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Autore: Natalja_Aljona    08/07/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Trecentodiciannove


Trecentodiciannove

If I trust in you, would you let me down?
Would you laugh at me, if I said I care for you?
Could you feel the same way too?

Quando il cuore stordì, e ora no, non ricordo se fu troppo sgomento o troppo

felice

Questa volta, se per caso fosse amore, me lo voglio meritare

(2/2)

Parte Seconda - Hajnalka

The day before you came

 

Ci voleva lei, ci voleva lei, ci voleva lei

Che ti portasse fino a qui, perché fossi come sei, perché fossi così
Ci voleva, sì
Ci voleva lui, ci voleva lui, ci voleva lui

Perché ritrovassi me, perché forse in fondo è vero che per essere capaci di vedere cosa siamo
Dobbiamo allontanarci e poi guardarci da lontano

(Il Viaggio, Daniele Silvestri)

 

[...]

 

Fatalità
Ha il tuo destino in mano
Fatalità
La trovi sulla tua via
Fatalità 
Tu sei nessuno o sei un dio
Fatalità
Tu sei puttana o sei re
Fatalità
La vita la devi a lei

(Fatalità, Notre Dame de Paris)

 

Suo padre e i suoi fratelli l'avevano sempre difesa da tutti, anche da loro stessi.

Lei non aveva conosciuto Zsófike, non abbastanza.

Lei non era stata ad Omsk, e la pelle del suo polso destro era candida e liscia.

Lei non era mai stata in prigione, perché suo padre e i suoi fratelli l'avevano impedito.

La sua migliore amica, la biondissima e sregolata Natal'ja, era l'eroina del quartiere.

La figlia adottiva di suo padre e la sorella acquisita dei suoi fratelli.

Hajnalka adorava quella ragazzina, e la cosa era reciproca.

Aveva solo un mese in più di lei, un mese esatto, poiché Alja era nata il 27 Febbraio 1825 e lei il 27 Marzo dello stesso anno, ma Alja dimostrava quasi l'età di Feri, sei anni di più.

Lys invidiava l'innocenza di Hajnal, quell'innocenza che lei non si poteva più permettere da troppo tempo, e Hajnal invidiava il coraggio di Lys, quel coraggio che per suo padre e i suoi fratelli era naturale e a lei era proibito.

Che poi, nel loro caso, "invidia" era sinonimo di "ammirazione".

Si volevano troppo bene.

Hajnalka era l'unica femmina di cinque fratelli, nonché l'ultima nata.

Fin qui, non c'era proprio niente di strano.

Anzi, per molti era una vera fortuna: le femmine, si sapeva, erano sempre state le più difficili da sistemare, specialmente nelle famiglie povere come la loro.

In mancanza di una dote quantomeno accettabile, l'unica soluzione possibile era la prostituzione.

I maschi, invece, potevano fare qualsiasi cosa.

Rubare, arruolarsi.

Partire e reinventarsi una storia, una famiglia, un destino.

Cercare fortuna in un Paese lontanissimo trovato per caso sull'Atlante e mantenere i genitori, i fratelli, i figli e i nipoti con una nuova, incredibile ricchezza.

Questo potevano farlo solo gli uomini.

Le donne, in quel mondo, non avevano futuro.

Non era sempre così, ovviamente, anzi, piuttosto spesso, ma queste frequenti e scomode eccezioni non erano mai state tenute nella giusta considerazione.

La Società Ottocentesca amava gli stereotipi.

Viveva di luoghi comuni che quel caro, geniale ragazzo di Akakij Ul'janov definiva "tanto pingui da far venire i brividi".

Le donne, semplicemente, non esistevano.

Acconciature troppo elaborate, poco credibili.

Come se fossero state credibili le parrucche del Re Sole.

Vestiti troppo lunghi e ingombranti, corsetti che sbriciolavano le ossa in una morsa soffocante.

Come se l'avessero scelto loro, di andarsi a rinchiudere in quelle armature deliziosamente ricamate, e per questo oltremodo ingannevoli, ingannevoli come un bel ragazzo povero a Corte che fingeva l'amore per la più nobile e la meno carina, ed era così evidente che tutti lo capivano e la compativano molto, ma era così che andava il mondo, il Bel Mondo traditore che nessuno aveva mai il coraggio di tradire.

I corsetti vendevano la bellezza in cambio di sofferenze atroci, ma la bellezza in fondo era un regalo della sorte, della nascita, della natura, e se eri bella potevi fare come Lys: annodare la sottoveste in vita, sciogliere i capelli, girare scalza e fregartene degli sguardi di chi aveva un insulto già sulla lingua e una velenosa invidia in fondo al cuore.

