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Autore: Night Sins    05/07/2012    1 recensioni
Katelyn Moreau era in pericolo. Nonostante tutte le cose che lui e Peter avevano fatto quattro anni prima, Kate era di nuovo in pericolo. Non aveva tempo per seguire le procedure e la legge, nonostante questo significasse mancare alla parola data a Peter, Neal doveva evadere dal carcere e tentare di fare qualcosa.
Ma nessuno lo aveva avvertito che Peter e Kate si erano trasferiti.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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What if.

“Sei tornato, finalmente”, lo accolse Neal.
Peter lo fissò alcuni istanti, stupito. “Ho avuto da fare.”
“E ti sei portato il lavoro a casa”, fece notare il più giovane, indicando i fascicoli nella mano dell’altro.
“Già. Ma... come mai qui?”
Neal alzò le spalle. “Mi hai dato le chiavi, quindi pensavo fosse OK se ogni tanto passavo a trovarti. Ma se è un problema, la prossima volta ti telefono prima.”
“Oh, no, no, affatto”, si affrettò a rispondere il federale, mentre abbassava lo sguardo e si sentiva avvampare le guance. “Temevo di aver scordato un appuntamento.”
“Mhmp...”
Peter alzò la testa di scatto, a quello che alle sue orecchie era parso un verso di conferma alle sue parole, solo per trovarlo con una mano davanti alla bocca, cercando di non ridere troppo sfacciatamente.
“Ehi!”
Neal si ricompose e gli si avvicinò. “Scusami, è che eri così adorabilmente imbarazzato...”
“Mi stavi prendendo in giro.”
“No... OK, forse un pochino, ma in modo positivo”, rispose il ragazzo. “E comunque, non ti ho ancora dato il bentornato come si deve. Bentornato a casa, Peter”, sussurrò contro le sue labbra, dopo avergli preso il volto tra le mani, e lo baciò.
L’uomo portò la mano libera dietro la sua schiena e lo attirò di più a sé, per approfondire il bacio.
“Devi cenare o passiamo subito al dopo?”, domandò Neal, intrecciando le mani dietro il suo collo e non lasciando dubbi su cosa avrebbe preferito.
“Devo lavorare. Mangerò un panino nel frattempo”, rispose il federale, e il ragazzo mise su un piccolo broncio che lo fece ridere. “Puoi restare, se pensi di non annoiarti troppo.”
“Hmm... Posso provarci.”

“Se fossi un criminale, e ho detto se, io farei esattamente così”, disse Neal, dopo aver spiegato la propria teoria su come il truffatore al quale Peter stava dando la caccia avesse commesso il proprio crimine.
“E se fossi un criminale dovresti arrestarmi, il che sarebbe un peccato. D’altro canto”, continuò, aggirando il tavolo e avvicinandosi a lui, “se fossi anche io un federale, potrei passare tutto il giorno ad osservarti, ma non potrei fare questo”, continuò, abbassandosi a baciarlo sulle labbra mentre gli disfaceva il nodo della cravatta. “O questo”, gli sbottonò anche i primi bottoni della camicia e gli baciò il collo, continuando la propria operazione sui bottoni rimanenti. “E nemmeno questo”, continuò ancora, mettendosi a cavalcioni su di lui e risalendo con le labbra fino al suo orecchio, mentre le mani vagavano sul suo petto. “Il che sarebbe un peccato ancora più grande.”


Peter alzò lo sguardo verso l’open-space dove la sua squadra stava lavorando. L’Olandese aveva cancellato le proprie tracce dopo l’incursione alla banca, non c’era nessun indizio che stesse tentando un’altra truffa, o di che tipo; Neal stava avendo, però, occasione di rendersi utile nella cattura di un altro malvivente e questo aveva evitato che fosse già stato rimandato in carcere.
Ora stava parlando con Diana, sorriso smagliante e charme inclusi come con qualsiasi bella ragazza si trovasse davanti, incapace di accettare che qualcuna non gli cadesse ai piedi e divertendosi a punzecchiarlo, sperando forse in una scenata di gelosia. Non che ne fosse contento, o che non gli desse fastidio, ma per Neal non era molto più di un gioco, tanto per provare a sé stesso di poterlo fare; era sicuro che non avesse intenzione di andare a letto con un centesimo delle ragazze con cui flirtava. Questo, però, non gli impediva di interrompere ogni suo tentativo sul nascere.
“Neal, Diana ha da fare”, disse, magicamente accanto a loro. “Noi invece possiamo tornare a casa, per oggi.”
“Ma magari a Diana fa piacere un po’ di compagnia”, provò lui.
“Lavoro meglio da sola”, rispose lei. “A domani, Capo.”
“A domani, Di.”


