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Autore: Shodaime    09/07/2012    6 recensioni
Eccovi la mia prima fic, siate clementi^^
Come dicono gli avvertimenti è un AU, ma non troppo AU, quindi non spaventatevi. Il titolo è abbastanza esplicativo da sè, quindi vi dirò semplicemente che ho deciso di pubblicarla sotto le 'leggerissime' pressioni della mia beta^^
Spero che vi piacerà e che in tal caso lascerete un commentino, anche solo qualche parola =)
Detto questo vi auguro buona lettura, e attenti all'ananas, è agitato per il matrimonio incombente!
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“E così vorresti il mio aiuto per una questione matrimoniale… Fai le mie congratulazioni alla sposa per il coraggio.” L’avvocato si mise più comodo sulla poltrona, guardando appena Mukurenzo con un’aria di palese sfida.

Mukurenzo non si scompose. “Se la tua fama si deve alle pessime battute che spari penso che dovrò farmi rimborsare il viaggio.” Rispose, giocherellando con il cubo di rubik che Azzeccamorsi  teneva, perfettamente riuscito e allineato al resto degli oggetti, sul suo tavolo.

All’avvocato cominciarono a saltare i nervi.

“Qual è il problema? Un rapimento? Lei non ti vuole? Non esiste? Ti accusa di puzzare di frutta?” Domandò, praticamente ringhiando.

“Kfufufufu certo che no! La mia Tsunia adora l’effluvio di manghi e frutti della passione che promanano dal sottoscala…Non so se mi spiego…”
Azzeccamorsi ebbe un conato di vomito.

“Ma il problema è un altro.” Mukurenzo si fece improvvisamente più serio. “Un certo Don Xanxigo, un tamarretto di provincia. Sta cercando di metterci i bastoni tra le ruote. Ha già corrotto la perpetua e rubato la mazza al prete.” Spiegò, grave.

“Cosa ha fatto al prete???” Azzeccamorsi parve allarmato, sia per il prete che per il suo povero e perfettamente ordinato cubo di rubik che ormai versava nel caos più totale.

“Gli ha rubato la mazza. E se gli toccano la mazza impazzisce.” Mukurenzo si fermò. Soppesò le sue parole. “E’ una storia lunga.” Commentò, annuendo.

Azzeccamorsi riprese il controllo e il cubo. Pareva pensieroso, e la cosa sorprese Mukurenzo.

“Erbivoro vattene, non posso aiutarti.” Disse infine, lapidario.

Mukurenzo, che di andarsene pagando una parcella astronomica senza aver risolto niente proprio non ne voleva sapere, non diede cenno di voler cedere.

“E perché, di grazia?’’ Domandò, sporgendosi verso l’avvocato con aria minacciosa e sottilmente divertita, quella che di solito riservava ai fornitori che non volevano pagare e ai bigliettai del cinema che pretendevano di fargli pagare il biglietto. Azzeccamorsi però non fece una piega.

“Una questione di principio, erbivoro. Conosco Xanxigo dai tempi dell’asilo, quando segregammo le maestre nella vasca delle palline.” Azzeccamorsi si concesse un sospiro. “Momenti indimenticabili.” Aggiunse. “Tuttavia non pensare che io sia un tipo nostalgico. Certo, aver partecipato insieme alla gara di “lancia la tequila e mordi a morte il bersaglio” crea un discreto legame tra due persone, tuttavia devo rifiutare in forza di…questo.” Così dicendo, Azzeccamorsi tirò fuori dal cassetto(quello dove teneva i fogli in cui c’era un numero dispari di parole) un opuscolo, che lanciò al giovane.

“Antagonista’s Royal club?” Lesse Mukurenzo, abbastanza interdetto. “E che diavolo sarebbe, un nuovo night di Miami?”

“No, aborto di erbivoro! E’ un club superesclusivo che raccoglie tutti i più grandi cattivi in circolazione! Joker, Loki, l’Uomo Nero, Pimpi, una delegazione di parlamentari e una di piccioni di Piazza San Marco….E per l’appunto ci siamo anche io e Xanxigo. Non è meraviglioso?” Aggiunse, inorgoglito.

“E con ciò?” Domandò Mukurenzo, sbuffando.

“Solidarietà tra cattivi. E’ una delle condizioni del club insieme al “non dar da mangiare ai goblin” e al “tirare sempre l’acqua in bagno”.” Spiegò. “Così, non c’è nulla che possa fare per te erbivoro.
Adesso sparisci, prima che ti faccia assaggiare i miei tonfa legalmente detenuti.”

“Ma….Anche io sono cattivo! Perché non mi avete invitato??” Protestò Mukurenzo.

Azzeccamorsi inarcò un sopracciglio. “Un cattivo. Tu. Con quella risata?” Domandò, scettico.

“Ma si ti dico!! Sono arcicattivo!!” Ribadì il povero promesso sposo. Poi ci pensò. “Pensi sia davvero un problema di risata?”