A quest'argomento Akakij aveva dedicato l'ultimo numero della Prospettiva Nevskij, e come da copione l'avevano arrestato.

Ormai ci aveva fatto il callo, e, ridendo di cuore, aveva sfidato il suo secondino con una frase che gli era costata un pasto saltato: "Che noiosa, questa Società!".

Tanto ormai il giornale era uscito, e il ventisettenne Ul'janov si era riaffermato l'idolo dei cosiddetti "Rivoluzionari della carta".

Digressioni a parte, Hajnalka era l'unica femmina di cinque fratelli, ma non era questo, il punto.

Hajnalka era la prima figlia femmina di un Desztor dopo secoli.

I Desztor non erano affatto maschilisti, anzi, tenevano le donne in gran considerazione, ma finivano sempre per sbagliare qualcosa, e le loro donne finivano molto male.

Non bisognava fargliene una colpa.

Neanche quando erano innamorati persi, neanche quando erano disposti a dare la vita, riuscivano a salvare la donna che amavano.

Era come una maledizione.

Hajnalka aveva fatto sorridere Zsófike e piangere di gioia Kolnay.

Era un Desztor fortunato.

La nascita di sua figlia, e gli sembrava quasi incredibile poter dire "sua figlia", era stata la sua prima Rivoluzione.

Ad Hajnalka, però, non doveva succedere niente.

E, com'era caratteristico dei Desztor, lui e i quattro scapestrati ch'erano nati prima di Hajnal, perché non le succedesse niente, avevano esagerato.

 

Capitano che risolvi con l’astuzia ogni avventura

Ti ricordi di un soldato che ogni volta ha più paura?

(Itaca, Lucio Dalla)

 

Ferenc Dmitrievič Novakovič era nato a Prešporok, antica capitale del Regno d’Ungheria e futura Bratislava slovacca, alle prime luci del 16 Aprile 1825.

Era un bel ragazzo, dai folti capelli neri e i limpidi occhi azzurri, un po’ come Lörinc.

Abitava a Shtorm, proprio di fronte a Farkas Dragan, ma, come il suo migliore amico Péter Bolkonskij, il pittore, non era mai stato abbastanza coraggioso per entrare nella banda del biondino rumeno.

Nonostante questo, era sempre riuscito a mantenere con lui e gli altri Shtormiani un rapporto relativamente civile, anche perché era fin troppo consapevole che dopo un loro pestaggio non si sarebbe rialzato più.

Non era esattamente un eroe, Ferenc.

Sognava di arruolarsi nell’Esercito Russo o Ungherese, un giorno, ma probabilmente l’avrebbero riformato per il fisico gracile e la tendenza alla codardia.

Era quest’ultima, più che altro, la sua rovina.

E se incontrava per strada Pál e Csák Desztor, gli eroi del momento, e probabilmente dell’intero secolo, si sentiva morire.

Zingari, figli di un criminale leggendario, Kolnay, evasi dopo quasi tre anni di lavori forzati ad Omsk, pelle ed ossa per l’estrema povertà e pelle nivea solcata da innumerevoli cicatrici.

Pál ad Omsk aveva addirittura perso due dita, ma teneva ugualmente il fucile nella mano destra, con le tre rimaste.

Belli e spavaldi come pochi, li invidiava con un’intensità quasi dolorosa.

Avrebbero sicuramente riso di lui, come facevano sempre Farkas Dragan e i suoi amici.

E avrebbe riso di lui anche la loro adorabile sorellina.

Inevitabilmente.

Hajnalka era la migliore amica di Natal’ja, e quella biondina l’aveva quasi fatto impazzire, nei suoi primi anni in Russia, e non solo.

Era la reginetta di Forradalom, e lo prendeva in giro molto più di quanto potesse permettersi.

Oh, se solo avesse avuto il destro di Farkas Dragan...

Gliel’avrebbe fatta pagare, a quella maledetta.

Alja, in questo, era dannatamente identica a Jànos.

Era la migliore amica di un bastardo, un infame che si credeva il re del mondo, il dio zigano della periferia di Krasnojarsk, ed era la sua migliore amica perché era come lui.

Natal’ja Zirovskaja e Jànos Desztor erano il suo incubo, il suo incubo personale.

Anche senza parlare lo facevano sentire una nullità.

E come dargli torto, poi?

Loro sì che avevano un posto nel mondo, e i loro nomi e i loro sorrisi dipinti erano sempre sui volantini dei teppisti di strada più ricercati.

Erano, insieme a Feri, il fratello maggiore di Jànos ed Hajnal, i fondatori di un quartiere.

