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Autore: JennyLoverorLove    07/07/2012    14 recensioni
Una grande storia d'amore, con i problemi che una storia d'amore vive. La pagina di diario di una donna in là con l'età, con la voglia di raccontare un grande amore, e una vita sofferta.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ONE LIFE, ONE LOVE, ONE DIRECTION



Caro diario
quanto sarà passato?quanti anni?
mi sembra ieri l'ultima volta che ti scrissi, rileggo qui accanto a questa pagina l'ultima volta che lo feci, riconosco la mia scrittura leggera di quando ero ragazzina, con tutti i miei sogni e i miei capricci. Non mi rendevo conto di quanto fossero stupidi. Mi sentivo grande già a quell'età, eppure ricordo ancora ora tutte le speranze, gli obiettivi e i sogni di quella diciottenne alla quale non importava niente del mondo, costretta a subire un dolore che non meritava, un dolore che non era il suo; forse davvero era cresciuta troppo presto, era diventata adulta già in quell'età così piccola.
Genitori inglesi, cresciuta in Italia, accento romano e tanti amici, pochi quelli buoni. Vita monotona tra scuola e pallavolo. Sapeva divertirsi con poco, ma le piaceva avere un'aria da dura, voleva farsi rispettare da tutto e tutti, senza farsi mai mettere i piedi in testa perchè secondo lei una donna è donna solo con un'alta dignità. E come darle torto. Poi la svolta.
Una mamma con un carattere troppo nascosto e mascherato dalla determinazione nel lavoro e dalla sicurezza che decide di trasferirsi, cambiare città, cambiare paese, cambiare nazione ed abbandonare tutto. Troppo dolore rimaneva tra le mura di quella casa romana, posso ancora sentire l'odore delle rose rosse che avevamo nel giardino, il rumore dell'annaffiatoio notturno o le cicale che puntualmente ogni sera cantavano dando il via ai miei pensieri notturni. 
Australia. Era questa la meta prefissata da mia madre. Ricordo che non vedevo l'ora di arrivare. Non per la bellezza di quello stato, non per il mare, o per le diversità che c'erano con la mia vecchia Italia. Semplicemente perchè ero stanca. Ero stanca di tutto. Dei miei amici, di quella scuola, e di quegli sguardi pieni di compassione che da quattro anni ormai sentivo puntati addosso. Volevo finirla. Volevamo finirla tutti, io mia madre e mia sorella. 
La casa in Australia era ancora più bella di quella che avevamo a Roma. Era grande a due piani più la cantina, ed era rosa. Era una tipica casa australiana, la casa che sognavo da sempre. Simile a quelle americane, e cosa più importante, affacciava sul mare. L'Australia è davvero il paese dei sogni, era tutto perfetto. Mi ero innamorata di quella nazione, e lo sono ancora. Posso dire che eravamo abbastanza ricche, mia madre faceva un lavoro che le faceva guadagnare molti soldi, quindi non ci mancava niente.. apparte la sua assenza. L'assenza di mio padre.  Se ne era andato qualche anno prima, avevo quattordici anni ed era stata la cosa più brutta che mi potesse accadere. Ricordo che la notte dell'incidente era la notte prima di Natale, il 24 Dicembre, la vigilia. 'Era ubriaco' dicevano i poliziotti. Non ci ho mai creduto. Una cosa che odiava mio padre era proprio l'alchol e la droga. Sapevo che nascondevano qualcosa; nè io ne mia sorella vedemmo mai il corpo. Sapevo che ci nascondevano qualcosa. Mio padre era il direttore di una società affaristica di Roma molto importante, e avevo sentito molti discorsi che faceva in proposito con mia madre. E quei discorsi li facevano entrambi sempre molto nervosi, avevo sentito che aveva dei problemi con dei clienti. Questo mi portò a pensare che quella morte, quella sera, non fu un semplice incidente dovuto alla troppa velocità in macchina e all'alchol, non fu affatto un incidente. Era semplicemente tutto previsto. Doveva morire. Sembrava lo sapessero tutti che era una morte annunciata, prevista, già pianificata. Perfino i poliziotti che trovarono il corpo era come se già sapevano chi era il morto, e anche chi era stato. E questo lo sapeva anche mia madre, o meglio, lo immaginava. Non pensava sarebbe successo davvero. Non so bene il motivo che spinse quelle persone a uccidere mio padre, e non mi interessa più ormai, non mi è mai interessato, il passato è passato. Fatto sta che non avevo più un papà, erano stati così egoisti da non pensare che quell'uomo poteva avere una famiglia alle spalle, nessuno ci aveva pensato. In Italia fanno tutti così, pensano tutti sempre e solo ai loro sporchi comodi. Per questo, anche per questo ero così contenta di andarmene da lì.