The teacher

“Jones, non preoccuparti. Lunedì torna in servizio come previsto, il tuo lavoro è finito”, disse Peter, entrando in casa. “No, nessun pericolo. Mozzie si occuperà di Debbie. Grazie, amico.”
Riattaccò e sospirò. Neal posò una mano sulla sua spalla. “Magari è un bene che restano ancora qualche giorno via? Non abbiamo scoperto nulla...”
“Sì, forse...”
Neal posò un casto bacio sulle sue labbra e sorrise. “Dopo una cena come si deve, sembrerà tutto migliore”, affermò sicuro, allontanandosi verso la cucina.
Il federale scosse la testa e si tolse la giacca; stava per raggiungerlo quando suonarono alla porta. Tornò indietro e squadrò l’uomo che si trovò davanti; non era una faccia sconosciuta, ma non riusciva a inquadrarlo.
“Matthew Bennett. Sono il nuovo maestro di sua figlia, signor Burke”, si presentò con un sorriso, aggiustandosi gli occhiali.
All’improvviso ricordò. “È quello che ha sostituito la signora Clark...”
“Esatto, sono venuto perché volevo parlare con lei.”
“Oh, sì, certo, si accomodi.”
Peter lo guidò fino al salotto. “Posso offrirle qualcosa?”
“No, grazie.”
“Bene”, indicò il divano, poi si mise a sedere davanti a lui. “Mi dica.”
“È da alcuni giorni che Debbie manca da scuola; la sua amica Sam ha detto che era malata e, beh, volevo solo assicurarmi che non fosse niente di grave. Sono cominciati i preparativi per la recita di fine anno e, sapendo quanto sua figlia ci tenesse, mi dispiaceva che mancasse proprio in questo periodo.”
Peter era rimasto ad ascoltarlo, senza interromperlo o mostrare sorpresa, e poi annuì. “Dispiace molto anche a lei, ma ancora non si sente bene. Niente di grave, comunque.”
“Posso vederla? I suoi compagni le hanno mandato dei pensierini e mi farebbe piacere consegnarglieli di persona, sa...”
“Non è possibile, sta dormendo”, lo interruppe Neal, risoluto, apparendo dalla stanza accanto.
“Lei chi è?”, chiese Bennett, spostando lo sguardo su di lui, sorpreso.
“Il babysitter”, sorrise appena. “Debbie sarà contenta di sapere che è passato, però.”
L’insegnante rimase a studiarlo alcuni istanti, senza dire niente. Infine estrasse dalla propria borsa dei fogli che lasciò sul tavolino davanti a sé. “Beh, ecco qui, dunque. Scusi l’intrusione, signor Burke”, disse alzandosi.
“Si figuri”, Peter si alzò dietro di lui e lo accompagnò alla porta.
“Alla prossima riunione dei genitori, allora”, disse porgendogli la mano.
“Sì”, il federale ricambiò la stretta e, quindi, chiuse la porta alle sue spalle.

“Scusa”, mormorò Neal, quando Peter arrivò in cucina, cercando qualcosa in uno dei cassetti.
“Per cosa?”
Peter era seriamente perplesso.
“L’incursione di poco fa.”
L’uomo sbatté le palpebre ancora un paio di volte, poi lo raggiunse togliendogli di mano il mestolo di legno e posandolo sul bordo della padella. “E questo cosa sarebbe?”
Fu il turno del più giovane di essere spaesato; coprì la carne con il coperchio. “In che senso?”
“Ti stai scusando per un qualcosa... Un errore, in caso, inesistente.”
“Oh, sai, non è che al di fuori del Bureau e delle indagini abbiamo mai incontrato altra gente... O tanto meno che sia venuta qui a casa e non so come- come vuoi gestire la cosa.”
Era raro, quasi unico, vedere Neal così insicuro; un piccolo tesoro. Peter sorrise e gli si avvicinò alle spalle. “Vivi qui, è normale che se arrivi gente in casa ti veda. Non ho intenzione di chiuderti in cantina ogni volta che ricevo visite... Fintanto che sei vestito decentemente.”
“Hm... OK, bene.”
“Bene”, ripeté Peter abbracciandolo e posando un bacio sulla sua tempia.
“Su, vai ad apparecchiare”, lo cacciò Neal ridacchiando.

*

Nel sonno sentì squillare il cellulare, era un rumore distante, difficile da registrare; poi Neal si mosse accanto a sé e si allungò sopra di lui, raggiungendo il suo telefonino sul comodino.
“El. Pronto? Ehi, principessa, tranquilla”, Neal era tornato a sedere dalla propria parte del letto.
Peter aprì gli occhi e lo osservò mentre continuava a parlare e rassicurare Debbie.
“È stato solo un incubo, è tutto a posto. Tuo papà sta bene... Stiamo tutti bene. Sì, sì. Il papà è qui, aspetta”, disse ancora voltandosi verso di lui e passandogli il cellulare.
Lo prese e si tirò su. “Ehi, tesoro.”
“Papà”, singhiozzò.
“Sono qui; sono qui, Debbie.”
“Ho fatto un altro incubo... La zia El ha preparato la camomilla. Voglio tornare a casa.”
“Non è ancora possibile, tesoro... La zia El è brava.”
“Sì, ma...”
Stava per mettersi a piangere di nuovo, Peter riusciva a percepirlo, ma non sapeva cosa fare; guardò Neal in cerca di aiuto.
“Papà...”
“Sono qui, resisti ancora qualche giorno.”
Neal gli prese il cellulare di mano. “Principessa, se fai la brava, quando torni poi andiamo a pattinare al Rockfeller Center”, disse. “Come? Peter non ti ci ha mai portato? Ti insegnerò io allora, ti divertirai. E certo che verrà anche lui! Sì, te lo prometto. Buona notte, piccola.”
Peter lo osservò senza esser capace di dire qualcosa e Neal gli rese il telefono. “Non hai mai portato Debbie a pattinare, sul serio? Dovresti vergognarti.”
Prese l’oggetto e lo posò automaticamente sul comodino, poi tornò a guardare il ragazzo. “Non... Non ho mai avuto occasione.”
“Sì, certo”, rise, poi si sdraiò e gli si accoccolò vicino. “Dobbiamo trovare il responsabile della morte di Kate.”
“Ce la faremo”, mormorò stringendolo con un braccio. “Buona notte, Neal.”




N/A: so cosa succederà poi, dovrebbero mancare due o tre capitoli alla fine (e se mi azzardo a far previsioni è davvero 'poco', dato che in genere non ho mai idea di quanto scriverò XD), ma la stesura dei capitoli si sta rivelando più difficile del previsto... Spero di postar il seguito il più presto possibile, comunque.
   
 
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