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Autore: LaniePaciock    06/07/2012    8 recensioni
Rick e Kate finalmente c’è l’hanno fatta, ma a che prezzo? Le dimissioni, la rottura tra Esposito e Ryan… Kate pensava di smettere, di essere in salvo, ma se venisse assassinato Smith? Se fosse di nuovo in pericolo? Ma soprattutto, cosa succederebbe se l’uomo misterioso di nome Smith non fosse stato l’unico a ricevere i fascicoli sul caso Beckett da Montgomery?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rick's dad'
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Cap.11 Seconde possibilità

Mi sta dicendo che il Capo della Polizia dello Stato di New York è il drago??
A quelle parole le dita dello scrittore si chiusero, senza accorgersene, sulla spalla della detective, quasi a farle male. Beckett però percepì solo in parte quella stretta, causata dallo sbalordimento per la notizia che era appena stata sbattuta loro in faccia. Senza doversi girare a guardare Rick in volto, sapeva inconsciamente che l’espressione dell’uomo doveva essere identica alla sua. Occhi sgranati e bocca aperta. Come… come è possibile…? pensò Kate, stupefatta. In quel momento era incapace di connettere altri concetti se non Capo della Polizia e drago. E in realtà non riusciva a capacitarsi che potessero essere pronunciati nella stessa frase.
Alexis passò lo sguardo su ognuno dei presenti, confusa e allarmata. Capiva che la situazione era grave, ma non fino a che punto. Nessuno le aveva mai spiegato niente su questo ‘drago’, nemmeno suo padre. Da come ne parlavano pochi minuti prima, aveva compreso almeno un paio di cose su questo essere. Aveva avuto a che fare con la morte della madre di Kate, aveva ordinato più di un assassinio, era un ricattatore ed era riuscito a nascondere la sua identità fino a quel momento. Il quadro generale le aveva dato l’idea di un tipo pericoloso e sconosciuto… ma allora perché Alex aveva appena detto che era il capo della polizia? Come poteva essere? Guardò sua nonna, sperando forse di vedere un’altra faccia confusa oltre la sua. Ma anche lei sembrava stupita da quella rivelazione quasi quanto suo padre e Kate. Quindi anche l’attrice sapeva cose che lei ignorava. Spostò lo sguardo su Alex. Tully sembrava la personificazione della calma. Gli occhi dell’uomo erano ancora puntati in quelli della detective, come se volesse leggerle dentro i suoi pensieri.
La ragazza era a disagio. Non sapeva se era il caso di chiedere spiegazioni o meno. Prima che qualcuno potesse aprire bocca però, la porta della sala interrogatori si spalancò all’improvviso e andò a cozzare violentemente contro il muro, facendoli sobbalzare. Il capitano Gates entrò a grandi passi dentro la stanza, puntando direttamente all’ex-agente CIA. Il suo sguardo era furente. Ryan ed Esposito erano appena dietro la donna, ma il loro atteggiamento era completamente differente. Le loro facce erano sconvolte e stupite, e sembravano anche un po’ intimoriti dalla furia di ‘Iron’ Gates. Prima che qualcuno potesse muovere un muscolo, il capitano si ergeva già davanti a Tully e gli puntava un dito in mezzo al petto, quasi a volerglielo forare. Tully era riuscito a malapena a portare un braccio davanti a Martha accanto a lui, nel tentativo di nasconderla dall’impeto della donna. Comunque non sarebbe servito. L’ira di Victoria Gates era esclusivamente rivolta a lui.
“Lei…” sibilò rabbiosa. Si fermò un secondo, accorgendosi dello spettacolo che stava dando, e fece un breve respiro per calmarsi. Non smise comunque di puntagli l’indice addosso con forza. “Spero che lei abbia delle prove ben concrete per verificare quello che ha appena dichiarato.” Ora era più controllata, ma dai suoi gesti bruschi era ben visibile la rabbia nascosta. “Franklin Spark Junior è stato uno dei migliori detective che la polizia abbia mai avuto” dichiarò quindi con forza. Tully fece un sonoro sbuffo.