Quando arrivammo in Australia era fine Giugno, il che voleva dire che lì era inverno, quindi due giorni dopo che arrivammo io e mia sorella Brittany, due anni più piccola di me, dovemmo tornare a scuola. E voglio iniziare a raccontarti caro diario, proprio da quel giorno. Dal primo giorno di scuola nella West Fire High, il liceo più 'cool' di Pert, città occidentale dell'Australia. Non trovai affatto difficoltà a parlare inglese, dato che ero nata in Inghilterra e restai li per i primi sei anni di vita. Inizialmente trovai difficoltà a rapportarmi con gli altri ragazzi della scuola. Erano tutti così fieri di se stessi, così determinati, così decisi. Sembrava che il fattore più importante in quella scuola fosse la popolarità. Ogni ragazza era fantastica, con fisici, capelli e pelle perfetta. Erano quasi tutti fidanzati. A mensa c'erano i gruppetti, proprio come avevo visto nei tanti film e telefilm americani. Era tutto così fantastico, tutto come avevo sempre immaginato. La cosa che però più mi entusiasmava erano gli armadietti nei corridoi. Erano la cosa che preferivo. Adoravo anche la squadra di cheerleader e di football, e la mascotte della squadra di rugby e basket. Quella scuola era davvero enorme. C'era ogni tipo di sport, dalla piscina al basket, dalla pallavolo al tennis. Era una scuola così diversa dalle solite scuole italiane. Anche le persone erano completamente diverse. Diversi modi di pensare, diversi modi di socializzare e tutti gli australiani avevano uno spiccato senso dell'umorismo, fattore che manca decisamente tra i ragazzi o adulti italiani. Mi abituai presto a quella vita però. Era divertente essere a contatto con una realtà così diversa. In poche settimane dopo la prima riuscii a fare molti amici, conoscevo parecchie persone della scuola, anche perchè era facile conoscere gente. Tutti ti parlavano e si prendevano confidenze come se ti conoscessero da sempre, e questa cosa mi piaceva. Avevo conosciuto una ragazza che in breve tempo divenne la mia migliore amica. Madison. Questo era il suo nome. Ed era la classica ragazza perfetta. Era molto diversa da me. Capelli rossi a caschetto e lisci, con frangetta laterale. Al contrario dei miei che erano castano dorato e mossi, lunghi fino a metà schiena. I suoi occhi azzurri spiccavano come se fossero stelle e aveva un fisico perfetto. Era l'amica perfetta davvero, e non solo esteticamente. Sapeva essere dolce anche se in fondo era una stronza cronica. Aveva una lunga fila di ragazzi che le venivano dietro ma a lei non importava più di tanto, dato che era innamorata da anni di un ragazzo della sua stessa classe. Da quando mi ero trasferita era stata l'unica ad esserci dal primo giorno, nonostante stessimo per far scoppiare una rissa dato che senza farlo apposta le avevo rovesciato il mio bicchiere di caffè sulla sua nuova camicietta rosa. Dopo quell'episodio avevamo passato quasi tutti i pomeriggi insieme, tra uscite, pigiama party e pomeriggi dedicati allo studio. Era fondamentale la sua presenza ormai. Ci conoscevamo da circa tre mesi ma era come se ci conoscessimo da sempre, come spesso accade tra due migliori amiche. Un'altra persona però divenne fondamentale dopo quattro mesi che ero lì. Non la avevo mai notata prima. Forse per la mia continua distrazione o forse perchè semplicemente era appena arrivata, come me. Ed infatti scoprii essere così. Era nella