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Autore: __ciri    03/07/2012    1 recensioni
Amava Niall. E si ripromise di dirglielo. Prima o poi. Doveva solamente trovare il coraggio per farlo. “Fosse facile” pensò.
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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One Thing

 

 

Tock. Tock. Tock. 
Erano ormai più di cinque minuti che quel rumore insistente continuava a martellarle nelle orecchie. Si mosse confusa nel letto, aggrovigliandosi tra le coperte, mentre un altro Tock arrivava alle sue orecchie. Si rigirò nuovamente, voltandosi verso il comodino e cominciando a cercare a tastoni l'interruttore della lampada che aveva lì sopra.  La sua mano cercava quel dannato interruttore ma senza riuscire a trovarlo, facendo cadere a terra, tutto le cose che stavano riposando tranquillamente lì vicino.
Sentì un primo tonfo e capì che era stato il cellulare a cadere; il secondo lo associò al telecomando della tv; il terzo non riuscì bene ad identificarlo.
Il rumore dell'ennesimo Tock, nel frattempo, si diffuse per la stanza. Riuscì a trovare il dannato pulsante e finalmente la stanza fu invasa dalla luce: si pentì immediatamente di ciò che aveva fatto.
Sapeva che doveva essere ormai notte fonda, perchè era salita in camera solamente alle una e mezza, dopo essere rimasta a parlare con suo fratello per più di un'ora. Dopo quella chiacchierata era dovuto ripartire e tornare a casa da sua moglie, che lo aveva quasi sicuramente dato per disperso a quel punto e, forse, aveva già in mano il cordless, pronta ad avvisare polizia, guardia forestale, vari capi di stato e WWF per cominciare le ricerche del dato-per-disperso. Era arrivato quella sera con la sola intenzione di guardare la partita di basket con suo padre, ma poi si era fermato a parlare con Sophie del più e del meno, ed il tempo era trascorso senza che neanche se ne accorgessero. Le mancavano quei momenti, e quelle notti trascorse insonni per via di chiacchiarate che si erano protratte fino alle prime luci dell'alba. Aveva sempre avuto un bel rapporto con lui, non erano mai stati quel genere di fratello-sorella che litigano per ogni sciocchezza e non conoscono nemmeno l'uno la vita sociale dell'altro. Ogni tanto si era fermata a pensare sul perchè di questo, vedendoci comunque come un qualcosa di anormale nella sua pacificità: la maggior parte delle volte si era ritrovata a rispondersi che doveva dipendere dalla loro grande differenza di età, infatti suo fratello aveva ormai 28 anni, mentre lei ne aveva compiuti 18 solo da qualche mese. Le mancava la presenza di suo fratello in casa, in  giorni come quelli  più che mai. Le mancava la spalla su cui andava ogni notte a piangere, quando aveva un problema. Le mancavano i suoi saggi consigli che, come le diceva sempre “Arrivano dall'alto di dieci anni di esperienza in più, quindi fanno buon uso!”.
Quella sera gli aveva parlato di Niall. Le parole erano uscite da sole, straripate come un fiume in piena, perché non riusciva più a contenerle dentro di sé. Doveva parlare con qualcuno di quello che le stava accadendo, del perché si sentisse così confusa su tutto.
 
I suoi occhi, che era riuscita ad aprire a malapena, si richiusero immediatamente quando la luce si diffuse dalla lampada. Li sentì bruciare per il fastidio, ma dopo pochi secondi si erano già abituati alla nuova lumosità.
3:58. Era questo l'orario che continuava a lampeggiare sul display della sveglia digitale. Si maledisse mentalmente, cercando di ricordarsi perchè era sveglia a quell'ora della notte. Poi l'ennesimo Tock, che individuò provenire dalla finestra, la riportò alla realtà.
Si alzò di malavoglia, scalciando via le coperte con poca grazia. Si avvicinò alla finestra e finalmente scoprì chi era l'autore di tutto quel casino: Niall.
Si voltò velocemente verso lo specchio, per controllare in che condizioni si trovasse, ma poi decise di lasciar perdere. In fondo stava dormendo, non si poteva pretendere che avesse l'aspetto perfetto delle attrici di telefilm, belle e impeccabili anche nella più torbida delle tempeste di sabbia.
I capelli erano un po' arruffati e scombussolati dal cuscino, mentre sotto gli occhi marroni, si potevano ben notare due occhiaie violacee, in contrasto con la pelle quasi diafana. L'ennesimo rumore la risvegliò dai suoi pensieri, e si diresse a passo svelto verso la vetrata.
 
