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Autore: Eider    07/07/2012    3 recensioni
Come nella maggior parte dei film, dopo che il protagonista, partito per chissà quanto tempo, ritorna a casa si ritrova solitamente in una realtà completamente diversa da quella che ricorda ed è giusto che sia così no? Questo era quello che Emma continuava a ripetersi da quando era salita su quel maledetto aereo che dopo cinque anni, precisamente cinque anni in cui aveva studiato e si era laureata, la stava riportando nella sua "amata" Londra.
Emma si ritroverà a combattere con il suo passato, che non le renderà la vita facile, per riuscire finalmente ad andare avanti con la sua vita oppure ricominciare da dove era stata interrotta.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Video Trailer.
(crediti Malley)

 

 


Dodici.

"Ciao..non so se ti ricorderai di me, sono Emma, mi hai lasciato un biglietto con su scritto di chiamarti e c'era il tuo numero, quindi.. dio quanto è imbarazzante. Io non mi ricordo niente. Però ecco.. se.. se ti va di non so, andare a prendere qualcosa richiamami." Il giovane dai capelli color grano ghignò divertito ascoltando il messaggio in segreteria da parte di quella strana ragazza, i suoi occhi saettarono da un tasto all'altro della tastiera illuminata, scrisse un messaggio al suo amico, invitandolo a prendere un caffè, non vedendo l'ora di raccontargli quella piccola rivincita. Avrebbe chiamato la rossa focosa, in tutti i sensi, e l'avrebbe invitata a bere qualcosa, non vedendo l'ora di rinfrescarle la memoria.
Dall'altra parte della città Emma continuava a darsi dell'idiota, non avrebbe dovuto chiamarlo e non avrebbe dovuto rendersi ridicola come invece aveva fatto. Gettò il cellulare con forza sul letto, sperando non cadesse. Sprofondò con il viso sul cuscino e vi intrufolò le mani sotto, alla ricerca di un po' di fresco.
L'incessante vibrare del suo cellulare a contatto con la sua gamba, costrinse Emma ad alzarsi da quella comoda posizione, quando prese il suo BlackBerry in mano notò subito il nome impresso sullo schermo. Emma aveva paura di rispondere, per cosa dirgli poi, continuava a pensare che fosse stato davvero stupido da parte sua chiamarlo e lasciargli quel messaggio.
Perché l'aveva fatto?
"Pronto?" con esitazione aveva premuto il bottone verde, pentendosene l'istante dopo.
"Emma giusto?" domandò con voce sicura e profonda, quello che doveva essere Adam.
"Sì.. sì, sono io." perché doveva sempre cacciarsi in queste situazioni, avrebbe potuto passare la mattinata a ingozzarsi di gelato davanti al ventilatore mentre alla tv trasmettevano i soliti film romantici con il "vissero per sempre felici e contenti".
"Ho ascoltato il messaggio in segreteria e mi farebbe piacere se potessimo incontrarti, così ti aiuterei a ricordare." non sapeva perché, ma Emma si immaginò il ragazzo ammiccare alla fine del discorso. Con chi diavolo aveva a che fare?
"Se ti va bene possiamo vederci fra un oretta davanti il centro commerciale." continuò Adam con fare professionale e distaccato.
"Va bene." riuscì appena a sussurrare quelle due parole che il "tu.. tu.." arrivò forte e chiaro alle sue orecchie.
 
"Sicura di voler andare da sola?" Elisa era seduta sul bordo del letto, da dove continuava ad osservare criticamente ogni mossa di Emma, o meglio ogni vestito che estraeva dall'armadio. Dopo vari sbuffi indicò ad Emma una maglia a righe e un paio di jeans chiari.
"Tengo il tuo numero tra le chiamate rapide, tranquilla." borbottò Emma saltellando per infilarsi i jeans più stretti del previsto.
"Sarebbe meglio se avessi la polizia tra le chiamate rapide, metti conto che io non ti risponda e questo inizia a squartarti viva!" continuò a gesticolare preoccupata per l'amica, non si fidava per niente di quel tizio. Emma lanciò uno sguardo scioccato all'amica, riuscendo finalmente ad allacciare il bottone. Rilasciò un respiro profondo, che aveva trattenuto per allacciare quel maledetto bottone d'oro, e tornò a guardare Elisa ancora seduta sul letto torturarsi le mani dall'agitazione.
"Tesoro non essere così pessimista, è solo un'uscita, rilassati. Quella agitata dovrei essere io!" si posizionò davanti alla mora e le posò le mani sulle spalle, parlandole lentamente ma in modo da farsi capire.
Elisa guardò l'amica per un tempo indefinito poi si limitò ad annuire, ma non prima di averle chiesto ancora una volta se fosse davvero sicura.
 
