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Autore: Jadis_89    09/07/2012    0 recensioni
L'amara scoperta di Richard quando capì che ci sono altri segni più indelebili di un lembo di tessuto cicatrizzato, altre ferite scavate più nel profondo che possono far più male di un trapianto di cuore. La storia d'amore, di morte e di follia, di un uomo che cercherà di salvare la sua donna da un vortice di furia e delirio
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perso in un'accattivante puntata di uno dei suoi tanto amati telefilm, Rick finse di non notare l'infermiera che era appena entrata nella sua camera, con il suo solito passo svelto, spingeva un carrello per cambiare le lenzuola del letto del signor Matther.

Richard era arrabbiato con lei, non che gli avesse fatto qualcosa di male però lui l'aveva sognata e la cosa gli dava al quanto fastidio. Con noncuranza si voltò verso di lei, la squadrò qualche istante sporta in avanti e l'occhio gli cadde sulla scollatura, quando lei alzò la testa lui spostò lo sguardo sulla televisione.

I giorni passavano in fretta, Richard si sentiva sempre più angosciato, come un agnello sacrificale conscio del suo destino. Il medico era andato da lui per rispondere a tutte le sue domande, peccato che Rick non gliene aveva posto neanche una. Così il medico, armatosi di santa pazienza aveva improvvisato un monologo in cui gli spiegava ogni rischio e ogni possibile complicanza. Il dottore spiegò che i decessi durante l'operazione erano inferiore al 3% , passati tre mesi erano il 10% e l'85% delle persone che subivano un trapianto superavano l'anno. Poi il dottore parlò delle complicazioni, nei primi anni si rischiava il rigetto dell'organo o delle infezioni, dopo invece si rischiava la modificazioni delle coronarie, tumori, ipertensione, disturbi della funzione renale e l'osteoporosi. Rick continuava a sembrare impassibile ma quelle parole gli misero addosso ancora più ansia, ma il medico sembrò non accorgersene e continuò. Gli mostrò sul petto la lunghezza della cicatrice e gli spiegò che in al massimo sette settimane sarebbe perfettamente cicatrizzata e che grazie alle medicine moderne avrebbe sentito pochissimo dolore. Per evitare un rigetto, si dovevano prendere medicamenti che inibiscono il sistema immunitario e, per questo motivo nel primo periodo doveva stare molto attento alle influenze ed ai raffreddori.

< Dopo l'operazione le verrà data una dieta da seguire per i primi mesi, perché alcuni cibi, come l'alcol possono modificare l'effetto dei medicinali. Può tranquillamente tornare a praticare lo sport che le piace, anzi sarebbe raccomandabile fare attività fisica due volte a settimana... Poi, sarebbe meglio evitare i rapporti sessuali nei primi mesi, ovviamente con le solite precauzioni ed è sconsigliato avere un rapporto anale, sa per il rischio d'infezione. > Rick lanciò un occhiataccia al medico, infastidito da quei discorsi davanti all'infermiera, era troppo riservato per queste cose.

 

La mattina dell'intervento Richard era distrutto, era rimasto per quasi tutta la notte a rigirarsi nel letto, sbuffare, piangere e maledire il giorno in cui aveva deciso di entrare in quel dannato ospedale. Non aveva la certezza di sopravvivere e in più sentiva i rimorsi per quel povero essere umano che era morto, lo sapeva che comunque i suoi organi sarebbero stati distribuiti a persone bisognose e che era stata una scelta sua però... Non riusciva a smettere di vergognarsi e di sentirsi l'ultimo uomo sulla terra che meritava questa seconda possibilità.

Venne svegliato circa due ore dopo essersi finalmente addormentato dalla giovane infermiera che ultimamente gli gironzolava sempre attorno.

< Buongiorno signor Truman > entrò nella camera e spalancò le tende per far penetrare la luce di un timido sole coperto dalle nuvole.

< Uhm? > Rick, ancora mezzo intontito dal sonno si tirò il lenzuolo fin sopra alla testa, si stropicciò gli occhi e cercò di abituarli piano piano alla nuova luce per lui accecante.

< Come si sente oggi? > chiese l'infermiera mentre si avvicinava a lui per misurargli la temperatura del corpo, per la seconda volta da quando aveva iniziato il turno.

< Insomma... > si abbandonò sul letto pronto a sentire quella fastidiosissima sensazione di freddo nell'orecchio e guardandosi il ventre, finalmente si accorse della sua evidente erezione. Mortificato e viola dalla vergogna cercò di coprirsi con il cuscino, lanciò una fugace occhiata al viso dell'infermiera per capire se si era accorta dell'accaduto. “ Di sicuro se ne è accorta, non è mica un idiota” pensò “Non è certo la prima volta che vede un uomo con il...”

