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Autore: katherineheat    07/07/2012    1 recensioni
Zaira, principessa ed ora guerriera di Zealot, è pronta per andare alla ricerca di sua sorella Claire, strappatale anni prima da Ektor e suo figlio Aaron.
Riuscirà nel suo intento senza cadere nelle insidie che troverà lungo il percorso?
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GHOSTS

“Se hai un sogno, un obiettivo. Vai, corri! Non aspettare domani,molto probabilmente non lo troverai più.”

 

Quelle parole, pronunciate dalla mia defunta nonna erano solo delle parole messe una dopo l’altra, e chiunque avrebbe detto “certo, è facile a dirsi”. Eppure, era quello che io continuavo a fare da 12 anni. Andavo avanti, senza mai fermarmi, senza mai voltarmi indietro a scrutare il passato, timorosa che questo potesse afferrarmi da un momento all’altro e trascinarmi con sé nel suo abisso. Io, Zaira, principessa di Zealot non mi ero mai fermata, neanche per un istante. Da quel lontano e soleggiato mattino di Maggio continuavo a tener fede alle parole di mia nonna, continuavo a sperare, sperare che forse, in quel modo, avrei potuto riavere in dietro la mia sorellina, alla quale era stata negata la libertà ad un’età così tenera. Il giorno del suo sesto compleanno, durante il ricevimento organizzato nel castello, irruppero Aaron e suo padre, Ektor, e dopo aver distrutto ogni cosa presente nella piazza, portarono via la mia Claire. Gridai il suo nome per ore, nella speranza di vederla uscire da una delle case che affiancavano la grande piazza, ed invece così non fu. Vi era un silenzio innaturale, animato solo dal vociare dei paesani di Zealot, spaventati per ciò che era appena accaduto. Una settimana dopo , nostro padre,  Re Edern di Zealot, mandò al crepuscolo una squadriglia di guerrieri sulle tracce di Ektor e suo figlio, e da quel giorno a questa parte, ogni sera usciva dalle sue stanze e andava a sedersi sulla fontana della piazza, dove era avvenuta la scomparsa di sua figlia. Mia madre ne fu distrutta, pianse fino a non avere più lacrime in corpo, e smise solo quando i guerrieri mandati da nostro padre tornarono, non più in 25 ma in 13, per poi riprendere a farlo. Dissero di aver trovato tracce del passaggio di Ektor e Aaron in un paese non molto lontano dal nostro regno, ma gli abitanti del paese si erano rivoltati contro di loro, probabilmente influenzati e corrotti da Ektor in persona. Tale notizia mi fece adirare ancora di più. Odiavo Ektor, e odiavo Aaron, che a quel tempo aveva due anni in più a me, ma ciò che odiavo di più era la sua capacità di manipolare la gente innocente, farle rischiare la vita solo per i suoi loschi piani. Infatti, quello stesso giorno, chiesi a mio padre se potevo entrare nella casta guerriera, poiché il desiderio di riavere in dietro mia sorella era più forte di ogni altra cosa, ma egli scoppiò in una fragorosa risata, e scosse il capo con veemenza. Io abbassai il capo, delusa e demotivata da quella sua reazione, e lui mi sussurrò dolcemente: “mia cara Zaira, hai solo 9 anni, non è ancora tempo per te. Sei una bambina così fragile, così indifesa, non permetterei a nessuno di nuocerti adesso. Ma al compimento dei tuoi 22 anni, potrai entrare nella casta guerriera, se in quella data non avremo ancora ritrovato tua sorella, e spero vivamente di sì. Ma fino a quel momento, tu sii ragionevole, ed affronta la tua vita regolarmente.”