Emma rimase in piedi davanti l'entrata del centro commerciale con sguardo circospetto, cercando di individuare il fantomatico Adam, di cui ricordava solo gli occhi marroni.
Solo quando un tocco sulla sua spalla la fece voltare, rincontrò l'unica cosa che ricordava di quella sera. Rimase abbagliata dalla bellezza disarmante di quel ragazzo, i capelli color del grano erano corti ma abbastanza lunghi da poterci passare le mani, Adam portava il ciuffo all'indietro con un effetto naturale, era sorprendentemente bello quel ragazzo.
"Ciao." sussurrò Adam con il sorriso sulle labbra, riscuotendola dalla perlustrazione del suo corpo perfetto.
"Adam?" domandò non proprio sicura di essere davanti a lui.
Il ragazzo sorrise e con un gesto delle mani si indicò il suo corpo in tutta la sua altezza. "In carne ed ossa." altro sorriso disarmante.
Emma annuì imbarazzata iniziando a giocherellare con le mani, suo vizio di quando era nervosa.
Lui continuò a sfoggiare i suoi denti bianchi, avrebbe potuto rappresentare una marca di dentifricio.
"Ti va di andare a bere qualcosa?" domandò indicandole con la mano il bar poco lontano da loro, Emma si limitò ad annuire seguendolo nel locale.
"Quindi tu non ti ricordi niente?" iniziò rompendo il ghiaccio, non smettendo di lanciarle occhiate maliziose.
Che quella sera avessero fatto qualcosa?
"No, decisamente... Non è che.. che abbiamo fatto qualcosa?" domandò incerta, avendo paura di una sua reazione.
Adam si sistemò meglio sulla sedia, avvicinandosi al viso della ragazza, le sorrise tranquillo negando con la testa.
Emma sospirò, sentendo di essersi tolta un peso.
"Ho capito subito che fossi ubriaca, non sono quel tipo di persona." le disse serio, Emma non poteva sapere se le avesse detto la verità o le avesse mentito, ma sperò davvero che non fosse stata una bugia.
"Mmh, grazie.."
Adam sorrise cercando di prenderle la mano, lasciata libera sul tavolo, istintivamente la ragazza ritrasse la mano, facendolo allontanare.
"Scusa.. ma, io.. ecco.." Emma non sapeva cosa dire, quella che aveva avuto era stata una reazione immediata, non riusciva a lasciarsi andare con Adam, non riusciva a fidarsi di uno sconosciuto, il che era un bene.
Il biondo cercò di sorridere, ma l'unica cosa che gli uscì fu una smorfia, nessuna ragazza gli aveva mai negato un contatto e questo lo fece solo innervosire. Nessuna ragazza sana di mente lo avrebbe rifiutato.
Ma Emma era tutto fuorché sana di mente, la sua mente era occupata da una sola persona e anche se la ragazza si ostinava a negare l'evidenza, nel profondo sapeva che non avrebbe mai potuto lasciarlo andare, infondo era il suo primo amore.
Nell'ora che seguì Adam cercò di apprendere più informazioni possibili da Emma, ma con estrema difficoltà. Emma non era una ragazza aperta e aveva capito fin da subito che non si fidava di lui, perciò le raccontò del suo lavoro in una famosa società di computer, che era riuscito ad ottenere tramite un suo amico, le parlò delle sue esperienze e dei momenti più divertenti passati, riuscendo finalmente a farla ridere.
"E' stato bello rivederti Emma." le disse alzandosi in piedi e raggiungendola per darle un abbraccio, impacciata la ragazza ricambiò.
"Si anche per me." borbottò Emma, non sapendo dove mettere le mani. Si staccò pochi secondi dopo in imbarazzo, si sistemò la borsa a tracolla e salutò Adam con un frettoloso a presto.
C'era qualcosa in lui che non la convinceva, il problema rimaneva cosa.
 
Emma aprì la portiera della sua nuova Toyota Prius bianca, acquistata pochi giorni prima, dopo aver dato dentro l'auto che aveva noleggiato, sprofondando nel sedile di pelle nero. Lanciò la borsetta a sinistra, sul sedile del passeggero, ancora non si era riabituata a guidare da quella parte.
Rimase qualche minuto con gli occhi chiusi, pensando a tutto ciò che le era successo da quando aveva messo piede sul suolo inglese, era davvero passato solo un mese?
Si sporse verso la borsa alla ricerca del cellulare, quando lo trovò cercò nelle chiamate recenti il nome dell'amica e senza esitazione premette il pulsante verde.
"Stai bene? Devo chiamare la polizia o mandare Liam a pestarlo?" ebbene sì, aveva avuto il coraggio di chiamare Elisa sapendo di essere prossima ad un interrogatorio.
"Tutto bene capo." rispose solamente stiracchiando i piedi, stando attenta a non premere i pedali anche se l'auto non era stata ancora accesa. Si portò una mano in viso, facendola scivolare lungo l'occhio sinistro per poi portarla sul volante.
Sentì la voce ovattata dell'amica, che aveva coperto il microfono, rassicurare il ragazzo dicendogli che non doveva picchiare nessuno o assumere sicari.
"Esci con noi stasera?" le domandò questa volta con voce calma e rilassata, doveva essere stata davvero preoccupata.
Emma ci pensò su, poi si ricordò di essere stata invitata a cena dal fratello e sua cognata, appena tornati dalla luna di miele.
"Sono a cena da Dave e Carol."
"Va bene, ci vediamo tra poco cocorita!" la rossa ridacchiò rimettendo a posto il cellulare.
Mise poi in moto l'auto e con una sola manovra uscì dal parcheggio, infilandosi nel traffico pomeridiano di Londra.
 
