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Autore: wordsaredeadlythings    03/07/2012    3 recensioni
Dalla shot:
Confusa e ancora stordita, la ragazza si incamminò dentro il cimitero. Vagò tra le file di lapidi silenziosamente, la ghiaia che scricchiolava sotto i suoi piedi fasciati da un paio di scarpette rosso acceso. Indossava un vestito vaporoso e bianco come il latte per motivi che non riusciva a comprendere, ma non se ne curò: preferì andare avanti. Mentre cercava di capire perché si trovasse in quel cimitero, cominciò a leggere i nomi sulle bare, e solo allora si accorse che erano tutte vuote e piatte. Non vi era inciso niente.
Si fermò davanti ad una lapide e la fissò, sconcertata. Era vuota, immobile e fredda, come se nessuno fosse veramente sepolto lì. Erano tombe di persone mai esistite, di fantasmi. Tombe vuote e senza fiori. Un brivido scivolò lungo la sua spina dorsale, mentre osservava la superfice brillante della lapide.
« Sei venuta a prendermi? » sussurrò una voce squillante e infantile, poco lontano.

Ispirata da un incubo che ho fatto un paio di notti fa.
Un bacio,
_Cris
Genere: Angst, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Now Your Nightmare Comes To Life







La prima cosa che riuscì a percepire, fu il vuoto.
Si stagliava enorme ed infinito intorno a lei, dilatandosi ovunque, in ogni direzione. Vuoto nero e silenzioso che la circondava, e lei non poteva muoversi, come incatenata in quel posto che non conosceva. Era come sospesa in aria, tra spazio e tempo, in un vuoto totale che l’aveva inghiottita chissà quanto tempo fa. Minuti? Ore? Giorni? Non ne aveva idea.
Scosse appena la testa e cercò di muoversi, ma fu tutto inutile. Quel vuoto aveva i contorni sfocati e indefiniti di un sogno, ma la ragazza non rifletté su questo: cercò piuttosto di guardarsi intorno, di trovare un punto di riferimento che le permettesse di andarsene di lì.
E poi, all’improvviso, il vuoto cominciò a sfilacciarsi, a colorarsi, come se un artista avesse cominciato a dipingere una scena intorno a lei. Come se la ragazza fosse semplicemente una buffa marionetta e un burattinaio la stesse sistemando dentro una scenografia ben architettata. La ragazza rimase immobile e in silenzio, osservando il disfacimento di quel nulla per lasciare spazio ad altro.
Non appena lo scenario fu completo, le catene che la tenevano immobile si sciolsero, e lei cadde a terra. Si rialzò in piedi a fatica, per poi guardarsi intorno: era il cimitero della sua città. Le pietre bianche, la ghiaia scricchiolante e le lapidi grigie immerse in prati verdi e curati, qualche fiore colorato che scintillava ogni tanto davanti alle tombe… sì, era proprio il cimitero della sua città. Perché si trovava proprio lì? La ragazza scosse la testa. Non aveva senso. 
Confusa e ancora stordita, la ragazza si incamminò dentro il cimitero. Vagò tra le file di lapidi silenziosamente, la ghiaia che scricchiolava sotto i suoi piedi fasciati da un paio di scarpette rosso acceso. Indossava un vestito vaporoso e bianco come il latte per motivi che non riusciva a comprendere, ma non se ne curò: preferì andare avanti. Mentre cercava di capire perché si trovasse in quel cimitero, cominciò a leggere i nomi sulle bare, e solo allora si accorse che erano tutte vuote e piatte. Non vi era inciso niente.
Si fermò davanti ad una lapide e la fissò, sconcertata. Era vuota, immobile e fredda, come se nessuno fosse veramente sepolto lì. Erano tombe di persone mai esistite, di fantasmi. Tombe vuote e senza fiori. Un brivido scivolò lungo la sua spina dorsale, mentre osservava la superfice brillante della lapide.
« Sei venuta a prendermi? » sussurrò una voce squillante e infantile, poco lontano.
La ragazza sobbalzò, voltandosi di scatto. C’era una bambina, poco lontano. Indossava un impermeabile color giallo canarino molto più grande di lei: una mano era scomparsa sotto la manica di quest’ultimo, mentre l’altra teneva in mano dei fiori; i suoi piedi erano scomparsi sotto l’orlo brillante e immacolato dell’impermeabile. La ragazza notò che il tessuto giallo era bagnato, esattamente come le ciocche scomposte di capelli neri e ondulati che fuoriuscivano dal cappuccio di quest’ultimo. La faccia della bambina era totalmente coperta dal cappuccio giallo, impossibile da vedere.