Niall prese la mira per l’ennesima volta quella sera, mirando alla finestra del balcone. Forse non riusciva a sentire il rumore dei sassi, perché era troppo piccoli. O forse non era in casa, magari era andata a dormire da Elizabeth. “O forse, magari, ti sta semplicemente ignorando” disse una voce maligna dentro la sua testa.
Erano ormai due giorni che provava ad ignorare quella vocina insistente che gli martellava in testa, purtroppo con scarsi risultati. Voleva ignorare le continue insinuazioni che gli venivano instillate, e a cui poi si ritrovava a pensare notte e giorno, togliendogli il sonno e l’appetito.
È finita” si diceva “Non mi vuole più. Sta con un altro. Sicuramente ha trovato qualcuno migliore di me. L’altro giorno non dovevo dirle che quel vestito non le stava bene. Forse si era offesa. Magari ho detto qualcos’altro di sbagliato. O forse si è accorta che a lezione mi ero incantato a fissare le tette della McDonovan. Ma non era colpa sua, era venuta a scuola praticamente nuda quel giorno! E averla seduta accanto per due ore non lo aveva aiutato a distogliere lo sguardo. Santo cielo, era un maschio insomma, doveva saperlo che erano più le volte che pensava con il suo amico dei piani bassi, che quelle in cui faceva correre il criceto che aveva nel cervello!”.
Una smorfia di dolore comparse sul suo viso e ritornò alla realtà. Aprì lentamente le dita della mano, le cui nocche erano sbiancata, tanto stava stringendo quel sasso tra le sue mani. Notò un piccolo taglio al centro del palmo da cui, lento e silenzioso, usciva un rivolo rosso di sangue.Si portò istintivamente la mano alla bocca, succhiando il sangue che stava uscendo dalla ferita.
Non si sarebbe arreso così facilmente. Non si sarebbe lasciato demoralizzare da una stupida voce immaginaria che gli ronzava nella mente.
«Hai capito stupida voce? Puoi anche andarti a farti fottere, tanto rimango qui finchè non si sveglia, anche a costo di starci tutta la notte.» andiamo bene, ora si era messo persino a parlare da solo.
Raccolse nuovamente il sassolino che aveva lasciato cadere qualche istante prima, e lo lanciò, senza neanche prendere la mira questa volta. C’era qualcosa di strano però.
Non aveva sentito il solito Tock, a cui ormai si era abituato, dopo aver fatto scontrare quei sassi con il vetro almeno una ventina di volte.
No, non era un Tock, lo avrebbe classificato di più come un Thud
Si voltò per vedere cosa era andato storto, mentre un gemito contrariato di dolore arrivò alle sue orecchie. «Merda»