“Ti fa perdere l’effetto temibile sorpresa e virare su quello spanzata di risate”. Annuì Azzeccamorsi.

“E se migliorassi?” Tentò allora Mukurenzo. La faccenda del matrimonio era ormai solo un ricordo nella sua mente in ben altro affaccendata.

“Potresti metterti in lista d’attesa. Fai tanto esercizio e ne riparliamo.” Disse Azzeccamorsi, in tono accondiscendente.

Mukurenzo annuì. “Tornerò. Kfufu…Scusa. Tornerò e basta!” Così dicendo il ragazzo abbandonò lo studio, lasciò una mazzetta di soldi alla segretaria e se ne andò.

Sarebbe diventato un supercattivo, oltre che un ottimo padre di famiglia. Doveva solo dimostrarlo, e Don Yamabbondio sarebbe stato il suo banco di prova.
 

Quando Mukurenzo tornò a Namimori, trovò ad aspettarlo Reborn, il vetturino delle consegne di anacardi, la solita vecchietta intenta ad esorcismi vari e un gruppo di neurologi e psicologi comodamente seduti sul divano.

A tutti loro Reborn, da brava padrona di casa, non aveva mancato di offrire qualche stuzzichino. Così, tra una tartina e un prosecco, la combriccola si era ben presto dimenticata di Tsunia, che al piano di sopra aveva ricevuto l’ordine di bere molti liquidi e non andare in bagno prima che il dottore gli avesse fatto la visita.

Che avrebbe dovuto aver luogo circa due ore e mezzo prima.

“Signor Tramananasso.” Si fece avanti uno dei medici. “Volevamo farle le nosstre più vive congratulazioni per le nozze imminenti. E chiederle il permesso di portare Tsunia al General Hospital di Oklahoma City. Le spiego, il soggetto si sta rivelando strabiliantemente pieno di complicazioni, e se ci lasciasse il permesso di studiarla lei ci guadagnerebbe una fortuna e in più Tsunia avrebbe tutte le cure adeguate.” Spiegò il dottore.

“America eh? Beh, ho sempre pensato che sarebbe stata una buona meta per la luna di miele.” Rispose Mukurenzo, dopo averci pensato un po’ su.

“Mukurenzo. Ricordati che stai parlando del mio bambino!” Lo redarguì Reborn.

Mukurenzo parve pensieroso. “In effetti Reborn ha ragione. Facciamo Miami?” Propose.

I dottori si consultarono.

“Ma non avrebbe le cure adeguate! Potrebbe finire col credersi un tonno! O un boss della mafia!” Protestarono.

Mukurenzo scrollò le spalle. “C’è il mare lì. Si distrarrà con quello.” Sentenziò, prendendo una tartina.

Dal piano di sopra cominciarono a provenire gemiti di dolore.

Così, dopo aver preso accordi coi medici, aver pagato la trasferta al vetturino e aver preso un aspersorio in testa dalla vecchietta, finalmente la famigliola potè riunirsi in santa pace e parlare di cose ben più urgenti.

“Che ti ha detto Azzeccamorsi?” Domandò Reborn, sparecchiando.

“Niente di utile.” Ringhiò Mukurenzo, passando la scopa.

Reborn lo guardò di soppiatto. “E’ per via della risata vero?” Domandò, sadico.

“LA MIA RISATA NON HA NIENTE CHE NON VA!” Protestò Mukurenzo.

Reborn stava per rispondere che se la sua risata era normale lui allora era un pacifista, ma fu interrotto dall’ingresso di Tsunia, che sembrava in tutto e per tutto in preda alla forza dell’ultima volontà.

“Amore bello! Ti senti bene?Ti vedo….Accesa.Ti stanno davvero benissimo quelle mutandine, sai?” Domandò Mukurenzo, prima di essere buttato praticamente per terra dalla furia di Tsunia.

“Figliolo? Devo di nuovo ricordarti di non giocare con l’accendino di mamma?” Domandò Reborn, perplesso.

“Adesso basta! Mi avete rotto! Ma pensate davvero di potermi fare tutto quello che volete?” Gridò, in piedi sul porta riviste.

Mukurenzo e Reborn si scambiarono un’occhiata interrogativa. Poi il giovane prese di peso la sua promessa sposa, la fece scendere dal suo piedistallo e, stroncando le aspettative di un bell’abbraccio romantico e consolatore, cominciò a frugare tra i giornali finchè non ne tirò fuori quello che aveva tutta l’aria di essere un copione, che prese a consultare con Reborn, sotto lo sguardo attonito e interdetto, nonché fiammeggiante, di Tsunia.

“Sì. Pare proprio che possiamo.” Asserì Reborn, chiudendo il copione in testa a Tsunia per spegnerne l’incendio cefalico.

“Io….Io….Vado in bagno!” Protestò Tsunia, girando i tacchi. La porta del bagno sbattè violentemente.

“E l’America mi fa schifo!!!” Si sentì ancora.

Mukurenzo sospirò. “Quando esce falle mettere il velo, andiamo a sposarci.”
   
 
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