Famiglia
Nabata era furioso,
iracondo, problematico, siccome l'esercito nemico era in
avvicinamento e, soldato a soldato, il pavimento da avio ch'era
diventava carminio. Anche i Corrotti dall'alito infuocato! Avevano
resistito a lungo, avevano combattuto con tutte le loro forze, ma
anch'essi, ormai, erano perduti! In lontananza, Nabata vide qualcuno
avvicinarsi in groppa ad una Viverna: Miriana, pronta a sostenere il
fratello, traditore della patria, colpevole quanto la sorella. E poi,
i tesori. I suoi tesori! I nemici li stavano rubando! Non erano
davvero suoi, ma avevano pur sempre un'importanza materiale. Re
Stefano aveva promesso di concederglieli se avesse svolto
adeguatamente il suo dovere.
Il Generale Tolomeo, più
avanti, il celebre Generale Paladino, stava tenendo a bada quattro
nemici, tra cui uno dal volto familiare, l'ennesimo traditore della
patria, il generale Pericle.
“Traditori ovunque” -
sussurrò Nabata.
Ad infastidirlo più di ogni cosa,
però, era quell'individuo gargantuesco con in mano una
gigantesca ascia in continua agitazione, con ai piedi sempre più
alleati di Nabata.
“Uno, due, tre, quattro!” - Nabata
continuava a contare i caduti, ma era impossibile, perché
erano tantissimi, a dozzine, a centinaia forse! Ogni minuto che
passava, il volto di Nabata era sempre più perplesso,
sconvolto, esterrefatto.
“Non lo si può uccidere,
quell'individuo, se non si ha l'esperienza sufficiente sul campo”
- una voce dall'accento straniero espresse tali parole ed il Signore
locale si voltò e vide un individuo maturo dai capelli eburnei
e la barba sfolta maneggiare un'abbacinante lancia d'adamantio.
Era,
rivestito di una corazza purpurea e gli ricordava il suo maestro
d'arme, morto in passato per sua stessa mano, quando ebbe toccato la
Spada del Negromante, tesoro del maestro ch'egli ebbe avuto l'onore
di guardare ma il divieto di toccare, dalla quale fu corrotto perché
ebbe disobbedito al Maestro, nonostante il suo solo, solenne
avvertimento.
“Come puoi esserne certo?” - chiese
Nabata furente.
“La sua volontà lo mantiene in vita.
Vive per vendicarsi, e non si fermerà mai, fin l'istante in
cui avrà soddisfatto la propria sete sanguinaria”
Nabata
distorse il volto confuso.
"Chi sei, uomo?”
“Sono
leale, servo il mio signore e la giustizia, la vera giustizia, quella
dei popoli oppressi dai tiranni, la giustizia genuina, ideale,
incorrotta, impura!”
“La tua giustizia mi fa ridere!
Sei ridicolo, uomo! Sei vecchio e orribile e osi parlare ad una
grazia vivente qual son io in tale maniera! IO SONO NABATA! GENERALE
AL SERVIZIO DEL REGNO PIU' VASTO DEL MONDO! E TU SEI SOLO UN CADAVERE
IGNARO DI ESSERE GIA' MORTO, DESTINATO AD ESSERE LO SCENDILETTO DEL
MIO RE, STEFANO!”
Il nemico maturo mostrò di essere
lungi dalla descrizione del malvagio, ostentando eccellente sveltezza
e riflessi insoliti per la sua età avanzata, e la battaglia
tra i due durò a lungo, con fendenti schivati in continuazione
dall'arzillo guerriero, in attesa di poter sfoderare il colpo letale
sul suo nemico, il quale, però, riuscì ad irretire il
proprio avversario, siccome la Spada del Negromante era capace di
risucchiare l'essenza vitale di chiunque venga ferito dalla lama
anche di striscio, ed infatti basto un taglietto minimo sulla pelle
asciutta del guerriero maturo per privarlo quasi istantaneamente di
qualunque ardore vitale.
“E così... finisce.... la
mia storia...”
L'uomo cascò a terra, non si muoveva
più.
“Morto. Bene. Molto bene, oserei dire” -
sghignazzò Nabata, rinvigorito dalla vittoria, ma ancora
intimorito da quelle parole.
“Vive per vendicarsi, e non si
fermerà mai fino a che non avrà saziato la sua sete
sanguinaria”
Un altro straniero si avvicinò al
folle.
“Anche tu sei un pazzo suicida che vuole la propria
anima annichilita dalla possanza della Spada del Negromante?” -
chiese irritato Nabata.
“No” - rispose l'uomo - “Sono
un mercenario al servizio del Signor Brezza e sono al suo servizio”
Egli parve essere sulla cinquantina, ma il suo corpo evidenziava
solidità e muscolarità ineguali. Nabata non riuscì
a carpire s'egli fosse, in gioventù, assai più potente
oppure si fosse mantenuto sin quel momento allo stesso livello, ma
non era importante in quel momento la storia di quell'uomo, ma la sua
bravura sul campo. Nabata indicò il gargantua dall'ascia
perenne colla sua Spada del Negromante.
“Il tuo nemico!”
- e l'alleato aveva già compreso il da farsi.
Il massiccio guerriero
aveva spiazzato chiunque nella sala, meno che il mercenario
particolare e il nobile pazzo.
“Tu!” - il mercenario a
fianco del nobile richiamò il guerriero dall'ascia immensa e i
due si fissarono a lungo.
“Da quanto tempo, Ascia” -
espresse serio il mercenari - “Ti stavo cercando, Norvegia”
- il guerriero dall'ascia immensa controbattette .
Silenzio
ancora.
“Perché l'ho ammazzata, vero?” -
Norvegia si rattristò.
