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Autore: heyyouthere    06/07/2012    4 recensioni
"Aspetti un invito scritto per caso? Non perdere questa occasione, perché questi miei scatti di bontà non capitano spesso." "Tutto merito del mio fascino." disse, alzandosi anche lui e mettendosi lo zaino in spalla. [Dal II capitolo]
Prima ff che scrivo. Ditemi cosa ne pensate, tutte le critiche sono ben accette. :)
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente! Non so se vi piace o meno questa storia, ma aggiungo anche il secondo capitolo, almeno così vi do modo di inquadrarla meglio. Se volete, ditemi cosa ne pensate :)


 

Era una giornata davvero pesante, che sommata al freddo della classe e alla sonnolenza generale, non fece altro che far sembrare la lancetta del secondi ferma sull’orologio sul muro sopra la testa del professore che si ostinava a spiegare, cercando di catturare l’attenzione di studenti che evidentemente avevano altro per la testa. Frequentare il liceo classico è un’impresa da veri eroi, perché chi altri se non un eroe sopporterebbe tanta pressione, ore di studio e materie, sopravvivendo senza troppi crolli psichico – emotivi? Per di più, quella che era appena trascorsa era stata una pessima giornata scolastica e mi sentivo terribilmente frustrata a causa di valutazioni ingiuste, professori che approfittano della propria autorità e persone che hanno una considerazione immensamente superiore della loro persona di quanto dovrebbero; ma, nonostante tutto, decisi che probabilmente sarebbe stato meglio tenere a bada l’istinto omicida e la rabbia che tutti questi fattori accumulati mi avevano causato almeno fino a casa. Quindi, dopo cinque lunghe ore passate tra i banchi di scuola e un interminabile pomeriggio dedicato a un progetto scolastico che avrei volentieri scambiato con una bella dormita sotto le calde coperte del mio letto, finalmente mi sedetti con la testa appoggiata al finestrino dell’autobus con adam levine che cantava dolcemente nelle mie cuffie, liberando la mia mente da ogni tipo di pensiero, rilassandomi durante i 20 minuti che mi separavano da casa mia, dove finalmente avrei potuto farmi un bagno caldo, per togliermi di dosso il freddo di quella giornata.
“Per oggi niente. Ti spiego dopo. Love you.” Il messaggio di Silvie quindi liberava la mia serata da ogni impegno e mi lasciava libera di dedicarmi al mio hobby favorito: giacere sul divano, mangiando cibi non esattamente tra i più sani, e dilettarmi con una buona dose di tv spazzatura, termine adatto a definire gran parte dei programmi con cui preferisco passare i miei momenti liberi.
Ero quasi arrivata e la pioggia che batteva incessante con forza contro il mio finestrino non accennava a smettere, quindi per la seconda volta in un giorno arrivai a maledire me stessa per essermi dimenticata l’ombrello, strumento indispensabile in quel periodo dell’anno.
Arrivata alla fermata, scesi dall’autobus, pronta a superare il record mondiale di velocità per raggiungere il mio appartamento. Mentre stavo attraversando la strada però, notai vicino al muretto quello che riconobbi come il ragazzo della panchina, che si riparava sotto il tendone nella parte laterale del minimarket.
Non se ne era ancora andato. Eppure mi era sembrato di essere stata abbastanza chiara, sembrava avesse capito. E invece no. E la sua presenza lì mi fece tornare in mente l’imbarazzante episodio di 6 ore prima, che aveva per protagonisti me, lui e una maledetta sciarpa e che avevo allegramente cercato di dimenticare per l’intera mattinata. Andai spedita verso di lui, probabilmente con l’intenzione di scaricare un po’ della rabbia accumulata durante quel giorno. E poi, dopo la figuraccia che avevo fatto con lui proprio quella mattina, non ero molto contenta di rivederlo.
“Per quale strano motivo sei ancora qui? Non sapevo che il freddo e la pioggia danneggiassero l’udito, perché presumo che sia questo il motivo per cui non hai ascoltato la mia amichevole richiesta di stamattina.” dissi convinta, cercando di dare alle mie parole un tono arrabbiato e scocciato. Evidentemente però non ci riuscii molto bene, perché lo vidi cercare di nascondere una risata. “Che c’è? Lo so di essere divertente, ma questo non ti autorizza a ridere mentre ti sto dando contro.”
“Ma non sto ridendo.” mi rispose, tentando di assumere un’espressione seria.
