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Autore: minteyer    06/07/2012    14 recensioni
Odiare un qualcosa e dipendere da esso, è quello che succede la maggior parte delle volte nella vita.
Ma non sempre è un male dipendere da qualcosa di piacevole, non sempre è un male venire attratti dal dolce richiamo di ciò che, anche per un semplice ed inutile motivo, ci ostiniamo ad odiare.
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Tratto dal terzo capitolo.
“Voi ragazzi siete tutti così, pensate solo con quel coso in mezzo alle gambe e mai con la testa”
Sussurrai stringendo i denti e rialzando lo sguardo verso di lui.
Ammazzarlo, ecco cosa volevo.
“Voi ragazze mi sembrate accettare con estremo piacere quel coso che abbiamo in mezzo alle gambe
“Porco”
“Zitella”
“Maniaco”
“Verginella”
“Ti piglio a schiaffi”
“Interessante”
Si alzò alla mia minaccia e mi si avvicinò pericolosamente.
“Provaci”
Continuò in un sussurro, ed io alzai il braccio intenta a colpirlo.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 3: Che l'inferno abbia inizio




E alla fine la mia vita cambiò nel peggiore degli incubi, in un solo mese.
“Montaleni, un bambino dell’asilo disegnerebbe meglio, e pensare che di fianco a te hai una delle più brave della classe”
Guardai il professore sbuffare mentre brandiva l’ennesimo disegno mal riuscito del mio odioso compagno di banco.
Sorrisi vittoriosa trattenendo una sonora risata in gola.
“Mi scusi prof, ma la mia compagna ha la rabbia”
Lo fulminai con lo sguardo.
Battei una mano sul banco alzandomi in piedi e guardandolo male.
“Io non ho la rabbia!”
Quasi urlai, trattenendo a stento la collera.
Più che altro, trattenendo la voglia di mettergli le mani addosso, e non certo per delle carezze leggere.
Anzi, delle carezze che avrebbero potuto lasciargli dei lividi.
“Vedo che andate d’amore e d’accordo”
Sorrise sornione il professor Afeltra.
Professore di storia dell’arte e disegno della mia sezione fin da quando ero arrivata al secondo anno.
“Certo prof, d’amore e d’accordo come cane e gatto”
Ribatté Vincenzo, uno dei ragazzi che fin da subito erano diventati pappa e ciccia con quel sadico di Montaleni.
Tutti scoppiarono a ridere ed io mi misi di nuovo a sedere più angosciata e rassegnata che mai.
“Dopo la gentile constatazione del carissimo Oliva, proporrei a quest’ultimo di studiare per levarsi quel tre che ha fisso con me sin dai principi della nascita dell’uomo”
Lo ghiacciò subito il professore e guardai il mio compagno, seduto nella fila opposta, ingoiare quanta più saliva possibile.
Avevo sempre stimato l’Afeltra, ma mai come in quel momento.
“E proporrei inoltre a Montaleni di esercitarsi in disegno per non rovinare la sua già scarsa media di voti con il sottoscritto”
Continuò l’uomo alzandosi dalla cattedra e prendendo un gessetto da sopra il davanzale verde e lucido della finestra chiusa.
Pioveva, davvero tanto.
E me ne accorsi soltanto dopo che il mio sguardo cadde sul vetro sporco ed opaco, colpito dalle precipitose e irruente gocce di pioggia.
“Prof se sono così scarso in disegno non posso farci niente”
Montaleni scrollò le spalle annoiato, quasi non gliene importasse nulla che quella fosse l’unica materia dove andava da schifo.
E per lo più con uno dei professori più esigenti e stimati di tutta la scuola.
“Vieni e disegnami una pera”
Il professore si aggiusto gli occhiali rossi alzandoseli di più sul naso e fissandolo truce.
“E cosa dovrei dimostrare in questo modo?”
Il ragazzo si alzò e andò alla lavagna afferrando il gessetto dalle mani del professore e iniziò a disegnare sin da subito.
Guardai la scena divertita, sapendo già che da lì a poco sarebbe nata una baraonda per la figura compromettente, tracciata a linee bianche sulla lavagna.
“E questa sarebbe?”
