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Autore: troublefollows    06/07/2012    3 recensioni
Una Bella ossessionata dalla meteorologia trova per caso il diario del fidanzato Edward, il che la trascina in un viaggio nei ricordi. Al tempo, Edward era un ragazzo in fuga, che sperava di trovare uno scopo nella vita, mentre Bella non vedeva l'ora di avere l'occasione di scappare, certa di sapere quello che voleva. Ma nessuno di loro si aspettava quello che sarebbe accaduto.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Capitolo 2 – Tiri mancati e gelato

Tutti quegli istanti che aveva deciso di cristallizzare su carta. Ricordi permanenti della nostra storia d’amore. Me li sto divorando tutti, mischiando i miei con i suoi. Quelle minuscole briciole di tempo sembravano incredibilmente insignificanti nel momento in cui avvenivano, ma ora so che significavano molto più di quanto avrei mai creduto possibile. Il mio cuore si gonfia di tenerezza al pensiero di quell’Edward di cui al tempo sapevo così poco. Mi stavo innamorando di un ragazzo che non conosceva se stesso, ma che credeva di poter prevedere il tempo.

8/17/2010

Emmett vuole che questo week end vada a giocare a basket con lui e degli altri tizi. Perciò oggi sono andato a fare qualche tiro a canestro e ho scoperto di fare piuttosto schifo. Credo che mi convenga fingere di essermi fatto male. Non entrerò nei dettagli. Non c’è alcun bisogno di documentare ai posteri quanto faccio schifo nello sport. La cosa migliore della giornata: per caso ho incontrato di nuovo Bella. Credo che fosse convinta che volessi darle fastidio, ma non era così. In realtà stavo solo cercando di impressionarla un po’. È una tipa divertente. E brillante. E davvero adorabile. Quando sorride, non riesco nemmeno a spiegare come mi fa sentire. Non so nemmeno perché mi faccia sentire in questo modo, ma è così. Quando sto con lei, sento un sacco di cose. Magari Emmett aveva ragione. In un certo senso Bella e io stiamo bene insieme. È come se con lei riuscissi a essere me stesso, non come con gli altri amici di Rosalie. Mi piacerebbe che anche lei si sentisse allo stesso modo quando sta vicino a me. Non credo che siano in molti a incoraggiarla a essere se stessa. Penso che sia decisamente la persona più interessante che abbia mai incontrato. Questo è poco ma sicuro.

La cosa mi fa sorridere per un sacco di motivi. Vengo di nuovo risucchiata nel passato. Alla seconda volta che ho incrociato per caso la mia bella tempesta...

Bella! Bella, guarda come mi arrampico sulle sbarre!”

Alzai lo sguardo dal libro per scoccare un’occhiata al bambino appeso con una mano sola alle sbarre di ferro dei giardinetti. “Sta’ attento! Ti conviene tenerti con tutt'e due le mani.” Rimasi a guardare quel piccoletto di cinque anni dalla volontà di ferro a cui facevo da babysitter cercare con tutte le sue forze di raggiungere la sbarra anche con l’altra mano. Sfortunatamente per lui, gli scivolò la presa e l’altra mano ormai non ce la faceva più a reggere da sola tutto quel peso. Cadde sul terriccio sotto di lui con un thump. Saltai su dalla panca sulla quale ero seduta. “Jake! Va tutto bene?”

Il piccoletto era tosto. Si tirò su e si spazzolò via il terriccio dal didietro. “Sto bene. Non mi sono nemmeno fatto male. Guarda che non sono mica più un poppante.” Si arrampicò di nuovo sulla scaletta e questa volta afferrò la sbarra con tutt’e due le mani.

Lo so che non sei un poppante. Dico solo che io mi sarei fatta male se fossi caduta da lì, tutto qui,” dissi, cercando di scusarmi per averlo offeso. Quell’anno Jake avrebbe cominciato ad andare all’asilo, e per lui cominciare la scuola “vera” era una faccenda piuttosto grossa. Niente più scuola da poppanti per lui. Era un bambino grande. Durante l’estate gli facevo da babysitter tre giorni alla settimana mentre sua madre era a lavoro. Era un bambino carino, ma pieno di energie fino a scoppiare. Era bravo però. E poi sembravo andargli a genio, il che rendeva le cose molto più facili.

