorpresa.

 

<< Kazekage-sama. Ohayou Gozaimasu >> indugiò un attimo prima di continuare << Che ci fa qui? >>.

<< Cercavo te… >>.

 

Il ragazzo osservò quella bella bimba dai capelli verdi e occhi di un bel giallo miele che imperterrita continuava a ciucciarsi il dito mentre con l’altra manina batteva sul petto della ragazza per riottenere la sua attenzione.

Una strana sensazione gli invase lo stomaco.

 

<< Matsuri, se te ne sei andata per questo avresti potuto parlarne, il contratto prevede un certo periodo di maternità per le kunoichi, non c’era bisogno che ti licenziassi … >>.

 

La ragazza interruppe quel discorso privo di basi ragionate con un gesto della mano ed un tono di voce fermo.

Represse anche un risolino. Eh si! Il suo sensei certe cose avrebbe dovuto impararle a tempo debito.

 

<< Kazekage, ci siamo visti una decina di giorni fa e non avevo certo il pancione, quindi, come potrebbe questa essere mia figlia? >>.

 

Da quando non era più una sua sottoposta doveva ammettere che faceva meno paura, poco meno.

Dal canto suo Gaara si diede mentalmente dell’idiota per aver fatto una gaffe tipica, a suo avviso, di Kankuro.

 

<< Ma allora… >>.

<< Questa piccolina è orfana, lavoro all’orfanotrofio della vecchia Hatsue adesso >> tagliò corto, almeno gli avrebbe evitato altre figuracce.

<< Ah… >>.

<< Le spiace se ci dirigiamo verso l’oasi? La fa più fresco così la bambina può giocare >>.

<< Si certo >>.

 

Una volta arrivati la piccola poté finalmente stendersi sul telo e giocare con la sua bambola sotto l’occhio vigile della ragazza, che questa volta sedeva sull’erba in compagnia del ragazzo dai capelli rossi.

 

<< Allora? Che voleva? >> disse diretta, in effetti non si sentiva molto a suo agio e sperava di far durare quel momento il meno possibile.

<< Ecco io… >>.

 

Gaara invece tentava di prendere tempo.

Ripensò alla chiacchierata con suo fratello il giorno prima.

 

<< E che le dico? >>.

<< Che domande, la verità: mi manchi torna a lavorare fianco a fianco con me >>.

<< Non so, non mi convince >>.

<< Forse perché in realtà c’è qualcos’altro sotto… >>.

 

Gaara capì l’ultima frase del fratello solo ora.

 

<< … vorrei sapere perché sei andata via >>.

<< Non combinavo mai nulla di buono, ho concluso che la mia presenza non era necessaria >> era sincera.

<< Cosa te l’ha fatto pensare? >>.

<< Umm vediamo: “Insomma potevi gestire meglio la situazione”, “Potevi fare di più”, “Eddai queste cose dovresti saperle”… Oh e poi la mia preferita “per colpa tua si perderà un sacco di tempo” >> si probabilmente si stava comportando in modo infantile, ma in fondo era stato lui a cominciare.

Il Kazekage i sentì preso in causa << Ok forse ultimamente sei stata messa un po’ sotto pressione… >>.

<< Ultimamente? Un po’? >> Ok adesso stava diventando polemica.

<< Beh si… insomma >>.

<< “Ultimamente” sono due anni, e “un po’” vuol dire mettere in serio esame la mia pazienza >> Decisamente polemica.

<< Matsuri dovevi pur essere messa alla prova se volevi passare di grado >>.

 

Ok, quello non lo doveva dire.

 

<< Oh ma insomma Gaara sensei! I miei compagni hanno subito lo stesso trattamento prima di essere promossi? No. Decisamente no. Mi deve considerare davvero un’idiota se pensa che cascherei davvero a questa scusa >>.

<< Non esagerare Matsuri >>.

<< Se no che fa? Mi licenzia? >>.

<< Impertinente >>.

<< Bugiardo >>.

 

Bene aveva esagerato.

Finiva sempre così nelle discussioni, riusciva sempre a finire nella parte del torto.

E adesso si sentiva in colpa, e quel silenzio non faceva altro che aumentare il suo disagio.

 

<< Hai ragione >>.

 

Come? Come?