Il prof inarcò un sopracciglio poggiando minaccioso le mani sui fianchi.
“Una pera”
“Cositore vieni tu”
Mi alzai soddisfatta, aspettavo quel momento da quando lo aveva chiamato alla lavagna.
Un’occasione d’oro per mettere quello sbruffone in ridicolo.
Mi avvicinai alla lavagna e guardai la figura che sembrava tutto tranne che una pera.
Ridacchiai afferrando il gessetto che mi porse l’Afeltra.
“Disegna una pera”
“Che bisogno c’è di fargliela disegnare? L’ho già fatta io”
“Zitto Montaleni, quello che hai disegnato tu, è lo stesso luogo che usi per pensare”
Sentì tutti ridere alla battuta del prof mentre il moro affianco a me si spostò bruscamente per farmi spazio.
Aveva un’aria decisamente irritata.
Goduria.
“Cositore smetti di fissare il tuo compagno e disegna questa pera, avanti”
Mi scostai dai miei pensieri e guardai truce il professore che intanto rideva insieme a tutti i miei compagni.
Una pera.
Dovevo disegnare una pera.
Sbuffai, cercando di immaginarla mentalmente e poi la disegnai facendo attenzione ai dettagli.
Una volta finita quella dannata pera mi scostai dalla lavagna per permette al professore di controllare.
“Bene, a quanto vedo possiamo fare questa prova”
M’irrigidì inarcando un sopracciglio in segno di domanda.
“Che prova, prof?”
Guardai tutti parlare all’unisono.
Eravamo diciannove in classe e molto affiatati davvero.
Ovviamente solamente in pochi casi.
“Cositore insegnagli a disegnare, ti do fino al trentuno ottobre, e poi constaterò se ci sono stati dei miglioramenti o meno”
“No senta professore, io non..”
Iniziai a parlare, fermamente convinta nel mostrare il mio disappunto sulla questione.
“Mi dispiace io non prendo lezioni da una così. Non mi potete dare qualcun’altra invece di Cositore?”
Spezzai il gessetto in una mano, frantumandolo in mille pezzetti, quando Montaleni m’interruppe.
“Ed io non voglio dare lezioni ad uno che non sa nemmeno tenere una matita in mano”
“Mi dispiace, ho già deciso e se non volete prendere brutti voti o giù di lì vi consiglio vivamente di collaborare”
Avevo stima per quel professore?
No, era stata soltanto ipocrisia pensare una cosa simile.
Avrei voluto frantumare le ossa del prof e del mio vicino di banco, non quel povero e innocente pezzo di gesso.
Ritornai a posto aspettando che finalmente terminasse quella fottuta quarta ora e uscire da quella prigione.
Ora se non aiutavo quell’idiota il mio voto sarebbe sceso terribilmente.
Mi accasciai con la testa sul banco e sentii qualcuno sedersi sulla sedia affianco alla mia e sbuffare rumorosamente.
“Non sei tu quella che deve insegnare ad un coglione”
“Non sei tu quello che deve sprecare il suo tempo inutilmente con una zitella acida”
“Fanculo”
Mi alzai di scatto non appena sentii la campanella suonare.
Afferrai veloce lo zaino e me lo misi in spalla, si, in quarta liceo avevo lo zaino e non la borsa piena di trucchi.
“Quando ci vediamo?”
Sorrisi tirata quando notai che il professore ci stava fissando.
Mai mettersi contro il vice-preside.
“A casa mia, non credo proprio”
“Ok, ho capito, fatti trovare alle tre davanti alla mia porta”
“Se, va beh. Ciao”
Lo fermai afferrandolo per una manica della maglia.
“Senti, io non piaccio a te e tu non piaci a me, ma cerchiamo di collaborare perché non voglio andare male in due materie, me ne basta una soltanto”
Dissi guardandolo fermamente mentre tutti gli altri erano già andati via.
Dolores non era neanche venuta quel giorno, quindi avrei dovuto fare la strada da sola.
Levò la manica dalla presa delle mie dita con  uno strattone.
“Ci vediamo alle tre, Cositore”
“E’ il mio cognome, non un insulto, smettila di dirlo in quel modo!”
M’impuntai guardandolo male.
Lo vidi voltarsi e uscire fuori dalla classe, senza spiccare neanche una parola.
Sospirai amaramente.
Sarebbe stato un lungo pomeriggio.
 
