Prologo

Le mie dita correvano su quei tasti d’avorio che tanto amavo, mentre la stanza si riempiva di quella melodia morbida, ma allo stesso tempo rigogliosa.
Chiusi gli occhi, e inspirai il sapore di quella sensazione magica, che provavo solo quando suonavo il pianoforte. Mi lasciai andare al ritmo di quella musica, la lasciai entrare in me e raggiungere ogni parte della mia anima.
Sentii qualcuno sedersi nel mio seggiolino, di fianco a me, e aprii gli occhi.
«Questa mi piace. L’hai scritta tu?» mi chiese Niall, sorridendo.
Da quando ci eravamo trasferiti da Mullingar, in Irlanda, per venire a vivere a Londra, il rapporto tra me e mio fratello era decisamente migliorato. Aveva assunto un senso di protezione nei miei confronti che non c’era mai stato prima, nonostante fosse soltanto un anno più grande di me.
«Sì, l’hai ispirata tu.» gli risposi, sorridendo a mia volta.
«Emma, non sai quanto ti voglio bene.» mi abbracciò, a quella risposta.
Lo abbracciai a mia volta. «Anche io ti voglio bene. Sai, in questi giorni sei più dolce del solito.»
«Davvero?»
«Sì, prima o poi mi verranno le carie.»
«Ma tu ti diverti a rovinare certi momenti?» rise, sciogliendo l’abbraccio.
Amavo la risata di mio fratello, così straordinariamente simile alla mia.
«Eh sì. Mi conosci, sono fatta così.» risi a mia volta, spostando una ciocca dei miei lunghi capelli neri dietro l’orecchio.
Restammo in silenzio qualche attimo, godendoci quel momento di pace, che venne interrotto però poco dopo da forti colpi di clacson, provenienti dalla strada.
Chiusi il pianoforte e mi alzai dalla sedia, raccogliendo la mia borsa.
«Devi andare?» mi chiese Niall.
«Sì, Harry mi sta aspettando. Sai, io devo andare a scuola.» gli risposi.
«Sì sì. Continuo a pensare che tra voi due ci sia qualcosa.» mi disse poi, guardandomi con uno sguardo malizioso.
«Niall, te l’ho ripetuto mille volte. Lui è il mio migliore amico.» gli risposi, stanca di discutere su quell’argomento.
«Certo certo.» non sembrava molto convinto.
«Comunque. Ci vediamo!» lo salutai e uscii dalla porta di casa.
Lì, davanti al vialetto di casa, mi aspettava l’ormai familiare Range Rover nero.
Salii nell’auto, di fianco al mio migliore amico.
«Era ora. Stavo per mandarti una squadra armata per venirti a prendere.» mi disse, appena fui salita.
«Buongiorno anche a te, Styles.» lo salutai stampandogli un piccolo bacio sulla guancia, facendo finta di non aver sentito.
«Sì sì, ciao Horan.» mi salutò sorridendo, per poi spostarsi un ciuffo dei suoi ricci dalla fronte.
Accese il motore, ingranò la marcia e partì. Dal finestrino entravano soffi d’aria fresca, che mi scompigliavano i capelli. Piegai indietro la testa, assaporando quella strana sensazione di libertà.
Insieme a Harry il silenzio non pesava, non c’era alcun imbarazzo tra noi. Mi sporsi in avanti, e accesi la radio, facendo ripartire il cd che stava ascoltando da dove si era fermato.
Subito le note di Elvis invasero l’abitacolo. Erano qualcosa di assolutamente perfetto in quel momento, qualcosa di unico.
Harry iniziò a cantare, con la sua voce rauca che tanto amavo. Chiusi gli occhi, e assaporai il suo canto maestoso. Poco dopo mi aggiunsi anche io.
“When she's dancing 'neath the starry sky. You kinda like the way she dips. She's my best friend's girl. She's my best friend's girl.”
Quello era il mio elemento, quello era tutto ciò che desideravo. Vivevo per quello, per la musica.