“Uno dei migliori detective che la polizia abbia mai avuto è seduta esattamente davanti a me!” replicò con lo stesso tono, indicando con gesto della mano Kate dall’altra parte del tavolo. Beckett rimase per un momento spiazzata da quel complimento. Arrossì appena nonostante la situazione. “E per nostra fortuna non assomiglia per niente a quel traditore della divisa” continuò Tully. La Gates lo avrebbe fulminato con lo sguardo in quello stesso istante se avesse potuto. “E comunque ho le prove” aggiunse con un tono che voleva mettere a tacere ogni dubbio. “I documenti che mi ha spedito Roy. Li ho avuti per le mani per un anno e li ho studiati approfonditamente. Non mi sarei mai azzardato a fare un’accusa così grave se non sapessi esattamente chi c’è dietro. Mi dispiace distruggere così un uomo che ammirava e rispettava, capitano Gates, ma non sempre le persone sono quello che crediamo che siano. Forse ai tempi era un uomo migliore. Forse i soldi e l’opportunità lo hanno cambiato. Il gesto che fece anni fa indubbiamente salvò la vita di suo padre, ma…” La Gates si allontanò immediatamente da lui di un passo, ritirando la mano puntata come si fosse scottata, stupita. Tully vide e interpretò la reazione della donna. “Sì, so quello che Franklin Spark Junior ha fatto, capitano. Ormai so tutto di lui. So che salvò suo padre. Ma so anche che all’epoca non era ancora detective capo. Era un ragazzino appena entrato in polizia. Il tempo però, ma soprattutto i soldi come ho detto, cambiano le persone.” Tutti ora fissavano stupiti la Gates. La donna sembrava essersi calmata, ma aveva i pugni chiusi e la mascella serrata. Stava riflettendo. Non sapeva neanche lei se credere o meno alle parole dell’uomo.
“Mi porti quei documenti e non farò più alcuna obiezione” disse infine lapidaria dopo qualche secondo. Tully annuì piano. Poi diede un’occhiata distratta al suo orologio da polso.
“Più che giusto” replicò usando un tono disponibile, ma con lo sguardo attento a ogni mossa della donna. “Vuole verificare di persona. In fondo sto accusando un uomo che conosce e so come può sentirsi. Al momento comunque credo di essere impossibilitato a darglieli…”
“Voglio quei documenti” lo fermò bruscamente il capitano, alzando una mano per interrompere le sue scuse. “Oppure non crederò più ad una sola parola di quello che ci sta raccontando. E in quel caso non si aspetti il mio aiuto né quello dei miei uomini, perché lei sarà sbattuto fuori da questo distretto all’istante. Sono stata chiara?” Tully fece un leggero sospiro e annuì. Poi le sorrise stancamente.
“Avrà quelle carte, glielo posso assicurare. Vedrò di portarli già domattina se le va bene. Al momento però sono realmente impossibilitato a prenderli” ripeté. Il tono sembrava quello di un padre che con pazienza tenta di rispondere ai continui ‘perché?’ della figlia.
“Perché?” domandò sospettosa la donna. Tully ridacchiò.
“Beh, diciamo che non li ho lasciati in giro per casa…” Un’occhiataccia della donna lo fece tornare ad un tono più serio. “Sono in una cassetta di sicurezza di una banca qui a New York. Mi duole dirle però che le banche chiudono alle cinque del pomeriggio in questo Stato e ora sono quasi le sei…”
“In una banca?” domandò lo scrittore. “Ma se tu… se lei fosse, diciamo, scomparso prematuramente… come avremmo fatto a prendere quei documenti?” Tully gli sorrise e scosse la testa divertito.
“Richard, ho anch’io le mie assicurazioni” rispose come se fosse la cosa più normale del mondo. “Se fossi morto, allora una persona fidata avrebbe avuto il compito di recuperare quegli incartamenti e spedirli direttamente a voi, insieme a una lettera in cui spiegavo quello che vi ho detto in questa lunga giornata.”
“Immagino però che non avrei trovato scritto che siamo imparentati” commentò gelido Rick. Il sorriso sul volto di Tully svanì all’istante e abbassò la testa addolorato. Sapevano entrambi che quelle parole erano la verità. La Gates a quel punto sospirò, riportando l’attenzione di tutti su di lei.