Le tre.
Le tre e un quarto, e ancora non si era fatto vivo.
Guardai l’orologio in cucina avanzare di ogni minuto.
Dove diamine si era cacciato quel cretino?
Eppure non mi sembrava che ci fossero miglia e miglia da fare per arrivare alla mia fottuta porta.
Guardai ancora l’orologio.
Dire che ero irritata era poco.
Sentii bussare e andai ad aprire infuriata.
Gliene avrei cantate quattro, anzi forse anche otto o sedici.
Aprii la porta e lo guardai strabuzzando gli occhi.
“Che hai fatto alla faccia?”
Aveva un labbro leggermente spaccato e un livido sul mento.
“Sono caduto dal motorino”
Mi gelò con uno sguardo di ghiaccio, entrando in casa mia senza neanche un piccolo saluto.
Non che io lo avessi propriamente salutato, però.
Si diresse verso la cucina ma lo fermai indicandogli la mia stanza.
C’era già entrato d’altronde e mi annoiava il fatto di scarrozzare matite, colori e fogli da una stanza all’altra.
Lo guardai cambiare direzione e dalla porta lo intravidi sedersi sul mio letto e messaggiare col telefono annoiato.
Aveva il motorino, quindi non avrei dovuto fare mosse sbagliate o avrebbe potuto investirmi.
Scoppiai a ridere con quello strano pensiero per la testa e andai in bagno prendendo un po’ d’ovatta e dell’acqua ossigenata.
Non che me ne fregasse molto, ma avevo sempre avuto un animo abbastanza altruista.
Entrai in camera e lui non mi notò minimamente.
“Alza il mento, idiota”
Sorrisi divertita imbevendo un po’ d’ovatta.
Lui rialzò il volto dallo schermo del suo telefono e mi guardò perplessa.
“Che vuoi fare?”
“Disinfettarti i graffi essendo che sei così cretino da cadere dal tuo mezzo di trasporto”
“Non sono cazzi tuoi”
Mi fulminò con quei suoi occhi verdi, dello stesso colore di due foglie di menta.
Sbuffai e mi avvicinai a lui alzandogli il mento con una mano, in un gesto davvero poco gentile.
“Ahia! Ma che cazzo fai?”
“Vedi di non fare in bambino e fatti pulire questi graffi”
Gli tamponai leggermente l’angolo delle labbra e il mento sentendo alcuni ghigni sommessi provenienti dalla sua gola.
“Non sei per niente delicata”
“Se collaborassi invece di fare la ragazzina impaurita, non sentiresti tanto bruciore”
“Lasciami”
Si scostò bruscamente lasciandomi con il batuffolo, un po’ sporco di sangue, a mezz’aria.
“Preferiresti un’altra infermiera, lo so..”
Sussurrai acida prendendo l’acqua ossigenata e spostandola sul davanzale della finestra.
“Hai capito bene”
Incrociò le braccia guardandomi male.
Le sue spalle larghe erano ben disegnate nel blu di quella maglia che indossava.
“Iniziamo a disegnare, che prima iniziamo e prima te ne vai”
Dissi buttando l’ovatta nel cestino sotto la scrivania e presi alcuni dei miei fogli dall’album di disegno.
Gli insegnai come tenere la matita in mano, perché neanche quello sapeva fare.
E gli insegnai anche come tratteggiare le linee con gentilezza e non premendo come un ossesso.
Il risultato non fu poi tanto male tutto sommato, in tre ore eravamo riusciti a disegnare una pera decente, dopo tre mila uscite in forme a dir poco sconvenienti.
“Ma la smetti di disegnare cazzi?”
Scoppiai a ridere e lui si volto facendomi la linguaccia.
Non era uno studente di quarta liceo, no, lui era un bambino delle elementari.
“Di questo passo diventerò meglio di te, Cositore”
“Non illuderti, tu sei quello che non sa neanche tenere una matita tra le dita”
Incrociai le braccia al petto appoggiandomi allo schienale della sedia.
Quando teneva la bocca chiusa ed era intento a fare altro, era quasi bello da guardare.
Aveva la matita tra le mani e la muoveva lentamente mentre i suoi occhi verdi erano intenti a fissare il disegno con massima accortezza, aveva i capelli in un piccolo ciuffo rialzato verso destra.
Scossi la testa come a cacciare quei pensieri e guardai l’orario segnato sullo screensaver del mio computer fisso.
Le otto e mezza di sera.
Era passato parecchio tempo, ed ero riuscita a fargli disegnare soltanto una pera degna di questo nome.
“Credo che per oggi abbiamo finito”
Sussurrai alzandomi e sgranchendomi la gambe ormai addormentate, per lo stare troppo tempo seduta.
