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Autore: bramsbaby    03/07/2012    2 recensioni
Brittany Pierce è la classica bad girl. E se un giorno incontrasse qualcuno capace di farle cambiare opinione su se stessa? Se si innamorasse per la prima volta? E se il ragazzo in questione non ricambiasse?
Fanfiction scritta sia dal punto di vista di Brittany, sia da quello di Sam.
Ambientata un po' nella seconda, un po' nella terza stagione.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Brittany Pierce, Sam Evans, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Le appoggiai lo straccio imbevuto di acqua ghiacciata sulla fronte. La febbre le era salita nel giro di mezz’ora, e i sussurri aumentavano man mano che il suo sonno si faceva più profondo e tormentato.
Tutto questo per colpa di Abrams. A ripensarci mi si stringevano ancora i pugni. Sentivo di non avergliene date abbastanza, a quel bastardo.
“Smettila… Smettila, ti prego… Lo dico a mamma…”
Ormai avevo smesso di cercare di capire cosa volessero dire queste parole di protesta. Le diceva come se fosse stata una piccola bimba viziata in cerca d’aiuto.
“Stai calma, Britt. Ci sono io ora.” Ogni volta che le parlavo pareva calmarsi. La mia voce la tranquillizzava, quindi continuavo ad avere dei piccoli discorsi a senso unico per non farla svegliare di colpo da qualche brutto incubo. Era bisognosa di affetto, dietro quella maschera da dura che si era costruita, di questo ne ero certo.
Il cellulare nella mia tasca vibrò, e mi allontanai dalla stanza verso il corridoio, per evitare di svegliare la moribonda.
“Quinn?”
“Sam, a che gioco stai giocando? Sei in ritardo di un’ora! Ci siamo dati appuntamento a casa mia per il duetto, e dovevi finire la lezione di ripetizioni con Britt un’ora e mezza fa! Se lo fai per sembrare figo sappi che non funziona con Quinn Fabray!”
“Quinn scusami tanto! Non sto cercando di fare niente solo che… la mia sorellina ha la febbre…  Sono rimasto a casa per curarla e devo aver perso la cognizione del tempo. Scusami tanto, prometto che domani mi farò perdonare!” Avevo come la netta sensazione che se avessi detto al capitano delle Cheerios dove mi trovavo realmente me la sarei vista brutta. Non c’era nulla di malizioso in quella piccola bugia, in fondo non stavo facendo niente di losco, e in più io e Quinn non stavamo insieme ufficialmente. Conoscevo di vista lei Britt da più o meno una settimana!
“Oh, la tua sorellina.” La sua voce si era addolcita all’improvviso. “Dalle un bacio da parte mia e curala bene. A domani Sam.”
“A domani Quinn.”
L’indomani le avrei fatto una sorpresa. Una grande sorpresa.
Rientrai nella camera di Britt per controllare che dormisse ancora. Sì, dormiva, come un tenero angioletto. Mi avvicinai al bordo del letto e mi sedetti accanto a lei per toccare lo straccio umido. Era diventato bollente. Avevo bisogno di qualcosa di più concreto per farle abbassare la febbre, e delle medicine non sarebbero guastate.
Mi chiesi come mai ero rimasto lì e non me ne ero andato subito dopo averla sdraiata sul letto. Mi dissi che lo stavo facendo perché un vero gentiluomo aiuta sempre una fanciulla in difficoltà. Se la bionda avesse sentito i miei pensieri in quel momento probabilmente mi avrebbe detto di smetterla di sparare minchiate sdolcinate e di pensare di più a me stesso. O almeno è quello che credevo.
“Britt, adesso vado a cercarti un’aspirina.” Sussurrai dolcemente.
Il bagno in camera sua fu il primo posto in cui guardai. Nell’armadietto dietro allo specchio trovai cose da donne (così li chiamavo, per non usare il loro vero nome), creme, prodotti da bagno, cerotti, ma niente aspirine.
Mi chinai per guardare nei cassetti sotto al lavandino, e anche lì niente di utile. Disinfettante, costumi da bagno (cosa ci facessero lì dei costumi da bagno rimane ancora un mistero per me), smalti, trucchi di vario genere. Feci per rialzarmi quando mi accorsi di una piccola scatola di metallo verde nell’angolo di un cassetto. Allungai il braccio e la afferrai.
