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Autore: Miss H_    09/07/2012    10 recensioni
Spoiler Mockingjay!!!!
Ho deciso di raccontare ciò che secondo me avviene tra l'ultimo capitolo capitolo di Mockingjay e l'epilogo. Spero vi piaccia, anche se sono sicura che è un obrobrio con la O maiuscola, visto che è solo la mia seconda FF.
Vi prego recensite in ogni caso, sia che vi sia piaciuta che in caso contrario. Accetto qualsiasi critica costruttiva perché nella vita si può sempre migliorare e questo vale anche per la scrittura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo V  ~ Un viaggio per incontrare una persona cara.  


Sono passati quindici giorni dalla festa e io sono arrivata al traguardo dei miei tre mesi di gravidanza. Mi sono svegliata e subito questo pensiero mi ha assalito. Sono già tre mesi che nostro figlio è dentro di me e ancora non sappiamo nemmeno come è o se è sano e forte.  
Apro gli occhi e rimango avvinghiata al corpo di Peeta per un attimo, giusto il tempo per controllare se è ancora addormentato. Non voglio svegliarlo perché per una volta dorme tranquillo e così mi dirigo di soppiatto in cucina. Ho una certa fame quindi decido di prepararmi qualcosa da mangiare. Frugo tra gli armadietti della cucina e trovo due brioche che ieri Peeta ha preparato giù al forno. Mi riempio un bicchiere di succo d’arancia e mi preparo un po’ di cioccolata calda dove intingerò le brioche. Appena tutto è pronto lo servo in un vassoio e inizio a divorare tutto con ferocia. Mi sembra di non aver mangiato da giorni anche se l’ultimo pasto risale a ieri sera. Controllo l’orologio e vedo che sono le dieci di mattina. Ecco perché Peeta è già a casa. Ha fatto un salto giù al forno stamattina mentre dormivo e poi appena ha finito di preparare il pane e i dolci è tornato a casa. Sono a metà pasto e una fitta mi fa piegare in due. Ecco, ci risiamo. Scatto veloce verso il bagno e mi chino sul water straziata dai conati di vomito. Non è possibile. Anche questa volta non posso fare colazione senza vomitare. Appena ho finito di contorcermi dal dolore mi alzo, mi sciacquo la bocca e mi guardo di profilo allo specchio. Una piccola collinetta inizia a farsi notare sulla mia pancia.  Guardandomi vestita non si direbbe che sono incinta ma chi mi conosce e sa come sono fatta capirebbe subito che dentro di me c’è una piccola creatura. Sono immersa totalmente nei miei pensieri e quindi non mi accorgo di Peeta finché non vedo il suo riflesso nello specchio. Mi abbraccia da dietro e appoggia una mano sul mio ventre leggermente gonfio. Mi sussurra in un orecchio – La pancetta inizia a farsi vedere. – Io giro la testa quel tanto che basta per guardarlo negli occhi e gli dico – E la cosa ti fa piacere? Sinceramente non trovo interessante il fatto che si inizi a vedere una sporgenza dalla mia pancia. – Lui mi sorride e mi risponde – E invece dovresti essere contenta. Ora si vede che siamo in tre e che stiamo diventando una famiglia. – Mi dà un bacio sulla fronte e poi mi guida in cucina dove c’è ancora la mia colazione. – Se vuoi mangiala tu la brioche che non ho toccato, io a metà colazione sono stata travolta dagli urti di vomito. –  Peeta mi risponde  – Ok, vuoi che ti prepari un tè? Forse quello non ti farà star male. – Accetto la sua offerta e mi metto a sedere su una sedia. – Oggi è il gran giorno, te lo ricordi? – Rimango allibita. Che giorno è oggi? Cosa dobbiamo fare? – Scusa ma non ho la minima idea di cosa tu stia dicendo. – Gli rispondo sinceramente. Lui mi sorride nuovamente e mi spiega che oggi è il