Guardami ancora.” Questa volta riuscì a dondolarsi da una sbarra all’altra fino ad arrivare dall’altra parte.

Lavoro eccellente, vecchio mio.” Gli diedi un’amichevole pacca sulle spalle prima di tornare al mio posto sulla panchina per riprendere la lettura. Quando alzai di nuovo lo sguardo, un altro bambino aveva appena chiesto a Jake di andare a giocare sulle altalene. Era questo che adoravo dei giardinetti. Non ero più io il suo unico sollazzo. Feci scivolare gli occhi sul campo da basket, dove un adolescente dall’aria piuttosto familiare stava facendo riscaldamento.

Edward Cullen.

Che diavolo ci faceva Edward Cullen nel mio parco? Prima alla mia spiaggia e adesso al mio parco? Nessun posto era più sicuro?

Lo vidi distendersi le lunghe braccia sopra la testa e intrecciare le dita tra loro. La T-shirt gli si arrampicò verso l’alto, lasciando così esposta una striscia di pelle nuda appena sopra l’elastico dei pantaloncini da basket. Non che ci avessi fatto caso, perché non gli stavo assolutamente prestando alcuna attenzione, né a lui né tanto meno alle sue strisce di pelle nuda. Lentamente, lo vidi piegarsi prima leggermente a sinistra e poi leggermente a destra. Okay, potrei anche aver notato che, dopo aver finito di fare stretching, ha afferrato la palla da basket ai suoi piedi e ha cominciato a dribblare. E potrei aver notato che dopo aver smesso di dribblare ha afferrato la palla e l’ha tenuta così per un sacco di tempo girandosela tra le mani, poi ha piegato le ginocchia e si è messo a fissare il canestro. E sì, potrei aver fatto caso al fatto che si sia guardato attorno per assicurarsi che nessun altro sul campo lo stesse guardando. Ciò che ho sicuramente notato è stato il suo primo lancio.

Mancato.

Forse aveva solo bisogno di riscaldarsi un po’.

Secondo tiro... mancato.

Terzo tiro... mancato.

Il quarto tiro cozzò così forte contro il tabellone che il suono rimbombò per tutti i giardinetti.

Cercò di buttarsi in un recupero disperato, ma colpì per sbaglio la palla col piede prima ancora di riuscire ad averne la possibilità. Non fu un bello spettacolo. A dire il vero, mi sentii quasi in imbarazzo per lui. Se c’è una cosa che capii quel giorno – Edward Cullen non avrebbe mai fatto parte della squadra di basket della Forks High School.

A quel punto lanciò un tiro libero che colpì il bordo del canestro, spedendo la palla a tutta velocità in direzione proprio della panchina sulla quale mi capitava di essere seduta. Insomma, dove non stavo prestando alcuna attenzione a quello che stava facendo.

Lui venne verso di me per riprenderla, grattandosi la nuca. Si stava tormentando il labbro inferiore coi denti, e sulla sua faccia non c’era traccia del solito sorrisetto strafottente.

Bella.” Fece un cenno del capo nel dire il mio nome. Suonava diverso quando era lui a pronunciarlo. Come se appartenesse a qualcun altro, qualcuno di speciale. La cosa mi accendeva le guance di vergogna.

Mi chinai e raccolsi la palla. “È tutto spaventosamente simile all’ultima volta che ci siamo visti. Immagino di dover essere grata di non essere stata riempita di sabbia questa volta.”

Quelle parole gli restituirono il sorriso. “È come se le mie palle fossero attratte da te.” Io sgranai gli occhi e lui realizzò all’istante cosa aveva appena detto. “Oh mio Dio, cos’ho detto? Io...” Si coprì le guance arrossate con le mani e chiuse gli occhi. “... mi dispiace. Non volevo dire così.” Fece scivolare la mani tra i capelli e aprì gli occhi. “Cioè, volevo dire così, solo che non volevo che suonasse così. Sai, no, intendevo le palle da football e da basket. Non le altre palle. Oh Dio, forse è meglio se adesso sto zitto. Sta’ zitto, Edward.”