classe di Madison,  diciotto anni, fisico asciutto e perfetto. Grazie a Madison riuscii a scoprire che era in quella scuola da circa due mesi e riuscii a scoprire anche il suo nome. Zayn Malik. Mi viene ancora un brivido al solo scrivere quel nome. Era il ragazzo che tutti vorrebbero. Con tutte le sue imperfezioni. Occhi profondi, color nocciola, ed erano un pozzo senza fondo, chissà cosa era nascosto in quello sguardo. Un solo sguardo, ne bastava uno per farmi morire, per farmi dimenticare di tutto il mondo che mi circondava, tutto il dolore provato e farmi arrivare in paradiso. Un solo sguardo era bastato, per farmi cadere totalmente ai suoi piedi, per farmi volare, per farmi innamorare. Mozzava il fiato. Ogni volta che mi guardava, ogni volta che mi toccava o solamente sfiorava, mi toglieva il respiro, un battito del mio cuore. Sentivo già dal primo giorno che lo vidi davanti la macchinetta del caffè che tra noi c'era qualcosa di speciale, non era amore, non era amicizia. Era bastata una parola per rendermi conto che quello che c'era tra di noi non era niente del genere. -
Ti serve?- mi disse quel ragazzo con quei capelli neri, rasati ai lati e un ciuffo in avanti, porgendomi una monetina, che doveva essere il resto del caffè che aveva appena preso. Nessuna risposta, solo un gesto, un cenno di testa. Non so bene che cenno fosse, forse inclinai un pò la testa e annuìì, so solo che forse feci qualcosa di veramente strano visto che il mio gesto lo fece ridere. Forse già si era accorto, o forse sapeva della sua oggettiva bellezza, sapeva dell'effetto che faceva alle ragazze, bastava allargare la bocca e far vedere qualche dente, bastava giusto un sorriso per far cadere ai suoi piedi tutte le ragazze che voleva. Lo sapeva bene questo. Eppure tra tutte le ragazze della scuola, tutte quelle ragazze così assolutamente perfette e bellissime, lui scelse me. Ero io la ragazza che voleva. La ragazza con cui voleva stare. Non ci mettemmo molto a capire che non potevamo stare distanti per molto tempo. Ci eravamo parlati altre due o tre volte dal primo incontro, le altre volte era stato solo un gioco di sguardi. Non semplici sguardi però, erano sguardi infiniti, sguardi che duravano in eterno, ogni volta che ci vedevamo in corridoio, o eravamo nella stessa classe anche se per un'ora durante le lezioni di inglese e matematica, non facevamo altro che guardarci, contemplarci, senza smettere mai. Senza imbarazzo, senza malizia. C'eravamo solo noi in quei secondi, minuti, o ore di continui sguardi. Tutto il resto si annullava. Era come se tutto scomparisse per dar spazio solo a noi, solo ai nostri occhi che non la finivano di fissarsi. Come se fosse una cosa troppo grande, ed era troppo grande. C'era qualcosa di immenso tra quegli occhi. Era una distanza che in realtà non c'era, una distanza che non doveva esserci, i nostri occhi erano come due calamite, prima o poi si attraggono tutte. Fino a che un giorno quella distanza venne annullata. Sentii una presa al braccio sinistro che mi tirava, mi scontrai contro un petto e riconobbi subito il suo profumo. Mi spinse ancora per portarmi nel magazzino del nostro liceo, che era proprio di fronte alla macchinetta del caffè, il luogo del nostro incontro. Il contatto con il nostro corpo fu indispensabile. Eravamo due calamite perfette. Mi guardò ancora, uno sguardo lungo e profondo, come i suoi