Lui posò la matita e si girò poggiando un braccio sullo schienale della sua sedia.
“Sono diventato un’artista, alla faccia di quel bastardo dell’Afeltra”
“Abbiamo un’altra settimana prima del trentuno”
Dissi guardandolo seria.
“Sei riuscito a disegnare a stento una pera, devi impegnarti di più”
“Ma è mai possibile che avete tutti in testa queste cazzo di pere? Al diavolo!”
“E tu è mai possibile che devi avere sempre questo cazzo in bocca?”
Venni colpita in piena fronte da un gomma.
Mi massaggiai la parte lesa guardandolo male e storcendo il naso.
“Vado, grazie mille prof, per le lezioni di disegno”
Mi schernì con tono ironico alzandosi e aprendo la porta della mia stanza per poi uscire.
“Oh prego, bambino, se la prossima volta sarai altrettanto bravo la maestra ti regalerà un lecca-lecca”
Non rispose alla mia battuta e si diresse verso la porta d’entrata.
L’aprì e uscì senza salutare.
Maleducato, stressante e antipatico.
Mi ci voleva un bel bagno.
Menomale che era venerdì e il giorno dopo, cioè sabato, c’era la visita di certi sportivi che dovevano parlare delle olimpiadi.
Inutile spreco di tempo scolastico.
Ritornai in camera e presi il mio solito pigiama formato da una maglia ormai vecchia di papà e da dei pantaloncini di qualche tuta ormai introvabile.
Presi gli slip e mi diressi in bagno aprendo l’acqua della vasca aspettando che si facesse calda.
“Sei una coccinella bellissima, sorridi guardando tutto. Forse mai nessuno ti osserverà, ma questo a volte conta meno … Molto meno …” (*)
Canticchiai tra me e me chiudendo gli occhi e rilassandomi nell’acqua calda e piena di schiuma.
Era incredibile come un semplice bagno potesse rilassare in quel modo.
Appoggiai la testa al bordo della vasca fissando il soffitto bianco del bagno.
Avrei dovuto portarmi il cellulare, e magari rilassarmi con una canzone di Tiziano o di Bruno Mars.
Mi beai del dolce odore del bagno schiuma al cioccolato e vedendo le mie povere mani raggrinzite per il troppo ammollo, uscii prendendo un asciugamano e cercando di asciugarmi velocemente, per non morire congelata avendo dimenticato di accendere il caldobagno.
Sentii bussare e mi avvolsi nell’asciugamano bianco mettendo le pantofole di fretta e ticchettai verso la porta d’ingresso.
Doveva essere Fioravante che si era dimenticato per l’ennesima volta le chiavi.
D’altronde a quell’ora che poteva essere?
Mai nessuno veniva a farci visita, se non le tante ragazze illuse da mio fratello.
Aprii la porta sentendo le punte bagnate dei capelli, inumidirmi la schiena.
“Fiò, le chiavi quante volte ti ho detto di portartele”
Mi voltai continuando a parlare e dirigendomi di nuovo verso il bagno.
Ma mi fermai non appena non percepii nessuna risposta e sudai freddo voltandomi lentamente, e tenendo l’asciugamano fermo con le mani.
Sbiancai guardando chi c’era davanti a me con le braccia incrociate al petto e un ghigno malizioso in volto.
“Ciao Cositore
“T-Tu che diamine ci fai qui?”
Balbettai tentando di coprirmi alla bel e meglio.
Si avvicinò sorpassandomi ed entrando nella mia camera per poi uscirne poco dopo con il suo cellulare tra le mani.
“Sono contento di aver dimenticato questo”
Disse sventolandomi il suo telefono davanti al volto.
Inghiottii quanta più saliva potevo e mi strinsi ancora di più in quell’asciugamano bianco.
Prima sentivo freddo e ora andavo completamente a fuoco dalla vergogna.
Sentii dei passi dirigersi verso l’uscita e abbassai lo sguardo.
Perché capitavano tutte a me?
“Bel culetto, Cositore
Ridacchiò per poi chiudersi la porta alle spalle e sparire dalla mia visuale.
Maledissi i miei genitori e mio fratello, per essere fuori casa, chi ancora a lavoro e chi alla ricerca di ragazze da scopare.
Me la sarei presa con Fioravante, si, d’altronde se lo meritava per quella pietosa figura di merda che avevo appena fatto, pensando fosse lui.
Ritornai in bagno e mi vestii di fretta.
Starnutii maledicendomi di non aver acceso quel maledetto caldobagno.
L’indomani a scuola sarebbe stata una tragedia, lo sentivo.
 