Mi fece ridacchiare. Io, Bella Swan, stavo ridacchiando. E io non ridacchiavo. Mai. Non ero assolutamente una tipa da risatine. Lui abbassò le mani e mi scoccò un’occhiata incerta. Mi rivolse un sorriso dispiaciuto. C’era sincerità nei suoi occhi, e non dubitai nemmeno per un istante che fosse davvero imbarazzato per l’involontario doppio senso.

Beh, vedo che sei bravo con la palla da basket quanto lo sei con quello da football. Hai sforato di un sacco.”

Di un pochino,” ribatté lui. E questa volta mi fece sorridere, perché sapevo che questa volta non ci credeva nemmeno lui.

Ceeerto.”

Che c’è? Pensi di potermi battere?”

Penso che persino il bambino di cinque anni a cui faccio da babysitter potrebbe batterti.” Gli tirai la palla. Lui la prese e se la mise sotto braccio contro un fianco.

Suona come una sfida.” Alzò le sopracciglia e si passò la palla dall’altro lato.

Scossi la testa e sollevai il mio libro. “Sono in altre faccende affaccendata, ma grazie comunque.” Non so perché, ma Edward lo interpretò come un invito a sedersi con me sulla panchina. La vicinanza con il suo corpo mi fece sfarfallare qualcosa nello stomaco.

Che leggi?”

Sospirai e gli tesi il libro così che potesse leggere il titolo. Rimasi in attesa di un commento sarcastico, della solita presa in giro che seguiva sempre ogni mio commento, per via della mia bislacca attrazione per il tempo e per le tempeste.

La tempesta di Isaac. Interessante.”

Forza, chiedimi perché sto leggendo un libro che parla di un meteorologo. Prendimi in giro per il fatto che non sto leggendo qualcosa con una copertina nera e rossa che parla di ragazzine stupide che si innamorano di bellissime creature mitologiche.”

Io trovo figo che ti piaccia la saggistica. L’ultimo libro che ho letto era una biografia di Tchaikovsky. Non sono proprio nelle condizioni di poterti giudicare.”

Tchaikosvky? Ero convinta che il 99,9% degli studenti della Forks High non avesse mai sentito nemmeno parlare di Tchaikovsky, né che tanto meno avessero mai letto libri su di lui. Dovevo ammetterlo, Edward Cullen era un tipo intrigante.

Sei un grande fan del Lago dei Cigni, eh?”

Non proprio,” disse lui mentre distoglieva lo sguardo e lo puntava sulla palla che teneva ancora tra le mani. Dovevo aver toccato un nervo scoperto.

Io preferisco Chopin o Debussy.”

Alzò la testa di scatto e il verde dei suoi occhi attrasse la mia attenzione. “Tu ascolti la musica classica?”

Alzai le spalle. “Non è che l’ascolto tutto il tempo o robe così, ma ho imparato ad ascoltarne un po’ quando sono dell’umore giusto.”

E quale sarebbe questo umore giusto?” Sembrava davvero interessato alla mia risposta, come se volesse capire se stessi dicendo la verità o solo cercando di prenderlo in giro. Capii che per lui la musica era probabilmente come il tempo per me.

Di solito quello pessimo.”

La mia risposta lo sorprese. Mi appoggiai il libro sul grembo e mi feci scivolare una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Non potei evitare di venire distratta dal modo in cui mi stava guardando. I suoi occhi verde chiaro erano circondati da un anello di colore molto più scuro, non nero ma quasi. Era come se qualcuno avesse preso l’eyeliner e avesse tratteggiato il contorno delle sue iridi. Erano gli occhi più belli che avessi mai visto.

Io... io a volte tendo a concentrarmi più su ciò che c’è di brutto al mondo, piuttosto che su ciò che c’è di bello. A volte mi lascio sopraffare dal disgusto nei confronti della bruttezza.” Gli occhi di Edward non lasciarono mai i miei mentre spiegavo. Capii che mi stava ascoltando davvero; stava ascoltando me. “Ascoltare la musica classica mi ricorda che esiste anche la vera beltà. A volte devo solo chiudere gli occhi.”