giorno della prima ecografia. Andremo nel Distretto 4 da mia madre per vedere come è nostro figlio. Mi irrigidisco all’istante. Andremo a trovare mia madre? Lei non si è mai fatta sentire. Sono sempre stata io a chiamarla per sapere come stava e cosa faceva. Non si è minimamente preoccupata di come stavo io o di come stava il suo futuro nipotino e adesso dovevamo andare da lei per fare l’ecografia? Non riesco ad accettare la cosa. Non mi va proprio giù. In fondo non si merita di vedere come è il nostro piccolo. Non se ne è mai preoccupata. Peeta si avvicina a me e mi accarezza una guancia, poi si inginocchia per guardarmi negli occhi visto che ho abbassato la testa. – Kat? Cosa c’è che non va? Lo sai che prima o poi bisogna fare l’ecografia. Serve anche per sapere se è un maschio o una femmina, non ti farebbe piacere scoprirlo? – mi dice con un tono di voce molto pacato. – No. Non è questo il punto. Certo è ovvio che voglio sapere se sta bene il nostro piccolo o se è maschio o femmina ma… non mi va giù l’idea che sia mia madre a farmi l’ecografia. – Lui ribatte – Ma tesoro, è lei l’esperta e non possiamo affidarci a nessun altro e poi cosa ha fatto di male tua madre? Si è impegnata a costruire un ospedale nel distretto 4 dove prima non c’era nulla e ci ha messo molta passione. Non ha fatto niente di male. – Le lacrime iniziano a rigare il mio viso – Sì invece, ha fatto qualcosa di male. Lei si è preoccupata solo del suo dolore senza pensare a me e a te. Non si è preoccupata minimamente di me neanche quando ha saputo che ero incinta. Non le interessa nulla della mia vita nonostante io sia sua figlia. – La mia voce ora è diventata sempre più isterica e più lagnosa. Sembro una bambina a cui hanno levato il lecca-lecca prima che potesse assaggiarlo. Peeta afferra dolcemente il mio viso tra le sue mani e guardandomi negli occhi mi dice – Katniss, devi capire che tua madre ha dovuto affrontare nuovamente quello che ha provato dopo la morte di tuo padre ed è ovvio che non si è fatta sentire, ma vedrai dopo quest’ecografia sarà molto più presente. Fidati di me. – E poi mi dà un lieve bacio sulle labbra.
Vorrei tanto credere alle sue parole perchè io mi fido di lui, ma mi sembra impossibile che ciò che ha detto possa realmente accadere. Conosco bene mia madre e so che quando sta male non si preoccupa di nessuno ma solo di se stessa e del suo dolore. Ci alziamo in piedi e lo stringo a me perché solo tra le sue braccia mi sento al sicuro e in questo momento ho bisogno di sentirmi protetta. Peeta mi sussurra in un orecchio – Dai su, vatti a preparare che dobbiamo prendere il treno. Il viaggio è piuttosto lungo. – Mi allontano da lui contro voglia e mi dirigo al bagno per sistemarmi in maniera almeno decente. Mi faccio una doccia e indosso degli indumenti comodi che uso quotidianamente. Appena siamo pronti partiamo per avviarci verso il treno abbracciati e con una mano a proteggere il mio ventre. Ci sediamo uno accanto all’altra sui sedili del treno. Ci teniamo per mano e io ascolto il rumore delle ruote sulle rotaie. Rimaniamo in silenzio finché Peeta non dice – Che ne dici se ti appoggi a me e cantiamo qualcosa insieme? Tanto siamo solo io e te nel vagone e credo che farà piacere anche al bimbo sentire la tua bellissima voce che canta. – Poi si avvicina alla mia pancia e sussurra – Non è vero piccolo? Vuoi sentire la mamma cantare? – Mamma. Questa parola mi colpisce in pieno. Non avevo mai pensato a me come una mamma, neanche quando ho scoperto di portare in grembo nostro figlio. La parola mamma non è mai stata sostituita