Da quel giorno, sono passati 12 anni. Dodici anni di attesa, di allenamento, di sacrifici. In  quei dodici anni non avevo fatto altro che contare i giorni che mancavano al mio compleanno, ed ora, ero una ventiduenne, finalmente. Dopo aver richiesto appositamente di spostare i festeggiamenti al mio ritorno, mi chiusi nella mia camera, per vestirmi. Mio padre fece costruire un equipaggiamento su misura per me, curato in ogni minimo dettaglio, e due mesi prima mi aveva dato lezioni su come usare una spada, un arco, una balestra e altre armi di quel genere. Avevo passato tutta la notte a riflettere su ciò che era accaduto in quegli anni, a quanto ero cambiata. Avevo voltato pagina nella mia vita. Ero diventata forte, la ragazzina timorosa di 12 anni prima era scomparsa, lasciando posto ad una donna matura e determinata. E lo ero eccome. Il mio destino molto probabilmente era come quello di ogni erede di Zealot, combattere, vincere, salvare. Volevo trovare mia sorella, volevo vendicare ciò che Ektor e il suo schifoso figlio avevano fatto al mio regno, e volevo vendicare me stessa. Tre anni prima, Aaron venne a Zealot, per farmi visita. Quella notte mi cambiò la vita, in modo negativo. Da quando avevo compiuto 16 anni ero attratta da lui, dalla sua bellezza e dai suoi occhi color ghiaccio e assolutamente magnetici. E durante quella notte, entrambi consumammo una passione che portavamo dentro da molto tempo, e dopo, tutto cambiò. Quella notte sperai che almeno lui potesse cambiare, che potesse diventare una persona migliore di ciò che suo padre era stato, ed invece capii che il mio desiderio non si sarebbe mai avverato. Mi aveva umiliata, illusa, e poi abbandonata. E quell’attrazione struggente si era trasformata in odio, un sentimento che aspettava solo di essere liberato. E avrei fatto esattamente quello. Lo avrei ucciso, lo avrei trafitto con la mia lama d’argento davanti agli occhi di suo padre e di sua madre, donna maledetta che lo aveva messo al mondo. Dopo quel viaggio nel passato, chiusi gli occhi e strinsi forte i pugni, scacciando dalla mente quei ricordi e concentrandomi sul mio obiettivo. Mi guardai allo specchio per l’ennesima volta, controllando che la cotta fosse messa bene e che ogni cosa fosse al suo posto. Poi presi la mia spada, la mia compagna e la riposi nel fodero al mio fianco. Ero una guerriera adesso, nata per combattere. E ancora una volta le parole di mia nonna riaffiorarono nella mia mente. Mi portai una mano sul petto, stringendola a pugno, e poi rialzai lo sguardo.

-Non preoccuparti nonna, non mancherò al tuo consiglio. Troverò Claire, è una promessa.-

E dopo aver pronunciato quelle parole mi allontanai dallo specchio, uscendo fuori dalla mia stanza e raggiungendo i miei genitori nella piazza. Tutto il popolo era accorso per assistere alla partenza della principessa Zaira, ora al comando della casta. Mia madre piangeva silenziosamente, osservandomi con espressione fiera e triste. L’abbracciai dolcemente, baciandole una guancia.

-Non piangete madre, al mio ritorno avrò con me Claire.- proferii solenne, asciugandole con le dita le lacrime che scorrevano sulle sue gote. Poi mi rivolsi a mio padre.