« Chi sei? » domandò la ragazza, senza neanche rendersi conto di pronunciare quelle parole.
« Sei venuta a prendermi? » ripeté la bambina, avvicinandosi di qualche passo. Arrivò davanti alla ragazza, per poi voltarsi verso la tomba che stava osservando in precedenza. « Nessuno viene mai a prendermi »
« Dove sono i tuoi genitori? »
« Perché nessuno viene mai a prendermi? Sono stata brava, ma non vengono mai a prendermi. Sei venuta a prendermi, vero? Vero? » continuò la piccola, con la sua voce dolce e leggera.
« Chi non viene a prenderti? » domandò la ragazza alla bambina. La paura cominciava a farle tremare il cuore con violenza. Doveva andarsene di lì, e subito, ma qualcosa la teneva inchiodata sul posto. Non poteva lasciare sola quella bambina.
« Fear » sussurrò la bambina, la voce più cavernosa e bassa « Fear, fear, fear, fear… » continuò a pronunciare quella parola senza smettere, in continuazione, come una qualche canzone antica. Il corpo della piccola cominciò ad ondeggiare come a ritmo di musica, e la ragazza si allontanò di un passo, spaventata.
« “Fear”? Di cosa hai paura? » domandò la ragazza.
La bambina si voltò verso di lei e rimase in silenzio, immobile, per qualche istante. Poi alzò la mano coperta dall'impermeabile e la puntò verso la lapide che stava osservando, ridacchiando tranquilla, come se tutto fosse un gioco, uno scherzo divertente.
La ragazza deglutì, voltandosi finalmente verso la lapide. Sgranò gli occhi e spalancò la bocca in un urlo silenzioso.
Sulla superficie prima immacolata e scura della lapide, ora era incisa la parola “fear”, sovrastata da una croce bianca.
« La paura è morta » sibilò la bambina, con voce inquietante « Perché non ridi? È morta, è morta! Dovresti ridere, giusto? »
La ragazza si voltò ancora verso la bambina, e sgranò gli occhi. Il cappuccio era caduto, mostrando il viso infantile della piccola. Era ricoperto di graffi e tagli profondi, la carne rossa e viva esposta all’aria fredda di quel luogo. Gli occhi non c’erano: i bulbi oculari erano stati evidentemente strappati via, e ora al posto di questi ultimi c’era il vuoto, nero e orribile. Il nulla più totale.
Le labbra della piccola – anch’esse ricoperte di graffi più o meno profondi – si inclinarono in un sorriso sadico e malsano. Sembrava anch'esso un taglio.
« Sei venuta a prendermi? Sei venuta a prendermi? »
« N-No! No! » trillò la ragazza, indietreggiando.
« Oh, no, certo che no. Io sono venuta a prendere te » e scoppiò a ridere « Ti va di cantare? »
« VATTENE! » strillò la ragazza, per poi voltarsi e cominciare a correre.
Voltò a destra, poi a sinistra. I muscoli delle sue gambe cominciarono a bruciare, i polmoni sembravano avvizzirsi nel suo corpo, ma lei continuava comunque a correre, a scappare. Doveva pur esserci un'uscita, da qualche parte! Ma i cancelli in ferro battuto del cimitero erano tutti chiusi: scintillavano, sembravano deriderla. La ragazza li avrebbe distrutti tutti, se avesse potuto, ma sentiva la bambina muoversi alle sue spalle e fermarsi non era la cosa migliore da fare.
« Dove scappi? » con orrore, la ragazza si accorse che la voce della bambina era nella sua testa « Lo sai che tanto ti prendo. Andremo a fare compagnia alla paura. Vedrai che sarà bello, è tutto bello laggiù »
« NO! NO! NON VOGLIO MORIRE! » trillò la ragazza, infilandosi le mani nei capelli per poi cominciare a tirare, chiuse gli occhi con forza, fermandosi. Che senso aveva scappare da qualcosa che sibilava nella sua testa?
« Oh, vedrai come sarà bello lì... Lo senti? Ti stanno chiamando »
