GHOSTS
“Se
hai un sogno, un obiettivo.
Vai, corri! Non aspettare domani,molto probabilmente non lo troverai
più.”
Quelle
parole, pronunciate dalla mia defunta nonna erano solo
delle parole messe una dopo l’altra, e chiunque avrebbe detto
“certo, è facile
a dirsi”. Eppure, era quello che io continuavo a fare da 12
anni. Andavo
avanti, senza mai fermarmi, senza mai voltarmi indietro a scrutare il
passato,
timorosa che questo potesse afferrarmi da un momento
all’altro e trascinarmi
con sé nel suo abisso. Io, Zaira, principessa di Zealot non
mi ero mai fermata,
neanche per un istante. Da quel lontano e soleggiato mattino di Maggio
continuavo a tener fede alle parole di mia nonna, continuavo a sperare,
sperare
che forse, in quel modo, avrei potuto riavere in dietro la mia
sorellina, alla
quale era stata negata la libertà ad
un’età così tenera. Il giorno del suo
sesto compleanno, durante il ricevimento organizzato nel castello,
irruppero
Aaron e suo padre, Ektor, e dopo aver distrutto ogni cosa presente
nella piazza,
portarono via la mia Claire. Gridai il suo nome per ore, nella speranza
di
vederla uscire da una delle case che affiancavano la grande piazza, ed
invece
così non fu. Vi era un silenzio innaturale, animato solo dal
vociare dei
paesani di Zealot, spaventati per ciò che era appena
accaduto. Una settimana
dopo , nostro padre, Re
Edern di Zealot,
mandò al crepuscolo una squadriglia di guerrieri sulle
tracce di Ektor e suo
figlio, e da quel giorno a questa parte, ogni sera usciva dalle sue
stanze e
andava a sedersi sulla fontana della piazza, dove era avvenuta la
scomparsa di
sua figlia. Mia madre ne fu distrutta, pianse fino a non avere
più lacrime in
corpo, e smise solo quando i guerrieri mandati da nostro padre
tornarono, non
più in 25 ma in 13, per poi riprendere a farlo. Dissero di
aver trovato tracce
del passaggio di Ektor e Aaron in un paese non molto lontano dal nostro
regno,
ma gli abitanti del paese si erano rivoltati contro di loro,
probabilmente
influenzati e corrotti da Ektor in persona. Tale notizia mi fece
adirare ancora
di più. Odiavo Ektor, e odiavo Aaron, che a quel tempo aveva
due anni in più a
me, ma ciò che odiavo di più era la sua
capacità di manipolare la gente
innocente, farle rischiare la vita solo per i suoi loschi piani.
Infatti,
quello stesso giorno, chiesi a mio padre se potevo entrare nella casta
guerriera, poiché il desiderio di riavere in dietro mia
sorella era più forte
di ogni altra cosa, ma egli scoppiò in una fragorosa risata,
e scosse il capo
con veemenza. Io abbassai il capo, delusa e demotivata da quella sua
reazione,
e lui mi sussurrò dolcemente: “mia cara Zaira, hai
solo 9 anni, non è ancora
tempo per te. Sei una bambina così fragile, così
indifesa, non permetterei a
nessuno di nuocerti adesso. Ma al compimento dei tuoi 22 anni, potrai
entrare
nella casta guerriera, se in quella data non avremo ancora ritrovato
tua
sorella, e spero vivamente di sì. Ma fino a quel momento, tu
sii ragionevole,
ed affronta la tua vita regolarmente.”
Da
quel giorno, sono passati 12 anni. Dodici anni di attesa,
di allenamento, di sacrifici. In quei
dodici anni non avevo fatto altro che contare i giorni che mancavano al
mio
compleanno, ed ora, ero una ventiduenne, finalmente. Dopo aver
richiesto
appositamente di spostare i festeggiamenti al mio ritorno, mi chiusi
nella mia
camera, per vestirmi. Mio padre fece costruire un equipaggiamento su
misura per
me, curato in ogni minimo dettaglio, e due mesi prima mi aveva dato
lezioni su
come usare una spada, un arco, una balestra e altre armi di quel
genere. Avevo
passato tutta la notte a riflettere su ciò che era accaduto
in quegli anni, a
quanto ero cambiata. Avevo voltato pagina nella mia vita. Ero diventata
forte,
la ragazzina timorosa di 12 anni prima era scomparsa, lasciando posto
ad una
donna matura e determinata. E lo ero eccome. Il mio destino molto
probabilmente
era come quello di ogni erede di Zealot, combattere, vincere, salvare.
