Jeans strappati qua e là, ennesima felpa nera,
giubbotto di pelle e vans nere. Presi la borsa appesa alla maniglia della
porta, afferrai le chiavi della macchina dal davanzale e chiusi la porta. La mia
mini mi stava aspettando; per essere una giornata di giugno non faceva per
niente caldo.
Uscii dal vialetto di casa e mi ritrovai nel
traffico londinese.
Non mi era mai piaciuto guidare, preferivo
stare al posto del passeggero e perdermi nei miei pensieri, mentre il paesaggio
scorreva sotto i miei occhi. Attesi al solito semaforo che mi avrebbe portato
all’aeroporto; dopo poco scattò il verde e mi diressi al parcheggio.
L’entrata era strapiena di ragazzine urlanti e
in lacrime. Stavano tornando.
Prima di scendere dalla macchina portai i
capelli in avanti, tirai su il cappuccio fino a coprirmi il visto e mi
addentrai nella ressa. Tenevo la testa china, non volevo che mi riconoscessero.
Non avevo voglia di soffermarmi a parlare delle solite cazzate. Per quanto
ammirassi la forza di volontà e la tenacia di queste ragazze, non riuscivo a
sopportare certi loro discorsi.
Aveva
ancora qualche giorno a Londra prima che partisse per il tour in America e, a
quanto pare, le sue fans non avevano chiaro il concetto di privacy.
«
Harry, mi fai un autografo? »
«
Harry, ti prego, facciamo una foto insieme. »
ed io non potevo far altro che lasciar correre. Non dico che mi dava
fastidio, aveva tutto il diritto di salutarlo, ma tutte quelle ragazzine
sarebbero state anche all’aeroporto il giorno che i One Direction sarebbero
ripartiti.
«
Ragazze, per favore, lasciateci in pace. Vorremmo stare un po’ da soli. »
Dopo mezz’ora arrivarono i ragazzi. Eleanor e
Danielle erano arrivate insieme, ci fu un saluto freddo e distaccato e si scaraventarono
sui loro ragazzi. Lasciai che uscisse e mi inquadrò.
Potevo mai morire ogni volta che incrociavo il
suo sguardo?
Poteva mai mancarmi il respiro ogni volta che
quelle maledette labbra si distendevano fino a far spuntare quelle fossette e i
suoi denti perfetti?
Potevo mai morire e rinascere per così poco?
Si avvicinò e ricambiai il sorriso. Mi prese
tra le braccia e mi lasciai cullare, proprio
come se fosse l’ultima volta. Mi voltai verso il suo viso e si abbassò, mi
sfiorò il naso ed espirò il mio odore. Ma io l’unico odore che riuscivo a
sentire era il suo. Quella menta fresca e che ti faceva venire i brividi. Dio quanto
mi era mancato.
« Ciao. » la
sua voce.
« Bentornato… » le sue mani che accarezzano leggermente il mio viso e il mio fianco
sinistro.
« Mi sei mancata »
« Anche tu… » avvicinò troppo lentamente le
sue labbra alle mie, fino a farle sfiorare. Era infame, ci giocava in questa
cosa solo che si faceva del male da solo.
« Hai intenzione di baciarmi o vuoi stare qui
a parlare? » mentre pronunciavo quella frase il mio respiro si mischiava con il
suo e le urla delle ragazzine erano ovattate. Tutto c’era ancora attorno a noi,
ma era chiuso fuori dal nostro spazio.
Rise, voleva giocare. Ma non c’era più tempo per giocare.
« Ti prego, baciami e smettila di farmi
soffrire… » entrambi soffrivamo, ma io ancora di più. Lui non sapeva.
« Harry, ti prego… » terminai quella frase in
un soffio. Si avventò sulle mie labbra, come un naufrago si avventa sulla terra
ferma. Ci stavamo dissetando, uno dall’altra. Ci mancava il fiato, ma niente ci
avrebbe fermato. Le lingue si rincorrevano e si intrecciavano. Si scontravano
fino a farsi male. Ripercorrevano il palato e i denti, che ormai conoscevano a
memoria. Le mani stringevano possessivamente i fianchi, le mie mani erano
annidate tra i suoi riccioli. Riccioli che ormai non c’erano più, ma solo un’informe
massa di capelli.
« Harry sei stanco, guido io. Non mi cambia
niente… » cocciuta.
« Dammi le chiavi, Charlie. » imperterrito.
« Tieni, così magari la smetti! » impulsiva.
Mi sedetti al posto del passeggero e mi misi
la cintura. Era arrivato il momento.
Partimmo, avevo un’ora e mezza di viaggio
prima di fermarci alla prima stazione di servizio. Stavamo tornando ad Holmes
Chapel. Lui stava tornando.
Come potevo iniziare un discorso così
difficile? Erano tre giorni che mi tartassavo la testa per trovare delle parole
poco distruttive. Erano tre fottuti giorni che mi logoravo, ma dovevo. Per noi,
per lui.
« Dobbiamo parlare… » diretta, Charlie sii
diretta.