Il quartiere dei sogni, Forradalom.

Il suo amico Péter, pur non avendo un gran coraggio, dipingeva divinamente, e glielo riconoscevano tutti.

Per Ferenc era difficile, troppo difficile, guadagnarsi il rispetto degli altri.

Hajnalka era diversa da Lys e dai suoi fratelli.

Hajnalka era la ragazza dei suoi sogni.

Natal’ja l’aveva capito, e senza aspettare neanche un secondo era corsa a raccontarlo a Jàn.

Se Jànos fosse stato un ragazzo qualsiasi, un normale fratello che veniva a sapere dalla sua migliore amica il nome dell’aspirante pretendente di sua sorella, ci sarebbero state un paio di raccomandazioni, un’occhiataccia, forse qualche minaccia, ma niente di più.

Non c’era niente di così sconvolgente: Hajnalka era una bella ragazza e Ferenc si era innamorato di lei.

Ma Jànos non era un ragazzo qualsiasi né un normale fratello -gli aggettivi “qualsiasi” e “normale” erano quanto di più lontano dai Desztor e dai Forradalmi potesse esistere-, e il fatto che lui lo sapesse non lo faceva stare affatto tranquillo.

Così, quando il 3 Marzo 1838, circa alle nove e un quarto del mattino, aveva sentito bussare e s’era trovato davanti Pál, Csák, Feri e Jànos, con le fiamme negli occhi e un’aria spaventosamente cupa, la sua inquietudine aveva sfiorato le stelle.

Aveva chiuso loro precipitosamente la porta in faccia e, con il cuore in gola, s’era rifugiato in camera.

Era passato un attimo, non di più.

Uno schianto gli aveva annunciato ch’erano entrati dalla finestra.

Quale finestra, poi, non voleva saperlo.

Aveva dato quattro giri di chiave alla porta della sua stanza e s’era seduto in un angolo, sul pavimento, con un terribile vuoto allo stomaco, una voragine di brividi e vertigini che lo inchiodava al muro, facendolo tremare come mai nella sua vita.

Erano stati attimi di terrore, e quando Feri aveva sfondato la porta era quasi svenuto dalla paura.

Jànos l’aveva afferrato per il colletto della camicia, bruciandolo con i suoi occhi nerissimi e luminosi.

-Stai lontano da Hajnalka. Dimenticala. Finché vivremo, nessuno deve avvicinarsi a nostra sorella. Mai, per nessun motivo al mondo. Nessuno-

Le aveva sibilate, queste parole, e per di più in ungherese, ma nel 1825 come nel 1838 quella che un giorno si sarebbe chiamata Slovacchia era parte dell’Ungheria, e Ferenc conosceva bene la lingua.

Con le lacrime agli occhi, non aveva potuto fare altro che annuire.

-Deve ancora nascere, l’uomo che si avvicinerà ad Hajnal senza essere massacrato come una bestia- aveva sputato Pál, tra i denti.

-La nostra Hajnal, eh? Vola basso, Novakovič! Non avresti nemmeno il diritto di guardarla- aveva riso Csák, sarcastico.

Feri s’era limitato a guardarlo...

Ma il primo pugno gliel’aveva tirato lui.

Il resto, semplicemente, non voleva ricordarlo.

Non sapeva quanto tempo fosse passato.

Non sapeva quando se n’erano andati.

Era svenuto davvero, per tutte le botte che gli avevano dato.

Aveva riaperto gli occhi a fatica, solo sentendo le grida di sua madre che, appena rincasata, l’aveva trovato in condizioni che dire “pietose” era un eufemismo.

Era vivo per miracolo.

Farkas Dragan, quando aveva saputo cos’era successo, era scoppiato a ridere.

Invece di andare su tutte le furie perché i Desztor avevano invaso il suo territorio, il suo quartiere, senza permesso, oltrepassando il confine tra Forradalom e Shtorm, aveva riso.

Da quel giorno, Ferenc aveva visto Hajnalka rarissime volte, e solo di sfuggita.

Che poi, neanche prima che i fratelli Desztor gli “facessero visita”, le aveva mai rivolto la parola.

Solo una volta, quando, il 1 Marzo 1838, due giorni prima del pestaggio, al ballo allestito ogni anno a Palazzo Dolokov, il Fiore d’Inverno, aveva provato ad attirare la sua attenzione, prontamente smontato da Natal’ja.

Lei conosceva a malapena il suo nome.

I Desztor erano il terrore del quartiere, della città e dell’intero Paese.

I Desztor non scherzavano mai.

E, sicuramente, la loro intimidazione aveva funzionato.

