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Autore: _Cassie    03/07/2012    4 recensioni
Stavo per raggiungere la mia portata preferita, salsiccia fritta, quando, per puro caso, sentii una parte della conversazione tra Edward e una signora: «Hai conosciuto la figlia di Charlie e Renée? È una ragazza carina, vero?».
«Mamma, non ho bisogno di un appuntamento al buio. E a dirla tutta non aspiro a una ragazzina scatenata che mangia come un camionista, soffre d’incontinenza verbale e si veste come un biglietto natalizio».
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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                                                                                          Capitolo 1 – Inizio disastroso.


   





    Era l’inverno del mio venticinquesimo compleanno. Ancora una volta, mi ritrovavo tutta sola all’annuale buffet freddo di mia madre, per festeggiare il primo gennaio. Puntualmente, come ogni anno, tentava di appiopparmi un uomo noiosissimo e con i capelli a cespuglio, esattamente come piacevano a lei. Sperai che quell’anno avesse cambiato idea.
    «Bella, tesoro!».
    Eccola qui, ad aprirmi la porta di casa con un sorriso che le partiva da un orecchio all’altro.
    «Ciao, mamma», farfugliai, mentre lei mi stringeva tra le braccia e mi dava un sonoro bacio sulla guancia.
    «Sei sola?», chiese una volta staccatasi, come se non avesse visto che dietro di me, oltre alla bufera di neve che imperversava, c’era il nulla.
    «Sì», risposi con un sorriso, dondolando la testa da un lato.
    Tre, due, uno...
    «Ah, bene! Ti farà piacere sapere che ci sono anche i Cullen, assieme a loro figlio Edward. Sai, è un avvocato di successo, divorziato».
    Per l’appunto.
    «Chi?».
    Chiuse la porta alle mie spalle, circondandomi le braccia e facendomi strada nell’ingresso come se mancassi da quella casa da decenni, anziché da qualche settimana.
    «Ma sì, Esme e Carlisle Cullen, cara! Non ti ricordi, da piccola correvi sempre nuda intorno alla loro piscina».
    Ah, ecco perché non li ricordavo: ero una maestra, nel rimuovere fatti imbarazzanti, dolorosi o inutili.
    «Allora, come hai intenzione di vestirti?», continuò, sbattendo le lunghe ciglia come una bambina.
    Indicai il mio abbigliamento. «Uhm, così». Jeans e golf erano sempre ottimi.
    Mi preoccupai per l’espressione che assunse: chiuse gli occhi e volse la testa da un lato, portandosi una mano sul cuore.
    «Non farai sul serio», sussurrò teatralmente. «Non vorrai di certo presentarti agli ospiti come una appena fuggita da Auschwitz! Forza, signorina, Sali immediatamente di sopra, ti ho lasciato un completino delizioso sul letto».
    Così, senza neanche darmi il tempo di sfilare il cappotto, mi spinse su per le scale.
    Scesi nel salone affollato di ospiti, completamente e irrimediabilmente in imbarazzo. Sembravo un albero di Natale. Un vestito rosso e verde, decorato con pupazzetti di neve, che mi fasciava dal collo fino alle ginocchia, con una cintura deliziosamente decorata da lucine intermittenti che mi ricordavano ogni due secondi quanto fossi patetica. Dio.
    «Renée, dove trovo i tovagliolini ricamati?». Sue Clearwater, migliore amica di mia madre da tempo immemore, comparve dalla cucina.
    «Oh, ciao Bella», esclamò quando mi vide, dandomi un veloce abbraccio, per poi aggirarsi tra le varie persone in cerca di Renée.
    «Ma guarda chi c’è! La dolce Bella!».
    «Ciao, zio Harry», borbottai.
    In realtà non era mio zio, era il marito di Sue. Pretendeva che lo chiamassi zio mentre lui mi pizzicava le guance ogni volta che mi vedeva, come se fossi una marmocchia. Esattamente come in questo istante.
    Mi liberai della sua presa con una scusa, e trovai mio padre accanto al caminetto, intento a bere un po’ di vino.
    «Ciao, papà», dissi allegramente.
    Si voltò verso di me. «Oh, ciao tesoro. Come va?».
    «Alla grande».
    «Mi fa piacere. Stai attenta, tua madre vorrebbe farti conoscere Edward Cullen». Così dicendo, fece un cenno in direzione di un uomo a qualche metro di distanza da noi. Era di spalle, ma... porco cane, che spalle! Forse mamma c’aveva preso, questa volta.
    Non so neanche come, me la ritrovai accanto, occupata a prendermi per un braccio e a trascinarmi da lui. Però, neanche il sedere era niente male, e la schiena era muscolosa, si vedeva anche da sotto il dolcevita bianco.