 

<< Io… non mi entusiasmava l’idea di promuoverti, sapevo che non avevi intenzione di continuare come ninja. Ti serviva il titolo solo per far parte di una squadra medica >>.

<< E allora? >>.

<< Far parte dei medici… avrebbe voluto significare ridurre le missioni, annullare i lavori d’ufficio…. >>.

 

Matsuri adesso era veramente confusa.

 

<< Avrebbe significato vederti crescere e… >>.

<< … allontanarmi da lei >> finì la frase al suo posto.

 

Lui annuì.

Pensò al suggerimento di suo fratello. Si, dire la verità spesso è la cosa migliore.

 

<< Mi manchi, mi manchi tanto >>.

 

Non si erano resi conto che si erano avvicinati man mano che parlavano, e a Matsuri venne facile poggiare la testa sulle spalle del ragazzo.

 

Ise si era addormentata usando la bambola come cuscino.

 

Avevano sempre avuto un rapporto piuttosto particolare: lei fu la sua prima confidente, la prima persona che gli fece rendere conto che non tutta la gente meritava uno stritolamento d’ossa, Naruto apparte.

Le sue prime frecciatine scherzose aveva imparato a farle con lei, sempre nel massimo rispetto reciproco, e sempre grazie a lei aveva imparato a dosare la sua forza e il suo carattere.

È vero lui era il sensei, ma era maturato soprattutto grazie a lei.

 

Erano cresciuti insieme dunque era innegabile un certo grado di confidenza nonostante possedessero due gradi totalmente diversi.

 

<< Pensi di ritornare a lavorare con me? >>.

 

Lei alzò lo sguardo senza staccarsi dalla sua spalla.

 

<< Sarò sincera: odio le pratiche, detesto gli anziani e Temari-san mi terrorizza >>.

<< Temari terrorizza molte persone… >> Gaara abbassò lo sguardo, adesso si gurdavano negli occhi.

<< Non sono motivata a fare la kunoichi: continuo a detestare l’uso delle armi anche se ormai non le temo più da molto tempo >>.

 

Gaara sospirò.

 

<< Posso trovare il tempo di allenarti, tra qualche mese ci saranno le selezioni dei chunin… poi potrai intraprendere l’addestramento medico >>.

<< Mi credi pronta? >>.

<< Sono anni che sei pronta, ero io a non esserlo, non volevo vederti andare via >>.

 

Le loro mani erano intrecciate l’uno all’altra.

 

<< Non temere, non rinuncerei mai a compilare quelle dannate pratiche, mi mancheresti troppo >> disse con un sorrisino impertinente che contagiò pure lui.

 

Tre mesi dopo.

 

<< E ricordati di rimanere concentrata >>.

<< Si… >>.

<< Non farmi fare brutta figura >>.

<< Ricevuto >>.

<< Inoltre… >>.

 

Gaara non riuscì a concludere la frase a causa dei casto bacio di lei sulle sue labbra.

 

<< Rimarrò concentrata e terrò alta la reputazione dei ninja di Suna, non temere. Kankuro ha ragione, diventi logorroico sotto pressione >>.

 

 

 

<< Temari è arrivato l’ambasciatore di Konoha! >> dal laboratorio si poteva udire l’affascinante voce del micione di Suna.

 

Temari scese le scale producendo lo stesso rumore della mandria di buoi istigata dalle iene ne “il re leone”.

 

<< Ciao crybab… >>.

 

Le parole le morirono in gola.

Alla porta vi era un ambasciatore di Konoha, ma non certo il Nara.

 

<< Neji Hyuga che piacere >> salutò il Kazekage di ritorno dalle mura di Suna.

<< Sono qui per una visita formale, l’Hokage non è potuta venire >>.

<< Capisco >>.

 

Gaara invitava spesso i Kage o gli ambasciatori dei vari villaggi, per tener stretti i contatti.

 

<< Mi ha anche affidato l’incarico di portarle questa, arriva direttamente dal nostro miglior orafo >>.

 

Gaara osservò quella piccola scatolina ed il suo contenuto.

Dopo due anni di tentennamenti e incarichi ingrati avrebbe dovuto farle un signor regalo per complimentarsi del suo passaggio da genin a chunin.

 

<< Molto belli, ottimo lavoro >>.

 

Inoltre in questo modo non correva il rischio di sentire la sua mancanza, l’avrebbe avuta sempre vicino a se.

 

 

   
 
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