Aveva ancora in mano la maniglia della finestra, quando sentì qualcosa prenderla in piena fronte. Un lamento le uscì dalle labbra, ed istintivamente si portò una mano nel punto in cui era stata presa dal sasso. Lo avrebbe ucciso, un giorno o l’altro. Prima o l’avrebbe fatto.
Si avvicinò al bordo del balcone, mentre si teneva la mano sulla fronte. Gli occhi erano stretti ed avevano preso a lacrimarle per il dolore, e se avessero potuto fulminare, a quell’ora Niall sarebbe già morto da un pezzo.
«Piccola, mi dispiace tantissimo, ti giuro. Non ti avevo vista arrivare!» provò a dire a sua discolpa.
«Seriamente parlando Horan. Com’è che esattamente pensavi di conquistarmi? Accecandomi?» sollevò un sopracciglio, come faceva sempre quando era alterata. 
«Scusa, mi dispiace. Non sai quanto mi dispiace. E non mi dispiace solo per il sasso, mi dispiace per qualsiasi cosa io abbia fatto, che ti ha fatto arrabbiare» i loro sguardi si incontrarono per la prima volta quella sera, e Sophie si rese conto di quanto le era mancato perdersi in quell’oceano blu che erano i suoi occhi. Non riusciva comunque a regger eil suo sguardo e lo spostò immediatamente. Non riusciva a guardare quegli occhi che le stavano chiedendo perdono, per qualcosa di cui non avevano nemmeno colpa. Sì, perchè alla fine aveva capito che non era arrabbiata con Niall, ma con se stessa. E si stava letteralmente odiando per ciò che stava  facendo provare al ragazzo.
«Posso salire?» si ritrovò a chiederle, con tono quasi implorante.
«Non ne sono così sicura. Hai altri sassi da tirarmi?» in risposta ebbe una risata leggera. Lui le alzò le mani aperte, facendole vedere che non aveva più niente di pericoloso con sé. Dio, come le era mancato. Lui, la sua risata, i suoi occhi. Le sembrava di non vederlo da mesi, quando invece si erano incontrati anche la mattina stessa a lezione.
Lo osservò arrampicarsi tra l’edera, come era solito fare ogni volta che i suoi erano in casa, per non farsi scoprire. Secondo lui lo avevano capito però, quella pianta aveva dei buchi grandi quanto una casa!
Fece un ultimo sforzo e si aggrappò ai mattoncini del balcone, mentre Sophie lo aspettava , con il mento appoggiato sulle mani.
«Posso entrare?» le chiese Niall titubante, non del tutto sicuro che lo avrebbe fatto entrare veramente. Non sapeva quanto fosse alto il suo livello di rabbia. Non sapeva se era una rabbia da “Non mi hai ancora salutato questa mattina, quindi non ti interessa niente di me,  vaffanculo, ci vediamo dopo” o se era una rabbia da “Levati dalle palle, perché stavi guardando il culo di quella”.
«No» gli rispose sorridendo
«Sul Serio?» deglutì a vuoto, dato che la gola si era ormai seccata, e gli sembrava di non riucire neanche a respirare.
«No. Ma mi piaceva farti soffrire ancora un po’, appeso a mezz’aria come sei» allungò una mano per aiutarlo a scavalcare e lui l’afferrò prontamente, prima di concerle il tempo di cambiare idea.
 
Sophie si ritrovò a stringere la sua mano senza nemmeno accorgersene. Come le era mancato il suo tocco leggero, il modo in cui Niall intrecciava le dita con le sue che la facevano sentire..
 