“Va bene. Stai sorridendo. È solo una risata più discreta e contenuta.”
“Più discreta, ma non per forza più contenuta. Magari non eri così divertente da farmi ridere, ma abbastanza da farmi sorridere.”
“Non ero così divertente? Certo che non lo ero! Perché non volevo essere divertente. Stavo cercando di essere arrabbiata. Ma tu hai rovinato la mia sfuriata.”
“Mi dispiace. Non volevo interromperti ridendo.”                               
“HA! Quindi lo ammetti che sono divertente!” dissi, soddisfatta.
“Non l’ho mai detto. Stai rigirando le mie parole per farti dei complimenti?”
“Sì, davvero. Mi mancava ricevere dei complimenti da uno sconosciuto. Adesso la mia vita è completa, posso morire felice.”
“Bene, bene. Una bestia del sarcasmo. Mi piace.”
“E questa è solo una delle mie innumerevoli qualità. Non sfidarmi, rosso.”
“Aaaaah, adesso passiamo agli insulti? Scusa, però mi tiro indietro. Non potrei mai trovare dei difetti ad una lady così piena di qualità. Perdo in partenza.”
“Niente male, Sherlock. Però sei passato ai giudizi un po’ in fretta. Chi ti dice che il mio non voleva essere un complimento? Potrei avere una passione segreta per i capelli rossi. Non mi conosci.”
“Ma allora sei davvero perfetta?! Sono un uomo fortunato ad averti incontrata.” e si spostò un poco per farmi spazio per sedermi vicino a lui. Nonostante fosse un perfetto estraneo e incurante del freddo, presi posto di fianco a lui, che mi offrì un po’ della sua birra. Presi un gran sorso e, sotto i suoi occhi increduli, finii quella mezza bottiglia che era rimasta.
“Brutta giornata?” mi chiese con una faccia tra il divertito e lo stupito.
“Un po’. Però ho la tendenza ad esagerare e ad alzare un gran polverone per niente.”
“Beh, allora in questo caso mi devi metà birra, signorina ‘bevo le bibite dei poveri ragazzi, illudendoli e senza nemmeno presentarmi’.”
“Scusami, signor ‘offro la birra alle ragazze sconosciute con fini non molto chiari ma sicuramente non molto ortodossi’. Sono Natalie.”
“Se il mio fine fosse stato sicuramente non molto ortodosso, non mi sarei nemmeno interessato al tuo nome. Ti avrei semplicemente stregata con il mio fascino e poi allora le cose sarebbero finite in un modo non molto ortodosso.”
“Wow, Casanova. Quindi è così che fai di solito con le tue vittime?”
“Non ti rivelerò i segreti del mestiere. Una cosa che ti posso dire però è che non dico alle mie vittime che mi chiamo Edward Sheeran. Però chiamami Ed. È più da me.”
“Va bene, Sheeran. Sai cosa? Visto che a causa del freddo potremmo morire assiderati e che questa pioggia non ha intenzione di smettere molto presto, credo che farò ritorno alla mia tana” dissi convinta, alzandomi e dando un’occhiata per vedere la situazione. Il tempo stava peggiorando sempre di più e sicuramente durante la notte la temperatura sarebbe decisamente precipitata. Mi girai e lo vidi stringersi nella sua giacca. “Stai cercando di farmi pena, così invito anche te a godere delle comodità di un appartamento?”
“Io? Non potrei mai fare una cosa del genere. Non preoccuparti per me. Andrò errando per le strade buie e fredde di questa città sconosciuta, in cerca di un nuovo posticino che possa..”
“Mi piacerebbe molto sentire il continuo di questo affascinante soliloquio, ma questo non è certo il posto più confortevole per passare la serata.” ero pronta ad andare “Aspetti un invito scritto per caso? Non perdere questa occasione, perché questi miei scatti di bontà non capitano spesso.” Ero un’incosciente, ero completamente impazzita.
“Tutto merito del mio fascino.” disse, alzandosi anche lui e mettendosi lo zaino in spalla, mentre con una mano prese quella che sembrava la custodia di una chitarra. “Potrei anche essere un maniaco, lo sai?”
“Sheeran, prima di tutto, un maniaco non direbbe mai di esserlo. E poi, sei stato così gentile da dividere la tua birra con me e addirittura dirmi il tuo nome. Con che cuore ti lascio qui?” lo guardai pronto per partire. “Vedrò di lasciarmi prendere dalla paranoia più tardi. Una volta ho fatto una lezione di autodifesa. Sono pronta a tutto.”
Lui scoppiò a ridere e io cominciai a correre come avevo già in mente da quando ancora le porte dell’autobus stavano per aprirsi, guardandomi ogni tanto alle spalle per assicurarmi che il mio ospite mi stesse ancora seguendo.

 
  
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