“Molto bene signor Tully” cominciò incrociando le braccia al petto. “Aspetterò fino a domani per vedere quelle carte. Dopodiché decideremo cosa fare. Ma finché quei documenti non saranno in questo distretto, questo colloquio è finito.” Poi si girò verso i suoi uomini. “Tornate a casa e riposate. Voi due sembrate averne particolarmente bisogno…” continuò guardando con occhio critico Beckett, ancora piena di tagli e lividi, e Castle, le cui occhiaie stavano diventando particolarmente evidenti. “Domattina saremo sicuramente molto più lucidi. E, spero vivamente, più informati. Buonanotte signori” concluse. Quindi uscì dalla stanza e, senza rivolgere più una parola o uno sguardo a nessuno, si chiuse nel suo ufficio.
“Beh, è andata abbastanza bene direi… pensavo l’avrebbe presa peggio” commentò con un sospiro Tully dopo qualche secondo riferendosi al capitano Gates. Rick si passò una mano nei suoi ormai stravolti capelli. Il capitano aveva ragione. La stanchezza stava iniziando a farsi sentire.
“Io direi di fare come ha detto. È il caso di tornare a casa e dormirci su. Godiamoci la tranquillità finché dura” disse in tono sfiancato lo scrittore guardando Kate. La donna annuì e si alzò.
“Esposito, Ryan, andate a casa” ordinò a sua volta ai due detective. “Per ora non c’è più niente da fare a quanto pare”
“Siamo sicuri che non verranno ancora a cercarti per ucciderti?” domandò Esposito nervoso. Rispose Tully al posto della detective.
“Per questa sera no. Ve l’ho detto, è il terzo assassino che viene messo fuori dai giochi e non è così semplice trovare un sostituto. Credo ci vorranno minimo due o tre giorni al drago per reperirne un altro.” Il detective però non era ancora pienamente convinto. Aveva paura per la sua amica, nonché sua collega.
“Quindi sei sicura di non volere alcun tipo di scorta o qualcosa di simile?” chiese Ryan, inquieto anche lui sulle sorti della donna. “Ci basta aumentare la scorta di caffè e noi siamo pronti a stare allerta tutta la notte se necessario. Possiamo piazzarci senza creare scompiglio davanti al tuo portone… o davanti a quello di Castle, dipende” aggiunse subito dopo con un mezzo sorriso malizioso per allentare la tensione, scambiando uno sguardo con Esposito. Kate scosse la testa e arrossì un poco, ma non riuscì a non sorridere con gratitudine ai due partner.
“Non preoccupatevi ragazzi, starò bene” rispose la donna. “Inoltre stavolta avrò con me la pistola. E avete sentito il signor Tully…”
“Per favore chiamami Alex” la interruppe l’ex-agente CIA con un sorriso. Kate lo guardò per un momento, indecisa, poi annuì.
“Dicevo… inoltre avete sentito Alex. Non so se abbiamo due giorni, ma credo anch’io che per stasera le acque saranno calme…” …o almeno spero! sospirò internamente. Non credeva di avere la forza necessaria per respingere un attacco per quella sera. Sentiva su di sé lo sguardo penetrante di Rick. Sapeva cosa stava pensando. Era certa che questa volta l’uomo non si sarebbe staccato da lei neppure per un momento fino alla chiusura del caso. I due detective annuirono poco convinti, ma alla fine augurarono loro la buonanotte e se ne andarono.
“Alex, hai dove andare stanotte?” domandò Martha qualche secondo dopo, mentre si avviavano fuori dalla sala interrogatori. L’uomo alzò le spalle.
“Non proprio. Ma troverò un posto non preoccuparti” rispose con un sorriso rassicurante.
“Perché non vieni da noi?” chiese Alexis senza riuscire a trattenersi. Aveva così tante domande da fargli. “Casa nostra è grande e...”
“Non se ne parla!” dichiarò convinto Rick con un gesto brusco della mano. Ci fu un secondo di silenzio, poi un coro di proteste da parte di sua madre e sua figlia lo sommerse. Lui però sembrava inamovibile. Tully non disse niente. Se lo aspettava. Dopo quello che gli aveva fatto, non voleva certo costringere il figlio alla sua presenza più del dovuto. Aveva bisogno di tempo per accettare la situazione e di certo non l’avrebbe perdonato facilmente.
“Martha, Alexis, siete molto care, ma davvero non c’è né bisogn…” cercò di ribadire Alex.
“Non dire assurdità!” lo bloccò subito l’attrice. “Il padre di mio figlio non dormirà per strada!”
“Mamma, il padre di tuo figlio ha dormito per strada fino ad oggi, quindi può tranquillamente continuare a farlo!” esclamò irritato Rick. La conversazione stava per sfociare in una litigata, quando Kate la interruppe.