"Sei così sexy abbronzato, fratellone." lo prese in giro entrando i casa Morris e fiondandosi tra le braccia scure e muscolose del fratello, che ridacchiando la cullò contro il suo petto.
Ad assistere la scena sullo stipite della porta della cucina c'era la signora Morris, con sguardo assorto. Quando li vedeva insieme non riusciva a trattenere un dolce sorriso, nessuno ci riusciva.
Caroline si rigirò la fede d'oro intorno all'anulare, continuando a guardare incantata i due fratelli.
"Ma io sono sempre sexy pulce." disse lui a testa alta, ricevendo un pizzicotto sul fianco da parte della sorella.
"Mi sei mancato puzzone." sussurrò strofinando il naso sulla t-shirt del fratello, che sapeva di lui. Dave rafforzò la stretta intorno alla sua vita, appoggiando il mento sulla testa della rossa, chiudendo gli occhi.
"Anche tu, anche tu."
"E a me niente?" domandò Carolina facendo la finta offesa.
Emma allora si staccò dall'abbraccio del fratello e corse ad abbracciare in modalità orso, la stretta vita della cognata, che per poco non cadde a terra, fortuna che era appoggiata allo stipite.
"Mi sei mancata anche tu cognata."
Caroline sbarrò gli occhi sorpresa e fece finta di scacciare una lacrima dal viso. "Quanto ho aspettato questo momento!" esclamò teatralmente.
 
Mentre la coppia a tavola raccontava ad Emma delle immersioni subacquee alle Hawaii e delle avventure disastrose vissute in quella settimana e mezza, il campanello di casa suonò. Sia Caroline che Dave si guardarono sorpresi, chiedendosi reciprocamente se stessero aspettando qualcuno.
Caroline si alzò andando a vedere chi stesse interrompendo la loro cena, Emma sentì il rumore della porta aprirsi e la voce preoccupata di Caroline.
"Je-Jen che ci fai qui?" nello sentire quel nome Emma si immobilizzò, non poteva essere vero.
Alzò lo sguardo incontrando quello del fratello, che rispecchiava la sua stessa emozione, terrore.
"Ho saputo da mamma che siete tornati, e abbiamo voluti farvi una sorpresa."
Quel abbiamo la spaventò a morte, non era possibile!
Si mosse irrequieta sulla sedia, guardò in giro e studiò ogni possibile via di fuga.
"Emma non fare niente di stupido." furono le uniche parole che udì prima di sentire la voce della vipera in cucina.
"Oh.. non sapevo aveste ospiti." come se fosse realmente dispiaciuta. Emma strinse la mano destra in un pugno, riuscendo a conficcare le unghie nella carne.
Caroline incrociò il suo sguardo per un secondo, riuscì a percepire il suo dispiacere.
Merda.
La vide apparecchiare per due, un posto accanto a lei e uno a capotavola, pregò con tutto il cuore che la vipera si sedette vicino a lei.
Almeno un desiderio venne esaudito, figurarsi se dopo aver scoperto la "storia" tra lei e Martin li avrebbe lasciati sedere vicini.
Dal loro arrivo Emma aveva smesso di parlare, rinunciando ad intervenire perché interrotta sempre dalla vipera, si era limitata a mangiare e fare finta di non sentire lo sguardo insistente di lui.
Poco dopo la fine del dessert la vipera e Martin si erano allontanati, portando via con se l'elettricità che emanavano, non quella che preannunciava un bacio, ma quella di una bella litigata. Ciò rese felice la rossa e da quanto capì, anche il fratello.
Giocherellò con le dita sul tavolo, lanciando qualche sguardo fugace al fratello di fronte, che fissava l'orologio a muro, Caroline invece era appoggiata sul bancone a braccia incrociate, il silenzio che regnava nella cucina lasciava sentire le urla proveniente dal piano di sopra.
Emma avrebbe volute sorridere, ma siccome la vipera era la sorella di sua cognata cercò di contenere la sua felicità.
Dei passi risuonarono sulle scale e le due voci si udirono forti e chiare.
"Non ti azzardare ad insultarla! Tu non sai niente, niente!" un sonoro ceffone ruppe il silenzio, la rossa avrebbe voluto affacciarsi dalla cucina per spiare la scena, ma aveva paura di creare ancora più confusione, perché era palese di chi stessero parlando.
"Sei un bastardo! Hai passato la serata a fissarla cazzo! E adesso osi anche difendere quella stronza?!" 'stronza a chi?' pensò Emma non trattenendo una smorfia.
"Sono io la tua fidanzata!" per qualche secondo regnò il silenzio, poi uno sbuffo e ancora rumore.
"La mia fidanzata? Ma scherziamo?"
"E allora quella scatolina di Tiffany per chi è? Per lei? E' così?! Mi ha tradito?" seguirono altri rumori che non riuscì a comprendere.
"Aspetta.. hai guardato nel mio cassetto! Dio Jenelle.." Martin sospirò come stanco di quella situazione, poi continuò.
"Era un regalo per mia madre e no non ti ho tradito, ma tu non sei la mia fidanzata ne la mia ragazza. E' finita, devi accettarlo."
"Mi stai lasciando per lei vero?!" urlò in preda ad un attacco isterico, dio se avrebbe voluto filmarla.
"Sì.." non sentì più voci, solo il rumore di una porta aprirsi e poi sbattere violentemente.
Qualche secondo dopo apparve un Martin stremato, con uno sguardo spento.
Si passò una mano sui capelli scendendo sulla nuca, dove la lasciò. Abbassò lo sguardo imbarazzato.
"Mi dispiace davvero, non avrei voluto causare tutto questo trambusto. Scusate ancora. Grazie per la cena." si massaggiò la base della nuca e con un abbozzo di sorriso sparì dalla loro vista, lasciando solo la scia di profumo che Emma conosceva.
Vederlo in quello stato aveva risvegliato qualcosa in Emma, qualcosa che l'aveva quasi portata ad abbracciarlo e rassicurarlo.
 