Solo un pazzo avrebbe potuto perseverare la corte ad una ragazza che aveva fratelli del genere, e Ferenc Dmitrievič Novakovič, codardo nato, aveva già pagato abbastanza per una dichiarazione che non aveva mai avuto il coraggio di fare.

 

Sparagli Piero, sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
Fino a che tu non lo vedrai esangue
Cadere in terra a coprire il suo sangue

(La Guerra di Piero, Fabrizio De André)

 

Loro volevano difendere Hajnalka, e lo facevano nel modo sbagliato.

Loro non potevano permettersi di perdere la loro piccola Hajnal.

Theodorakis, in quei giorni in Russia, era diventato amico di Feri e Jànos, o qualcosa del genere.

Sarebbe bastato?

Hajnal, ogni volta che lo guardava, sentiva come dei capogiri, un batticuore che la spaventava.

Era troppo bello, Theo, troppo bello e troppo grande.

Aveva quasi ventotto anni, e un modo di sfidare tutto e tutti che lei nemmeno si sognava.

I suoi fratelli non le avrebbero mai permesso di rischiare i suoi diciassette anni, la sua dolcezza e la sua fragilità per quello sfrontato e strafottente biondino greco.

Anzi, per nessuno.

Innamorarsi era troppo pericoloso, per Hajnal.

Saperla innamorata era quasi come perdere.

Vederla innamorata li avrebbe fatti solo piangere.

E infuriare come non mai.

Quanto a suo padre, avrebbe preferito morire.

Kolnay era sempre stato chiaro, su questo: per impedire che Hajnalka avesse la sorte di tutte le altre donne dei Desztor, avrebbero dovuto cambiare il destino.

Sia lei che Theo avevano una sorte già scritta, letta e imparata a memoria da anni, ma non ancora accettata.

E nessuno aveva mai detto che dovevano accettarla.

Come nei desideri impossibili di Theo, come nei sogni proibiti di Hajnal, sui palmi delle rispettive mano destre, il 21 Febbraio 1843, si era aperta una ferita.

Una nuova linea mai letta prima, la promessa che anche quanto era già stato scritto si poteva cambiare, perché, finché non lo vivevano, niente era così sicuro.

 

Coming through a cloud you're looking at me from above

And I'm a revelation spreading out before your eyes

And you find me beautiful and irresistible

A giant creature that forever seems to grow in size

And you feel a strange attraction

The air is vibrant and electrified

Welcome to me, here I am, my arms are open wide

 

Arrivi da una nube e mi guardi dall’alto

Io sono una rivelazione che si diffonde davanti ai tuoi occhi

E tu mi trovi bella e irresistibile

Una creatura gigante che sembra sempre crescere di dimensione

E tu senti una strana attrazione

L’aria è vibrante ed elettrica

Benvenuto nella mia città, io sono qui, le mie braccia sono spalancate

(I Am The City, Abba)

 

 

Note


Prešporok (slovacco): Presburgo, attuale Bratislava.
If I trust in you, would you let me down? Would you laugh at me, if I said I care for you?
Could you feel the same way too? - Se mi fido di te, mi farai cadere? Rideresti di me, se dicessi che tengo a te? Senti la stessa cosa anche tu? - The Name of the Game, Abba.

Quando il cuore stordì, e ora no, non ricordo se fu troppo sgomento o troppo felice: Un malato di cuore, Fabrizio De André.

Questa volta, se per caso fosse amore, me lo voglio meritare: Il Viaggio, Daniele Silvestri.

The day before you came: Il giorno prima che tu arrivassi, Abba.

 

 

Ed ecco la Parte Seconda, Hajnalka.

La prima figlia femmina di un Desztor dopo secoli, generazioni e generazioni, e la protetta indiscussa di suo padre e dei suoi fratelli.
Dal 4 Settembre 1840, però, con la nascita di Malin, non è più l'unica, e questo rende ancora più chiaro che questa generazione di Desztor cambierà il destino.
Anche perché con Malin e Niko, nel '55, Jàn non ha fatto poi tante storie, anzi...

Poi, Ferenc Novakovič, che avevamo già conosciuto nel Capitolo 30 -e adesso che lo conosciamo meglio sono curiosa di sapere cosa ne pensate ;)-, il primo pretendente di Hajnal, con cui i Desztor sono stati davvero terribili...

A Theo succederà lo stesso?

Jàn e co non sanno ancora niente, ma se Alja si fa sfuggire qualcosa...

O forse ce la faranno, a cambiare il destino, a ingannare le Moire/Parche? ;)

 

A presto!

Marty

 

 

 

 

 

  
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