“Rick , posso parlarti un attimo?” L’uomo la guardò confuso per un secondo, poi fece un sospiro per calmarsi e annuì. Kate gli fece un gesto con la testa a indicare la sala relax e ci si chiusero dentro. Rick si appoggiò stancamente al tavolo, di spalle alla macchinetta del caffè che lui stesso aveva regalato al distretto quattro anni prima. Kate gli si avvicinò e gli si mise accanto, le braccia conserte, la sua spalla che sfiorava quella dell’uomo. Entrambi avevano lo sguardo puntato al pavimento.
“Credi che dovrei farlo venire a casa mia?” domandò lo scrittore amaramente dopo qualche secondo. Sapeva che era per quello che la donna voleva parlargli. “Anche dopo quello che mi ha fatto?” Non c’era accusa nella sua voce. Non verso Kate. Voleva solo sentire il punto di vista della sua musa. Kate sospirò.
“Vorrei dirti che dovresti farlo venire perché vorrei tenerlo d’occhio, ma ometterei parte della verità” ammise la donna. Rick alzò finalmente gli occhi su di lei, confuso, le sopracciglia aggrottate. Kate si morse il labbro inferiore e lo guardò negli occhi. Quegli occhi blu che ora sembravano più spaesati che mai. “Non ti sto chiedendo di perdonarlo Rick, solo… cercare di capirlo…”
“Cosa c’è da capire? Mi ha abbandonato! Ha preferito il suo lavoro a suo figlio” sputò con rabbia tornando a guardare il pavimento. Poi, non riuscendo a stare fermo, si alzò e iniziò a camminare nervosamente per la sala relax.
“Rick…” lo chiamò la donna. Lo scrittore si bloccò sorpreso e si voltò a guardarla. Aveva percepito in quel richiamo un tono triste e quasi disperato. Kate lo raggiunse e gli prese delicatamente il viso fra le mani. “Lo so che probabilmente non è stato il migliore dei padri, ma è sempre tuo padre. Inoltre a suo modo ti è stato vicino e ora sta cercando di rimediare un po’ alla sua assenza. Capisco la tua rabbia, Rick, davvero, ma… non allontanarlo.” Castle cercò si spostare il viso dalla sua presa. Non voleva sentire altro. Perché non capisce quello che provo?  pensò frustrato. Lei però non gli permise di spostarsi. “Rick guardami” lo chiamò di nuovo la donna dolcemente e ancora con quella nota malinconica. Con i pollici gli carezzava lievemente le guance. “Ti prego.” Lui sospirò e incatenò i suoi occhi blu a quelli di lei. “Stai avendo la possibilità di ricominciare con tuo padre. Di mettere da parte il passato e andare avanti. Io… io non avrò più la stessa possibilità con mia madre…” mormorò. Gli occhi della donna si fecero appena umidi. Lo scrittore finalmente comprese il motivo del tono e delle parole della sua musa e si diede dello stupido mentalmente. Senza volerlo l’aveva ferita. Erano cresciuti entrambi senza un genitore, ma aveva ragione Kate. Lui poteva ricominciare con suo padre, mentre lei non avrebbe più potuto con sua madre. La attirò a sé e la strinse, nascondendo la faccia tra i suoi morbidi capelli, accarezzandole lievemente la schiena con una mano. Voleva farle capire che comunque lei non sarebbe più stata sola. Sentiva il respiro regolare della detective sul suo collo e pensò che in quel lungo giorno, anche una cosa così semplice gli era mancata terribilmente. Rimasero per qualche momento così, restando semplicemente abbracciati a sentire il calore dell’altro sul proprio corpo. Alla fine Kate si staccò leggermente da lui. Lo tirò piano per il colletto della camicia e lo baciò lentamente. Quando furono entrambi a corto d’ossigeno, Kate si allontanò nuovamente da lui lo stretto necessario per poter parlare e guardarlo negli occhi. “Qualunque decisione prenderai, io ti sosterrò comunque” sussurrò. “Ricordati però quello che ti ho detto, ti prego. Non ti chiedo di perdonarlo. Non subito almeno. Ma pensaci. Io non posso avere seconde possibilità, mentre tu sì. Se non fosse stato un caso l’incontrarlo a questo punto? Non mi dici sempre di dare fiducia all’universo?” domandò alzando un sopracciglio. Rick sorrise appena a quelle parole e annuì. Kate gli sorrise dolcemente in risposta. “Resta qui il tempo che ti serve. Io devo passare un momento dalla Gates. Ti aspettiamo di là.” Rick annuì con un sospiro. Kate gli lasciò un ultimo veloce bacio a fior di labbra e uscì, chiudendosi la porta alle spalle in modo da lasciargli un po’ di tranquillità. Rick a quel punto si voltò e si appoggiò di peso con le mani al tavolo, abbassando la testa in avanti, quasi a toccare la macchinetta del caffè con la fronte, pensieroso. Io non posso avere seconde possibilità, mentre tu sì… quelle parole gli ronzavano in testa. E se avesse ragione la sua musa? Se fosse un segno dell’universo? Forse, ma non aveva intenzione di passare uno straccio e lavare via tutto il passato in un colpo solo. Sospirò. Quindi che devo fare? Permettergli di rientrare nella mia vita e in quella della mia famiglia oppure allontanarlo?