    Renée picchiettò sulla sua scapola, e quando lui si voltò, annegai in un paio di occhi verde bottiglia, circondati da un viso mozzafiato. Oh, santo cazzo...
    «Edward, vorrei presentarti Bella. Ricordi? Correva sempre per il giardino di casa tua con il culetto al vento», proruppe mia madre in una risatina cinguettante.
    No. Non poteva averlo detto davvero.
    Rossa come un pomodoro, porsi la mano a quel gran figo. «Mamma, ti prego, non è il caso», mormorai a denti stretti.
    La voce di Edward interruppe la mia protesta. «Molto piacere». Aveva parlato con formalità, mantenendo uno sguardo freddo. E non mi aveva dato la mano, pessimo segno.  
    Sue chiamò Renée con una scusa, l’avevo capito dall’occhiata eloquente, per lasciarmi sola a fare la conoscenza di Mister Ghiacciolo.
    Cominciai a torturarmi le mani. «Ehm... be’, eccoci qui».
    «Eccoci qui». Aspettava che dicessi qualcosa di intelligente, lo vedevo bene.
    «Allora, hai passato il capodanno in famiglia?». Bene. Mi stavo impicciando degli affari suoi. Davvero una bella mossa.
    Rimase impassibile. «Sì. E tu?».
    Aveva un’aria così intimidatoria, che quasi mi sentivo sotto accusa. Ci credo, che fosse un bravo avvocato.
    «Ah, no. Sono stata ad una festa e, sai com’è, ho bevuto un goccetto di troppo». Feci una risatina nervosa. «Avrei volentieri passato la giornata a vomitare come tutte le persone normali, ma... il buffet prima di tutto».
    Oddio, oddio, oddio! Perché non stavo mai zitta? Maledetto vizio di parlare a vanvera nelle situazioni meno opportune!
    Continuò a guardarmi come se fossi una povera deficiente uscita da chissà dove e sentii l’obbligo di parlare ancora, per distrarlo da chissà quali pensieri sicuramente incentrati sulla sottoscritta.
    «I miei propositi per l’anno nuovo: smettere di mangiare schifezze, acquisire un buon equilibrio e non parlare di cose futili agli sconosciuti. Oh!». Cavolo, avevo appena infranto un proposito!
    «Credo sia arrivato il momento di mangiare qualcosa», disse lui, lasciandomi lì come una povera stupida.
    Brava, Bella, congratulazioni. Fantastica figura di merda, non c’è che dire.
    Mi avvicinai anch’io al tavolo imbandito di varie pietanze, presi un piatto e lo riempii di patate al forno, tacchino al curry, purè di patate e fagioli piccanti. Per fortuna ingrassavo difficilmente.
    Stavo per raggiungere la mia portata preferita, salsiccia fritta, quando, per puro caso, sentii una parte della conversazione tra Edward e una signora: «Hai conosciuto la figlia di Charlie e Renée? È una ragazza carina, vero?».
    «Mamma, non ho bisogno di un appuntamento al buio. E a dirla tutta non aspiro a una ragazzina scatenata che mangia come un camionista, soffre d’incontinenza verbale e si veste come un biglietto natalizio».
    Mentre ascoltava il discorso di suo figlio, la signora Cullen si voltò casualmente nella mia direzione. Edward seguì il suo sguardo, scoprendomi intenta a sentire tutto.
    Non mi detti pena neanche di far finta di niente, lasciai il piatto lì dov’era e mi allontanai da quella sala ormai troppo claustrofobica.
    Fu allora, in quel momento, proprio quel giorno, che presi la decisione che avrebbe cambiato la mia vita. Non avevo intenzione di farla vincere a quell’idiota di Edward Cullen e continuare con la mia vita solitaria, andando al buffet eternamente da sola. Se avessi continuato così, sarei morta sola e con il colesterolo a mille, mezza divorata dai cani alsaziani. Dovevo assolutamente eliminare tutti quei cibi deliziosamente grassi, dissuadere mia madre dal comprarmi abiti ridicoli e, soprattutto, avrei perseverato nella ricerca di un ragazzo carino, a modo, per bene, laureato e serio. E avrei frequentato qualche corso di danza per migliorare la mia goffaggine.
    Un diario. Dovevo avere un diario per sfogarmi, per scrivere dei miei progressi e delle mie frustrazioni. E soprattutto, per riempire Edward Cullen di insulti.
    Il giorno dopo il buffet, uscii dal mio appartamentino e andai nella cartoleria poco distante, comprai un bel diario dalla copertina rossa e ritornai a casa. Infilai un bel pigiamone di flanella, uno di quelli antistupro, mi sedetti a gambe incrociate sul divano e, con una tazza fumante di cioccolata calda accanto, iniziai a scrivere.

