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Autore: LAILA_dreamtime    06/07/2012    1 recensioni
Mi presento, sono Agathe Greene. Sono codarda, maldestra, timida...insomma chi più ne ha più ne metta! Ho un'ossessione per il XVIII secolo e sono un'inguaribile romantica. La mia vita apparentemente banale avrà una svolta più che inaspettata, grazie anche all'arrivo di un certo monsieur...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                        Capitolo III

La luce filtrava delicatamente attraverso le tendine di pizzo e si posava sul mio viso. Per un momento mi sembrò di essere ancora a casa mia, nella mia vecchia vita. Poi realizzai che ero nel mio appartamento ben lontana dalla villetta di periferia di cui mia madre andava tanto orgogliosa.
Io odiavo quella casa, quel quartiere e tutte quelle famigliole apparentemente perfette e felici.
Da bambina ho sempre provato ad immaginare ciò che si poteva nascondere dietro a quelle mura.
Il solo pensiero di essere tornata per un momento laggiù mi fece rabbrividire.
Mi stiracchiai e con forza sovrumana mi alzai dal mio piccolo letto e mi guardai attorno. Ero finalmente riuscita a rendere la mia camera più personale. Le pareti erano rosse, il colore della passione ma anche della forza, del coraggio. Lo avevo scelto proprio per aiutarmi a cambiare e ad infondermi coraggio.
Davanti a me c’era una grande cassapanca antica, forse del settecento, ovvio regalo di mia madre.
«Così porterai un po’ di gusto francese in quell’orrido appartamento» era stata la sua giustificazione .
Ma mère... È sempre stata contraria alle mie scelte e ai miei sogni. Con quella sua altezzosità, tipica di una donna francese, era riuscita a rendersi insopportabile sia a me che a mio padre. Mi sono sempre chiesta come mai l’abbia sposata. Non nego il fatto che era una donna molto bella (ho ereditato da lei i miei occhi da gatta, forse l’unica parte che mi piace di me), ma la bellezza passa in secondo piano se ti ritrovi davanti una donna che si ostina a parlare, con una vocetta stridula, in un finto accento francese dato che saprebbe benissimo parlare senza traccia di esso. Il suo attaccamento alle tradizioni e alla sua vita precedente il matrimonio erano quasi morbose.

Lo squillo del cellulare mi destò dai miei pensieri. Saltai in piedi di scatto ed inciampai in un libro che si trovava ai piedi del letto. Caddi e sbattei il ginocchio sul pavimento.
«Merd..!!» esclamai e allungai il braccio nella disperata ricerca di prendere il mio cellulare che sembrava impazzito. Parlando del diavolo...
«Mamma! Come mai..» non feci in tempo a finire la frase che lei aveva già iniziato a gridare istericamente. E chi la ferma più ora!
«Agathe! Quante volte ti ho detto che devi chiamarmi Maman! Non sei orgogliosa delle tue radici francesi? Mi vergogno di avere una figlia così poco degna del nome che porta! Sei sempre la solita!» disse con una voce che rasentava il falsetto.
«Comunque ti ho chiamata per sapere quando hai intenzione di tornare a casa a trovarci! Io e tuo padre ci stiamo preoccupando...».
«Mam..Maman come ti ho già detto la scorsa settimana sono ancora piena di esami e devo studiare!».
Come fa a non capire che la cosa peggiore per me, ora, sarebbe rivederla?
Mi alzai dal pavimento, dove la posizione che avevo assunto si avvicinava molto al contorsionismo.