Volevo
trovare mia sorella, volevo vendicare ciò che Ektor e il suo
schifoso figlio
avevano fatto al mio regno, e volevo vendicare me stessa. Tre anni
prima, Aaron
venne a Zealot, per farmi visita. Quella notte mi cambiò la
vita, in modo
negativo. Da quando avevo compiuto 16 anni ero attratta da lui, dalla
sua
bellezza e dai suoi occhi color ghiaccio e assolutamente magnetici. E
durante
quella notte, entrambi consumammo una passione che portavamo dentro da
molto
tempo, e dopo, tutto cambiò. Quella notte sperai che almeno
lui potesse
cambiare, che potesse diventare una persona migliore di ciò
che suo padre era
stato, ed invece capii che il mio desiderio non si sarebbe mai
avverato. Mi
aveva umiliata, illusa, e poi abbandonata. E quell’attrazione
struggente si era
trasformata in odio, un sentimento che aspettava solo di essere
liberato. E
avrei fatto esattamente quello. Lo avrei ucciso, lo avrei trafitto con
la mia
lama d’argento davanti agli occhi di suo padre e di sua
madre, donna maledetta
che lo aveva messo al mondo. Dopo quel viaggio nel passato, chiusi gli
occhi e
strinsi forte i pugni, scacciando dalla mente quei ricordi e
concentrandomi sul
mio obiettivo. Mi guardai allo specchio per l’ennesima volta,
controllando che
la cotta fosse messa bene e che ogni cosa fosse al suo posto. Poi presi
la mia
spada, la mia compagna e la riposi nel fodero al mio fianco. Ero una
guerriera
adesso, nata per combattere. E ancora una volta le parole di mia nonna
riaffiorarono nella mia mente. Mi portai una mano sul petto,
stringendola a
pugno, e poi rialzai lo sguardo.
-Non
preoccuparti nonna, non mancherò al tuo consiglio.
Troverò Claire, è una promessa.-
E
dopo aver pronunciato quelle parole mi allontanai dallo
specchio, uscendo fuori dalla mia stanza e raggiungendo i miei genitori
nella
piazza. Tutto il popolo era accorso per assistere alla partenza della
principessa
Zaira, ora al comando della casta. Mia madre piangeva silenziosamente,
osservandomi con espressione fiera e triste. L’abbracciai
dolcemente,
baciandole una guancia.
-Non
piangete madre, al mio ritorno avrò con me Claire.-
proferii solenne, asciugandole con le dita le lacrime che scorrevano
sulle sue
gote. Poi mi rivolsi a mio padre.
-Grazie
padre, per avermi preparato a questo giorno che
aspetto da tanto tempo. Non deluderò le tue aspettative.- i
suoi occhi, così
simili ai miei si illuminarono di gioia, mentre le sue labbra si
aprivano in un
sorriso spontaneo. Probabilmente entrambi speravano che demordessi,
poiché le
speranze di un possibile ritorno di Claire erano state consumate dal
tempo, ma
io non l’avrei mai fatto. Io speravo, sapevo
di potercela fare. Montai a cavallo, mentre due soldati mi sistemavano
un sacco
di cuoio contenente delle provviste sulla sella, e dopo aver rivolto un
ultimo
sguardo al mio paese, feci inversione di marcia, solcando le mura del
castello
e superando la fossa. La mia partenza venne acclamata con applausi e
grida di
incoraggiamento, che mi riempirono il cuore di gioia. Spronai il
cavallo ad
aumentare il passo, imboccando la strada che portava al paese in cui
abitava
mio nonno. Lui aveva la mappa di Talon,
la città invisibile. Talon
era la
città in cui risiedevano Ektor e famiglia. Era una
città tetra, e prendeva il
nome dal Talos, ovvero dalla nebbia
che la ricopriva ogni Novembre, rendendola invisibile
all’occhio umano, per poi
farla riapparire in un tutt’altra parte. Talon era collocata
in una terra
arida, brulla, selvaggia. Storie del passato raccontavano che chiunque
avesse
provato a raggiungerla, non vi avesse fatto più ritorno.