occhi. Nessuna lunga conversazione, nessun discorso serio c'era stato tra me e lui fino a quel giorno. Ma questo non importava. Era come se i nostri occhi dicessero già tutto. Un ultimo sguardo, e poi solo noi due. La distanza che rimaneva tra di noi venne definitavemente annullata. Eravamo solo noi, io, lui e le nostre labbra, che in quel momento erano diventata una cosa sola. Un bacio. Un bacio che sembrava infinito. Un bacio inizialmente leggero e dolce, per poi diventare sempre più passionale. Era quello che c'era tra noi, no amore, no amicizia, ma passione. Una passione destinata a non finire. Non passò giorno che passai senza di lui, dopo la scuola, dopo il diploma, eravamo diventati una cosa sola. Due corpi e un'anima sola.   Eravamo uno dell'altro. Ci appartenevamo l'uno all'altra. Per anni e anni quella passione non cessava, non diminuiva. In quella passione era nato tutto, in quella passione così grande c'era amore, amicizia, fiducia. Famiglia. Arrivò il giorno in cui era giunto il momento di dare una svolta alla nostra vita. Eravamo nella cucina della mia casa rosa che affacciava sul mare, la casa che da anni condividevo con mia madre e mia sorella. Era il mio 25esimo compleanno. Una festa in famiglia, con la mia famiglia e la sua. Una torta, tanti dolci. E il nostro momento. Dopo la torta Zayn cercò di attirare l'attenzione su di lui, cosa che gli riusciva molto bene. Si mise davanti a me, mi guardò negli occhi, ancora, era lo stesso sguardo di qualche anno prima, come il primo sguardo che c'era stato tra di noi, quello sguardo dove avevamo già capito chi eravamo e cosa fossimo. Si mise in ginocchio, e mise le mani in tasca come per prendere qualcosa. E poi un anello, fu il simbolo di un'unione che c'era sempre stata tra di noi. Il simbolo di qualcosa che doveva esserci per forza, era una firma, un'assicurazione. Il simbolo dell'inizio di una nuova realtà. Una realtà già preannunciata. Era semplicemente destino. E poi il matrimonio. E la prima gioia. Una bambina, nata prematura ma comunque bellissima. Taylor, era il suo nome. In memoria del mio defunto padre. Capelli dorati come la mamma, occhi nocciola e profondi come il papà. E poi la gioia che aveva di vivere già dai primi anni di vita, il sorriso e la risata che aveva in ogni sua piccola azione. Era la nostra gioia, il nostro amore, il vero simbolo di quella nuova realtà. Anno per anno lottavamo per non farle mai mancare niente, per farla sempre essere felice, come avevano già fatto con noi i nostri genitori, nonostante l'assenza di mio padre, e di tutto l'amore che mi avrebbe dato se non fosse andato a quella riunione quella maledetta notte, quell'amore che però mi ha comunque dato nonostante se ne sia andato così presto. 
Un altro figlio, un'altra firma. Un maschietto di 3.57kg uguale al padre. Era la sua esatta copia, solo più piccola. Il piccolo Niall. La seconda gioia, ma non per questo meno importante. Non furono mai soli, Taylor e Niall crebbero sempre con la presenza dei loro genitori alle spalle, pronti a difenderli contro tutto. Arrivò l'età dell'adolescenza e i soliti problemi che si hanno con i figli durante quell'età. Sono stata anch'io un'adolescente ma solo in quel momento riuscii a capire la normale preoccupazione che nasce da quando il proprio figlio varca la soglia di casa e non è più tra le braccia del genitore, nonostante tutte le avvertenze. 

