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Autore: CrHacker98    03/07/2012    2 recensioni
Il mondo degli shinobi di cui tanto parliamo esiste davvero: solo in un universo parallelo. E se, per caso, i nostri adorati eroi precipitassero nel nostro mondo? La battaglia continuerebbe anche sulla Terra? E se ci fosse coinvolta ora anche chi di questo universo dei ninja non avesse mai sentito parlare, che cosa succederebbe?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Deidara, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Suigetsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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 Aveva sedici anni quando successe tutto. Non avrebbe mai, neanche nella sua fantasia più sfrenata, potuto immaginare una cosa del genere. Insomma, andava ancora al liceo mentre i suoi genitori la lasciavano sola in casa per andare a lavorare all’estero, era perciò del tutto trascurata. Era totalmente indipendente da loro e da chiunque altro, non le era mai piaciuto stare ad implorare qualcuno di fare qualcosa o di darle un oggetto che voleva: lei faceva tutto ed otteneva tutto da sola. Aveva imparato a non fidarsi degli sconosciuti ed a fidarsi solo di alcuni dei suoi amici. Sotto sotto chi la conosceva non poteva non dire che fosse una buona persona. Julie invece guardava il suo mondo con disprezzo. Era noioso, semplicemente privo di qualsiasi voglia sviluppo o fatto interessante.
Quel giorno faceva particolarmente freddo. Mancava poco e si sarebbe anche messo a nevicare. Julie imprecava tra sé, cercando di tenersi la sciarpa intorno al collo. I suoi capelli castani non ne volevano sapere di restare al loro posto, così li lasciava volteggiare al vento, mentre con l’altra mano cercava di pararsi dal vento gli occhi marroni. La via era, come di solito, poco affollata, e quelle poche persone che c’erano non sembravano avere buone intenzioni. Lei semplicemente li ignorava, ripetendo a mente le nozioni di chimica e medicina che aveva imparato. Studiava anche lingue, ma non gliene fregava poi più di tanto di quella materia. Lei di solito arrivava di fronte al suo appartamento, saliva le scale al secondo piano, infilava le chiavi nella toppa e si chiudeva a chiave in casa, mettendosi a studiare per il giorno dopo. Quella sera si stava ricordando delle funzionalità del sistema linfatico umano, osservando distrattamente la strada quel tanto da schivare dei brutti ceffi che fumavano sigarette e tracannavano birra. Svoltò finendo nel vicolo buio dove stava la sua casa. Si era trasferita là perché era più vicino alla scuola, ma non per questo era una buona zona. Un condizionatore dell’aria perdeva l’acqua creando un piccolo fiumicello ai lati della strada, vicino ai cassonetti che dovrebbero essere stati svuotati una settimana prima ma che giacevano ancora là stracolmi fino all’orlo. La sempre si aggiravano dei gatti randagi e dei cani non poco pericolosi.
“Il sistema linfatico umano permette alle sostanze nutritizie ed all’ossigeno di raggiungere le cellule e le sostanze di rifiuto ed all’anidride carbonica di essere allon...” lanciò un gridolino scorgendo qualcosa strisciare per terra con un sibilo e scomparire dietro ad uno dei cassonetti. Un serpente? Che diavolo ci faceva là un serpente? In città poi? Ci si mettevano anche i rettili adesso?
Incuriosita si diresse verso il contenitore di spazzatura. Si tappò il naso con le dita per il fetore che c’era. Scorse di nuovo il rettile. Era bianco, ed anche piuttosto lungo.
“ Ma da dove sarà scappato? C’è qualche pazzo che tiene serpenti del genere in casa?” continuò a domandarsi. Sempre più curiosa continuò a seguire l’animale che disegnando grossi semicerchi, si diresse verso il punto più buio del vicolo. Julie ebbe un po’ di paura, ma la voglia di catturare quell’essere così bello le diede coraggio. Lei adorava quei rettili a sangue freddo, solo che vederseli comparire davanti all’improvviso la spaventava un poco. L’animale era bianco come la luna, con dei riflessi argentei che percorrevano le squame quando venivano illuminate dalla luce a chiazze di una lampada. Si ricordava che per catturare uno di quegli esseri bisognava bloccare la testa all’indietro, l’aveva visto in quei documentari che davano alla tv. Non che si vantasse di essere una zoologa, ma le sarebbe davvero piaciuto molto possedere un animale del genere. Si stava preparando a prenderlo, quando vide una figura seduta con la schiena appoggiata al muro. Ma che diavolo era? Lasciò momentaneamente di vista il serpente e camminò verso la sagoma scura. Era un ragazzo. Era più o meno della sua età ad una prima occhiata. Sembrava anche svenuto. Gli si avvicinò cautamente. Era vestito in modo davvero a dir poco singolare. Indossava una specie di sandali strani con la punta e il tallone scoperti. Pantaloni tre quarti blu con il fodero di un’arma accanto. Solo quella specie di “maglietta” (la poteva definire così?) sembrava leggermente più normale. Aveva il colletto alto e le maniche corte. Un attimo. Maniche corte? Ma dove credeva di vivere quello svitato: alle Bahamas? Faceva un freddo cane da più di un mese. Julie si inginocchiò accanto a lui. Quando però posò a terra il ginocchio sentì una spiacevole sensazione. Guardò a terra. Sangue.