 

********

 
 
“Ragazzi allora tutti d’accordo per la festa di sabato sera?”
Alessandra, la rappresentante di classe, alta un metro e ottantasei, fisico da modella e viso d’angelo, parlò catturando l’attenzione di tutti.
Dolores mi colpì allo stomaco con una lieve gomitata.
“Oh, ma si fa a casa di Galotto?”
Mi chiese guardando la capoclasse attentamente.
“Eh, si fa da Salvatore”
Dissi massaggiandomi lo stomaco per il fastidio.
Vidi una mano alzarsi dalla parte della cattedra e mi voltai trovando Montaleni con i piedi su quest’ultima e con la mano alzata, mentre con l’altra messaggiare al cellulare.
“E’ che tipo di festa è?”
Chiese annoiato.
Ma mai possibile che non prestava interesse per nulla.
“Gabri, è una festa in maschera”
Disse smielata MariaLaura, sedendosi con le gambe accavallate sulla superficie liscia della cattedra e lo stesso fece la sua inseparabile amichetta, Massa.
Storsi il naso, manco un mese e già si era ingraziato tutti, insegnanti e ochette comprese.
“Gabri, tesoruccio mio adorato è una festa in maschera e io indosserò soltanto la maschera perchè i vestiti non vanno di moda”
Sentii la mia amica Dolores bisbigliarmi all’orecchio e scoppiai a ridere attirando l’attenzione della bionda Abbamonte.
“Che c’è che ti diverte tanto, Aurò?”
“Nulla, nulla”
Agitai le braccia continuando a ridere con Dolores.
“A che ora è la festa?”
“Alle nove e mezza dovrebbe iniziare”
Salvatore parlò passandosi una mano tra i capelli castano scuro.
La porta si spalancò ed entrò la professoressa di latino e storia e geografia.
“Ragazzi a posto, la campanella è suonata! Ricreazione finita!”
Urlò.
Bene, non era neanche entrata e già sbraitava.
Mi staccai dal davanzale della finestra e mi sedetti al mio posto seguita da tutti gli altri.
La giornata non era andata poi così male, niente riferimenti da parte dell’idiota a quello che era successo la sera prima e neanche una parola spiccata con lui.
Anche se tutto sommato era snervante quel silenzio, non ero mai stata abituata a stare zitta per lungo tempo.
“Potresti vestirti come ieri sera, Cositore”
Mi sussurrò il moretto, strappandomi letteralmente via dai miei pensieri e dalle mie speranze di non sentirlo.
“Non sono una delle tue amichette”
“Loro sono meglio”
Disse ridacchiando per poi ricominciare di nuovo a trafficare con il cellulare tra le mani.
Mi aveva scocciato con questi continui paragoni e ghigni idioti.
“Prof..”
“Di soltanto una parola e passi guai seri”
Mi diede un pizzico nascondendo il cellulare sotto al banco.
Gli tirai un calcio sotto al banco facendolo raddrizzare sulla sedia dalla sorpresa.
Sentii un dolore alla gamba quando lui mi restituì il calcio.
Coglione.
Gliene tirai un altro e lui rispose.
“Cositore e Montaleni fuori!”
“Ma prof ha iniziato lui!”
“Non m’interessa dei vostri battibecchi amorosi, fuori ora o volete scendere dalla preside?”
Gabriele sorrise alla prof, con aria divertita e si alzò andando verso la porta.
Lo seguii a malincuore, avevo perso anche la lezione di latino, oltre a quella d’inglese essendo che avevo perso essendo che lui non faceva altro che stuzzicarmi a risponderlo lanciandomi palline di carta o facendo disegnini osceni sulla mia parte di banco.
Mi richiusi la porta alle spalle e mi avviai verso le scale antincendio, dovevo stargli il più lontano possibile.
“Vaffanculo! Vaffanculo!”
Sbattei il piede a terra facendo vibrare le scale in ferro.
Guardai il cielo coperto di nuvole.
Era odioso.
Infantile e odioso.
 