 
Kate uscì dalla sala relax e incrociò lo sguardo di Martha, Alexis e Tully accanto alla sua scrivania. Li vide drizzarsi e iniziare ad avvicinarsi a lei, ma la detective alzò una mano, a indicare che dovevano ancora aspettare. Si diresse quindi nell’ufficio del capitano. Bussò e la voce della donna le diede il permesso di entrare. La Gates era seduta rigidamente sulla sua comoda sedia, i gomiti appoggiati ai braccioli e le mani unite davanti al viso. Non era girata in avanti, ma verso un lato della scrivania dove erano accumulate alcune cornici. Prima di allora Beckett non vi aveva mai fatto caso. Erano ritratte diverse persone nelle immagini. La figura di un uomo spiccava più frequentemente delle altre, alcune volte in divisa, altre in abiti normali.
“Voleva chiedermi qualcosa detective?” domandò bruscamente il capitano voltandosi verso di lei e facendola ritornare alla realtà.
“Sì, signore. Volevo sapere se ora il signor Tully è autorizzato a uscire dall’edificio” rispose. Non credeva ci fosse ancora qualche motivo per trattenerlo, ma preferiva chiedere per non avere guai. In fondo Tully aveva sparato a Maddox e non sapeva se il caso era ancora aperto o meno. “Non so come stia procedendo il caso sul mio ferimento e…”
“È stato archiviato come legittima difesa” la fermò subito la donna. “Il signor Tully quindi ora non è più un sospettato. È libero di entrare e uscire anche dagli Stati Uniti se vuole. Ma sappiamo bene entrambe che non lo farà…” commentò lanciandole un’occhiata d’intesa. Kate annuì. La Gates si girò quindi di nuovo verso le foto, lo sguardo pensieroso. Beckett si azzardò a dare un’altra occhiata alle immagini. “Sa chi è l’uomo ritratto in quasi tutte queste foto, detective?” domandò la donna di punto in bianco qualche secondo dopo. Beckett rimase un attimo spiazzata dalla domanda, poi scosse la testa in segno di diniego. “È mio padre” continuò la donna. Kate sgranò gli occhi sorpresa e li puntò nuovamente sulle foto. Le aveva raccontato in passato del fatto che suo padre e suo nonno erano stati in polizia, ma non si aspettava che ora il capitano Gates ne parlasse così apertamente a lei. “Un giorno stava facendo il solito giro di routine insieme al suo partner, un agente appena entrato in polizia. All’improvviso si ritrovarono nel mezzo di una sparatoria fra due gang rivali. Se non fosse stato per quell’semplice poliziotto, quel giorno l’agente Gates non sarebbe rientrato a casa.” Si fermò per un secondo e prese un respiro profondo. Poi si voltò di nuovo verso Beckett, che immobile e a bocca semiaperta ascoltava il racconto. “Quell’agente semplice era Franklin Spark Junior. Mio padre gli deve la vita. Non voglio dovergli dire che il suo salvatore è un insulso ricattatore e assassino. Non senza prove concrete.” Kate annuì, non sapendo cosa dire. Ora poteva ben capire la reazione della donna nella sala interrogatori. La Gates le annuì in risposta, quindi le fece un cenno con la mano alla porta. “Molto bene. Può andare ora. Buonanotte detective.” Beckett quindi salutò e uscì. Quando si dice mai giudicare un libro dalla copertina… pensò Kate, internamente stupita. Decisamente c’è molto più di quello che pensavamo nella Gates. C’è realmente un cuore sotto quello strato di metallo… Alzò la testa e vide Martha, Alexis e Tully. Rick non era ancora uscito dalla sala relax.  Si avvicinò loro e parlarono qualche minuto, finché lo scrittore finalmente non si fece vedere all’esterno della saletta. Tutti attendevano la sua decisione. In fondo la casa era sua ed era quello maggiormente colpito forse dalla vicenda. Rick andò loro incontro e si fermò a pochi passi di distanza.