Delle voci, nella sua testa, cominciarono a ripetere il suo nome all’infinito, in un continuo mantra. La ragazza scoppiò in lacrime, crollando a terra, ferendosi le ginocchia. La ghiaia bianca venne sporcata dal rosso scarlatto del suo sangue, e la ragazza fissò quelle macchie ad occhi sgranati. Ben presto la sua vista cominciò ad appannarsi, e calde lacrime scivolarono giù dalle sue guance. Infilò le dita tra i suoi capelli e cominciò a tirarli con più forza.
« Canta con noi... Sto venendo a prenderti… » continuò a sussurrare la voce allegra della bambina, e la ragazza scosse la testa e digrignò i denti, strizzando gli occhi con tutta la forza che aveva. Le voci continuarono a ripetere parole senza senso con forza, scivolavano nella sua mente come le onde di un mare in tempesta, distruggevano tutto. La ragazza si rannicchiò a terra, le mani tra i capelli e la fronte appoggiata sulle ginocchia. Continuava a piangere - ma perché? - in silenzio, a singhiozzare, e la paura continuava ad aumentare. Voleva solo andare via, perché non poteva?
« Ti prego… ti prego… TI PREGO! » trillò, alzando lo sguardo al cielo.
E le voci si spensero, la sua testa tornò silenziosa, calma e quieta. La ragazza si tolse le mani dai capelli e guardò le sue dita: le unghie erano sporche di sangue, e molti capelli erano rimasti intrecciati a queste ultime, strappati nella foga. Erano neri come petrolio. Si chiese perché avesse i capelli neri, ma non trovò risposta - come a tutti gli altri interrogativi che si era posta da quando il nulla si era dissolto, ovviamente.
Nonostante fosse tornato tutto calmo, non si mosse. Rimase immobile, gli occhi serrati e le braccia avvolte intorno alle ginocchia. Sentiva la ghiaia pungere la sua pelle, e cominciò a tremare, nonostante non fosse affatto freddo. C'era troppo silenzio, e voleva solamente andare via e tornare a casa. Solo tornare a casa.
Sentì un rumore di passi, la ghiaia che scricchiolava. Si voltò di scatto, pronta a correre via di nuovo dalla bambina, ed incrociò lo sguardo vivace di un ragazzo. Seppe fin da subito che non le avrebbe fatto del male, che con lui era al sicuro: lo ricordava, lo aveva già visto, anche se non sapeva né dove né come. Il ragazzo si passò una mano tra i capelli verdi, quel genere di verde brillante e appariscente dei limoni non ancora maturi. La ragazza lo osservò in silenzio, senza muoversi. Una sensazione di sicurezza scivolò impetuosa nel suo cuore, e si sentì bene, come se fosse tornata a casa, come se quel ragazzo fosse casa sua.
Il ragazzo sorrise appena e si inginocchiò accanto a lei, per poi avvolgere le sue braccia attorno al suo corpo. La ragazza si abbandonò totalmente contro il corpo di lui, chiudendo gli occhi.
« Non ti farà mai più del male » sibilò con dolcezza sul suo orecchio. Aveva una voce dolce.
« C-Come fai a saperlo? »
« Lo so » rispose lui, semplicemente, e alla ragazza bastò.
« V-Voglio andarmene di qui »
« Ah sì? E dove vuoi andare? Posso portarti ovunque tu desideri »
« A casa. Portami… portami a casa »
Il ragazzo la strinse un po’ più forte.
« Sicura? »
La ragazza annuì, e lui sospirò, prendendola in braccio per poi alzarsi in piedi. La ragazza si accucciò contro il petto del ragazzo dai capelli verdi e inspirò. Profumava di limoni maturi; inspirò con forza e lo strinse un po' di più.
« Ti riporto a casa, allora » mormorò il ragazzo « Anche se… »
« Cosa? »
« Niente, niente » replicò lui, muovendo appena la testa per poi sorridere « Ti porto a casa. Però per tornarci devi fare una cosa »
« Cosa? »
« Chiudi gli occhi » mormorò lui, sorridendo ancora.
La ragazza annuì e socchiuse gli occhi.
Sentì qualcosa di morbido e caldo posarsi sulla sua fronte. Fu questione di un secondo soltanto.
Fu allora che si svegliò, nel suo letto, con la fronte madida di sudore e le lenzuola avviluppate intorno alle caviglie.






Non chiedetemi perché sto postando questa cosa, non lo so.
Questo è un sogno che ho veramente fatto. Tutto quello che c'è nella shot è accaduto nel mio subconscio, qualche notte fa. E il ragazzo dai capelli verdi è diventato una costante della mia vita.
E' una one-shot e tale rimarrà - credo; non lo so, si vedrà se avrò ispirazione.
Un bacio,
_Cris




   
 
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