Nota (*): Tarantola d'Africa, prima canzone nell'albun 'Nessuno é solo' di Tiziano Ferro.












Risposta alle recensioni del capitolo precedente:

ArmonyNon preoccuparti, le critiche d'altronde servono per arrivare a migliorarsi o forse sbaglio?
Grazie mille per la tua sincerità e il tuo aiuto, nonché per la tua meravigliosa recensione.
Comunque tornando a noi, ho cercato di correggere gli errori rileggendolo di nuovo, ieri alle tre di notte non ne avevo proprio la testa e non so perchè l'ho postato se poi non mi sono fermata a rileggerlo xD
Spero continuerai ad aiutarmi, voglio che la storia piaccia e per questo voglio migliorarmi di volta in volta sperando di catturare l'attenzione altrui e far sognare con me le persone che leggono questa Fanfiction.
Va beh, finisco qui sperando di rileggere al più presto una tua nuova recensione e il tuo parere sulla storia e i personaggi.
Kiss.


Denji LeeE' bono quanto stronzo, quindi direi infinitamente figo AHAHAH
Grazie per la tua recensione, alla prossima.
:3


ShaanaCerto, aggiornerò prestissimo di questo passo, spero di rivederti ancora e di leggere un'altra meravigliosa recensione. ;)


Jonas_sisterPosso amarti perchè ami Tiziano Ferro? *^*
Grazie per la tua meravigliosa recensione, e ringrazia infinitamente la tua amica da parte mia.
Spero di leggere ancora le tue bellissime recensioni.
Alla prossima, baci. :3


MissGilbertScusa per aver risposto in ritardo alla tua recensione, rispetto alle altre. ^^''
Mi sono concentrata sul mio profilo facebook, che avevo dimenticato minteyer. xD
Sono un'idiota. u.u
Comunque, tornando a noi, grazie per la tua meravigliosa recensione.
Sono felicissima che la storia ti sia piaciuta, è da tanto che volevo scriverla, più o meno quasi sette mesi.
Gabriele è un personaggio realistico, mi sono impegnata davvero molto per scriverlo, mentre Aurora, beh, Aurora è la solita ragazza innamorata dell'idea dell'amore, questo è vero, ma man mano che la storia prenderà il suo corso vedrai cosa c'è di differente in lei.
Non so dirti se Aurora darà del filo da torcere a Gabriele o viceversa, dipende tutto da loro d'altronde.
Tutti i personaggi che ho inventato sin ora sono frutto di una accurato disegno, tutti i loro caratteri, nomi e molto altro custoditi su un piccolo quadernino.
Lo so che l'idea può sembrare stupida, ma io amo ogni mio personaggio, indipendentemente questo sia il gran figo di Gabriele o la demordente Aurora.
Penso che se ogni personaggio riceve amore dal proprio creatore, può acquistare una vita propria scrivendo la propria storia come noi scriviamo il nostro destino. 
Ok, mi sono prolungata troppo. xD
Scusa, spero di leggere altre tue recensioni in futuro.
Un bacio. :3


Roberta Somerdobrev: Il titolo è abbastanza osceno AHAHAHAH 
Ma sono felicissima che la storia ti abbia incuriosito, vedo che hai anche molto interesse nei personaggio e ciò mi rende appagata del mio lavoro.
Spero che continuerai a seguire la storia e spero vivamente che anche questo capitolo ti sia piaciuto, ciao. ;3
   
 
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