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Autore: _Clarita_    03/07/2012    3 recensioni
Prendete una notte afosa di inizio Luglio, un libro universitario che aspetta solo di essere studiato, un umore altalenante che segue il moto della Luna. Unite il tutto con un compleanno imminente ed otterrete le mie riflessioni e i miei auto-auguri di compleanno.
Un pezzo di me.
Un auto-regalo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alzi la mano chi non ha mai fatto un bilancio della propria vita almeno una volta.
 
Solitamente lo si fa il 31 Dicembre cercando di cancellare quanto di spiacevole si è vissuto nei dodici mesi appena trascorsi – una defenestrazione emotiva delle cose vecchie e brutte che non servono più – oppure riempendo liste di buoni propositi che puntualmente rimarranno solo belle parole, o almeno la gran parte di essi – come, per esempio, iniziare la dieta subito dopo le vacanze. 
Almeno io, tendenzialmente, lo faccio il 31 Dicembre: ho sempre un sacco di ricordi che non mi piacciono da “buttare” via. Forse dovrei scrivere sulla mia lista di buoni propositi di essere meno esigente, con me e con gli altri ma ho la netta sensazione che seguirebbe il destino dell’inizio della dieta. Ricordo che una volta scrissi su un foglio tutto quello che di brutto mi era successo in quell’anno, il 2008,  lo infilai nella bottiglia vuota di rum che io e i miei amici avevamo “fatto fuori” per festeggiare il nuovo anno, e poi la gettai nella spazzatura. Sarebbe stato più romantico gettarla in mare, lo so, ma abito in collina e poi avrei inquinato!
Ok, lo ammetto non l’ho fatto anche perché non volevo esser presa per una depressa alcolista da chi, eventualmente, l’avrebbe raccolta. 
Non ricordo tutto quello che scrissi – credo molto dipenda anche dal rum – ma ricordo nettamente la soddisfazione che provai quando sentii la bottiglia rompersi  sul fondo della pattumiera.

Era passato.

Me l’ero buttato alle spalle.
 
Punto e a capo. 
 




Quest’anno, però, ho fatto uno strappo alla “mia” regola.
Non ho stilato liste improbabili di propositi o fatto bilanci di fine anno tra un prosecco e l’altro. 
Le riflessioni su di me le ho tenute per oggi. E le faccio da sobria.
 
Perché oggi, 3 Luglio, è il mio compleanno.
 
Venticinque anni.
Trecento mesi.
Novemilacentotrentadue giorni.
Duecentodiciannovemilacentosessantotto ore.
Tredicimilionicentocinquantamilaottanta minuti.

Infiniti battiti di cuore. Quello stremato ma pieno di gioia di mia madre il giorno in cui sono nata, con il caldo micidiale delle tre di pomeriggio. Quello di mio padre, emozionato che si chiedeva se sarebbero stati mai, lui e mia madre, all’altezza di quel compito: la risposta è si, promossi a pieni voti. Dovrei dirglielo ogni tanto, magari potrei iniziare proprio oggi.

Infiniti battiti del mio, di cuore, che sfiora la tachicardia un giorno sì e l’altro pure da tanto che sono ansiosa, che mi fa arrossire ancora come una bambinetta per un complimento inaspettato o mi fa salire le lacrime agli occhi non solo quando sono triste o commossa ma anche quando sono troppo nervosa.
 
Miliardi di paure. Perché, sì, io ho fottutamente paura di crescere.
 
Anche le donne hanno la sindrome di Peter Pan?! Ne esiste qualcuna? Sì, esiste e sono io! Mi inchino e mi presento. Se ce ne fosse qualcun’altra in giro mi piacerebbe conoscerla almeno mi sentirei meno sciocca. 
Venticinque anni sono un quarto di secolo, è un giro di boa.
È il Rubicone da attraversare perché dall’altro lato ci sono nuove responsabilità che mi aspettano ma io non sono sicura di volerlo fare, questo salto. Voglio scegliere quali responsabilità abbracciare e quali far affogare nel fiume.

Voglio non essere messa alle strette.