“L'hai uccisa. L'hai uccisa,
solo per quel dannatissimo tesoro di famiglia”
Ascia parve
esplodere da un momento all'altro. Ripose la propria ascia sulla
cinta stretta alla spalla e ne prese un'altra, ancora più
grande, sinistra, peciosa.
“Ho atteso a lungo per questo
momento” - urlò lui e fulminò in avanti, per
incrociare la testa della propria ascia con la lunga lama della
katana del proprio avversario.
“Che vigore!” -
esclamo Norvegia, ch'ebbe saltato indietro per via dell'impatto
immenso. Norvegia riuscì ad irretire il proprio avversario:
attese ch'egli effettuasse un fendente verticale per far si che
l'ascia si conficcasse nel terreno,
Lo spadaccino attaccò,
ma, quale nefasta sorpresa, il suo colpo fu bloccato dalla mano
lacertosa del guerriero, che ora bloccava la lama della katana, e non
riusciva a ritirarla. Ascia rimosse la propria arma dal suolo e
comincio a sferzare furioso contro il suo avversario, ch'ebbe
riuscito comunque a spostarsi colla spada in mano (entrambi erano
esperti nell'arte del combattimento e conoscevano molti trucchi del
mestiere) ma non riusciva a trovare alcuna breccia per poter
attaccare il familiare avversario. Non capiva a che volesse arrivare
il proprio avversario, se non alla sua spossatezza, siccome Norvegia
sapeva di poter schivare tutti i colpi con estrema facilità.
Fu in quell'istante ch'egli temette di perdersi per sempre, comunque,
perchè Ascia prese la rincorsa e colpì la spada
avversaria con tutto l'impeto che gli era permesso dalle braccia e
dalla propria arma. Lo spadaccino si accorse che la propria spada
stava cominciando a brecciarsi ed indietreggiò, e cominciò
a scappare, ma il suo avversario non lo inseguì, e si fermo,
per capire le intenzioni. Entrambi approfittarono di quel generoso
stoicismo per recuperare le forze.
Ascia ricominciò
ad assalire costantemente il proprio avversario ed egli commise un
grave errore: saltò in alto per schivare un ulteriore attacco,
ma era una finta.
“Sei facilmente prevedibile!” - gli
urlò contro Ascia, ch'ebbe saltato a sua volta per scontrarsi
in aria col familiare nemico, ed egli punto la propria spada contro
il guerriero.
Ma fu tutto inutile: la velocità acquisita
dall'ascia gigantesca del guerriero enorme ebbe spaccato in due la
katana nemica e si conficcò nel petto dell'uomo. Il sangue era
sgorgato a terra. Ma bastarono alcuni secondi, a Norvegia, per capire
che quel copioso ammontare di sangue non era suo
"…Dannazione…Clarine…" - sussurrò
Ascia. Norvegia accarezzò il manico della propria
katana.
“L'Ascia Infame della leggenda, maneggiabile solo da
chi ha l'animo infranto: inesorabilmente letale per i nemici, ma allo
stesso tempo, capace di tradire il proprio possessore” -
espresse Norvegia quieto.
“Hai rischiato tanto pur di
vendicarti” - Ascia agguantò saldo la propria arma una
seconda volta - “Hai perduto la moglie e la tua vita. Io ho
perduto la spada. Non ci sono vincitori, in questa famiglia di pazzi.
Solo perdenti” - continuò colmo di mestizia Norvegia -
“Non era questo quello che volevi, vero, Clarine?” -
pensò - “Per questo non mi volesti combattere? Perché
sapevi che la tradizione di famiglia avrebbe comportato dolori non
solo all'interno del nucleo familiare, ma anche al di fuori di
esso... E lui è giunto, infatti, addolorato...” - si
inginocchiò innanzi Ascia, colla punta infranta della propria
spada si ferì il braccia e scrisse col proprio sangue qualcosa
sul pavimento.
Frattanto, gli alleati di Ascia erano riusciti a
vincere i servitori di Nabata e a eliminare persino i Corrotti.
Tutti quanti si avvicinarono nella stanza principale della
costruzione. A terra, numerosi cadaveri. Più distante, il
cadavere di qualcuno familiare. Una giovane ragazzina del gruppo
corse verso il cadavere.
“Padre!” NO!” - pianse
- “Padre...” - sul corpo di Ascia, l'Ascia Infame, grande
quanto la fanciulla stessa, e su di essa, una lama color cremisi
infranta in due. Finlandia studio quei dettagli, ancora dolente per
la perdita inaccettabile.
Si accorse delle lettere scritte a
terra.
Nipote mia
Ignoro il tuo nome e il tuo volto,
ma ho una richiesta per te:
curati di queste due armi.
La spada della madre.
L'ascia del padre
Prodi guerrieri sin l'ultimo fragore di vita.
Ricordali così
Norvegia
"Zio Norvegia…"
- sussurrò la fanciulla - “Eri qui?! Perché?!
Perché non l'hai salvato!” - ella pregò per lo
spirito del padre, ancora furiosa per quel gesto
malvagio.
“Finlandia...” - una voce cortese la
richiamò - “dobbiamo unirci agli altri....” - era
Noè. Noè guardo Ascia.
“So che è
triste, ma ora ci sono faccende molto importanti a cui dobbiamo
partecipare sia io che tu. Seppelliremo dopo tuo padre”.
Finlandia
annuì. Noè era giunto con il proprio stallone. Entrambi
caricarono il padre su di esso. Ella agguantò le due parti
infrante della spada e le ripose nella propria bisaccia. Con entrambe
le mani, afferrò a fatica l'ascia e la portò al campo.
Quando vi giunse, tutti erano lì, e un condannato stava per
essere decapitato: l'assassino di suo padre e di Tolomeo.