-Grazie padre, per avermi preparato a questo giorno che aspetto da tanto tempo. Non deluderò le tue aspettative.- i suoi occhi, così simili ai miei si illuminarono di gioia, mentre le sue labbra si aprivano in un sorriso spontaneo. Probabilmente entrambi speravano che demordessi, poiché le speranze di un possibile ritorno di Claire erano state consumate dal tempo, ma io non l’avrei mai fatto. Io speravo, sapevo di potercela fare. Montai a cavallo, mentre due soldati mi sistemavano un sacco di cuoio contenente delle provviste sulla sella, e dopo aver rivolto un ultimo sguardo al mio paese, feci inversione di marcia, solcando le mura del castello e superando la fossa. La mia partenza venne acclamata con applausi e grida di incoraggiamento, che mi riempirono il cuore di gioia. Spronai il cavallo ad aumentare il passo, imboccando la strada che portava al paese in cui abitava mio nonno. Lui aveva la mappa di Talon, la città invisibile.  Talon era la città in cui risiedevano Ektor e famiglia. Era una città tetra, e prendeva il nome dal Talos, ovvero dalla nebbia che la ricopriva ogni Novembre, rendendola invisibile all’occhio umano, per poi farla riapparire in un tutt’altra parte. Talon era collocata in una terra arida, brulla, selvaggia. Storie del passato raccontavano che chiunque avesse provato a raggiungerla, non vi avesse fatto più ritorno. Pensare a certe cose mi faceva accapponare la pelle per il terrore. E se anche io avessi fatto la stessa fine? No, io ne sarei uscita vincitrice. Viaggiai per due giorni, e all’alba del terzo giorno arrivai nel paesino in cui abitava mio nonno. Entrai nelle mura quando il sole non era ancora alto in cielo, ergo non vi era nessuno in strada. Non volevo farmi vedere troppo in giro, timorosa che la notizia della mia partenza avesse potuto raggiungere orecchi indiscreti. Trottai silenziosamente sulla strada dissestata fino ad arrivare davanti ad una casupola in pietra, all’apparenza abbandonata. Ma sapevo che mio nonno era lì, mi aveva informata una settimana prima, mandandomi una lettera per mettermi in guardia su alcune cose. Ecco perché non volevo fare troppo baccano. Scesi dal cavallo, e dopo averlo legato allo steccato che circondava la casupola bussai un paio di volte sul portone in legno, attendendo che qualcuno venisse ad aprirmi. E mio nonno non tardò ad aprirmi, accogliendomi con un caldo sorriso.

-Nipotina mia!- mi salutò allegramente, affacciandosi sullo stipite per abbracciarmi. Nonostante la sua avanzata età, mi superava in altezza di almeno una decina di centimetri, altra caratteristica ereditata dai sovrani di Zealot. Mio nonno nel passato aveva amministrato la cavalleria del regno, godendo di fama per il suo talento e la sua indole meticolosa.

-Ciao Nonno, perdonami per quest’arrivo eccessivamente mattiniero, ma non sapevo che situazione vi fosse nel paese.. non volevo espormi troppo agli occhi degli altri.- mi giustificai leggermente a disagio, entrando quando mi invitò dentro. Mentre era intento a sistemare il mio mantello di cuoio rosso sull’appendi abiti in legno io mi concessi qualche istante per osservare l’interno dell’abitacolo. Di certo non era una casa grande, ma lo spazio era stato arredato con gusto, e nonostante tutto sembrava anche più grande di quanto lo sembrasse fuori. Sorrisi appena, voltandomi poi a guardare mio nonno. –hai arredato davvero bene questa stanza, lo sai?-

Lui ricambiò il mio sorriso, ridacchiando sotto i baffoni bianchi che portava sulle labbra. –allora, penso tu sia venuta qui sapendo già cosa fare, vero?-

A quella domanda tornai seria, corrugando le sopracciglia e sedendomi su uno degli sgabelli che attorniavano il tavolo.

-In verità no, ma so che devo andare a Talon. Mio padre mi ha comunicato che tu sei in possesso della mappa originale per trovare la strada, non è così?-  domandai a bassa voce, quasi sussurrando.

 Ero spaventata e nervosa, e sembrava che tutta la grinta di poco prima fosse svanita nel nulla. Ma fortunatamente lui annuì, alzandosi dallo sgabello ed aprendo una panca chiusa con un lucchetto. Ne tirò fuori un fagotto cilindrico lungo e sottile. Tornò al tavolo, e dopo aver slegato lo spago attorno al panno srotolò la pergamena sul tavolo. Dopo avergli rivolto un’occhiata gratificante abbassai lo sguardo sulla mappa, osservando tutte le strade e le varie viuzze che conducevano a Talon, della quale il nome era scritto in rosso. La strada da dove attualmente ci trovavamo era davvero lunga, ed anche se sulla mappa poteva apparire semplice, sapevo che in realtà non era così.

-Allora Zaira, noi siamo qui- cominciò puntando l’indice su un puntino della mappa –ci sono 4 strade che conducono sicuramente a Talon. Ce ne sono anche altre 2 ma questa mappa risale a più di dieci anni fa, per cui non sono certo che esistano ancora. Comunque, basandomi su informazioni recenti, queste quattro  sono le più sicure.- sempre con l’indice, tracciò una alla volta le quattro linee che arrivavano a Talon. Io trattenni il respiro, sentendo il mio cuore martellarmi incessantemente nel petto.