< Ha dormito male vero? Prima che sono passata a prenderle la temperatura non si è neanche svegliato, di solito si accorge di me non appena entro nella stanza > faceva finta di niente ma Reina si era accorta di tutto. Ma non ne era rimasta scandalizzata, era normale per un uomo al mattino avere un erezione, con il lavoro che faceva vedeva la scena ogni giorno. Però l'imbarazzo di Rick la fece sorridere di tenerezza. Sembrava così burbero e solitario ma era semplicemente spaventato dall'importanza dell'intervento a cui si doveva sottoporre, era del tutto normale.

Richard si limitò ad annuire con fare insicuro, voleva metterla sul ridere e spiegargli che per un uomo era del tutto normale però era come pietrificato dall'imbarazzo, sentendosi per l'ennesima volta così diverso da come era un tempo. Una volta non avrebbe perso l'occasione per mostrarsi virile davanti ad una bella donna, ora invece si sentiva umiliato e imbarazzato.

Guidata dall'esperienza, Reina non si era mai imposta con Richard, certo aveva provato ad instaurare qualche dialogo ma vedendo gli scarsi risultati aveva deciso di non calcare troppo la mano per non irritarlo. Però sentiva una strana attrazione per quell'uomo, da quando era stato ricoverato non aveva ricevuto neanche una visita né da parenti né da amici, non che gli facesse pena, magari era un uomo d'affari e non gradiva che la gente attorno a lui sapesse del suo disagio, poteva essere, Reina ne aveva sentite di tutti i colori da quando lavorava in ospedale. Rimaneva comunque incuriosita dallo strano comportamento contraddittorio di Richard; usava un tono di voce impostato e stava sempre per conto suo però a volte la notte lo sentiva piangere e di giorno notava il suo sguardo smarrito e fragile come quello di un bambino, che prontamente celava dietro una maschera di vacuità e noncuranza, fingeva che non gli importasse niente di vivere o morire.

Con quei pensieri che le girovagavano in mente, decise di fare uno strappo alle sue regole e tornare indietro, lo trovò nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato con l'unica differenza che ora sbirciava sotto al lenzuolo con un'espressione sconsolata.

< Signor Truman? > lo chiamò a bassa voce appoggiandosi alla cornice della porta

< Che c'è? > chiese lui trasalendo e coprendosi di nuovo con il cuscino, nel suo viso di nuovo quell'espressione fragile e tenera che piaceva tanto a Reina.

< Senta io... > cercò con cura le parole giuste < Le volevo semplicemente dire che io sono qua, se ha bisogno di qualcosa ci sono > Rick la guardò perplesso

< Sì lo so, basta che schiaccio il campanello delle emergenze e arriva subito un operatore sanitario, giusto? > Reina gli sorrise con dolcezza

< Non intendevo quello, se ha bisogno di qualcuno per fare due chiacchiere o per rassicurarla sull'intervento io sarei felice di farlo. Certo non sono un chirurgo però... > sentendo quelle parole Rick si sentì impietrire, non aveva nessun bisogno di avere qualcuno attorno che provasse pena per lui, aveva fatto di tutto per non provare quella sensazione di sconforto e d'impotenza, di non avere sguardi di compassione e per non essere un peso per nessuno e ora, arrivava lei dal nulla e gli diceva schiettamente che gli faceva così pena che avrebbe trascurato il suo lavoro per concedergli cinque minuti di pianto sulla sua spalla.

< Signorina io non ho bisogno di niente > cercò di mantenere un tono di voce freddo e distaccato ma dentro urlava di rabbia

< Certo, ma io intendevo... > Richard la interruppe di nuovo, stavolta la sua voce non riuscì a celare tutte le sue sensazioni.

< Non sono stato abbastanza chiaro? Cercherò di spiegarmi meglio, sono qui solo per farmi curare non ho assolutamente bisogno della compassione di un'infermiera impicciona, non voglio raccontarle i fatti miei e non voglio che lei mi racconti i suoi. Io ho finito può tornare tranquillamente al suo lavoro, se avrò bisogno suonerò il campanello > con lo sguardo duro accennò al pulsante che penzolava dalla testiera del letto. Reina si morse il labbro inferiore abbassando lo sguardo sul pavimento, dannazione, dopo tutti gli anni passati qua dentro ancora non riusciva a capire cosa volessero i pazienti.