..mia. Era questo ciò che sentiva, ogni qualvolta le loro mani si ritrovavano l'una nell'altra. Sophie era sua, e non poteva perderla.
«Possiamo parlare ora?» sussurrò a pochi passi dalle sue labbra. “Quand'è che si era avvicinato così tanto? E come ci era finito il braccio a stringerle i fianchi?”. Sentì le guance andarle a fuoco e fece un passo indietro, staccandosi da lui imbarazzata. Non capiva perchè, ma in quel momento le infradito che aveva ai piedi le sembravano molto più interessanti da fissare.
«Soph, possiamo parlare per favore? E ti prego, guardami» Niall si avvicinò nuovamente a lei e, con un semplice gesto,le alzò il volto con le dita, perdendosi per l'ennesima volta nella profondità dei suoi occhi.
Sophie fece lo stesso: fissò il suo sguardo nei suoi occhi, trovando un mare aperto ad accoglierla. Ma quella sera non era tranquillo. Si potevano vedere le onde incresparsi e alzarsi alte come muraglie, per poi andarsi ad infrangere contro le scogliere. Come prima di una tempesta.
«Di cosa?»
«Oh, non lo so, fammi pensare. Ah, si ce l'ho! Magari del fatto che mi stai ignorando da due giorni!»  sputò con rabbia, anche se si vedeva che stava facendo del suo meglio per trattenersi. Si passò velocemente una mano tra i capelli, come faceva sempre quando era agitato.
«Non ti sto ignorando»
«Ah no?Allora spiegami, tu come definiresti: non rispondere alle mie chiamate, ai miei messaggi, alle mie mail; correre via e cambiare direzione quando mi incontri per i corridoi a scuola?Spiegamelo perchè io lo chiamo ignorare!»
«I-io, non ti sto ignorando..I-io» le parole facevano fatica ad uscire. Si sentiva come strozzata, da quella morsa alla gola che ormai era con lei da ben due giorni. Voleva spiegargli che non era colpa sua, che era lei la causa di tutto, ma non ci riusciva.
«Ero preoccupato, preoccupato da morire – si ritrovò a sussurrarle con un filo di voce – pensavo ti fosse successo qualcosa. Stavo dando di matto. Non ti sentivo o vedevo da sabato notte, ed il giorno successivo non mi rispondevi più, non lo so..pensavo ti avessero rapita o che so, che avessi avuto un incidente! Tua madre te l'avrà sicuramente detto che sono anche passato di qui per sapere se fosse tutto okay!» aveva continuato a camminare in lungo ed in largo per il terrazzo, tutto il tempo. Era veramente preoccupato che le fosse accaduto qualcosa. E sentì la morsa stringersi ulteriormente, perchè sapere di averlo fatto stare in pensiero, per qualcosa di cui non aveva nemmeno colpa, la faceva sentire male.   Tutto ciò che voleva fare era fermare quella sua camminata frettolosa e, semplicemente abbracciarlo. Dirgli che non c'era niente che non andasse in lui, ma che era lei il casino vivente che se ne andava in giro a sconvolgere la vita degli altri.   
«Perchè hai portato la chitarra?» chiese con voce tremante, notando l'oggetto legato alla sua schiena solo in quel momento.
Niall portò una mano dietro di sé, tastando la chitarra, come ad accertarsi che fosse seriamente lì. Quando le sue dita toccarono il legno liscio, sentì le sue gote incendiarsi. Non si era nemmeno reso conto di averla portata con se, non aveva idea del perchè lo avesse fatto!
«N-non lo so. St-stavo suonando sul tetto, per passare un po' il tempo. Poi ho deciso di venire qui a parlarti, e devo averla presa senza accorgermene» le rivelò balbettando imbarazzato, portandosi una mano dietro la nuca.
«Suonami qualcosa» le uscì di getto
«Cosa? Sei matta? Lo sai che lo faccio solo per passare il tempo»
«Per favore» il ragazzo sembrò combattuto, ma quando incontrò nuovamente il suo sguardo prese una decisione. Fece scorrere la chitarra di fronte a sé, pizzicando distrattamente le corde e maledicendosi per non riuscire a resistere alle sue richieste.
«Cosa vuoi che suoni?»
«Tu cosa vuoi che io senta?» Niall si bloccò, con le dita incerte ferme sulle corde. Alzò nuovamente lo sguardo verso di lei e la vide tremare. Non l’aveva mai vista così fragile prima di allora, sempre coperta da quella sua corazza dura fatta di orgoglio e di delusioni passate. Ora le sembrava potesse frantumarsi in mille pezzi da un momento all’altro.  Aveva distolto lo sguardo dal suo, e si era persa ad osservare il cielo stellato. Era sicuro che, se l’avesse guardata negli occhi in quel momento, ai suoi lati avrebbe trovato due piccoli cristalli di acqua salata, contro cui lottava per non permettergli di scendere. La conosceva ormai. La conosceva troppo bene e lei lo sapeva. Non le sarebbe bastato spostare la sua attenzione altrove, per impedirgli di capire che era sull’orlo delle lacrime. Il suo corpo mandava segnali evidenti che non poteva fermare. Il labbro inferiore aveva iniziato a tremarle, il piede destro aveva iniziato a battere velocemente contro il pavimento,  le mani strette a pugno, tanto forte da far sbiancare le nocche e far affondare le unghie nel palmo.
Niall capì che si stava giocando il tutto per tutto in quel momento.
O la va, o la spacca”, si disse cercando di prendere coraggio.
Prese un respiro profondo, mentre le sue dita correvano a toccare leggere quelle corde, come per paura di spezzarle, facendo si che una melodia soave si diffondesse nell’aria, andando a fare compagnia al canto notturno dei grilli.
Poi, improvvisamente, dal nulla Niall cominciò a cantare e, stupita, si ritrovò a guardarlo veramente per la prima volta, quella sera.
Lo vedeva concentrato sulle parole e sulle note, mentre cercava di non sbagliare nessun accordo o di non stonare troppo, perché voleva che fosse tutto perfetto. Perfetto, per lei.
 

I’ve tried playing it cool,
But when I’m looking at you
I can’t ever be brave
cause you make my heart race”


 

Non aveva mai sentito quella musica prima di allora e si ritrovò a chiedersi chi ne fosse l’autore. Un dubbio le assalì la mente: che Niall..?No, non poteva essere. Scosse la testa, cercando di svuotarla da tutti quei pensieri che la stava tartassando, focalizzandosi completamente su di lui. 