“Allora? Può venire?” chiese Alexis impaziente. Tully e Martha erano tesi e silenziosi. Castle scambiò uno sguardo con Kate. Quindi sospirò e annuì. “Sì!! Grazie papà!” esclamò subito la figlia abbracciandolo. L’ex-agente rimase un po’ sorpreso all’inizio, ma sorrise riconoscente.
“Grazie ragazzo” mormorò sinceramente.
“Non ringraziarmi” replicò Rick con freddezza, mentre Alexis si staccava da lui. “Lo faccio per mia madre e mia figlia. E forse anche un po’ per andare incontro all’universo…” aggiunse un po’ più caldamente girandosi a guardare la sua musa negli occhi. Nessuno comprese la sua ultima frase tranne Kate che scosse la testa, ma con un sorriso dolce sulle labbra.
“Beh, andiamo allora!” esclamò Martha felice dopo qualche secondo prendendo a braccetto Tully. Alexis si mise subito dall’altra parte dell’uomo e insieme si avviarono chiacchierando all’ascensore. Sembrava che i problemi di quel giorno non fossero mai esistiti. Kate sospirò e osservò con un piccolo sorriso quella compagnia allegra. Recuperò quindi cellulare e chiavi dalla sua scrivania insieme alla giacca. All’improvviso sentì la presenza di Rick dietro sé e il braccio dell’uomo le circondò la vita.
“Non lo chiamerò papà” mormorò lo scrittore. Il respiro caldo dell’uomo a diretto contatto con il suo orecchio la fece rabbrividire. Si voltò verso di lui.
“Nessuno ti chiede di farlo” sussurrò lei in risposta, alzando una mano e carezzandogli lievemente una guancia.
 
Nonostante Rick cercasse di interagire il meno possibile con Tully, la cena fu comunque piacevole. Lo scrittore si era fatto aiutare da Kate in cucina e insieme avevano creato un menù squisito. Per tutta la sera nessuno parlò del caso. Ci sarebbe stato tempo in seguito. Per il momento si stavano solo godendo la serata, chi più, chi meno. Alex fu completamente sommerso di domande da Martha e dalla nipote. Volevano sapere tutto quello che aveva fatto in quegli anni, i posti che aveva visitato, la cosa più strana che avesse mai mangiato, il suo colore preferito... Insomma ogni cosa passasse per la mente delle due donne. L’uomo cercò sempre di rispondere, costantemente con un sorriso affabile in volto, ma si rivelò più difficile del previsto. La sua vita era stata prevalentemente la CIA. E scoprirono che più di metà delle sue operazioni erano top secret, quindi riuscirono a ricavare solo alcuni dettagli e piccole vicende della vita di Alex. Comunque tutte cose di poco conto e che erano sempre ben lontane dal suo lavoro. Qualche domanda riguardò anche Richard, ma l’umore di entrambi gli uomini sembrava cambiare in quei brevi momenti. Tully si intristiva, mentre lo scrittore si incupiva e iniziava a stringere qualunque cosa avesse in mano. Così nonna e nipote si accordarono tacitamente di non chiedere altro su quel tema. Rick non domandò nulla. Non commentava neppure. Di tanto in tanto sbuffava. Sembrava non ascoltasse, ma Kate era sicura che invece non si perdesse una sola parola. Per quanto non volesse ammetterlo, anche lo scrittore era avido di sapere. Dopo cena si trasferirono in salone per continuare a parlare comodamente. Alex, Martha e Alexis si sedettero su un divano con l’uomo al centro, mentre Rick e Kate occuparono l’altro.