Rimase in silenzio, ad assorbire quello che gli avevo detto, guardandomi negli occhi come se stesse cercando di scrutarmi l’anima. Mi stava spaventando a morte. Lo sapevo di non essere normale. Mi sarei aspettata che a quel punto mi ritenesse persino più svitata di quanto aveva pensato la prima volta, ma non mi stava affatto guardando così. Mi guardava come se avesse capito. Non era così che uno stupido atleta in vena di conquiste avrebbe dovuto guardarmi. E dopo aver visto quanto scarso era sul campo da basket, non ero più tanto sicura di poterlo chiamare ancora atleta. E al momento stavo contemplando di depennare anche lo stupido dalla lista. Chi era quell’Edward Cullen?

Chi cavolo è questo tizio?” disse Jake, dando voce ai miei pensieri.

È quello che mi chiedo anch’io,” mormorai in risposta.

L’espressione di Edward si accartocciò dalla confusione. Scossi la testa, cercando di riemergere dai pensieri nei quali mi ero persa.

Jake, lui è Edward. È un...” Non sapevo bene come definirlo. Non eravamo amici. Non ancora. Volevo diventare sua amica? Qualcosa dentro di me stava gridando sì.

Edward non aspettò che concludessi la frase. “Ehi, Jake,” disse, arruffandogli i capelli. “Lieto di conoscerti, campione.”

Jake non sembrava impressionato. Incrociò le braccia al petto. “Bella è mia, bellimbusto.”

Mi scappò una risatina, imbarazzata e divertita allo stesso tempo.

E così sarebbe tua, eh?” Edward appoggiò i gomiti sulle ginocchia e cominciò a palleggiare con la palla da basket. “Ce la giochiamo?”

Jake agguantò abilmente la palla e corse palleggiando verso il campo da basket. Edward rimase pietrificato dalla sorpresa per un istante, prima di scoppiare a ridere di tutto cuore.

Lo prenderò come un sì.” Si alzò e io feci immediatamente lo stesso.

Uhm, io non sono proprio di nessuno, e tanto meno mi va di venire considerata una specie di premio per una partita a basket.”

Qual è il problema, Bella? Hai paura che vinca?” Il sorriso di Edward gli illuminò tutta la faccia. Mi tolse letteralmente il respiro. Come poteva qualcuno essere tanto bello? Se avessi continuato a guardarlo, non sarei più riuscita a smettere.

Scoccai un’occhiata al campo da basket alle sue spalle. “Penso di essere più preoccupata di finire promessa a un bambino di cinque anni per colpa tua.”

Edward seguì il mio sguardo. Jake continuava a lanciare la palla in aria e a farla finire dritta nel canestro come se non ci fosse un domani. Era stupefacente quanto quel nanerottolo si fosse affezionato a me. Un’ombra di preoccupazione velò il bel viso di Edward prima di venire sostituita da solito sorrisetto sghembo.

Beh, non hai idea di quello che sono capace di fare con la giusta motivazione.”

Non riuscivo a muovermi. Non riuscivo a pensare. Mi limitai a guardarlo correre verso Jake e rubargli la palla. Anche se Edward non riusciva a fare canestro, i rapporti di forza erano chiaramente un po’ sbilanciati. Il vantaggio in altezza di Edward rendeva impossibile a Jake recuperare la palla. Quando i tiri di Edward colpivano inevitabilmente il tabellone e spedivano la palla là dove Jake avrebbe potuto prenderla, Edward bloccava tutti i suoi lanci senza vergogna. A uno spettatore esterno probabilmente sembrava che Edward fosse gentile e crudele allo stesso tempo. Ma ovviamente, io sapevo che stava sul serio disperatamente cercando di battere un moccioso senza riuscirci.

Time out!” gridai mentre la palla volava verso di me dopo l’ennesimo tentativo fallito di Edward di segnare. “Nuovo gioco. Una sfida ai tiri liberi, chi perde deve offrire il gelato a chi vince. Gioco anch’io.”

Jake e Edward si scambiarono un’occhiata e poi guardarono me.

Affare fatto,” dissero all’unisono.