«Io non capisco voi giovani d’oggi! Ai miei tempi le ragazze non si preoccupavano di studiare...».
Ecco che inizia di nuovo!
«Mamma, non ho intenzione di parlare con te di queste cazzate! Sono adulta e ho la mia vita, smettila di impicciarti!» con queste parole le attaccai in faccia.
Sulla mio viso si era stampato un sorriso di vittoria. Riuscivo ad immaginarmi la sua faccia all’altro capo del telefono.
Con soddisfazione marciai fuori dalla camera per farci subito ritorno con uno scatto da atleta delle olimpiadi. Che ci fa LUI qui?
Seduto al tavolo insieme a Thomas c’era LUI: George!
All’improvviso mi tornarono in mente tutti i ricordi riguardanti la sera scorsa.
Il bacio era ancora sulle mie labbra, il tocco delicato e a sua volta disperato delle sue, come se cercasse di portarmi indietro ad un ricordo che non avevo mai avuto.
Il cuore mi batteva talmente forte che avevo paura potesse saltarmi fuori dal petto e correre verso di lui come un cagnolino corre verso il suo padrone. Stai calma! Non lo conosci neanche!
Qualcuno venne a bussare alla mia porta ed io mi fiondai sul letto con una specie di tuffo e mi raggomitolai come se stessi dormendo. Non volevo affatto essere costretta a parlarci dato che ero sicura che avrei fatto un’altra delle mie figure. E poi ero ancora scossa da quello che era successo ieri.
Sentii dei passi leggeri avvicinarsi a me e poi qualcuno si chinò a baciarmi la guancia. Riconobbi subito il suo odore o meglio profumo. Era delicato ma contemporaneamente deciso e suadente. Inspirai fortemente inebriandomi di quel dolce momento. Sentivo ancora la sua presenza dietro di me. Si era seduto sul bordo del letto e mi stava contemplando con uno sguardo malinconico.
Un brivido mi attraversò su tutta la lunghezza della schiena: con una sua mano aveva iniziato ad accarezzare la rotondità del mio viso, il mio collo ed infine a tracciare il contorno delle mie labbra leggermente socchiuse.
Trattenni il respiro per evitare di lasciare andare un gemito di piacere.
Iniziò a mormorare qualcosa: «Amore mio..non vi lascerò scappare più! Il mio cuore si è fermato non appena vi ho vista! Siete sempre la solita maldestra, ogni volta che vi rivedo avete sempre dei nuovi lividi sulla vostra pelle bianca come il latte. Ma ora ci sono io a proteggervi. Io ci sarò sempre, sempre, sempre...».
Che mi abbia presa per un’altra? Si ne sono certa!
Mi baciò entrambe le palpebre e poi si alzò e uscì dalla stanza. Aspettai immobile fino a che non sentii il familiare chiudersi della porta d’ingresso. Mi alzai e rimasi a riflettere un’attimo. Era proprio possibile che io assomigliassi al suo “amore”. A pronunciare quella parola sentii una fitta di gelosia. Il fatto che la mia deduzione era perfettamente plausibile mi lasciò con un velo di malinconia. Non ero io la donna dei suoi sogni, colei che aveva cercato in lungo e in largo. No, io ero solo l’insulsa Agathe che si ostinava a sognare ad occhi aperti...

Uscita dalla stanza venni accolta dagli schiamazzi di Thomas.
«Agathe! È venuto qualcuno a cercarti! Era un ragazzo!!»
Lo disse con un tono che mi fece capire quanto era realmente sorpreso del fatto che un ragazzo volesse vedermi.
Le sue parole mi erano completamente indifferenti e continuai a camminare verso l’uscita seguita dal suo mormorio reso attutito dalla mia momentanea sordità.
Era inutile! Più mi sforzavo di ricordare il suo volto più mi deprimevo. L’unica volta che l’avevo mai visto era nel mio sogno.
Immersa nei miei pensieri andai a sbattere proprio addosso alla persona che più avrei desiderato vedere in quel momento: George.

«Buongiorno dormigliona!» disse con un’espressione divertita. Ma ormai avevo imparato a decifrare il suo sguardo e riuscivo chiaramente a vedere che cercava di coprire la sua tristezza con un falso buonumore.
«Ciao» dissi forse più scorbutica di quanto volevo sembrare.
Nei suoi occhi balenò un luccichio di dolore come se l’avessi appena colpito con una freccia.
Cercai subito di rimediare dicendogli nel modo più gentile possibile: «Mi devi delle spiegazioni!», ma il risultato fu esattamente il contrario di quello che speravo.
«Lo so. Mi dispiace di essere piombato in questo modo nella vostra vita.»
Lo guardai incredula. Perchè ti stai scusando? A me non dispiace affatto!
«Ho paura che non potrete mai perdonarmi dopo quello che vi dirò! Ho paura che quando ricorderete vi rifiuterete di vedermi per ciò che vi ho fatto! Ma sappiate che l’ho fatto per amore, l’amore che provo per voi».
Cosa vuoi dire mio bel principe? Non riesco neanche ad immaginarmi una cosa che potrebbe farvi odiare dalla donna che amate con tanto ardore! Se fossi davvero io vi perdonerei senza neanche battere ciglio!
  
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