-E quale delle quattro è la più facile?-

Alfred fece una risata rauca, come se avessi appena detto una barzelletta –Zaira, Zaira.. si vede che è la tua prima esperienza fuori dal regno..- disse con  voce sfuggente e colma di comprensione. Poi puntò i suoi occhi color miele nei miei, posando una mano sulla mia –la prima cosa che devi imparare è che nessuna strada è sicura, così come nessuna strada con certezza ti porterà lì. Ma tu vuoi provarci, giusto?-

Sospirai, annuendo con veemenza e mordicchiandomi il labbro inferiore. Era davvero così pericoloso? Cioè, ero consapevole della difficoltà e del rischio che correvo affrontando quella missione ma non mi aspettavo che la città fosse così lontana, ne che le probabilità di raggiungerla fossero così poche ed incerte.

-Dal tuo sospiro devo dedurre che non ne sei convinta.. giusto?-

-No! No.. assolutamente. E’ solo che.. l’hai detto anche tu, è la mia prima esperienza..- scrollai le spalle, guardandomi un attimo attorno –semplicemente sono emozionata.-

-Ti comprendo. Ricordo ancora la mia prima spedizione nelle terre di mezzo.. fu una settimana che non dimenticherò mai. Ho incontrato il primo amore, ho vinto la mia prima battaglia.. vi sono tante cose che ancora devi imparare adesso che non sei più una bambina. E sono sicuro che farai tutto ciò che devi per raggiungere il tuo obiettivo, giusto?-

Io annuii ancora, stavolta con più convinzione, abbracciandolo di slancio. –Grazie nonno, grazie di cuore!-

Lui ricambiò il mio abbraccio, cingendomi le spalle con le sue piccole e tremolanti mani, e mi sentii sicura e protetta. Quando sciolsi l’abbraccio, mi alzai dalla sedia, e andai all’attaccapanni in legno per prendere il mio mantello di cuoio.

-Adesso è meglio che vada, vorrei arrivare alla prossima città prima che faccia buio.. ma mi ha fatto davvero piacere vederti..- mormorai dopo aver indossato il mantello, e un lieve rossore colorò le mie gote. Non ero mai stata una ragazza brava con i complimenti, anzi.. ero molto chiusa in me stessa, e mi trovavo a disagio a dover fare ringraziamenti e simili, anche se suonava strano, dato che ero la figlia del Re, con sangue reale in circolo nelle vene.

-Mi raccomando Zaira, sta attenta, sono tempi oscuri e pericolosi fuori dalle mura del tuo regno, non tutto è come sembra, le cose cambiano, le persone feriscono..- io sbuffai, roteando gli occhi –Lo so.. lo so, Zaira, ma te ne prego.. fa attenzione, solamente questo.- disse in tono disperato, guardandomi negli occhi dopo avermi preso per le spalle.

-Sì, nonno. Farò più attenzione possibile, e manterrò la promessa della nonna..- ricordai, montando a cavallo una volta fuori.

Il suo sguardo si riempì di gioia e nostalgia, e quasi scoppiò in lacrime. Mi ringraziò con lo sguardo, e mi bastò quello. Diedi un colpo di redini deciso, facendo partire il cavallo a tutta velocità. Sfrecciai per le vie silenziose ed ancora profondamente addormentate del paese, guardandomi attorno, e rallentando il passo solo quando fui nuovamente sulla strada libera da abitazioni. Ed in quel momento soltanto estrassi dalla sacca la mappa, ripercorrendo con lo sguardo la strada giusta da prendere, e scelsi quella più lunga. Ci avrei messo molto più tempo, e mi sarei stancata di più. Avrei affrontato più pericoli, avrei combattuto più nemici.. ma sentivo in cuor mio che quella era l’unica via giusta. Dopo aver dato un ultimo sguardo alla mappa, la riposi nella sacca, facendo attenzione a chiuderla bene, e ripresi a galoppare verso ovest. Verso Talon, verso Ektor e Aaron. Avrei ripreso mia sorella, a tutti i costi, anche se quella avesse dovuto essere l’ultima mia azione nella mia miserabile vita.

 

 

 

 

  
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