Per tanti anni vivemmo con la tranquillità e le diverse liti che ci sono in ogni famiglia, senza che l'amore che c'era tra me e Zayn, o l'amore della nostra famiglia venisse sminuito o annullato. I brutti episodi però accadono in ogni famiglia, senza avvertimenti, senza preannunci, ci sono cose che non possono essere previste, nessuno può prevederle, sono cose diverse, quella che ci successe fu una cosa diversa dall'amore che nacque tra i corridoi del West Fire High. Un tumore. Un grosso tumore nel suo corpo. Nel corpo dell'uomo che amavo da anni, l'uomo con il quale ero maturata e cresciuta. Lottammo insieme, per anni, lottammo tutti e quattro insieme, io e i miei figli, i nostri figli, dandogli sempre tutta la felicità possibile, tutto l'amore possibile, l'amore infinito che ogni figlio e ogni moglie ha per il proprio marito. Fu un anno difficile per la nostra famiglia quello, eravamo arrivati a metà della nostra vita io e Zayn, cinquanta anni appena compiuti. Io e lui. Una vita insieme, sempre insieme. Amandoci sempre con tutto l'amore che ci può essere tra due persone, tutto l'amore che si può trasmettere tra due persone. O almeno a me quell'amore sembrava infinito, evidentemente per qualcun altro non lo era, perchè pochi mesi dopo il cuore di mio marito cessò di battere, il secondo uomo più importante della mia vita se ne andò, anche lui, senza dire niente, apparte le ultime due parole che riuscì a dire durante il suo ultimo respiro -Vi amo- due parole dette sussurrate, con la voce rotta da una morte che era lì, che lo stava tirando a sè con forza, come se fosse suo, lo tirò proprio come mi tirò lui quaranta anni prima in quel magazzino del liceo, dal momento in cui la distanza che c'era tra noi si annullò, e le calamite vennero definitivamente attratte. Una di quelle calamite si era rotta, non funzionava più, si era smagnetizzata. L'unica cosa che restava era il dolore, un incessante dolore, che per me era quasi un ricordo, un flashback, lo stesso dolore, seppur diverso, di una ragazzina e sua sorella, e di una madre e moglie che dopo anni di amore perde il proprio marito così, senza una giusta scusa, una giusta spiegazione. Non stetti più con nessun altro uomo dopo di lui, sempre da sola. Qualche anno dopo la sua morte riuscii a trovare il numero della mia vecchia amica, Madison. La bella Madison. Mi riconobbe subito. -pronto?- -Madison?- Furono le uniche parole che uscirono dalla nostra bocca, perchè dopo aver sentito la mia voce scoppiò a piangere, senza più smettere. Dopo la telefonata organizzammo un'uscita. Mi raccontò cosa fece in quei quasi cinquanta anni che non ci vedevamo. Si era sposata anche lei con un uomo milionario di cinque anni più grande, ed anche lei come me aveva formato una famiglia. Adottò tre bambini, essendo sterile. Mi disse anche che riuscì a conquistare il ragazzo della sua classe di cui era innamorata, ma non andò bene tra di loro. Gli raccontai anche io della mia vita trascorsa con Zayn, dei miei due bellissimi bambini, e del brutto episodio che accadde alla nostra famiglia. Dopo quell'incontro, tra chiacchiere e abbracci, non ci rivedemmo più. Trascorsi il resto della mia vita da donna vedova, dedita alla pittura, cosa che mi aveva sempre affascinato fare già da adolescente. Persi mia madre all'età di 70 anni, quando lei ne aveva ormai 98. Mi era rimasta solo mia sorella Brit. Anche lei si è sposata con un senatore, e per questo vive in una grande villa nel centro di Sidney. Ha avuto solo un figlio. I miei due figli si sposarono anche loro: Taylor divenne un'atleta di ginnastica, mentre Niall cercò fortuna nel campo della musica, vendendo moltissimi cd, che molti sono ancora ai primi posti della classifica americana. Sono così soddisfatta di loro, caro diario. Ora sono qui, all'età di ottantasei anni a scriverti. Ho trovato ieri questo diario mentre cercavo una vecchia foto di Zayn del liceo, in una scatola che feci quando dovevo andare a convivere con lui. Era