Era quasi mezzanotte quando Rick disse che forse era il caso di andare a dormire. Era davvero stanco. Inoltre era sicuro che anche Kate non vedesse l’ora di riposarsi in un comodo letto. L’aveva sentita lanciare un piccolo gemito di dolore quando si erano seduti e lui l’aveva attirata a sé posandogli un braccio sulle spalle. La giornata era stata pesante e non si era riposata un momento. I colpi ricevuti dovevano dolerle parecchio. I tagli al viso erano rossi e sembravano quasi faticare a cicatrizzarsi. Il livido all’occhio spiccava scuro sulla sua pelle più che mai e Rick sapeva bene che era per nasconderlo un po’ alla vista che la donna aveva appoggiato la guancia alla sua spalla.
Alexis mugugnò triste quando vide l’ora. Sarebbe voluta rimanere alzata ancora per apprendere più cose di quel ramo della sua famiglia che non aveva mai avuto l’opportunità di conoscere. Ma ci sarebbe stato tempo nei giorni a seguire. Così sospirò, salutò tutti i presenti e salì le scale per andare a dormire. Appena Alexis sparì al piano di sopra, Kate si alzò dal divano e rimase un momento ferma lì in piedi, indecisa.
“Forse… forse è il caso che vada…” mormorò imbarazzata. Si sentiva a disagio a rimanere in casa Castle con tutti i componenti della famiglia. Rick si alzò di scatto e le si parò davanti, nel viso uno sguardo da cucciolo bastonato. Prima che l’uomo potesse dire niente però, Tully intervenne.
“Kate, se è per la nostra presenza in casa che non vuoi rimanere allora non preoccuparti. Rimarremo tranquilli nelle nostre camere con le porte ben chiuse…” disse ridacchiando malizioso. Castle lo fulminò con lo sguardo, mentre la detective arrossì. C’era da dire che avevano bevuto un po’ quella sera, soprattutto lui e l’attrice. Un bel po’. Sembravano davvero fatti l’uno per l’altra sotto quel punto di vista. L’ex-agente si beccò un colpetto sul braccio da parte di Martha insieme a un lieve rimprovero.
“Lasciali stare, Alex!” esclamò l’attrice. Prima che scrittore e musa potessero emettere un sospiro di sollievo però, la donna continuò. “Almeno per stasera intendo… E poi guarda come sono conciati, poveri cari. È una buona notte di sonno quello che gli ci vuole! Ad altre attività possono sempre pensarci da domani.” Rick sbuffò. Poi senza preavviso prese Kate per mano e si allontanò con lei di qualche passo da Martha e Tully, in modo da essere fuori dalla loro visuale, ma soprattutto fuori dalla loro portata d’orecchio. Anche da quella posizione sentivano i due sul divano ridacchiare come ragazzini. Lo scrittore si domandò per un momento se fosse il vino o le emozioni della giornata a renderli così.
Kate si lasciò guidare da Rick, le sopracciglia leggermente aggrottate. Arrivati a destinazione, l’uomo controllò che i due ‘anziani’ non potessero vederli. Quindi si girò verso Kate, si avvicinò a lei e le alzò delicatamente il mento perché lo guardasse negli occhi.
“Vorrei che restassi…” sussurrò l’uomo dolcemente, spostando la mano e carezzandole appena con un pollice la guancia. L’altra mano teneva saldamente quella della donna, quasi per paura che scappasse. Prima che Kate potesse ribattere, continuò. “Vorrei che restassi, Kate, ma non vorrei che ti sentissi a disagio perché ci sono mia madre, mia figlia e… e Tully. Vorrei dirti che tanto ormai tutti sanno di noi e che commenteranno comunque, ma so che non basterebbe a toglierti dall’imbarazzo. Quindi se vuoi tornare a casa, allora va bene. Ma…” La donna alzò un sopracciglio. C’era sempre un ‘ma’. Rick ridacchiò vedendo la sua espressione sospettosa. Si avvicinò e sfiorò la punta del naso della donna con il suo. “Ma permettimi di accompagnarti e restare con te. Perché ho bisogno di te.” Kate socchiuse la bocca nel sentire quelle parole e trattenne per un momento il respiro. Nonostante stessero insieme già da diversi giorni, sentire certe frasi da lui aveva sempre il potere di scombussolarla. Rick fece un mezzo sorriso e appoggiò la sua fronte a quella della donna, respirando il profumo di ciliegie. “Vorrei dirti che lo faccio perché voglio controllare che tu stia bene, ma