Che discorso infantile, vero? Sarebbe un po’ come diventare “grandi” solo per gli aspetti che ci fanno più comodo. Eppure è questo quello che provo e che non riesco a gestire né a capire. E mi spaventa.

Mi sento come quando al mattino ti suona la sveglia e mugugni: “Altri cinque minuti e mi alzo, giuro”. 

Ecco: io voglio quei dannatissimi cinque minuti in più!

Li voglio per tornare indietro e dare quel bacio non dato. Avremmo fatto pace più in fretta.
Per dire quel ti amo non detto. Per orgoglio e paura.
Per gridare quel ti odio morto in gola e magari accompagnarlo anche da un bel vaffanculo che ci sarebbe stato tanto bene, come una ciliegina sulla torta. Forse, in fondo, le volevo ancora bene.
Voglio riavere il tempo perso e sostenere quegli esami all’università che ho, stupidamente, saltato. Se li avessi fatti sarei già laureata e non due anni fuori corso.
 
Voglio riavere il tempo perso, punto.
 
Voglio premere il tasto “pausa” perché mi sembra che il tempo stia correndo troppo veloce.
Dai vent’anni ai venticinque non c’ho capito nulla! Sono volati via come un pugno di sabbia tra le dita.
 


Ma IO dov’ero?!
 


Sembra mi sia appena svegliata da un lungo sonno e che la mia finestra non affacci più sulla mia città.  Sono stata catapultata in un posto nuovo con gente che non conosco che parla una lingua che non comprendo, senza cartina né vocabolario.
 
Non sono pronta. Non mi sento all’altezza – o forse non lo sono stata mai né lo sarò in futuro. 
 



Mia nonna, però, dice sempre che l’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del Re: i detti popolari non mentono mai.
 
Questo giorno, quindi, passerà, esattamente come tutti gli altri.
Sono solo altre ventiquattro ore in più.
Non posso fermare il tempo.
Non posso cambiare ciò che è stato o riavere indietro quanto perso.
Posso, però, decidere che strade prendere in futuro. Posso scegliere di non perdere altro tempo e di viverne, appieno, ogni istante. Posso essere partecipe delle mie scelte e non subirle.
 
Posso vivere, punto.
 
Quindi mi armo di braccioli e ciambella – per non affogare – e, da oggi, nuoto verso il resto della mia vita.
 

Di tutta la vita passata, di tutta la vita davanti questo è il mio momento, perché vivere è un atto di fede mica un complimento. 
C’è ancora un orizzonte lì con te? 1
 

Lo vedo sfocato, il mio orizzonte, ma so che c’è. Lo ricordo. Lo avevo disegnato a tinte forti.
Ricordo i sogni che avevo e devo tornare a lottare per realizzarli. Devo solo togliere la nebbia che mi separa da loro. Devo impegnarmi.
Lo devo ai miei genitori e a tutti quelli che mi hanno supportato – e sopportato – finora.
 
Lo devo a me stessa, soprattutto. 
 
Posso farcela.
 
È tutto in come la vedi: c’è chi vuole solo passare ad un altro rimpianto.1

No, non io! Non ne voglio altri perché ne ho “ammucchiati” già abbastanza. E li lascio lì, non li getto via questa volta. Li conservo come monito, come ricordo: viene tutto via con me.    
 
 
 


Questo è il mio proposito di compleanno.
Questo è l’augurio che ripeto al mio riflesso nello specchio.
È il mio regalo.
Solo per me.
Da parte mia.
 
Tanti auguri C. 
 
Buon quarto di secolo.
 
Buona traversata.
 
Buona vita.
















1] Testo tratto dalla canzone Atto di fede di L. Ligabue
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Clarita's post-it


Come mi è venuto di scrivere questa specie di auto-auguri?
Potrei dare la colpa al caldo, alla sessione estiva d'esami, ad una notte insonne ... forse è un mix di tutto questo. O forse mi andava solo di buttare fuori tutto quello che mi passava per la testa.
L'ho scritto di getto questa notte e non l'ho nemmeno ricontrollato.
E' semplicemente un pezzo di me. Di quello che sento.
Puo' piacere o no, ma avevo bisogno di condividerlo.
Punto.
 




 
 

  
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