§*§

Sapevi fin dall’inizio che avrebbe vinto lui, vero?” Gli occhi di Edward erano fissi nei miei mentre con la lingua lappava verso l’alto la pallina in bilico sul suo cono di gelato. Dentro di me pregavo che non riuscisse a sentire gli squittii che stavo emettendo internamente a quella vista. Mi sentivo una stupida per aver anche solo permesso alla mia immaginazione di vagare sulla possibilità di essere io quella leccata da quella lingua. Pura follia. Eppure non potevo evitare di pensare a quanto dovesse essere dolce la sua lingua. Fredda e cioccolatosa. Stavo perdendo velocemente la bussola.

Diedi anch’io una leccata al mio cono cioccolato/vaniglia e scoccai un’occhiata a Jake, che era impegnato a divorare il sundae più grosso disponibile sul menù. Più tardi gli sarebbe venuto di sicuro il mal di pancia, ma aveva vinto onestamente. E al vincitore spetta il bottino.

Eravamo appollaiati a uno dei tanti tavoli a forma di mucca del Frozen Cow, il mio posto preferito di tutta quella piccola cittadina. Edward e io eravamo seduti a un lato della larga mucca in vetroresina, mentre Jake sedeva all’altro. Il negozio era piccolo e pieno di decorazioni a forma di mucca e di disegni di mucche. C’era persino una grossa testa di mucca di plastica appesa a un muro. Il motivo maculato del manto di mucca era riprodotto in macchie di legno spruzzate un po’ ovunque, sugli scaffali e sul bancone. Adoravo l’assurdità di quel posto e ancora di più adoravo i loro gelati.

Sapevo solo che saresti stato tu a pagare il gelato. Ho pensato di cogliere l’occasione e di farmene offrire uno anch’io.”

Edward rise. Era contagioso, e mi ritrovai a ridacchiare di nuovo.

Io non sarò Micheal Jordan, ma nemmeno il tuo di futuro sembra essere nel basket, Bella.”

Insomma, ho ottenuto il secondo posto. Non sono poi così male.”

Hai avuto solo fortuna con quel lancio da spastica.”

Non importa come l’ho messa dentro, il punto è che ho fatto canestro.”

Sì, immagino sia così,” ammise Edward. Mi diede una piccola spinta sul braccio col gomito. “Ti prego però, non raccontarlo a nessuno. Inserirsi a Forks è già abbastanza difficile senza che tutti sappiano che ho perso una gara di tiri liberi contro un bambino dell’asilo e una ragazza.”

Il tuo segreto è al sicuro con me.” Avrei voluto dargli una gomitata scherzosa sul braccio anch’io, ma la sola idea di toccarlo mi scatenava una furia di farfalle nello stomaco. Mi limitai a sorridergli, per fargli capire la bontà delle mie intenzioni.

Mangiammo in silenzio per un po’, guardando le persone che entravano e uscivano. A quell’ora il locale non era molto affollato, ma l’affluenza di persone in vena di qualcosa di dolce era abbastanza sostenuta. Entrò una coppia di anziani. Il marito tenne la porta aperta per la moglie a cui poi mise la mano sulla schiena mentre si dirigevano verso il bancone per ordinare. Parlottarono a bassa voce tra loro per un po’ circa cosa volevano. Lui le depositò un bacio sulla tempia e sorrise a qualcosa che lei aveva detto. Ordinarono e si misero in attesa del gelato.

Edward mi beccò a fissarli. “Hai davvero un bel sorriso. I sorrisi ti donano.”

Non avevo realizzato di star sorridendo. Sentii la faccia bollente, il calore che si diffondeva giù per il collo per via del suo complimento. Lui si fece più vicino, così vicino che in effetti riuscivo a sentire la frescura del suo respiro sulle guance.

Che cos’è che ti fa sorridere?” mi sussurrò, liquefacendomi in un patetico mucchietto di ormoni poltigliosi di teenager.

Avrei voluto rispondergli con qualcosa di sagace. Qualcosa che lo facesse ridere, ma non riuscivo a pensare lucidamente. Rimasi seduta lì, senza parole, mentre la coppia che mi aveva stampato il sorriso in faccia ci passava accanto e l’uomo tirava fuori la sedia per la moglie. Non potevo certo confessargli che erano le buone maniere vecchio stile a farmi sorridere. O che la possibilità di un amore infinito, uno che non si sbriciola malgrado il tempo e le circostanze, mi riempiva il cuore di gioia. Mi avrebbe solo fatto sembrare strana. Ed ero già strana abbastanza.