non sarei completamente sincero” sussurrò, copiando quasi le parole che lei gli aveva detto nella sala relax. “Sai, credo di avere una caratteristica che mi eguaglia ad Alex Tully in questo caso…” aggiunse poi come sovrappensiero. Kate aggrottò le sopracciglia. Non l’aveva ancora mai sentito cercare somiglianze con il padre. Lo scrittore sorrise dolcemente. “Sono anch’io un egoista. Ho bisogno di te Kate. Voglio stringerti di nuovo a me questa notte, dormire e svegliarmi con te accanto. Voglio poterti baciare fino a non avere più fiato e la mattina preparati caffè e pancakes…” Kate era completamente rapita dalle parole dell’uomo. Chiuse gli occhi senza accorgersene quando vide il volto di Rick avvicinarsi ulteriormente al suo, come a volerla baciare. Ma lo scrittore deviò dalla sua bocca e le lasciò un leggero bacio sulla guancia e uno sull’orecchio, dove si fermò. “Mi sono dovuto trattenere tutto il giorno dopo quello che è successo, ma stanotte no” mormorò l’uomo. “Stanotte ti voglio solo per me. E il mondo là fuori può anche andare a quel paese. Né un insignificante drago né una pazza famiglia mi impediranno di stare con te ancora, non dopo tutto il tempo che abbiamo aspettato. Tranquilla detective, le mie intenzioni per stanotte sono pure e caste, non preoccuparti” sussurrò ridacchiando malizioso. Kate rabbrividì al soffio del suo respiro caldo sul collo. “Direi che siamo entrambi troppo stanchi per altro… purtroppo…” L’ultima parola la sussurrò a mezza voce e Kate non riuscì a non ridacchiare. “Inoltre tu sei uscita stamattina dall’ospedale. Dovresti stare a riposo. Su una cosa comunque mia madre ha ragione. Da domani potremo fare anche altro, tutto l’altro che ci viene in mente… E non vedo l’ora…” mormorò malizioso lasciandole un altro piccolo bacio sull’orecchio. Un lieve gemito scappò dalla bocca di Kate che si morse il labbro inferiore. “Ma per stanotte… per stanotte, ti prego… permettimi solo di stare con te. Ovunque tu voglia” concluse dolcemente staccandosi da lei quel tanto che bastava per guardarla negli occhi. Kate si morse ancora il labbro inferiore perdendosi per qualche secondo nei suoi occhi blu. Era tentata. Estremamente tentata. La presenza della famiglia Castle sembrava un problema lontano. E la vicinanza dello scrittore di certo non la aiutava a ragionare lucidamente. Alla fine sospirò e annuì.
“Resto” disse solo con un piccolo sorriso e le guance un po’ rosse. Il volto di Rick si aprì in un fantastico sorriso. L’uomo si avvicinò di nuovo a lei e stavolta la baciò sulle labbra. Un bacio lento, carico di gratitudine per qual piccolo favore neanche troppo pesante da sopportare.
“Ti amo” le mormorò sulle labbra quando si staccò. Tornarono quindi nel salone, augurarono la buonanotte a due ancora ghignanti Martha e Alex e si ritirarono velocemente nella camera dello scrittore. Rick forse aveva paura che la donna potesse cambiare idea durante il percorso tra il salone, il suo studio e la sua camera, perché non le lasciò mai la mano. Ma l’idea di andarsene, ovviamente, non la sfiorò nemmeno.

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Xiao!! :D
Allora... finalmente questa luuunga giornata è finita! X) 
Il caso è stato messo un po' da parte stavolta... E si scopre anche un pezzettino della vita di Victoria Gates e, guarda un po', suo padre è stato salvato da niente di meno che il tipo che sarà soprannominato il 'drago'! X)
Rick ha scelto di ascoltare un poco l'universo (o sarebbe meglio dire il suo universo...) e ha deciso di accogliere Tully a casa sua! Va lì che Alex e Martha sono la coppia perfetta anche in fatto di bevute... XD
E la sera... beh, forse non ci saranno "fireworks" (come dice il caro Richard Castle nei suoi commenti twitter del quattro luglio), visto come sono distrutti, ma almeno saranno insieme! XD
Al solito ditemi che ne pensate!!! :D:D:D
Al prossimo capitolo!!! ;)
Lanie
ps: piccolo spoiler per il prossimo capitolo: la giornata è finita... ma chi dice che la notte finirà qui............?? XDXD
  
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