Ricordo ancora quel giorno di Maggio.
Quel calore che si faceva timidamente sentire.
E la tua mano sopra la mia.
E quando chiesi se c'era qualcosa che potevo fare.
E la tua risposta negativa, quella tua unica lacrima.
E poi, quel ripensamento.
"Parlami del dopo", avevi detto.
Quel dopo che stavo evitando di concepire.
E ricordo ancora il senso di vuoto che mi prendeva lo stomaco.
E dentro di me, ricordo ancora la domanda:
"Quale dopo? Il mio, o il tuo? Il mio restare senza di te, o il tuo restare senza tutto?".
Domanda che non ebbi mai la forza di far uscire.
Ma tu, come al solito, ricordi, l'hai letta nei miei occhi.
E con un sorriso, l'ultimo, mi hai fatto capire.
E allora ti parlai del dopo.
Non del mio, non del tuo, del nostro.
Non importa quanto tempo può passare, non importa cosa succederà.
Se ci sarà un dopo, sarà nostro.
Mi guardavi, con quegli occhi un po' spenti.
Ricordo, chiesi per l'ultima volta cosa potevo fare, per te.
E ricordo, come se stesse succedendo adesso, la tua ultima risposta negativa
e quella tua ultima lacrima.
Stavo pensando, in quel momento.
Ricordi?
Mi stavo agitando, perché non volevo vedere come ultima cosa il tuo pianto,
quando il tuo sorriso era così vicino.
Stavo per dirtelo.
Per chiedertelo.
Ricordi?
Ma non c'eri già più.
Probabilmente, però, me lo avevi letto negli occhi.
Come al solito.
E anche ora, qui, come ogni anno, in questo giorno di Maggio.
Ricordo.
Non faccio altro.
Forse, aspetto.
Un giorno che sicuramente arriverà, per il nostro dopo.
Poggio un unico fiore.
E non dico niente.
Perché, ricordi?
Non era sempre necessario parlare.
Tutto quello che era veramente importante,
me lo leggevi negli occhi.