23
Kaoru
si ritrovò a galleggiare in uno strano oceano, tetro e scuro come la notte, ma
dove qui e là risplendevano confusamente come dei piccoli globi di luce, e
all’interno di ognuno di questi globi gli pareva di scorgere delle immagini,
dei brevi corti di un film più grande.
Erano forse i ricordi della sua vita?
Quella vita della quale ora non riusciva ad
avere memoria?
Cercò di afferrarne alcuni, per poterli
vedere, ma erano evanescenti e intangibili proprio come bolle d’aria in un mare
sconfinato.
Poi, sentì una voce che lo chiamava.
«Chi sei?» domandò con il pensiero, visto che
quella voce sembrava risuonargli direttamente nella testa
«Devi proteggerla, figlio mio. Continua a
proteggere Louise. Non è ancora il tuo momento».
Era una voce femminile molto dolce, ma allo
stesso tempo determinata, che risvegliava in Kaoru qualcosa di famigliare.
«Ti prego. Il nostro futuro dipende da
questo!».
Poi, tutto divenne nero, e Kaoru si sentì come
risucchiare all’indietro, dentro quel corpo che ora giaceva in un letto
nell’infermeria del castello.
«Kaoru!» disse Siesta vedendo che si
svegliava.
Aveva le lacrime agli occhi, e a giudicare
dalle ombre nere non aveva dormito per tutta la notte. Fece per abbracciarlo,
ma come strinse un po’ Kaoru mugolò per il dolore.
«Scusa.» disse lasciandolo, poi si rivolse ad
un’infermiera «Presto, avvisa Saito e Louise! Digli che Kaoru si è svegliato!».
Saito e Louise arrivarono quasi subito, e solo
allora a Kaoru venne in mente di guardare in che condizioni fosse ridotto. Il
segno lasciatogli dalla lama di Maschera di Ferro era nascosto da una grossa
benda, ma dal dolore che sentiva poteva capire che non era stata una cosa da
poco.
«Quanto tempo è passato?»
«Giusto poche ore.» rispose Louise «Hai davvero
una resistenza d’acciaio. Altri sarebbero rimasti svenuti giorni interi.»
«E Maschera di Ferro?»
«È scappato. Mi dispiace.»
«Per fortuna l’affondo non ha trafitto lo
stomaco.» disse Saito «A dispetto di come poteva sembrare, te la sei cavata con
poco. Il medico ha pulito la ferita e applicato dei punti».
Kaoru cercò di alzarsi, ma il dolore provocato
dalla ferita era qualcosa di insopportabile, e dovette mettersi nuovamente
disteso.
«Non strafare.» gli disse Louise «Se ti muovi
troppo, rischi di strapparti i punti.»
«Ma dobbiamo salpare. La flotta d’invasione…»
«Non preoccuparti. Verrà Kilyan
con me. Mi sta già aspettando a bordo dell’ammiraglia. Tu ora pensa a
riprenderti.»
«Però…»
«Finiscila di protestare.» disse Louise
alzando la voce «Sei già fortunato ad essere sopravvissuto. Ora restatene a
letto, o dovrai preoccuparti più delle mie punizioni che della tua ferita».
Detto questo Louise se ne andò, seguita da
Saito.
«Accidenti, che sfuriata.» commentò Derf
«Sicuramente la signorina Louise è in pensiero
per Saito.» disse Siesta «Avrebbe voluto andare con lui, ma lui alla fine l’ha
convinta a rinunciare».
Kaoru stette in silenzio un altro po’, poi
batté con rabbia il pugno sul letto.
«Kaoru…» disse Siesta
«Dannazione! E dire che stavolta credevo di
esserci riuscito. E invece, ancora una volta, quel maledetto mi è scappato.»
«Meno male che sei ancora vivo. Sarebbe potuta
andarti molto peggio».
Kaoru alzò allora il braccio verso l’alto,
guardandosi la mano.
«Nell’istante in cui l’ho toccato…
per un attimo, ho avuto come l’impressione di poter vedere dentro la sua mente.
Vedere tutti i suoi pensieri.»
«E che cosa hai visto?»
«Fuoco. Un oceano di fuoco senza fine.»
«Fuoco…».
Ad un certo punto, preda di un’emozione che
non riusciva a controllare, Siesta abbracciò nuovamente Kaoru, un abbraccio
dolce e gentile, mentre alcune lacrime comparivano nei suoi occhi chiusi.
«Non farmi mai più prendere uno spavento come
quello di stanotte, hai capito?»
«Siesta…» disse il
ragazzo confuso ed incredulo.
Al
molo, intanto, tutto era pronto per la partenza.
Dodici navi da guerra, dalle corvette rapidi e
veloci ai galeoni di linea con trenta
cannoni per lato, erano in procinto di salpare alla volta di Floubert.
In cielo, in mare aperto, si intravedeva la
flotta di aeronavi di Lucas, già schierata e pronta alla partenza.
Louise venne a salutare Saito dinnanzi
all’ammiraglia, il Seaborn Legend,
e anche per cercare per l’ultima volta di convincerlo a portarla con sé.
Lui però, come era prevedibile, diede la
stessa risposta del giorno prima, e sorridendo le carezzò la testa.
«Non volermene male, Louise. Ma potrebbe
essere molto pericolo. Quindi, è meglio se resti qui.
Non temere, ci sarà Kilyan
ad assistermi.»
«Allora, sarà meglio se fai attenzione.»
mormorò lei a sguardo basso «Perché altrimenti, ti picchierò.»
«D’accordo.» rispose Saito sorridendo.
A quel punto, a malincuore, dovettero
separarsi, e mentre la nave ed il resto della flotta spiegavano le vele tra i
saluti e le esclamazioni della folla radunatasi al
porto, Saito, affacciato dal ponte di poppa, continuava a guardare Louise,
salutandola a piene braccia e continuandole a promettere che presto si
sarebbero rivisti. C’era anche sua sorella Cattleya,
che come lei salutava e pregava per il ritorno del proprio marito.
Anche Kaoru, dalla finestra della sua stanza,
poté vedere le navi prendere il largo, e tanto lui come Siesta, nonostante
tutta l’imponenza delle due flotte di Grasse e Marcin,
non riuscivano a togliersi dalla testa uno strano presentimento, come un senso
di pericolo incombente.
Ben presto, la flotta fu in mare aperto,
diretta verso Floubert, e quando la terraferma era
ormai lontano Lucas, a bordo di una piccola scialuppa alata, scese dalla sua
nave ammiraglia fino sulla Seaborn Legend, per incontrarsi con Saito e definire gli ultimi
dettagli.
«Le isole sono protette da un buon sistema di
fortificazioni marine.» disse Lucas guardando una mappa dell’arcipelago «Hanno
anche dei punti di osservazione mimetizzati sotto la superficie per avvistare
eventuali nemici.»
«Non c’è modo di localizzarli?»
«Purtroppo no. È per questo che aspetteremo la
notte per dare inizio all’avvicinamento vero e proprio. Comunque sia, non diamo
per scontato che non sapranno del nostro arrivo.
Il problema principale sono i cannoni. Ce ne
sono lungo tutto il perimetro di Gerion, l’isola
principale, dove si trova la capitale, nelle isole circostanti e anche negli
atolli che ci stanno intorno. Se ci avvicineremo troppo, finiremo nel fuoco
incrociato, e allora quel posto si trasformerà in un inferno.»
«Che cosa suggerisci?»
«La mia flotta aprirà la strada. Bombarderemo
simultaneamente tutti i fortini perimetrali e le postazioni più piccole.
Nel frattempo, tu e la sua flotta dovrete
procedere a vele spiegate attraverso lo sbarramento. Portatevi a distanza di
tiro dalle fortificazioni di Gerion, e prendete a
sputargli addosso tutto quello che avete. I loro cannoni da difesa costiera
hanno un calibro superiore ai nostri, ma non sono particolarmente precisi. Se
riuscirete a buttarne giù anche solo cinque o sei, sarà fatta.»
«Sembra anche troppo facile.»
«Del
resto, Ty-Kern non è stata fortificata per resistere
ad un attacco combinato da mare e da aria di questa portata.
Tra la tua flotta e la mia, si parla di almeno
trentacinque-quaranta navi.»
«Speriamo vada tutto per il meglio. Ma
ricordati il nostro patto.»
«Tranquillo, me lo ricordo. Niente attacchi su
civili o nemici arresi. Se alzeranno bandiera bianca o chiederanno un cessate
il fuoco per negoziare, li accontenteremo.
Anche io voglio limitare al massimo le
perdite».
A quel punto, e dopo un pasto frugale, mentre
il sole cominciava ormai a calare sotto l’orizzonte, Lucas fece ritorno alla
propria ammiraglia, la Exellion.
Dopo poco, scese la notte, e da quel momento
la flotta si fece silenziosa ed invisibile come un esercito di navi-fantasma.
L’ultimo
patriarca della famiglia Floubert, Solomon, avrebbe disgustato i suoi stessi antenati.
Ricco, opulento, viziato, cresciuto nella
bambagia e dominato dai suoi vizi, era il prototipo del regnante dal pugno di
ferro.
Nelle sue isole, la gente a fatica tirava al
domani, mentre lui viveva in un palazzo degno della regina che dall’alto di una
collina dominava tutta Gerion e le isole vicine.
La città di Gerion,
capitale del ducato e dell’isola omonima, era tutta raccolta e disposta lungo
la principale insenatura dell’isola, che protendendosi verso l’esterno fungeva
da foce al fiume Loto, principale corso d’acqua di Floubert.
Era davvero una bella cittadina, che trasudava
secoli di storia e tradizione marinara, ma che negli anni, soprattutto per la
minaccia costituita da Albion, era stata rinchiusa
all’interno di un imponente sistema difensivo di mura marine e torri
perimetrali che ne preservava i porti e le darsene, e che svettava come un
gigante addormentato sull’intero arcipelago.
Durante l’ultima guerra tra Tristain ed Albion, data la vicinanza dell’isola volante ed il timore
che vi potessero essere delle spie, era entrata in vigore la legge marziale,
che tuttavia non era mai stata revocata; soldati armati giravano per le strade,
autorizzati ad esercitare giustizia sommaria al primo accenno di problemi.
Tutti vivevano nel terrore di lord Floubert e dei suoi eccessi.
Di quando in quando, appena cominciava a
stufarsi delle solite cameriere, servitrici ed accompagnatrici, spediva i suoi
dignitari in giro per le isole a cercare nuove sostitute, e quelle che venivano
scelte potevano decidere se obbedire o vedere sterminate le proprie famiglie.
La cosa che gli piaceva più di tutto era farsi
pettinare.
In testa aveva una specie di nido di merli
alto due spanne, e tutte le sere le sue servitrici avevano l’ingrato compito di
metterlo a posto, riempiendolo di pomate e intrugli maleodoranti inventati dai
suoi parrucchieri che gli impedivano di deformarsi durante la notte.
Quella sera, come al solito, era intento a far
compiere alle sue donne questo insano rituale, quando una donna dai lunghi
capelli verdi, occhialuta e senza una mano si presentò al suo cospetto.
«Oh, madame Fouquet.
Benvenuta.»
«Mi sembrate anche troppo tranquillo, lord Floubert, per uno che sta per subire un attacco?»
«Un attacco?» replicò lui con la più assoluta
noncuranza «E da parte di chi?»
«Di un’alleanza composta dai sovrani di Grasse
e Marcin, proprio come vi avevamo predetto.»
«Non sarà un problema. Grazie alle nuove armi
che Reconquista mi ha così gentilmente fornito, non
sarà un problema schiacciare quella massa di insetti.
E quando avrò fatto a pezzi le loro flotte, e
di riflesso completato la mia, rimpiangeranno il giorno in cui non mi si sono
buttati ai piedi implorando la mia benevolenza.»
«Fareste meglio a non essere così sicuro de
vostri mezzi, lord.
Prima di tutto, commettete un grave errore nel
sottovalutare Saito e Lucas. Potrebbero sorprendervi.»
«Ne dubito».
Constatando la totale noncuranza e superficialità
di quell’uomo, dopo poco Fouquet girò i tacchi
seccata e se ne andò ringhiando tutte le ingiurie che conosceva.
Il fallito assassinio di Saito e il fiasco
nella faida tra i Gramont e i Montmorency avevano seriamente ridimensionato la
sua posizione all’interno dell’organizzazione, incrinatasi già all’epoca
dell’incidente del Bastone della Distruzione, e ora più che mai il suo destino
era appeso ad un filo.
Se qualcosa fosse andato storto un’altra volta
poteva essere davvero la fine, e di rimettersi nelle mani di quel panzone
presuntuoso non ne aveva nessuna voglia.
Purtroppo, però, gli ordini andavano
rispettati.
Ma dopotutto, si trattava solo di pazientare.
L’attacco, bene o male, sarebbe stato
respinto, e in poco più di una settimana l’asso nella manica di Floubert messo a disposizione del duca da Reconquista e in ultima fase di allestimento sarebbe stato
pronto a stroncare le resistenze di Grasse e Marcin,
di sicuro i principali ostacoli al controllo della zona occidentale del Paese e
di tutte le sue coste.
Così, non la stupì più di tanto la notizia che
una guardia venne a recapitarle poco dopo mezzanotte.
«Due flotte, una navale e una aerea, si stanno
avvicinando alle nostre coste. Hanno già attaccato alcune postazioni
periferiche, e ora stanno avanzando rapidamente verso Gerion.»
«Approntate le difese costiere. Avranno una
bella sorpresa.»
«Sissignore».
Tutto
stava procedendo come previsto.
Lucas e le sue aeronavi si erano avventati
sulle postazioni più periferiche, neutralizzandole una ad una, e nel frattempo
la flotta di Saito aveva potuto procedere indisturbata, mentre tutto attorno a
loro la notte si accendeva con i vari fortini e torri di guardia trasformati in
tanti falò.
Saito era molto turbato, e sperava che almeno
per ora fosse morta quanta meno gente possibile.
Kilyan era al
suo fianco, lo sguardo rivolto all’orizzonte dal ponte di comando.
Ormai le luci di Gerion
erano ben visibili, e tra non molto sarebbero arrivati a distanza di sparo.
«Preparate i cannoni! Pronti a fare fuoco al mio
ordine!».
I marinai e i soldati di marina corsero ognuno
al proprio posto, e in pochi secondi tutte le navi erano pronte a sparare.
«Siamo pronti, signore.» disse Kilyan «Ancora poche centinaia di metri, e saremo a
portata».
Sui bastioni, intanto, i soldati di Floubert, passata l’iniziale agitazione, si erano
immediatamente organizzati; eppure, per quanto incredibile potesse essere, non
si vedeva traccia alcuna di armamenti né batterie di difesa costiera, come ci
si sarebbe aspettato.
Lucas, che osservava la situazione dall’alto,
se ne era accorto, ed osservava preoccupato le mura marine con il cannocchiale.
«Questa storia non mi piace per niente».
Poi, accadde qualcosa.
Come mossi da corrente elettrica, sui bastioni
si aprirono come dei grossi portelli, dai quali presero ad uscire quelli che
sembravano quasi dei cannoni da nave; non erano molto grandi, anzi erano
decisamente minuti, e collegati a torrette capaci di girare rapidamente su sé
stesse.
All’interno di queste torrette vi era in
realtà una sorta di cabina di fuoco, all’interno della quale trovavano posto
tre uomini; uno maneggiava il cannone, servendosi di una coppia di manopole che
regolavano altezza e direzione, un altro direzionava i colpi usando un
innovativo mirino di grande precisione, un terzo azionava materialmente l’arma,
che oltretutto sembrava possedere una sorta di caricatore sotto la culatta per
sparare più colpi in rapida successione.
«E quelli cosa diavolo sono?» disse Saito
guardando a sua volta col cannocchiale.
Quando vide Fouquet
palesarsi sulle mura, salutata rispettosamente dai soldati, poi, la sua
inquietudine si tramutò in paura.
Fu un attimo.
Ad un cenno della donna, uno dei cannoni sparò
tre colpi in rapida successione, come neanche l’arma più veloce sarebbe stata
capace di fare, e un secondo dopo la nave che stava proprio accanto alla Seaborn Legend saltò in aria
sventrata dall’esplosione della sua santabarbara.
Saito assistette alla scena attonito e
impotente.
«Ma cosa…».
Lui e Alexander non fecero neanche a comandare
un cambio di ordini, che tutti i cannoni sulle mura marine spararono quasi
all’unisono, polverizzando o danneggiando seriamente almeno una decina tra navi
ed aeronavi.
Anche la loro rapidità nei movimenti era
spaventosa; le torrette potevano ruotare su sé stesse o ricalibrare l’altezza
nello spazio di pochi secondi, tenendo le navi nemiche sempre sotto un fuoco
costante.
La trappola di Fouquet
aveva funzionato.
Le correnti marine ed i forti venti che
imperversavano tutto attorno alle isole, uniti alla sorpresa per un attacco
talmente devastante ed improvviso, gettarono entrambe le flotte nel panico più
totale, rendendole incapaci di muoversi agilmente o coordinare i movimenti intralciandosi
a vicenda.
«Virare a sinistra!» continuava a ripetere Kylian «A sinistra! Rispondere al fuoco!».
In aria le cose non stavano andando meglio.
Anzi, erano proprio le aeronavi il bersaglio
preferito delle batterie costiere, e una dopo l’altra stavano cadendo come
mosche, precipitando in fiamme sulla flotta sottostante e aggiungendo caos al
caos.
«Comandante, non resisteremo ancora a lungo!»
disse il primo ufficiale di Lucas
«Non possiamo ritirarci così! Non dopo averci
provato con tutte le nostre forze!».
Sia la flotta di Lucas che quella di Saito
tentarono un’ultima avanzata, giusto per potersi portare a tiro dei propri
cannoni e cercare di rispondere, sfruttando il fatto che dopo cinque o sei
colpi i cannoni dovevano essere ricaricati, un’operazione che garantiva secondi
preziosi.
Ma era perfettamente inutile.
A stroncare le poche speranze di riscossa
rimaste ci pensò una seconda batteria di cannoni, meno potenti ma pur sempre
terribilmente precisi e pericolosi, sbucati all’improvviso da feritoie nelle mura,
che come le navi si avvicinarono ripresero a sputare bordate su di loro mentre
in cima gli altri soldati ricaricavano in tutta calma.
L’attacco si trasformò in una carneficina.
I vascelli di mare e di terra cadevano uno
dopo l’altro, e dopo meno di dieci minuti le due flotte erano già più che
dimezzate.
«Maledizione!» ringhiò Lucas vedendo le sue
navi cadere in successione «Dove si sono procurati armi così devastanti?»
«Comandante!» si sentì urlare all’improvviso
«Attenzione!».
In quella, Saito era tutto preso a cercare di
salvare quello che restava della sua flotta, quando una luce a dir poco
accecante illuminò la notte a giorno, accompagnata da un boato che spaccava i
timpani; il ragazzo alzò gli occhi, osservando attonito e paralizzato l’Excellion che precipitava in mare divorato dalle fiamme.
«Lucas!» urlò sporgendosi dal parapetto.
Kilyan dovette
trattenerlo, perché sembrava proprio che volesse buttarsi in mare per nuotare
incontro al relitto.
«Mio signore, è troppo tardi! Non possiamo
fare niente!».
Saito si sentiva male come non ricordava di
essere mai stato, oltre che inerme ed impotente.
Ma Kilyan,
purtroppo, aveva ragione.
L’Exellion, o quello
che ne restava, era ormai ridotta ad una massa contorta di legno infuocato,
vele strappate e corpi senza vita.
Nessuno sembrava essere sopravvissuto; probabilmente
quel colpo aveva centrato in pieno la santabarbara nella stiva, e ciò spiegava
anche come mai da un momento all’altro la nave si fosse trasformata in un
gigantesco fuoco d’artificio dopo aver subito un solo attacco.
Una dopo l’altra, anche le altre aeronavi
precipitarono, e a quel punto le poche rimaste si diedero rapidamente alla fuga
per tentare di salvarsi.
«Signore!» disse Kilyan
rivolto a Saito, che continuava a guardare l’Excellion
che bruciava «Se restiamo qui finiamo tutti arrostiti!».
A quel punto, non c’era proprio più niente da
fare.
L’unica cosa che si poteva fare era salvare
quante più vite possibili da quell’impresa insensata che mai avrebbe dovuto
essere stata tentata.
«Tutta la barra a sinistra!» gridò
«Andiamocene da qui!».
Fortunatamente le navi, avvisate dalle bandiere,
obbedirono, e quasi all’unisono, e senza rompere la formazione, la flotta fece
dietrofront dirigendosi verso il mare aperto, sotto gli occhi e le urla di
vittoria dei soldati di Floubert, che non avevano
neppure avuto bisogno di sfoderare le armi ed avevano concluso quella breve
battaglia a zero perdite.
Al sorgere del sole, Solomon
salì personalmente sulle mura accompagnato da Fouquet,
ghignando soddisfatto nel vedere quanto restava della forza di invasione
scagliata contro di lui, e che non era riuscita ad arrivare neanche ad un
miglio dalle sue coste.
«Davvero magnifico.»
«E questo è solo l’inizio.» disse Fouquet
«Si pentiranno di avermi sfidato. Ora sapranno
cosa significa avere paura.»
«Mio signore.» disse un soldato «Abbiamo
ripescato dei sopravvissuti. Cosa ne facciamo di loro?»
«Uccideteli. E dateli in pasto agli squali.»
«Signore!?» disse il giovane sgomento
«Mi hai sentito, no?» gridò allora il sovrano
«I nemici non si risparmiano, si uccidono! Sarà di lezione per tutti!»
«S… sì, signore».
Rimasti soli, Solomon
e Fouquet rivolsero i loro sguardi verso l’isola di Roanoke, la seconda più grande dopo Gerion,
da dove si innalzavano strani ed inquietanti fumaioli, quasi come se l’isola
fosse stata un’unica, gigantesca fornace.
«I preparativi sono quasi ultimati.» disse Solomon «Molto presto, il mio potere si estenderà su tutta
Tristain».
Kaoru
era ancora nell’infermeria, convalescente per lo scontro con Maschera di Ferro.
Per ingannare il tempo leggeva, e quando
poteva, o meglio, quando Siesta non lo guardava, cercava di riabituarsi a
camminare, anche se per riuscirci era costretto ad usare il bastone.
Il medico gli aveva detto che la sua
deambulazione non sarebbe stata compromessa, ma che a causa della recisione dei
muscoli sarebbero dovuti passare alcuni giorni prima che fosse stato nuovamente
in grado di camminare sul serio.
Ogni tanto volgeva l’occhio verso la finestra,
verso il mare, sperando che tutto stesse andando bene, e che non succedesse
qualche imprevisto.
Poi, quando qualcuno portò la notizia che la
flotta stava rientrando, non ci voleva credere.
Come era possibile, dopo soli due giorni dalla
partenza?
La spedizione sarebbe dovuta durare almeno una
settimana.
Senza preoccuparsi del fatto che Siesta fosse
lì con lui, gettò via le coperte ed afferrò il bastone per cercare di
rimettersi in piedi.
«Aspetta, Kaoru! Non puoi ancora muoverti!»
«Ho un brutto presentimento.» replicò lui
stringendo i denti «Devo andare».
La flotta rientrò direttamente nel bacino di
carenaggio sotto al palazzo, il che non lasciava ben sperare.
Ma quando Kaoru, accompagnato da Siesta e Louise,
vi discese, quello che vide andava al di là dell’immaginabile.
Solo sette navi avevano fatto rientro, e di
queste sei erano in condizioni tra l’incredibile ed il pietoso, e a malapena si
mantenevano a galla.
Della flotta di Lucas, poi, nessuna traccia.
«Saito!» gridò Louise vedendolo scendere a
capo chino dalla passerella e correndo ad abbracciarlo.
Il suo sguardo cupo, però, era una ulteriore
ombra che andava addensandosi su di una impresa che definire fallimentare era
un eufemismo.
Mestamente, e trattenendo a stento le lacrime,
Saito raccontò quello che era successo.
Cattleya era lì, e
sentendo le parole del genero la colse un mancamento, tanto che dovette essere
sorretta da Siesta per non svenire; quando poi realizzò a pieno quello che era
accaduto, si lasciò andare ad un pianto senza fine, consolata timidamente dalla
sorella.
Zoppicando, Kaoru si avvicinò a Saito,
guardandolo tra il severamente ed il mestamente.
«Non avremmo mai dovuto farlo.» disse il
giovane Hiraga
«Non potevi prevedere quello che sarebbe
successo.»
«E ora Lucas è morto».
E invece, non era così.
D’improvviso, quando tutti stavano ancora
cercando di capacitarsi di quello che era accaduto, un soldato portò la notizia
che anche la flotta di Marcin stava rientrando, e che
su una delle navi sventolava una versione grezza ed artigianale del gonfalone
nobiliare.
Saito e gli altri non volevano crederci, e
correndo più velocemente che potevano risalirono la lunga rampa di scale che
dal bacino arrivava fino nei cortili del castello.
Quando uscirono di nuovo alla luce, le quattro
navi sopravvissute alla battaglia stavano ormeggiando nella darsena dietro al
palazzo.
I ragazzi corsero verso quella con il
gonfalone, e tutti furono più che stupiti nel vedere Lucas palesarsi ai piedi
della passerella, un po’ bruciacchiato e bendato ma incredibilmente vivo.
«Sono a casa.» disse sorridendo.
Cattleya era pazza
di gioia, e gli corse incontro con il cuore che scoppiava di felicità
«Caro! Sei vivo!»
«Sono felice di rivederti, tesoro.»
«Credevo… credevo
che fossi morto!»
«Come è possibile?» domandò Saito «Ho visto l’Exellion esplodere.»
«È stata una questione di secondi. Un attimo
prima che la nave saltasse in aria, l’onda d’urto mi ha buttato in mare. Ero semisvenuto
e ferito, ma sono riuscito ad aggrapparmi ad un detrito. La corrente mi ha trasportato
sull’isola di Roanoke, e lì sono stato trovato da una
squadra di salvataggio che cercava superstiti.»
«Questo è un miracolo.» disse Siesta «Un vero
miracolo.»
«Sono felice che tu ce l’abbia fatta».
Lucas e Kaoru si guardarono per caso, e per un
istante Kaoru avvertì come una sensazione, una specie di formicolio, portandosi
istintivamente una mano sulla ferita.
«Che ti prende?» chiese Siesta
«Niente.» dissimulò lui «Niente».
Purtroppo, alla iniziale gioia fece seguito
nello sguardo di Lucas una nuvola minacciosa, come un presagio di sventura.
Saito e gli altri lo notarono.
«Che succede?» chiese Kaoru
«Quando ero a Roanoke,
ho visto delle cose.
L’isola è una specie di enorme cantiere.»
«Un cantiere?» ripeté Joanne
«Stanno costruendo navi. Aeronavi che non
avevo mai visto. Qualcosa di neanche lontanamente paragonabile a quello che
conosciamo.»
«Se sono stati capaci di creare quei cannoni, mi
domando fin dove possano arrivare i mezzi di cui dispongono.»
«Mi sembra chiaro che c’è Reconquista
dietro a tutta questa faccenda.» disse Kaoru «Altrimenti non si spiegherebbe
una cosa del genere.»
«Già, e questo è niente.»
«Che vuoi dire?» chiese Cattleya
«Quelle navi sembravano ormai quasi pronte. Temo
non ci vorrà molto perché possano prendere il largo».
Nota dell’Autore
Salve a tutti!^_^
Finalmente ce l’ho
fatta! Finalmente gli esami, almeno per ora, sono finiti, e quindi potrò
dedicarmi a pieno titolo alla fanfic e a tutti gli
altri progetti lasciati in sospeso.
Non posso promettere
un cap ogni due giorni, ma cercherò sicuramente di
tenere una media di aggiornamento il più alta possibile, anche perché ora si
sta entrando nel vivo della storia, e presto inizieranno ad arrivare le prime
risposte
Nel prossimo cap, vi anticipo subito, in arrivo una bella sorpresina,
che farà piacere agli appassionati di storia.
A presto!^_^
Carlos Olivera