Pensare a certe cose
mi faceva accapponare la pelle per il terrore. E se anche io avessi
fatto la
stessa fine? No, io ne sarei uscita vincitrice. Viaggiai per due
giorni, e
all’alba del terzo giorno arrivai nel paesino in cui abitava
mio nonno. Entrai
nelle mura quando il sole non era ancora alto in cielo, ergo non vi era
nessuno
in strada. Non volevo farmi vedere troppo in giro, timorosa che la
notizia
della mia partenza avesse potuto raggiungere orecchi indiscreti.
Trottai
silenziosamente sulla strada dissestata fino ad arrivare davanti ad una
casupola in pietra, all’apparenza abbandonata. Ma sapevo che
mio nonno era lì,
mi aveva informata una settimana prima, mandandomi una lettera per
mettermi in
guardia su alcune cose. Ecco perché non volevo fare troppo
baccano. Scesi dal
cavallo, e dopo averlo legato allo steccato che circondava la casupola
bussai
un paio di volte sul portone in legno, attendendo che qualcuno venisse
ad
aprirmi. E mio nonno non tardò ad aprirmi, accogliendomi con
un caldo sorriso.
-Nipotina
mia!- mi salutò allegramente, affacciandosi sullo
stipite per abbracciarmi. Nonostante la sua avanzata età, mi
superava in
altezza di almeno una decina di centimetri, altra caratteristica
ereditata dai
sovrani di Zealot. Mio nonno nel passato aveva amministrato la
cavalleria del
regno, godendo di fama per il suo talento e la sua indole meticolosa.
-Ciao
Nonno, perdonami per quest’arrivo eccessivamente
mattiniero, ma non sapevo che situazione vi fosse nel paese.. non
volevo
espormi troppo agli occhi degli altri.- mi giustificai leggermente a
disagio,
entrando quando mi invitò dentro. Mentre era intento a
sistemare il mio
mantello di cuoio rosso sull’appendi abiti in legno io mi
concessi qualche
istante per osservare l’interno dell’abitacolo. Di
certo non era una casa
grande, ma lo spazio era stato arredato con gusto, e nonostante tutto
sembrava
anche più grande di quanto lo sembrasse fuori. Sorrisi
appena, voltandomi poi a
guardare mio nonno. –hai arredato davvero bene questa stanza,
lo sai?-
Lui
ricambiò il mio sorriso, ridacchiando sotto i baffoni
bianchi che portava sulle labbra. –allora, penso tu sia
venuta qui sapendo già
cosa fare, vero?-
A
quella domanda tornai seria, corrugando le sopracciglia e
sedendomi su uno degli sgabelli che attorniavano il tavolo.
-In
verità no, ma so che devo andare a Talon. Mio padre mi ha
comunicato che tu sei in possesso della mappa originale per trovare la
strada,
non è così?- domandai
a bassa voce,
quasi sussurrando.
Ero spaventata e
nervosa, e sembrava che tutta la grinta di poco prima fosse svanita nel
nulla.
Ma fortunatamente lui annuì, alzandosi dallo sgabello ed
aprendo una panca
chiusa con un lucchetto. Ne tirò fuori un fagotto cilindrico
lungo e sottile.
Tornò al tavolo, e dopo aver slegato lo spago attorno al
panno srotolò la
pergamena sul tavolo. Dopo avergli rivolto un’occhiata
gratificante abbassai lo
sguardo sulla mappa, osservando tutte le strade e le varie viuzze che
conducevano a Talon, della quale il nome era scritto in rosso. La
strada da
dove attualmente ci trovavamo era davvero lunga, ed anche se sulla
mappa poteva
apparire semplice, sapevo che in realtà non era
così.
-Allora
Zaira, noi siamo qui- cominciò puntando l’indice
su
un puntino della mappa –ci sono 4 strade che conducono
sicuramente a Talon. Ce
ne sono anche altre 2 ma questa mappa risale a più di dieci
anni fa, per cui
non sono certo che esistano ancora. Comunque, basandomi su informazioni
recenti, queste quattro sono
le più
sicure.- sempre con l’indice, tracciò una alla
volta le quattro linee che
arrivavano a Talon. Io trattenni il respiro, sentendo il mio cuore
martellarmi
incessantemente nel petto.
