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Autore: claudineclaudette_    08/07/2012    5 recensioni
Il mio nome è Yuri diventerò una guerriera! Il mio maestro…. Ma cominciamo dall’inizio!
La storia di una giovane che cerca di andare contro i pregiudizi della società in cui vive per riuscire a realizzare il suo sogno.
Dico solo un nome: Sephiroth! ...e una parola: Commenti! Perchè più commenti rendono gli autori più felici!
p.s. Lei non è una Mary Sue :p promesso!
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Altro contesto
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18. SORRIDERE INSIEME

 

- Più in alto le braccia – esclamò con forza e mi diede un colpetto sul retro del gomito mentre lo diceva.

Non sembrava mai riuscire a essere soddisfatto.

- Ma sono esattamente come un secondo fa! – esclamai stizzita.

Estrasse la spada. - Anche la più piccola differenza può essere determinante – mi si posizionò di fronte. – Adesso para!

Strinsi con forza le mani intorno all’elsa della katana (ormai non usavo più il bokken) in attesa del colpo. Fece un repentino movimento con una mano sola calando la spada su di me obliquamente da sinistra. Mossi un passo indietro e parai, persi quasi l’equilibrio ma all’ultimo riuscii a mantenermi in piedi.

- No. No. No – disse esasperato. Era la sesta volta che ripetevamo l’esercizio. Infilzò la spada al suolo e mi venne incontro. Mi corresse la posizione delle braccia e mi si posizionò alle spalle. - Le gambe devono stare più divaricate, non stai pescando. Inoltre devi piegare le ginocchia, abbassare il baricentro, altrimenti rischi di finire per terra ogni volta che ti muovi.

Mentre parlava mi mise le mani sui fianchi per tenermi ferma e mi spostò le gambe dandomi dei colpetti con i piedi.

Si chinò in avanti, poggiandomi per un secondo le labbra sul lobo dell’orecchio. - Pensi di riuscire a ricordarti questa posizione? – mi sussurrò. Fece scivolare la mano destra dal fianco al mio stomaco e la lasciò appoggiata lì. Sentii tutto il sangue defluirmi alla faccia, dovevo essere diventata rossa come un pomodoro.

- Concentrati – mi disse sottovoce. Le sue labbra mi baciavano il collo. Le sentii incresparsi e capii che stava sorridendo.

In quel momento non avevo nessun controllo sulla mia voce, quindi mugolai in assenso.

- Bene – disse. Con una mano mi fece girare la testa verso di sé e mi baciò sulla bocca prima di lasciarmi subito andare.

- Su – esclamò sorridendo. Aveva una voce bellissima. L’ho già detto che aveva una voce bellissima? Profonda, baritonale. Non potevo fare a meno di squagliarmi ogni volta che apriva bocca. – Fammi vedere come ti difendi.

Afferrò la spada e balzò in avanti. Scartai di lato, come mi aveva insegnato a fare, e tornai in posizione di difesa ma lui era di nuovo davanti a me. Fece un affondo che mi sfiorò la guancia. Non mi ferì: aveva usato il dorso della spada. Voleva solo che fossi consapevole che altrimenti starei sanguinando.

- Ferita – mi fece notare mentre colpiva di nuovo. Questa volta parai il colpo e feci un salto indietro, di nuovo pronta a riceverlo.

Guardarlo era bellissimo. Non sembrava nemmeno che stesse combattendo…non che io fossi in nessun modo un avversario per lui, ma sembrava non sentisse nemmeno la forza di gravità. Come i rami di un albero: per un attimo mossi dal vento e poi di nuovo immobili. E sorrideva.

Il suo colpo successivo mi sorprese, arrivò dal basso. Riuscii a pararlo all’ultimo momento ma scivolai, persi l’equilibrio e infine caddi per terra di schiena.

Avrei dovuto rotolare su un fianco e tornare in piedi. Ma ero lenta. Chiusi gli occhi e mi strofinai la testa. Quanto li riaprii Safer incombeva su di me puntandomi contro la punta della spada.

- Sei morta – disse. Come un lampo si chinò su di me fino a baciarmi la punta del naso, quando si rialzò in piedi mi trascinò su con sé. Gli brillavano gli occhi.

- Facciamo una pausa – mi prese per mano e ci andammo a sedere insieme a cavalcioni di un tronco caduto. La mia schiena contro il suo petto.

- Come sono andata? – gli domandai.

Mi accarezzò i capelli. – Bene – mi assicurò.

Roteai gli occhi. – Quello non mi sembrava proprio “bene”.

- Bene per uno standard normale – si corresse.

- E questo cosa vorrebbe significare? – mi girai parzialmente verso di lui, in modo che riuscissimo a guardarci in viso.

Fece una pausa, guardandomi. Alzò una mano e mi carezzò il lato del viso.

- Sai cos’è il mako, vero?

- Certo.

- Ormai non si usa più come una volta – cominciò, giocherellando con una ciocca dei miei capelli. – Quando ero giovane si usava iniettare l’energia mako in alcuni soggetti selezionati in modo fa farli diventare superguerrieri. Lo sapevi questo?

Annuii. Ne avevo sentito parlare, una volta. Ma credevo che fosse storia molto più vecchia.

- Quei soldati erano potenti. Quei soldati acquisivano una forza che era difficile ottenere altrimenti. Quei soldati barattavano la loro umanità per il potere.