 

Shot me outta of the sky
You’re my kryptonite,
You keep making me weak,
Frozen and can’t breath”


Notò che alla parola “frozen” era stato percosso da un brivido, forse perché stava veramente congelando dal freddo. Un sorriso le comparse sul volto, facendo spuntare le solite fossette che Niall tanto adorava. Si soffermò allora a guardare come era conciato quella sera, trovandosi a sorridere ancora: aveva indosso la maglia dei Celtics, sotto a cui si vedevano a malapena i pantaloncini corti del pigiama, tanto gli arrivava lunga (o almeno sperava che fossero pantaloncini, e non fosse venuto in boxer: non sarebbe stata la prima volta che accadeva). Doveva star dicendo la verità quando le aveva detto di non aver pianificato quell’uscita alle 4 di notte.
 

Something is gotta give now
cause i’m dying just to make you see,
That I need you here with me now..”


 
No, non poteva essere vero. Quelle che aveva visto scansargli con tanta fuga non potevano essere lacrime. Quella che aveva sentito incrinarsi sulle ultime parole, non era la voce. Perché Niall Horan non piangeva, a meno che non fossero lacrime di gioia. Niall James Horan non piangeva mai!
Si sentì come se una lama affilata la avesse trafitta da parte a parte, avvicinandosi al cuore, ma non uccidendola: l’aveva lasciata in vita per farla soffrire. Non poteva averlo ferito a tal punto, non poteva averlo fatto. Da quando si erano messi insieme, il suo unico obiettivo era stato quello di vederlo sempre sorridere, di non farlo mai soffrire, perché mai avrebbe voluto sparire quel sorriso così bello dal suo volto. Si era ripromessa che niente e nessuno lo avrebbe fatto star male finchè lei si fosse trovata al suo fianco. Affanculo tutto. Nessuno aveva mai torto un capello a Niall, l’unica che era riuscita ad infliggergli veramente dolore era stata lei.
Non esitò un altro secondo. Si avvicinò a lui titubante, accorciando le distanze. Alzò il braccio verso di lui, non del tutto sicura che avesse gradito quel gesto. Insicura, ebbe un attimo di esitazione in cui ritrasse velocemente la sua mano, quasi arrivata a sfiorare la sua pelle. Lui si accorse in quel momento del suo avvicinamento ed incrociò il suo sguardo. Quello che trovò nei suoi occhi, fece si che la lama che ormai la stava trafiggendo, si  spingesse ancor più in profondità. I suoi occhi acquosi, per le lacrime, le sembrava la stessero implorando di avvicinarsi. Di stringerlo a sé. Di sorreggerlo. Perché se non lo avesse fatto sarebbe caduto. E quella volta rialzarsi non sarebbe stato così semplice.
Sollevò nuovamente  la mano verso il suo viso, asciugandogli le scie salate che gli solcavano il volto con la manica della felpa, soffermandosi forse più del dovuto a carezzare la pelle liscia e bianca, più rossa solamente in corrispondenza delle gote.
 

“’Cause you’ve got the one thing”


Concluse, più sussurrando che cantando, mentre si perdevano l’uno nello sguardo dell’altra. Da una parte l’oceano sterminato, dall’altro una savana africana.
«Sophie» un flebile sussurro uscì dalle labbra di Niall; era sicura che se non fossero stati a quella distanza non sarebbe riuscita neanche a percepirlo.
«Si?»
«Dì qualcosa. Faqualcosa. Baciami, prendimi a pugni, fa’ ciò che vuoi ma..non ignorarmi, ti prego»
«Mi sei mancato» gli rispose senza pensarci, ravviandosi i capelli con la mano rimasta libera, l’altra ancora appoggiata sulla sua guancia.
«Si – le disse mentre il sorriso che Sophie tanto amava si apriva sul suo volto – può essere che anche tu mi sia mancata»
«Può essere?» domandò lei, alzando scettica un sopracciglio
«Può essere che tu mi sia mancata da impazzire, e che stavo uscendo matto a non sentirti. Può essere.» la ragazza si lasciò andare ad una risata leggera, mentre il biondo le passò un braccio intorno alla vita, stringendola più vicina a sé, finchè non si ritrovarono con la fronte appoggiata l’una sull’altra.
«Mi dispiace Niall – confessò sussurrando – è tutta colpa mia, tu non hai niente a che fare con tutto questo casino in cui ti ho messo in mezzo. O meglio, sto incasinando tutto alla grande per colpa tua, ma non in senso negativo, voglio dire, oddio sto peggiorando le cose, e tu sei qui, perfetto come sempre, mentre io sono una confusione ambulante e non so che dirti e-» non le diede il tempo di terminare quel delirio di parole, che dovevano essere delle scuse, ma sapeva che quel genere di discorsi non erano da lei. Lei che non si sbilanciava mai con i suoi sentimenti, lei a cui non piaceva chiedere scusa per via del suo maledetto orgoglio, lei che lui..amava?Era così allora, la amava. Ora che l’aveva capito, doveva solo trovare il coraggio di dirglielo. “Fosse facile” pensò.
 