al mio nome nella mia mente perché non avendo l’intenzione di procreare non ho mai pensato a me come a una madre. E invece sto per diventare mamma, anzi lo sono già. Peeta si deve essere accorto che c’è qualcosa che non va e infatti mi dice – Che c’è? Ho detto qualcosa che ti ha ferito? Se è così scusami io… - Lo interrompo prima che inizi a lagnarsi. – No, non è stata colpa tua. Tu non hai detto nulla di male, solo… solo avevo ancora pensato al fatto che io fossi diventata una mamma. – Gli sorrido e lui mi dice – Ebbene sì, cara la mia Katniss, stai per diventare mamma e sono sicuro che sarai anche un’ottima madre. Lo so per certo. – Lo guardo negli occhi e mi perdo un attimo in quell’azzurro bellissimo che circonda la sua pupilla. Mi riprendo e gli dico – Allora, sei proprio sicuro di voler sentirmi cantare? – Si avvicina con la bocca al mio orecchio e risponde – Sicurissimo. – Poi mi bacia con ardore. Quando ci allontaniamo mi appoggio con la testa sulla sua spalla e inizio a canticchiare la canzone della valle. Fu proprio quella canzone a farlo innamorare di me e così ho deciso di cantarla per regalarla questa volta solo a lui e al nostro piccolino. Dopo poco mi dice – E così hai deciso di cantargli la canzone della valle eh? Sai piccolino, questa canzone fece innamorare il tuo papà della tua mamma. Da quel giorno lui la guardava sempre e osservava ogni suo movimento. – Alzo la testa e gli do un bacio a fior di labbra, poi sussurro – Grazie per avermi sempre protetta anche quando io ancora non ti conoscevo. Ti amo. – Lui mi risponde – Ti amo anche io tesoro e non mi stancherò mai di dirtelo. – Lo abbraccio anche se vorrei qualcosa di più. Vorrei poter toccare i suoi pettorali, poter togliergli la maglietta, vorrei più contatto fisico ma so che ora non è il momento adatto e so anche che presto tutto ciò non potremo più farlo perché io diventerò enorme. Passiamo la giornata a cantare, parlare e a fare anche qualche piccola dormita. All’ora di pranzo e di cena andiamo nel vagone ristorante e mangiamo a più non posso, o meglio Peeta divora tutto, io a stento riesco a finire la prima portata. Lui cerca di farmi assaggiare qualche pietanza che a parer suo è buonissima, ma ho ancora un po’ di nausea e così rifiuto le varie offerte. Il treno non mi è mai piaciuto, specialmente dopo gli Hunger Games, e adesso che sono incinta mi viene il voltastomaco al solo pensiero di essere sopra un mezzo dotato di ruote che scorre su dei binari. Quando inizia a farsi buio Peeta mi dice – Amore, ho prenotato una stanza per dormire. In realtà volevano darmene due ma io ho declinato l’offerta pensando che comunque avresti voluto passare la notte in camera con me. Se però vuoi stare da sola, io posso pure dormire qui. – Avvolgo le mie braccia attorno al suo collo per guardarlo negli occhi e poi gli sussurro – Ma come ti è saltato in mente Peeta? – Lui si rattrista pensando che io non voglia dormire con lui – Certo che voglio passare la notte con te! – Sul suo volto nasce un sorriso che va dal suo orecchio sinistro a quello destro, ma nonostante questo continuo – Cosa pensavi eh? Però se devo essere sincera… io non avevo intenzione di dormire tutto il tempo visto che ho fatto scorta di energie durante il giorno. – Gli dico ammiccando. Lui annienta la distanza che c’è tra le nostre labbra che si fondono in un bacio tutt’altro che casto. Mi prende in collo e senza staccare le sue labbra dalle mie mi trasporta nella stanza adibita a camera da letto per soddisfare il mio desiderio egoista che poi è presto diventato anche il suo.