« Che succede? » aveva capito che c’era
qualcosa che non andava. La sua voce aveva tremato leggermente ed era uscito
una specie di rantolo.
Presi un paio di minuti prima di incominciare
a parlare. Un paio di respiri e incominciai.
« Non possiamo più stare insieme. »
« Perché? » perché Charlie?
« Perché a me non sei mai piaciuto. Credo di
aver iniziato questa cosa per… gioco » wow,
siamo diventate pure brave a mentire. Complimenti. Ora spera che se la beva.
« Che cosa hai detto? » era stupito ed aveva
distolto lo sguardo dalla strada.
« Guarda la strada. »
« No Charlie, ripeti che cazzo hai detto. »
era arrabbiato, ma se l’era bevuta.
« Harry, mi dispiace. Eri il mio cantante
preferito e stravedevo per te, pensavo che fosse diverso… non così. » manco conoscevi i One Direction idiota.
« Mi hai sempre detto che non mi conoscevi »
« Ti ho mentito. »
« E poi cosa pensavi che fosse diverso? Che cosa
Charlie? »
« Non so Harry. Mi da fastidio che tu non ci
sia mai, mi da fastidio che tutte quelle oche ti girino attorno. » da quando ero diventata un’attrice di
melodrammi? Mi facevo pena da sola, anzi no, schifo.
Non avrei mai creduto che le potessero
peggiorare, in quella macchina si era scatenata una guerra. C’erano urla e mani
che andavano ovunque.
Ovunque
tranne che sul volante.
Lui era accecato dalla rabbia. Si sentiva
preso in giro, ero riuscita a farglielo credere. Ero riuscita a portarlo
lontano da me e magari, a renderlo un po’ più felice.
Un pugno sul cruscotto da parte mia e un suo
calcio.
Per sbaglio toccò l’acceleratore e finì nella
corsia opposta.
« Harry! » dio…
Eravamo tornati in tempo nella nostra corsia. Un
paio di clacson suonarono, ma non ci facemmo caso. Eravamo troppo occupati a
litigare.
Il litigio si stava spostando in una direzione
troppo pesante. Erano incominciati a volare insulti parecchio pesanti.
« Sei solo una puttana! »
« Accosta. » non volevo sorbirmele. Io sapevo
di non meritarmi quegli insulti, ma dovevo farglielo credere.
« Scordatelo Charlie, tu vieni a casa mia e
chiariamo questa situazione di merda! »
« Fammi scendere, cazzo. »
« No! » il
suo viso era voltato verso il mio.
« Sì! »
« No! » la
sua mano intrecciata alla mia.
Abbassai lo sguardo e catturai quell’immagine.
Sentii una frenata brusca e alzai lo sguardo.
Una luce bianca mi avvolse e da lì, il buio
totale.
Mi strinsi nella mia felpa rossa e mi avviai
verso il cortile dell’ospedale. Gente mi veniva a trovare, ma io non ricordavo
nulla di loro. Una signora dai capelli neri e da un viso tenero, tutti i
giorni, mi portava qualcosa da mangiare o regali. Diceva che io, per lei, ero come
una figlia. A quanto pare ero da sola, a Londra.
Mi sedetti sulla solita panchina.
« Posso sedermi? » un battito perso.
« Certo. »
« Ti ho già vista qualche volta nei corridoi »
è vero, era il ragazzo figo con gli occhi magnetici. Mannaggia.
« Hai ragione… sono tre mesi che ti devo
girovagare per i corridoi, come mai qui? »
« Incidente stradale, ma non ricordo niente di
quello che mi è successo » uoh! Sta scherzando?
« Mi stai prendendo in giro? » si girò e
incatenò il suo sguardo al mio. Potevo
mai morire ogni volta che incrociavo il suo sguardo?
« No perché dovrei? »
« Perché anch’io ho avuto un’incidente
stradale e non ricordo una bega di quello che mi è successo in questi diciotto
anni di vita. » il suo sguardo era fermo nel mio.
Eravamo entrambi confusi, come diavolo poteva
essere?
« Sarà una coincidenza… » per forza, era
troppo bello per…
« Piacere Harry. » la sua mano protesa verso
di me.
« Piacere Charlotte, ma chiamami Charlie. » la
mia mano che sfiora la sua.
Harry.
Harry Styles.
One
Direction. Tre ottobre duemila undici.
Londra.
Quattordici
febbraio. San Valentino. Parigi.
Sei
mesi.
Il
litigio, la macchina. La frenata. Le mani intrecciate.
« Oddio… »
La sua mano intrecciata alla mia.
« Erano bugie, vero? » una lacrima che segnava
il mio viso.
« Perché? » non lo sapevo, non lo ricordavo, o
forse non c’era un vero motivo.
« Mi dispiace… » un sussurro da parte. La sua
presa che stringe ancora più forte mia.
Mi prese il volto fra le mani e lo voltò verso
di lui, dio se mi erano mancati quegli occhi.
« Ricordi altro oltre a me? »
« No, niente. » valeva per entrambi.
***
Non so cosa dire, cazzo siamo già a luglio. Il tempo vola. Bene,
buona notte a tutte e arrivederci (: