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Autore: BlueJayWay    06/07/2012    2 recensioni
"Ridicolo, quella non era nemmeno una festa di compleanno, cosa c’entravano dei palloncini? Nonostante questo continuava ad osservarli, erano tantissimi e in fondo gli piacevano, tutti quei colori"
Il sogno spesso confonde, a volte può fare impazzire... o è la realtà a fare impazzire? Si riescono sempre a distinguere le due cose?
Vivere insieme a qualcuno, ma non provare gli stessi sentimenti. Cercare di sfuggire ad una vita che in realtà non si accetta, ma rimanervi comunque ancorati, ed avere paura di abbandonarla. Insicurezze portate avanti dal passato.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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N.B. La storia in questo momento è in revisione totale. Dopo aver riletto spezzoni di capitoli ho notato alcuni errori di battitura e non, quindi ora con calma li sto risistemando. La storia, verrà probabilmente allungata e approfondita su alcuni passi mentre alleggerita su altre parti.
In ogni caso, penso che finirò di pubblicare gli ultimi capitoli lasciando questa versione e poi successivamente sistemerò il tutto.
Ho appena deciso di complicarmi le cose, ma va bene così.
Sarà quasi sicuramente una cosa lenta, dato che, purtroppo ho solo un computer condiviso e il tempo che ci posso dedicare non è molto. (senza contare lo studio e gli altri impicci)
Ringrazio chi mi ha seguita, chi ancora mi segue e chi mi seguirà.
Prima o poi la smetterò di stressarvi ;)
BlueJayWay 


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Julian aprì all’improvviso gli occhi, rivelandone il colore, un verde intenso con leggeri riflessi neri. Il pianto nel frattempo continuava, ma la cosa che lo rincuorava era che tutto il resto era stato solo  un sogno. Rimase disteso, immobile sul letto, quasi pietrificato, lo sguardo rivolto verso un soffitto completamente bianco. Sul viso un’espressione tesa, di chi non aveva dormito come avrebbe voluto, qualche goccia di sudore gli rigava la fronte e scendeva lungo il viso dando uno spiacevole senso di fastidio. Si passò il dorso della mano sulla fronte sospirando. Faceva davvero caldo quella mattina… 
< Stupido neonato! > si alzò poi dal letto buttando a terra il lenzuolo. Andò alla finestra e rimase per qualche momento a guardare la casa di fronte dalla quale si diffondevano le grida.
< Una maledetta sirena, giorno e notte, voi viziate i bambini e poi gli altri si devono sorbire i loro piagnistei > bofonchiò fra se scocciato. 
Chiuse la finestra e solo allora si voltò verso il letto matrimoniale. Le coperte ancora disfatte su entrambi i lati, la sua poi era a terra. 
Annie era sicuramente scesa, che donna premurosa Annie, sicuramente stava preparando la colazione, ma in quel momento si accorse di non avere fame. Avrebbe mangiato giusto qualche boccone, per farla contenta.
Scese le scale mettendo tutto il peso sulle gambe ad ogni gradino che faceva, si sentiva pesante come un macigno, eppure la sera precedente non aveva bevuto nulla.
 
< Amore? > si sentì una voce femminile provenire dalla cucina.
Amore? Si chiese Julian. Non sopportava che lei lo chiamasse così tutte le volte, insomma ogni tanto ci stava ma in fondo lui aveva anche un nome. In realtà non si spiegava bene perché gli desse tanto fastidio, anche perché stavano insieme, già insieme, come gli suonava... strano. Lui preferiva chiamarla per nome, ma non per questo voleva sembrare rude o freddo nei suoi confronti, al contrario, non voleva esserlo per niente, dopo tutto lei non aveva fatto nulla di male e non lo meritava. 
< Si Annie? > rispose con la voce ancora assonnata.
La ragazza uscì dalla cucina e si mise ad aspettarlo in fondo alle scale, sorrideva. Indossava una lunga vestaglia bianca, i capelli biondo cenere le cadevano scompigliati sulle spalle. Teneva lo sguardo fisso verso Julian, i suoi occhi erano quasi dello stesso colore del ragazzo, forse un po’ più chiari, anche se nella penombra non si poteva notare. Aveva un viso magro e allungato una pelle perfettamente liscia di un colore rosa pallido.
Appena la raggiunse la abbracciò con affetto < Buongiorno piccola > le diede un bacio sulla fronte e sorrise guardandola.
< Ciao amore…non volevo svegliarti, così ho pensato di preparare la colazione intanto >
< Hai fatto benissimo, sei un tesoro, ti ringrazio >
< Stai bene? > lo guardò lei con un velo di preoccupazione < Sei un po’... pallido >
< Oh sto benissimo, ho solo avuto problemi con il risveglio come sempre, sai com’è >
< Prima o poi crescerà anche Simon, è ancora un bambino e…>
< E i suoi genitori lo tengono in braccio per tutto il maledetto giorno quando sa già stare sulle sue gambette, poi per forza diventa una lagna appena lo mettono giù da qualche parte! > disse Julian seccato. 
Annie fece una breve risata, divertita 
< Ma sì lasciamoli perdere, andiamo a magiare qualcosa piuttosto, ho una fame! >
Con passo svelto Annie tornò in cucina, lui la seguì raggiungendola poco dopo.
Alla vista del cibo Julian sentì di nuovo il suo stomaco bloccarsi, non aveva proprio appetito quella mattina. Prese tra le mani la tazza di caffèlatte bollente e ci inzuppò dentro mezza fetta di pane tostato, iniziò a masticarla lentamente rimuginando nei suoi pensieri.
< Dovremmo passare dai tuoi un giorno o l’altro > lo distrasse Annie, addentando poi una fetta di pane con qualche chilo di marmellata sopra.
< Si dovremmo > rispose lui accennando un sorriso e nascondendo poi il viso dietro la tazza. 
< Io ho finito gli esami per quest’anno e quindi sono libera, devi dirmi tu quando hai tempo…>
< Certo, la settimana prossima andrà bene >
< Be’ potremmo andarci sabato >
< Non saprei… >
< Dai almeno ti togli il pensiero no? >
Fece per rispondere quando improvvisamente squillò il telefono.
< Vado io! > dichiarò il ragazzo alzandosi e lasciando sul tavolo metà della sua scarsa colazione.
< Pronto? >
Una voce maschile rispose dall’altro capo del telefono. 
< Pronto? Sei Julian vero? Dimmi che sei tu, sto facendo una fatica a ritrovare tutti i vostri numeri che non ti dico, e poi sai com’è Grace, vuole tutto perfetto in queste occasioni, e di solito da a me metà del lavoro da fare, se possiamo chiamarlo lavoro…e… pronto? Ci sei? Insomma sei Julian o no? > la voce dall’altro capo del telefono cercò di riprendere fiato in attesa della risposta.
< Henry! > fece Julian felicemente sorpreso.
< No, io sono Henry > rispose l’altro distratto.
< Sei il solito scemo > continuò Julian ridendo < Sì sono io, non hai sbagliato numero! >
< Uh meno male! >
< Dimmi tutto carissimo idiota! >
 
 
 
  
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