la scatola della mia adolescenza quella sai? Tra le vecchie foto, vari premi e diversi quaderni e libri di scuola ho trovato questo diario ed è tutto il giorno che lo leggo. Nonostante la mia vista non sia più perfetta, anzi ormai è andata, ho letto tutte le pagine di diario che scrissi moltissimi anni fa, e a rileggerli fa un certo effetto, non mi sembra vero che siano passati così tanti anni. Non mi sembra vero di essere riuscita a vivere una vita del genere, di essere riuscita a formare una famiglia, anche se abbiamo avuti molti problemi. Non mi sembra vero di essere arrivata a questo punto, sono soddisfatta sai? Ho avuto una vita fantastica, con tanto amore e soddisfazioni da parte di ogni persona che ho amato. Ci sono state due persone importanti che hanno reso la mia vita dolorosa, ma nonostante questo hanno contribuito a renderla nello stesso tempo fantastica. Non so quanto tempo è che sto scrivendo questa pagina di diario, so solo che riesco a malapena a leggere l'orario, vedo un 9, e un 33 o un 38, non riesco a capire bene che numero sia, ed è sera, comunque l'orario penso che sia tra le 9.30 e le 9.40, e sai che giorno è? E la vigilia di Natale, è il 24 Dicembre, e l'unica luce che mi illumina è quella che viene dall'albero di Natale che ho fatto da sola, è bruttino, ma è lo stesso albero che comprai con Zayn tanti anni fa, è il nostro primo albero. Perchè nonostante questa festa mi ricorda un brutto episodio ho voluto voltare pagina con Zayn, non volevo portarmi alle spalle di questa festa tutto il dolore che ho provato quella sera. Era la mia festa preferita. Il Natale, la festa dei bambini, la festa dove tutta la famiglia di riunisce finalmente sotto l'albero di Natale a scartare i regali. Ricordo poco, ho qualche immagine nella mia mente, ma è sfocata. Ci siamo io, mia sorella, mia madre e mio padre a tavola, a mangiare durante l'ultimo Natale passato insieme, ricordo le risate di quella sera, e le emozioni che provavo ogni volta che mio padre mi dava un regalo e ricordo il suo sorriso ogni volta che vedeva il mio. Ora che mi rimane? Solo una vita piena di amore e dolore, un contrasto importante no? Sento ancora il dolore addosso, è come se non se ne volesse andare, e non se ne andrà mai, è un dolore eterno, e vivrà con me per sempre. 

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Saaalve a tutti cari amici, per chi non mi conosce mi presento, Il mio nome è Marika, ma potete chiamarmi Miki o Jenny, come volete voi e non chiedetemi il perchè ahah

Bene si lo so, è una storia un pò triste, non so come mi sia venuta, avevo voglia di scrivere una one shot e mi è venuta l'ispirazione all'improvviso, mentre ascoltavo Cannonball delle Little Mix (no non sono affatto una loro fan ma quella canzone mi fa impazzire) e bo, ho iniziato a scrivere per ore e neanche più pensavo a quello che scrivevo, scrivevo e basta. Ed ecco cosa è venuto fuori.
Spero che vi piaccia, e spero che avrò molte recensioni, anche di critica perchè le accetto assolutamente, anzi, anche se ne avete una piccola piccola vi prego di scrivermela perchè ne ho bisogno, amo scrivere e i vostri consigli mi fanno crescere :)

Detto questo spero che vi sia piaciuta questa one shot e di sicuro ce ne saranno altre, come anche fanfiction. Questa infatti doveva essere una fanfiction che raccontava della storia della protagonista e della sua vita al liceo, poi è uscita sta roba quindi.. a voi i commenti.

Oh, un'altra cosa! Non ho messo il nome della protagonista perchè ho pensato che magari vi sareste immedesimate più facilmente nella storia (se volete ovviamente) dando voi un nome, il nome che volete alla protagonista. Anche rispetto a questo punto.. Via alle critiche ahahah

Ok posso andare, spero davvero, con tutto il cuore che vi sia piaciuto almeno un pochino.
Potete trovarmi anche su Twitter, se volete seguitemi @LoverorLove
Un grande bacio a tutte/i. 
-Miki xx

  
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