Immagino di doverlo scoprire da solo, eh?” disse lui, ritraendosi e tornando a occuparsi del proprio gelato. “Beh, a me fa sorridere Forks.”

Forks era l’ultima cosa al mondo che mi faceva venire voglia di sorridere. Era piccola e noiosa. Non ci succedeva mai niente di interessante. Avrei voluto chiedergli perché fosse venuto a vivere lì. Cos’era successo che lo aveva costretto a lasciare la sua famiglia, ma mi sembrava il momento sbagliato per farlo. Eppure, mi scoprii curiosa da morire all’idea di saperne di più di quel ragazzo.

Quindi alla tua vecchia scuola non facevi parte della squadra di basket.”

Lui scosse la testa. “No,” replicò con una risatina. “Niente basket per me. Insomma, e se mi fossi rotto un dito? No, niente sport. Mio padre è un tipo decisamente... ultra protettivo, sì, credo sia la definizione giusta.” Continuò a leccare il gelato, con lo sguardo fisso sul tavolo.

Tuo padre non ti permetteva di fare sport? Caspita, penso che mio padre avrebbe ucciso per un figlio maschio. È al settimo cielo da quando Emmett è venuto a vivere da noi. Sono sicura che speri segretamente che Em ottenga una borsa di studio per l’Università di Washington, così da poter andare a tutte le sue partite.”

Io spero che Emmett ottenga ciò che vuole, ciò che lo rende felice.” C’era una durezza nel suo tono di voce che mi fece immediatamente capire che non stavamo affatto parlando né di Emmett né della felicità di Emmett.

Diedi un’altra leccata al mio gelato e poi mi venne in mente una cosa. “Cos’è che rende te felice?”

Edward rimase seduto in silenzio per quella che mi sembrò un’eternità. Lentamente, sollevò la testa e lo sguardo. Quello che vidi nei suoi occhi mi fece venire voglia di gettare il cono per terra in modo da poterlo abbracciare forte. “Mi piacerebbe tanto saperlo,” mi disse in tono tetro.

§*§

Posso accompagnarti a casa?” chiese, quando finimmo i nostri gelati.

Ho la macchina. Jake vive a La Push.” Il fatto che le nostre strade dovessero separarsi mi faceva sentire strana. Non riuscivo a dare un nome a quella sensazione. Ero... delusa? Oh cielo, c’era qualcosa che non andava in me. “Vuoi un passaggio?”

Edward sorrise e la cosa nel mio stomaco sprizzò di nuovo scintille. Era una sensazione tintinnante e tutta sfarfallante. C’era decisamente qualcosa che non andava in me. Forse stavo covando l’influenza.

Mi piacerebbe molto.”

A chi arriva prima!” esclamò Jake, e corse verso la macchina.

Bel tentativo, vecchio mio, ma mio papà è un poliziotto, e sono sicura che tu non abbia ancora l’età per sederti sul sedile davanti.”

Aw, andiamo, Bella! Non sono più un poppante!” protestò lui.

Lo so che non lo sei, ma non ti sederai davanti.”

Entrammo in macchina, e Edward si teneva la palla da basket in grembo. Non potei fare a meno di notare le lunghe dita appoggiate alla superficie della palla. Edward aveva delle belle mani. Mani che avevano l’aria di saper fare un sacco di cose. Cose che avrebbero potuto farmi dimenticare persino come mi chiamavo. Dovevo smetterla di pensare alle sue mani. E alle sue dita. Oh mio Dio, le sue dita.

Allora, come mai tuo padre sarebbe così protettivo nei confronti delle tue dita?” La domanda sembrava molto più naturale nella mia testa.

Edward abbassò lo sguardo sulla palla. Le sue orecchie si tinsero di rosa, ma vidi con la coda dell’occhio che gli angoli della bocca gli si erano curvati verso l’alto. “Uhm, mi aiutano a prevedere il tempo.”

Sì, certo.” Ci risiamo. Evidentemente si credeva molto divertente.