Lo fissai, pensierosa. Con la mente tornai a ciò che ci eravamo detti solo poche ore prima.

- Ma questi soldati non erano caratterizzati dal bagliore mako?

- Sì – confermò. Non mi staccava gli occhi di dosso. Sapeva che tipo di ragionamento stavo facendo.

- I tuoi occhi non hanno il bagliore mako, però. Hanno solo una strana pupilla. – Ormai mi ci ero così abituata che non ci facevo quasi più caso, ma la sua pupilla era affusolata, quasi come quello di un gatto, o di un serpente, e si stringeva ancora di più quando era in preda all’ira. Non mi spaventava più ormai, però era così.

- Una volta lo facevano – mi spiegò, lentamente. Si umettò le labbra. – Stare con te mi cambia, molto più di quanto potrai mai comprendere.

Sbattei le palpebre, confusa. Non riuscivo a capire cosa volesse dire.

- Inoltre – aggiunse – il mako per me è stato solo un di più. Ciò che mi costituisce è molto diverso, in realtà mi puoi a malapena definire umano.

Gli tappai la bocca con le mani. Istintivamente, prima ancora di riuscire a realizzare cosa stavo facendo.

Mi guardò, confuso.

- Smettila – gli comandai. – Smettila subito – mi aveva spaventata. Qualcosa nei suoi occhi mi aveva spaventata, il modo in cui guardavano lontano. Indietro. Forse il passato, ma non me. Non noi. Non il presente e sapevo che non andava bene – Non voglio sentirti fare discorsi del genere.

Mi scostò gentilmente le mani e le trattenne tra le sue. Si portò la mia mano sinistra alle labbra e la baciò. – Pensavo volessi saperlo.

- Voglio saperlo – lo assicurai. – Ma voglio che resti con me mentre lo fai.

Mi guardò. Capì di cosa stavo parlando. Mi girò la mano e me ne baciò il palmo, facendomi il solletico.

- Va bene.

- Vuoi continuare? – gli chiesi, cauta.

- Non c’è molto altro da dire. Esperimenti sui neonati. Cellule non umane impiantate in un feto in via di sviluppo – non so come facesse a mantenere un tono colloquiale. – Davvero una storia triste, non credo tu voglia sentirla.

Distolse lo sguardo e lo lasciò vagare davanti a sé. Non mi lasciò le mani.

Riflettei. Sembrava qualcosa di familiare.

 - Come Sephiroth? – gli chiesi dopo qualche secondo.

Sentii il respiro mozzarglisi in gola, come un rantolo. Voltò la testa. Lentamente, molto lentamente. Mi fissò. Dritta negli occhi per un tempo che mi sembrò infinito. Le labbra strette, ridotte a una linea sottile. Le pupille leggermente dilatate.

- Una specie – disse infine. La voce gli uscì stridula, come se gli si fosse bloccata in gola.

Fui io a restare in silenzio allora. Cosa puoi dire a una persona che ti confida una cosa del genere? “Mi dispiace”? Niente sembra adeguato, così lo abbracciai. Mi strinsi a lui, affondando il viso nel suo petto.

Safer mi lasciò le mani e mi abbracciò a sua volta, con una mano intorno alla schiena e una sulla nuca per accarezzarmi i capelli.

Restammo così, in silenzio, per diversi minuti.

- Devi andare a casa – mi ricordò dopo un po’.

- Non voglio andare a casa.

Rise piano. – Sarò ancora qui – sciolse l’abbraccio per guardarmi in viso. – Domani. Dopodomani. Il giorno dopodomani.

Sorrisi. – Va bene.

Ci baciammo ancora una volta, poi mi avviai verso casa. Dopo pochi passi mi voltai verso di lui. Mi stava guardando andar via.

- Safer? – lo chiamai.

- Mm?

- Lo sai che ti amo, vero?

Sorrise. – Lo so.

Sorridemmo insieme. Sorridevamo tanto in quei giorni. Ancora per poco, anche se non lo sapevamo, ma in quei giorni semplicemente sorridevamo amandoci a vicenda. Ed era abbastanza.

 

 

Siamo tornati su binari più tranquilli qui…eheh. Un po’ di allenamento che non guasta mai…mi dimentico sempre di ricordare che Sephiroth e Yuri non si limitano a guardarsi nelle palle degli occhi ma si allenano anche! :)

Poi…CHIACCHIERE. Sinceramente non avevo idea di ciò che sarebbe saltato fuori in questo capitolo…ovviamente sapevo che sarebbe cominciato con l’addestramento di Yuri…il resto è stato assolutamente spontaneo. Soprattutto quel discorso serioso… O.o hanno fatto tutto loro. Com’è? Ci siete rimasti male a vedervi una discussione su un ipotetico Sephiroth-terza-persona? Eheh…ma poi…perché continuo a dare del voi al maschile in generale se tanto so che siete tutte ragazze?? Mistero xD

E poi parole :) perché le parole sono importanti…Yuri che più che dichiararsi, rincara la dose! Ahah e poi cattivi presentimenti…che come avrete notato adoro.

Ci vediamo nel prossimo capitolo (sì tranquille l’ho già scritto…tra un poco lo pubblico xD magari vedrò di stabilire un giorno della settimana così potrete sapere che se non esce – metti caso – di mercoledì allora bisogna aspettare settimana prossima…oppure anche no. Potrei semplicemente farvi dannare *risata sadica*

Que sera sera

Aya

   
 
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