All’interno c’erano dei tubetti con varie pasticche colorate. Ne presi uno con un’etichetta gialla e la lessi. Fluoxetina.  Non era possibile. Non sembrava una ragazza con certi problemi. Ne afferrai un altro. Venlafaxina. E un altro. Mirtazapina. Infine, svuotai tutta la scatola. Tubetti pieni di sostanze che le avrebbero dovuto migliorare l’umore. Antidepressivi. Li conoscevo fin troppo bene.
Mi restava solo da capire come mai ne avesse bisogno.
“Cosa stai facendo?!” L’esclamazione della bionda mi fece sobbalzare. Teneva in mano una sveglia con aria minacciosa. “Niente,” risposi “cercavo un’aspirina.”
Abbassò il braccio, sollevata. “Non la troverai di certo lì. Mi hai spaventata, Sam. Che ci fai ancora qui?”
“Hai la febbre a quaranta. Non mi sembrava opportuno andarmene.”
I suoi occhi mi attraversarono come fossero raggi x. Poi mi regalò un timido sorriso, che ricambiai subito. Rimanemmo così per secoli, a guardarci. Finché lei non vide quello che avevo tra le mani.
“Dove le hai trovate?” Spalancò gli occhi e le si smorzò il respiro.
“N-nel cassetto…” Abbassai la testa, con aria colpevole.
Mi si avventò contro, cercando di strapparmi di mano tutti quei tubetti. Li strinsi di più tra le dita. Volevo risposte.  Lei tirò sempre più, ma era malata e debole, e io nettamente più forte. A quel punto mi morse. Sulla spalla. Io lascia la presa, lei cadde all’indietro andando a sbattere contro al water e accasciandosi a terra. “Idiota!” si tirò su “Si può sapere perché non me le volevi ridare?!”
La guardai, deglutendo. “Perché hai bisogno degli antidepressivi?”
“Sono affari miei.” uscì dal bagno sbattendo i piedi “E tu non dovresti essere più qui. Sono le sei e mezza passate.”
“Sei la prima persona che incontro, che deve farne uso, come me. Voglio solo sapere se provi le stesse cose che provo io.”
A quelle mie affermazioni rimase interdetta. “Tu… ?” Mi indicò con la bocca aperta.
“Mh-mh.” Annuì convinto.
“Ho bisogno di sedermi.” si posò una mano sulla fronte “Pensandoci, un’apirina mi farebbe comodo.”
“Dove le tieni?”
Mi indicò il comodino. “Là dentro.”
***
Due ore dopo stavamo bevendo un tè nella sua cucina, e lei mi stava raccontando la sua storia.
“Quando avevo due anni, mio padre se ne andò, lasciando me e mia madre sole. La mamma da allora ebbe molti fidanzati, e uno di questi si chiamava Rick. Lo odiavo con tutta me stessa.” strinse le dita attorno alla tazza  “Non sopportavo i suoi sguardi languidi, le sue mani viscide, e la sua stupida risata. Un giorno mia madre dovette andare fuori città per un convegno di lavoro, e mi lasciò sola con lui. Quando Rick arrivò mi disse che avremmo provato un nuovo gioco. A-avevo solo undici anni. Mi addormentò con qualche droga, e quando mi svegliai ero senza vestiti, e lui stava…” Le si riempirono gli occhi di lacrime, e non riuscì a continuare. Questo era il motivo per cui lei doveva fare uso di medicinali. Per dimenticare
.

Note:
Eccomi qua, in stra-ritardo, scusatemi! In queste settimane sono stata presa dalla scuola, e dalla voglia di non fare nulla. lol
Comunque ho trovato un po' di tempo per scrivere, ed ecco cosa ne è uscito fuori! È un capitolo drammatico con un pizzico di romanticismo, spero vi siate commossi un pochino. Scherzi a parte, mi dispiace ancora di non essere riuscita a postare, vi prometto che potrete leggere il sesto capitolo la prossima settimana.
Justine. xx
P.S. L'altro giorno stavo guardando un film, e ho pensato subito: "Ma questa è la mia ff!". Perciò, se volete capire un po' più di cose sul carattere di Britt, guardatevelo: "Donne, regole... e tanti guai!".
  
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