   
Diario di proprietà di Isabella Marie Swan.

   
No, non suonava molto bene. Tracciai una linea su quella scritta e ne provai un’altra.

   
Diario di proprietà di Isabella Marie Swan.
    Diario di Bella Swan.

Ecco, così andava decisamente meglio. Voltai pagina e iniziai a scrivere i miei appunti.

    2 Gennaio, ore 16:54.
    Schifezze: 28 (ma siamo ancora nelle vacanze natalizie, perciò non si contano).
    Stupidaggini: 0 (in casa non ho incontrato molte persone con cui scambiare qualche parola).
    Cadute: 1 (brutto risveglio, atterrare di culo sul pavimento).

    Devo ricordarmi di non andare mai più al buffet di mamma. Si fanno incontri piuttosto spiacevoli e si conoscono persone che prenderesti volentieri a sprangate. Edward Cullen prima di tutti. È un coglione, si muove come un robot e ha un cervello piccolo come sospetto sia il suo pene. Scommetto che è stata la moglie a lasciarlo proprio per questo. Cip - cip, cip – cip, uccellino in volo!


    
Sorrisi soddisfatta, mandando giù un sorso di cioccolata. Con questo metodo avrei avuto tutto sotto controllo e mi sarei fatta anche quattro risate alle spalle di quel deficiente.
    Chiusi il diario e lo posai sul tavolino di fronte al divano. Pescai il telecomando dai meandri dei cuscini e accesi la TV su un film sdolcinato che mi avrebbe tenuta occupata per un po’.
    Ero alla seconda ciotola di popcorn, mancavano pochi minuti alla fine del film – una schifezza assurda –, quando il citofono squillò prepotentemente, salvandomi da quella valle di lacrime. Mi districai dalle coperte in cui ero avvolta e tentai di mettermi in piedi. Inciampai su una pantofola e per poco non caddi con la faccia spiaccicata contro il tavolino. Cavolo, avevo visto la morte in persona.
    Con un mini-infarto ancora attivo, andai al citofono: «Chi è?».
    Tre voci molto familiari mi risposero all’unisono: «Ciaaaooo, siamo noooiii!».
    «Salite, vi apro». Pigiai sul tasto nero e il ronzio del portone che si apriva mi assordò per un istante.
    In meno di un minuto, i miei migliori amici si fiondarono nel mio appartamentino.
    «Sappiate che per colpa vostra stavo per morire», dichiarai con le braccia incrociate al petto, andando loro incontro.
    «Oh, di nuovo?», chiese tranquillamente Alice, una piccoletta di un metro e tanta voglia di crescere e i cortissimi capelli corvini. Era stagista in un’agenzia di moda, sperava di andare ai piani alti in poco tempo.
    «Fottitene, l’importante è che sei ancora su questa fottuta terra», intervenne Rosalie, giornalista che usava il verbo “fottere” di continuo. Bionda e con gli occhi blu, all’apparenza sembrava una fatina delicata.
    «Esatto, è poi non puoi morire senza prima aver scopato come si deve, no?», aggiunse Jacob, sfilandosi il cappotto e appendendolo accanto a quelli delle ragazze. Lui era un ex modello ritiratosi dopo aver scoperto che bastavano tre sfilate di successo per rimorchiare per tutto il resto della vita. Completamente gay, è chiaro.
    Mi abbracciarono tutti e tre, poi ci recammo in salotto dove la scritta “
The End ”segnava la fine di quel pianto di film.
    Io e Alice ci accomodammo sul divano, Rosalie e Jacob sulle poltrone laterali. Cominciammo a chiacchierare di varie ed eventuali novità, raccontando loro del mio piacevolissimo incontro del giorno prima.
    «Ma questo Cullen è tipo “ho la puzza sotto il naso e me lo posso permettere” oppure uno di quelli che se la tira ma è un cesso che cammina?», chiese Jacob ad un certo punto.
    Sospirai, non potevo dire cazzate: di bello era bello. Ma non poteva di certo permettersi di snobbare le altre persone solo perché era un avvocato molto famoso. Ciò non toglieva che era da bava alla bocca. Seriamente.
    «È uno di quelli che solo perché mamma e papà l’hanno fatto bello e intelligente crede di avere il mondo ai suoi piedi», borbottai.
    «Allora può darsi che con una bella e sana scopata potrebbe riacquistare un po’ di scioltezza», commentò con un sorrisino ammiccante il mio amico.
    «Jacob, che schifo!», esclamò Alice, disgustata.
    «Taci, tu, che sei una cultrice di quest’arte», la rimbeccò lui maliziosamente.
    «Non penso che sia alla tua portata, Jake. È divorziato».
    «È allora? Magari a scoperto di essere dell’altra sponda e ha lasciato la mogliettina per dedicarsi a qualcos’altro».
    «Fottutamente giusto», convenne Rose, annuendo per dare più peso alle sue parole. «Piuttosto, quel tale... qual è il suo fottutissimo nome? Ah, già, Beckett, è sempre così carino?».
    Mi afflosciai sullo schienale del divano. «Oddio, sì».
    «Sei riuscita a concludere qualcosa?», chiese Alice interessata.
    Arricciai il naso: «Non penso che abbia fantasie erotiche su di me».
    Con la mente, rievocai la festa di Natale in ufficio: io, ubriaca fradicia, che strappavo il microfono di mano ad un collega e cantavo a squarciagola, stonando come una campana. E lui che mi guardava a bocca aperta.
    Rose scrollò le spalle: «Fottitene», suggerì tranquillamente.
    Sì, aveva ragione. Non dovevo dare importanza a James Beckett perché, oltre ad essere il mio capo, era anche la perfetta incarnazione di tutti i difetti caratteriali che poteva avere un uomo: maniaco del lavoro, traditore, donnaiolo, arrogante e volgare. Peccato che gli ormoni di tutte le donne ballassero la cucaracha ogni volta che si aggirava per i vari uffici.
    Decisamente, non dovevo dargli importanza. Ragazzi per bene, ragazzi per bene, ragazzi per bene!