No, sul serio. Pensavo che una come te lo sapesse che è dimostrato che le persone che soffrono di artrite possono avvertire quando c’è un cambiamento della pressione barometrica, basandosi sull’intensità del proprio dolore. L’ho controllato. È vero.”

No che non l’hai fatto.”

Sì invece.” Adesso mi stava sorridendo. Avevo lo stomaco fuori controllo. Era colpa del gelato o il modo in cui il sorriso lo illuminava tutto? Maledizione.

Quindi tuo padre aveva paura che ti venisse l’artrite, o voleva che ti venisse in modo che potessi prevedere quando sta per piovere? Non capisco,” dissi, cercando di stare al gioco.

Edward rise, e a me sarebbe piaciuto registrare quella risata e metterla in loop in modo da poterla ascoltare per sempre. “Non saprei. Non mi sto spiegando granché bene, vero?”

No, fai schifo a basket e a spiegare le cose. Era meglio se tornavi a casa a piedi,” cinguettò Jake dal sedile posteriore.

Bel tentativo, Jake.” Gli scoccai un’occhiata da babysitter attraverso lo specchietto retrovisore.

Non sposarlo, Bella.”

Rischiai di bruciare uno stop, mentre Edward la prendeva con filosofia e scoppiava a ridere come se sul sedile posteriore si trovasse il più divertente comico d’America. Sposarlo? Dio, ma se eravamo a malapena amici. I bambini non hanno idea di come funzionino davvero le relazioni. Tutta colpa della Disney.

Edward saltò fuori dalla macchina non appena ebbi parcheggiato di fronte a casa sua. “Grazie dello strappo,” disse, sorridendo dolcemente e causandomi così apparentemente qualche disordine intestinale. Mi mandava fuori di testa tutte le volte che mi scoccava quel sorrisetto da cattivo ragazzo. Poi piegò la testa e si voltò verso il sedile posteriore. “A presto, Jake. Grazie per avermi dato filo da torcere giù al campo da basket. La prossima volta però te la faccio vedere io.”

Aspetta e spera, viso pallido.”

Edward si allontanò corricchiando, salì gli scalini e andò dritto verso casa, rivolgendomi un ultimo cenno della mano prima di sparirci dentro.

Che razza di marshmallow,” commentò Jake con disgusto. “Scommetto che a basket persino mio papà sulla sedia a rotelle riuscirebbe a fargli brutto. È proprio scarso.”

A me non dispiacciono i marshmallow.” Gli rivolsi un sorrisetto nello specchio. “Sono dolci e appiccicosi.”

Che schifo.”

La mia risata riempì l’abitacolo mentre ci dirigevamo verso La Push. Un marshmallow, una bella tempesta, qualsiasi cosa fosse, Edward Cullen cominciava a mettere radici nel mio cuore. Poco ma sicuro.



Ciao a tutte! Prima di ogni cosa, grazie mille per le recensioni al primo capitolo. Spero che questi nuovi Edward e Bella, un po’ nerd, vi piacciano quanto piacciono a me ;-) Se tutto va bene, dovrei riuscire a mantenere una cadenza settimanale per gli aggiornamenti.

Nel prossimo capitolo, Custodia congiunta

Sembra che Lauren abbia smesso di cercare di rubare Emmett a Rosalie, e che ora abbia puntato il suo cuginetto. Certo che a quella manca proprio l’istinto primitivo di autoconservazione.” Angela buttò le sue cose sul banco vicino al mio.

Tirai fuori una matita dall’astuccio e tamburellai la gommina sul banco. “E perché a Rosalie dovrebbe importare chi va dietro a suo cugino?”

Non hai sentito?” Angela si sedette, incrociando le gambe a lato del banco. Abbassò la voce come se stesse confidando una specie di segreto. “Rosalie ha subito messo in chiaro che Edward è off limits. Nessuna deve provarci con lui.”

Aggrottai la fronte. “Che strano. E da quando in qua Rosalie avrebbe il diritto di mettere il becco negli affari suoi?”

Ho sentito dire che è molto protettiva nei suoi confronti e non vuole che la Brigata delle Stronze se lo mastichi per poi sputarlo fuori.”

   
 
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