 
Quando mi sveglio è mattina. Abbiamo passato una splendida nottata eppure sono triste perché so che presto non ci saranno più notti di questo tipo. Dai miei occhi iniziano a sgorgare lacrime che bagnano il petto nudo di Peeta. Lui è già sveglio e quando si accorge che sto piangendo alza delicatamente il mio mento con una mano per guardarmi negli occhi e mi chiede – Kat c’è qualcosa che non va? Stai male? Cos’hai? Il bambino… - Lo interrompo subito mettendo due dita sopra alle sue labbra morbide. – No no, il bambino sta bene, non abbiamo fatto niente di male. Solo… - La mia voce si spezza e altre lacrime iniziano a rigarmi il volto. – Cosa? Solo, cosa? – Prendo fiato e completo la frase – Solo che per sei mesi o forse anche di più dovremo fare a meno di questo tipo di passatempo e io non voglio. – Inizio a piangere come un bambino a cui hanno rubato le caramelle. Divento isterica. Peeta mi afferra per i fianchi e mi porta alla sua altezza. Mi fa sedere con la schiena appoggiata alla testata del letto. – Amore, non… - Un altro gemito di dolore esce dalla mia bocca impedendogli di continuare. Tra le lacrime dico – Non… non è giusto! – E poi il mio corpo viene di nuovo invaso dai singhiozzi. Devono essere gli ormoni. Non ho mai fatto una bizza simile. Peeta prova di nuovo a consolarmi – Amore, non devi piangere. E’ una cosa normale, vedrai che neanche te ne accorgerai. Saremo talmente presi dal piccolo che non ci penseremo. – Io gli rispondo – Non è vero! Ci penseremo eccome! Non… non posso nemmeno pensare che noi… - Non finisco la frase perché inizio di nuovo a piangere. Pian piano Peeta mi calma. Mi accarezza la guancia, mi asciuga le lacrime e poi di dà anche qualche bacio consolatorio. Il mio momento di isteria viene messo a tacere dal mio stomaco che comincia a brontolare dalla fame. Ci dirigiamo verso la carrozza ristorante e mangio qualche biscotto con un po’ di cioccolata calda. Finito di mangiare, torniamo nella nostra carrozza per cambiarci i vestiti. Appena abbiamo terminato di prepararci veniamo avvisati che siamo arrivati a destinazione.
Quando il treno si ferma, scendiamo e ci dirigiamo verso l’ospedale. L’entrata del palazzo è enorme. Ci sono muri bianchi alternati a grosse vetrate. La porta principale è molto ampia con dei vetri scorrevoli. Appena entrati ci indirizziamo verso destra dove c’è una scrivania dietro la quale è seduta una signora molto carina a cui chiediamo informazioni. Peeta le chiede – Scusi saprebbe dirci dove si trova il reparto per le ecografie? – La signorina ci sorride e poi risponde – Sì, secondo piano corridoio a destra, la terza porta a sinistra.- La ringraziamo e ci incamminiamo verso le scale. Sono davvero stancanti, ma la cosa mi sembra strana. Non mi ero mai stancata per aver fatto troppe scale, deve essere l’ansia che mi fa sembrare le gambe pesanti come il piombo.
Appena arriviamo al secondo piano imbocchiamo il corridoio a destra e prima di arrivare alla terza porta a sinistra mi trovo davanti un’ infermiera con l’aria familiare: Mia madre.


 ~ Angolo della scrittrice:
Ciao! :D Come sempre vorrei ringraziare coloro che hanno messo la storia tra preferite, seguite o ricordate. Grazie mille davvero. 
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e mi raccomando recensite anche se non vi è piaciuto, accetto anche le critiche negative, l'importante e che possano servire a migliorare. 
Baci, 
Miss Hutcherson.
  
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