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Eeeeeeehi! C'è nessuno? :3
Be', se c'è qualcuno, come va? Tutto bene? Iniziate le vacanze o ci sono gli esami?
Io per fortuna ho un sacco di tempo libero, perciò ho deciso di intasare ulteriormente la cartella dei Documenti con questa storiella largamente ispirata a "Il Diario di Bridget Jones".
Non dirò che è la prima long che pubblico, perché c'è già As You Wish che, pur non essendo conclusa, è nata come long fiction.
Allora, che dire del capitolo? È straordinariamente somigliante all'inizio del film, ma vi prometto che ci saranno delle differenze. Molte. Tanto per cominciare, Bella manterrà la sua linea smilza e Edward non indosserà vestiti ridicoli come Mark Darcy. E poi altre cosette andando avanti nella storia. 
Se avete domande, errori da segnalare, critiche e consigli, sono qui.
Riguardo gli aggiornamenti, non so come andrà a finire. Spero solo di riuscire a pubblicare una volta a settimana o ogni quindici giorni. Spero

Nell'attesa, potreste leggere altre cosucce e__e...




Storia ambientata nel 1918.
Edward è un soldato di ventun'anni, che dopo tre anni di lontananza per prestare servizio all'esercito degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale, ritorna a casa.
Ma arrivato a destinazione, crede di aver perso per sempre il suo unico amore.
Sarà davvero così?
Sono tutti umani.
Storia non consigliata alle fan di Jacob.
 
Autore: Cassie Aardbei | Rating: Verde | Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Capitoli: 5 | Personaggi: Bella/Edward
Pubblicata: 17/02/12 | Aggiornata: 17/04/12 | Note: AU | Completa
Categoria: Libri > Twilight | Contesto: Nessun libro/film | Leggi le 30 recensioni




 
 

Sgranò gli occhi e spalancò la bocca, incredulo. «Ma... Bells, non farai sul serio».
«Black, porca miseria, portami immediatamente un litro del latte più fresco che c’è!», strillai come una pazza.
Indietreggiò fino a sbattere con la schiena contro il muro, lasciò il bicchiere che reggeva tra le mani sul bancone e si precipitò alla cella frigorifera, probabilmente sperando che non avessi un’altra crisi isterica. Poi tornò con ciò che avevo ordinato e me ne versò un po’ in una tazza.
«Lascia qui la bottiglia», borbottai, mandando giù il primo sorso.
 
Autore: Cassie Aardbei | Rating: Verde | Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Capitoli: 1 | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black
Pubblicata: 30/05/12 | Aggiornata: 30/05/12 | Note: AU, One-shot | Completa
Categoria: Libri > Twilight | Contesto: Nessun libro/film | Leggi le 3 recensioni



Se volete aggiungermi su Facebook, sono Cassie Aardbei Efp. In caso mi fate la richiesta, ditemi il vostro nick di Efp, per favore :)


Bene! La smetto di rompere le scatole ^-^
Bacioni!

Cass Bei.

P.S. Avevo dimenticato di dirvi... ecco... riguardo la finale Spagna-Italia... sono di origini spagnole *scappa via*.




   
 
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