La prese tra le sue braccia, stringendola forte, come a impedirle di fuggire ancora una volta lontano da lui. Gli era mancato quel contatto, era mancato ad entrambi.
«Se ora è tutto apposto, non devi dirmi nulla, capito? Lasciamoci solo questi due giorni alle spalle, e andiamo avanti»
«Ma tu ti meriti una spiegazione..» si staccò leggermente da lui, quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi
«Mettiamola così: tutto ciò di cui avevo bisogno eri tu. Ed ora tu sei qui, tra le mie braccia. Non ho bisogno di nient’altro credimi»
E a quelle parole, Sophie si alzò sulle punte, per chiudere quei pochi centimetri di distanza rimasti a separarli, facendo combaciare le loro labbra, rimaste separate troppo a lungo.
 
Miele.  Le labbra di Sophie quella sera sapevano di miele, e Niall non riusciva a staccarsene. Leggero, delicato. Lentamente le loro labbra si allontanavano, per poi tornare le une sulle altre dopo pochi istanti, quei pochi necessari per ridare ossigeno ai polmoni. Non era un bacio dettato dalla passione quello, ma dalla paura. Paura che avevano provato entrambi quei giorni. Paura di perdersi e non ritrovarsi. Paura di non provare più l’uno per l’altro quel sentimento forte che avevano dentro, e che sembrava voler far scoppiare loro in cuore in petto, tanto lo faceva battere.
Perché anche Sophie aveva capito che ormai non si trattava più di un semplice affetto. Non poteva essere solamente affetto, se ogni volta che si trovava lontana da lui si sentiva mancare l’aria. Non poteva essere affetto, se quando era con lui il suo cuore si metteva a fare le capriole.No, non era affetto. E forse non lo era mai stato, ma era troppo orgogliosa per ammetterlo.
Amava Niall. E si ripromise di dirglielo. Prima o poi. Doveva solamente trovare il coraggio per farlo. “Fosse facilepensò.




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Ok, è la prima Fanfiction che scrivo su un mebro degli One Direction, anche se in questo contesto alla fine non c'entrano molto XD
La canzone, come saprete è "One Thing": l'idea della storia mi è venuta ascoltandola e così mi sono messa a scrivere di getto, senza pensarci due volte :)
Non ho riletto e se ci sono errorri di battitura o grammtica mi scuso, ma veramente non ho tempo, causa ORALI IN AVVICINAMENTO *prende una corda e si impicca*
Comunque, so che alcuni punti risulteranno un po' confusionari, o forse no, ma volevo comunque spiegarmi:
1) si, nella storia è Niall a scrivere la canzone per Sophie, non l'ha sentita da nessuna parte. Era a quella canzone che stava lavorando sul tetto di casa ( che poi non so perchè sul tetto, mah XD)
2) no, non siete matte. Ho girato per tutto il tempo intorno a questo motivo che li ha fatti litigare, ma alla fine non l'ho spiegato.

Il fatto è che in teoria la one-shot non era in programma di avere questo finale. vedete, ho l'abitudine di scrivere prima a mano quello che poi copierò al pc, e dovete sapere che, da dove si interrompe, ci sono piu o meno altre tre pagine fluffose, in cui Sophie spiega il perchè, che però non mi andava di mettere XD
Mi piaceva farla finire così, senza cadere troppo sul banale, come forse avrei fatto inserendo anche l'altra parte.
Vabè, vi lascio che è meglio XD
Fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo, anche un parere negativo se non vi è piaciuta, va bene uguale ;)
un bacio!
_ciri

PS. Sono aperte le scommesse sul motivo per cui hanno litigato, sono curiosa di vedere a cosa avete pensato :)

   
 
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