- Oh cazzo...- furono le uniche parole che le venivano in mente. Il liquido era fresco e partiva direttamente dal corpo del giovane. Ora che lo guardava meglio, aveva anche un paio di ferite alla spalla ed al collo. Si abbassò ulteriormente per guardarlo in faccia. Dall’occhio destro partiva una linea di sangue che arrivava fino al viso e colava a terra. Panico.
Che cosa doveva fare? Era meglio chiamare la polizia, o...o portarlo in ospedale? Scosse la testa. Ne sapeva anche lei di più di un qualsiasi medico non-laureato della zona. Ma se poi gli moriva in casa, eh? Come se la cavava? Mica poteva chiuderlo in un sacco e buttarlo nel fiume come se fosse un’assassina. Ancora prima di prendere una decisione definitiva si accorse di esserselo già caricato in spalla. Non era molto pesante, ma per lei non era mica facile trasportare sulla schiena un ragazzo fino al secondo piano del suo appartamento. Non era una scaricabarili. Fece un paio di passi che si sentì subito il sangue del giovane scorrerle lungo la schiena. Un brivido la percorse. Julie strinse i denti e con prudenza si guardò in giro. Nessuno. Un sibilo e la sensazione spiacevole del contatto della pelle con delle squame fredde. Il serpente le se era arrotolato intorno al braccio, mentre a fatica lei reggeva il corpo esanime. Blaterò un paio di imprecazioni camminando verso casa sua. Era in fondo alla strada mal illuminata, riconoscibile per le dimensioni maggiori rispetto alle case popolari. L’appartamento era un edificio fatiscente, con la vernice della facciata scrostata e l’insegna cadente. Da fuori era peggio che da dentro, quello doveva riconoscerlo. Con un piede spinse la porta a vetri che si aprì verso l’interno. Sbuffando vi entrò e quando vide le scale le scapparono una serie di parolacce. Il ragazzo era ancora senza sensi, così avrebbe dovuto fare la fatica di due rampe di scale con circa cinquantacinque chili sulle spalle. Fantastico. Si rassegnò e cominciò a salire piano i gradini. Quando arrivò al pianerottolo ringraziò la bontà di Dio per averla fatta arrivare fino a lì. Era allo stremo. Ansimava come un cane, cercando di arrancare verso il passamano ed aiutandosi con quello a percorrere l’ultima scalinata. La porta con il numero 173 in ottone incollato sopra la fece sospirare contenta. Cristo, che fatica. Con la mano libera si cercò in tasca le chiavi. Per fortuna le trovò subito e tintinnando le infilò nella toppa. Due giri e mezzo e la porta si aprì. Con un calciò la aprì ed con un altro piuttosto forte la chiuse. Un corridoio dava sulla cucina, la sua camera, il soggiorno e lo studio. Non male come abitazione, era spaziosa ed anche pulita. Non c’erano animaletti strani e brutti come ragni o topi. Beh, ora c’era un serpente lungo un metro e mezzo, ma a chi vuoi che importasse.
“ A me importa, cazzo. E se quel bestione mi mangia mentre dormo?” rise tra sé e sé come una cretina. Una sua qualità era non prendere troppo sul serio le sfortune della vita, scherzandoci sopra. Si diresse nella sua stanza. Era grande, con una scrivania davanti alla finestra a vetri che ora era chiusa. Sopra al tavolo vi erano decine di fogli scarabocchiati con la sua scrittura piccola ed elaborata infilati in volumoni di chimica e lingua. Alla parte opposta della stanza c’era il suo letto. Si auto benedisse quando si ricordò di averlo fatto quella mattina. Con cura vi appoggiò il corpo del ragazzo. Il serpente sciolse la sua presa e si adagiò sopra al giovane, arrotolandosi su se stesso e chiudendo gli occhi.