-E
quale delle quattro è la più facile?-
Alfred
fece una risata rauca, come se avessi appena detto una
barzelletta –Zaira, Zaira.. si vede che è la tua
prima esperienza fuori dal
regno..- disse con voce
sfuggente e
colma di comprensione. Poi puntò i suoi occhi color miele
nei miei, posando una
mano sulla mia –la prima cosa che devi imparare è
che nessuna strada è sicura,
così come nessuna strada con certezza ti porterà
lì. Ma tu vuoi provarci,
giusto?-
Sospirai,
annuendo con veemenza e mordicchiandomi il labbro
inferiore. Era davvero così pericoloso? Cioè, ero
consapevole della difficoltà
e del rischio che correvo affrontando quella missione ma non mi
aspettavo che
la città fosse così lontana, ne che le
probabilità di raggiungerla fossero così
poche ed incerte.
-Dal
tuo sospiro devo dedurre che non ne sei convinta..
giusto?-
-No!
No.. assolutamente. E’ solo che.. l’hai detto anche
tu,
è la mia prima esperienza..- scrollai le spalle, guardandomi
un attimo attorno
–semplicemente sono emozionata.-
-Ti
comprendo. Ricordo ancora la mia prima spedizione nelle
terre di mezzo.. fu una settimana che non dimenticherò mai.
Ho incontrato il
primo amore, ho vinto la mia prima battaglia.. vi sono tante cose che
ancora
devi imparare adesso che non sei più una bambina. E sono
sicuro che farai tutto
ciò che devi per raggiungere il tuo obiettivo, giusto?-
Io
annuii ancora, stavolta con più convinzione,
abbracciandolo di slancio. –Grazie nonno, grazie di cuore!-
Lui
ricambiò il mio abbraccio, cingendomi le spalle con le
sue piccole e tremolanti mani, e mi sentii sicura e protetta. Quando
sciolsi
l’abbraccio, mi alzai dalla sedia, e andai
all’attaccapanni in legno per
prendere il mio mantello di cuoio.
-Adesso
è meglio che vada, vorrei arrivare alla prossima
città prima che faccia buio.. ma mi ha fatto davvero piacere
vederti..-
mormorai dopo aver indossato il mantello, e un lieve rossore
colorò le mie
gote. Non ero mai stata una ragazza brava con i complimenti, anzi.. ero
molto
chiusa in me stessa, e mi trovavo a disagio a dover fare ringraziamenti
e
simili, anche se suonava strano, dato che ero la figlia del Re, con
sangue
reale in circolo nelle vene.
-Mi
raccomando Zaira, sta attenta, sono tempi oscuri e
pericolosi fuori dalle mura del tuo regno, non tutto è come
sembra, le cose
cambiano, le persone feriscono..- io sbuffai, roteando gli occhi
–Lo so.. lo so,
Zaira, ma te ne prego.. fa attenzione, solamente questo.- disse in tono
disperato, guardandomi negli occhi dopo avermi preso per le spalle.
-Sì,
nonno. Farò più attenzione possibile, e
manterrò la
promessa della nonna..- ricordai, montando a cavallo una volta fuori.
Il
suo sguardo si riempì di gioia e nostalgia, e quasi
scoppiò in lacrime. Mi ringraziò con lo sguardo,
e mi bastò quello. Diedi un
colpo di redini deciso, facendo partire il cavallo a tutta
velocità. Sfrecciai
per le vie silenziose ed ancora profondamente addormentate del paese,
guardandomi attorno, e rallentando il passo solo quando fui nuovamente
sulla
strada libera da abitazioni. Ed in quel momento soltanto estrassi dalla
sacca
la mappa, ripercorrendo con lo sguardo la strada giusta da prendere, e
scelsi
quella più lunga. Ci avrei messo molto più tempo,
e mi sarei stancata di più.
Avrei affrontato più pericoli, avrei combattuto
più nemici.. ma sentivo in cuor
mio che quella era l’unica via giusta. Dopo aver dato un
ultimo sguardo alla
mappa, la riposi nella sacca, facendo attenzione a chiuderla bene, e
ripresi a
galoppare verso ovest. Verso Talon, verso Ektor e Aaron. Avrei ripreso
mia
sorella, a tutti i costi, anche se quella avesse dovuto essere
l’ultima mia
azione nella mia miserabile vita.