Smontò dall'auto parcheggiata davanti casa sua. Subito dopo l'uscita di scena di Martin si era congedata anche lei, non riuscendo a subire i loro sguardi.
Raggiunse il cancelletto e alzando la mano destra che stringeva la chiave dell'auto, la chiuse, il bip l'assicurò di aver premuto il pulsante della chiusura.
Quando alzò la testa, Emma sgranò gli occhi sorpresa. Davanti la porta, seduto sui gradini di pietra si trovava Martin, che vedendola si alzò in piedi, spolverandosi i jeans scuri.
Si trovarono faccia a faccia ancora, ma questa volta tutta la rabbia della ragazza era sparita, non c'era nulla se non sorpresa.
"Cosa ci fai qui?" mormorò non distogliendo lo sguardo da quello penetrante di lui.
"Dovevo parlarti."
Emma non disse nulla, aspettò che lui continuasse, iniziò però a torturarsi le mani come di consuetudine.
"Voglio un'altra occasione." semplice e diretto. La ragazza assorbì quelle parole immediatamente, non riuscendo e non sapendo rispondere.
Cosa doveva dire?
"Io.. non lo so." rispose infine staccando le mani e lasciandole ricadere lungo i fianchi, abbassò lo sguardo, puntandolo sulle sue ballerine stile marinara.
"Mi aspettavo un no secco, quindi è già un successo." ridacchiò, cercando di mascherare la tensione.
"Non mi arrenderò Emma Morris, finché non sarai mia. Questa volta non manderò tutto a puttane." continuò poi serio. La mano che aveva tenuto fino quel momento dietro la schiena rivelò una rosa bianca, che le mise tra le mani.
"L'ho presa nel giardino di Caroline, non dirle niente o mi ucciderà. A presto Em." la sorpassò sfiorandole il braccio, causandole dei brividi lungo tutta la schiena.
Erano anni che nessuno le provocava quei brividi.
Emma rimase ferma con la rosa bianca in mano, che si portò poi davanti al viso, sotto il naso per inspirarne l'odore.
Cosa avrebbe dovuto fare adesso?

Ebbene sì, dopo più di un mese sono riuscita ad aggiornare. Imploro il vostro perdono per non aver aggiornato, ma mi ero bloccata e non riuscivo ad andare avanti in nessun modo, poi alla una di notte ho sentito il bisogno di scrivere e alle tre e sedici ho finito. Quindi se trovate errori, date la colpa all'ora lol.
Mi erano mancati Emma e Martin, dico sul serio, e ancora più Emma e Dave :')
Spero di aggiornare presto (ahahah), quindi ci si vede gente. Adioss.
Elisa.
   
 
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