“ Quindi il mostrone serpente-lungo appartiene al nostro ragazzuolo, grande...” pensò mentre usciva dalla camera. Andò nel soggiorno. Qui la tv in fondo alla stanza era spenta, con il telecomando accanto. All’angolo stava una libreria, con decine di libri a dir poco voluminosi per il liceo, i suoi quaderni, dei DVD e dei CD con delle canzoni. Il suo Mp3 giaceva in un angolo implorando di essere caricato. Al centro stava un tavolo con delle sedie (perché più di una? Lì ci viveva solo lei e non portava mai i suoi amici a casa sua) e più indietro, attaccato alla parete, un divano verde. Sopra a quest’ultimo stava una maglietta calda a maniche lunghe rossa e dei pantaloni in cotone blu. Orribile accoppiamento, ma tutto il resto dei vestiti stavano a lavare. Controllò che improvvisamente il ragazzo si fosse svegliato e la stesse spiando (ma quanti complessi?) e si spogliò restando in biancheria intima. Con la manica della felpa che indossava si pulì la schiena macchiata di rosso e si infilò gli altri vestiti. Benedisse Iddio per averle fatto trovare il giovane di Venerdì e non in un giorno di scuola, così se fosse successo qualcosa il giorno dopo non sarebbe dovuta andare al liceo. Si ricordò improvvisamente che il ragazzo stava sanguinando e che aveva bisogno di cure prima di tutto. Andò in bagno e prese delle bende, disinfettante, garze e medicinali vari. Corse nella sua camera con i braccio gli oggetti e vide ancora senza sensi l’adolescente. Si inginocchiò accanto al letto e con delicatezza prese il rettile che dormiva e lo poggiò dolcemente a terra. Meglio non scherzare con animali del genere. Stese accanto a sé il materiale che aveva portato. Ora avrebbe testato le sue capacità mediche.
“ Le ferite alle spalle ed al collo prima di tutto, poi vedremo che fare per gli occhi” pensò. Solo un problemino, avrebbe dovuto spogliare il ragazzo. Arrossì vivamente solo al pensiero. Quando vide però il lenzuolo rosso smise di farsi complessi del genere. Prima di tutto le ferite. Aprì la zip della maglietta e piano gliela tolse. Alla luce della lampada vide che era grigia-blu, con un disegno dietro che a prima vista sembrava una specie di lecca-lecca bianco e rosso*. “Fragola e panna...squisito” pensò sorridendo. Sotto all’abito stava una specie di maglia a rete. Ma da dove veniva questo pazzoide che si vestiva così? Gli sfilò anche quella e restò a bocca aperta. Quel ragazzo era davvero muscoloso. Non aveva un fisico scolpito con pettorali a tartaruga e bicipiti da urlo, ma era lo stesso piuttosto robusto. Julie non poté fare a meno di trattenere un sorriso: era l’esatta corporatura che piaceva a lei. Sorvolando questo “piccolo” particolare, la ragazza esaminò con cura i tagli che il giovane aveva. Rimase stupita per come erano fatti: profondi e sottilissimi. Non poteva avergliela procurata un’arma da fuoco, ne tantomeno una da taglio. Forse col bisturi era possibile, ma chi andava in giro facendo del male a delle persone armato di bisturi? Comunque, anche se fosse stato così, quel ragazzo sarebbe stato certamente in grado di combattere ed avere la meglio. Ma allora?
Era inutile porsi tante domande. Glielo avrebbe chiesto il giorno dopo. Disinfettò le ferite e le garze. Mise quest’ultime sopra ai tagli e le legò con le bende. Per fortuna il sangue aveva smesso di uscire, così almeno uno dei problemi era risolto. Passò al viso. Con un fazzoletto pulì le tracce del liquido rosso dalla faccia e cercò di individuare ferite di sorta sotto l’occhio, ma non notò nulla. Ma allora da dove veniva il sangue? Con un altro fazzoletto bagnato gli pulì per bene il viso e notò che era davvero ben fatto. I capelli erano sporchi di polvere e di rosso, l’indomani gli avrebbe consigliato di farsi una bella doccia. Sotto lo sporco vide che erano neri come la notte, con una strana capigliatura che gli ricordava...gli ricordava...che cosa gli ricordava?
“Ah, si. Tom, il mio “amico” emo di scuola” Pregò un’ultima volta Iddio che quel giovane steso sul letto non fosse come “Tommy”. Beh, non vedeva altri tagli e il giovane sembrava stesse dormendo, così smise di preoccuparsi e lo avvolse intorno alle calde coperte del suo letto.
Imprecando si rassegnò a dormire per quella notte sul divano. Prese dall’armadio del bagno un piumone e si adagiò stanca sui cuscini nel soggiorno. Era a pezzi e quel ragazzo piovuto dal cielo non le aveva di certo semplificato le cose.
“Merda” fu l’unica cosa che pensò prima di addormentarsi.
 
* Quello che lei crede sia un “lecca-lecca” è in realtà il ventaglio Uchiha. Per dire l’idiozia della ragazza.


Commento dell'autrice
Ok, questo non è il mio genere, ma volevo fare un Fanfiction alla fine. Diciamo che ero tentata tra Resident Evil e Naruto. Ma alla fine, non resistendo al fascino del mio adorato Sas'ke, ho deciso ques'ultimo.
Thanks for all...tutte le recensioni sono (ovviamente) ben accette.   ^.^  XD
   
 
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