< Le chiedo scusa signor Truman se l'ho fatto alterare, non accadrà più > senza più guardarlo in viso uscì dalla camera 238 e vi si appoggiò con la schiena, sbuffò frustrata e riprese il giro tra le camere.

Richard si sentì un vero bastardo, era talmente amareggiato da tutta questa faccenda che aveva usato quella giovane infermiera come valvola di sfogo, senza che lei gli avesse fatto nulla di male le aveva scatenato contro un fiume di parole poco gentili che non meritava assolutamente, voleva solo cercare di aiutarlo tutto qua invece lui l'aveva maltrattata. Si scoprì con un gesto deciso e appoggiò i piedi sul pavimento freddo, intenzionato ad uscire dalla camera per andare a cercarla e scusarsi con lei. Le avrebbe detto che era dispiaciuto per il suo modo poco cortese di poco prima però... non era una giustificazione ma sperava che lei capisse la situazione. E così avrebbe ammesso la sua debolezza, no, ritornò a letto e si coprì fino alla vita, allungò il braccio per raggiungere il telecomando e si concentrò sulla sua unica vera amica.

 

L'intervento durò cinque ore, nessuna complicanza rilevante. Alle 14:30 Richard Truman, ancora intontito dall'anestetico che gli avevano somministrato sonnecchiava un sonno agitato e confuso in sala rianimazione, con attorno una decina di tubicini e dei macchinari per tenere sotto controllo il nuovo cuore. Dopo due ore circa i dolori lancinanti al petto lo avevano svegliato completamente. Rick si sentiva la testa pesante e aveva un sonno incredibile, ma il dolore al petto non riusciva a farlo dormire. Si guardò intorno sentendo fitte di dolore ad ogni movimento, era in una stanza bianca ed era solo, circondato da tubi, cavi, elettrodi e macchinari che emettevano dei bip fastidiosi. Sentiva un dolore alla gola e in poco tempo capì che era un tubo a dargli noia, sembrava immettergli direttamente l'ossigeno nei polmoni, un altro tubicino gli spuntava dal naso. Il medico gli aveva spiegato che arrivava fino allo stomaco, alzò la mano sinistra e sentì un altro tubo partirgli dal ventre, uno a sinistra e l'altro a destra, semplici drenaggi dei liquidi della cassa toracica.

< Buongiorno signor Truman, finalmente si è svegliato > una donna dalla voce gentile apparì davanti agli occhi di Rick, portava un camice verde, un cappuccio e una mascherina, sussurrava. Richard cercò di dirle del male alla gola ma, quando cercò di parlare il dolore fu talmente acuto da fargli venire le lacrime agli occhi.

< Non parli, ha un tubo in gola che le permette di inalare la giusta quantità di ossigeno, non può parlare so che è fastidioso e le fa male ma deve portare un po' di pazienza. Quando riuscirà a respirare da solo lo rimuoveremo, adesso cerchi di dormire e di rilassarsi > con una siringa gli iniettò un liquido nel braccio e si sentì subito meglio.

Dormì per quasi tutto il giorno, quando si svegliò le infermiere gli tolsero la maggior parte dei tubi, compreso quello in gola e quello al naso. Il medico disse a Richard di inspirare profondamente e tossire forte, subito i dolori si fecero più acuti.

< So che fa male Richard però è per il tuo bene, tossendo i polmoni si espanderanno nuovamente così non dovrai più utilizzare il tubo > fece una carezza sui lunghi capelli di Rick, dopodiché se ne andò, lasciandolo di nuovo da solo. Preso dallo sconforto Richard si pentì della sua scelta e iniziò a piangere. Si sentiva solo, gli mancava sua madre e sua sorella, aveva bisogno di qualcuno vicino che gli dicesse parole rassicuranti perché era davvero terrorizzato.

Quando voltò la testa quel poco che gli permetteva il tubo infilato nel collo la vide, fuori dalla grossa finestra che dava sul corridoio c'era lei.

 

Reina era scesa in sala rianimazione per chiedere notizie sull'intervento di Richard, lo aveva fatto anche il giorno prima durante la sua pausa. Lo aveva guardato da dietro il vetro, addormentato, pallido e provato dall'intervento. La caposala del reparto si era incuriosita da quel bizzarro comportamento, era raro che un'infermiera del reparto scendesse a vedere come stava un paziente.

< Ehi Rei, sei di nuovo qui? > le chiese avvicinandosi e mettendole una mano sulla spalla, Reina era in punta di piedi e si teneva in equilibrio appoggiandosi al vetro, lo osservava preoccupata mentre il medico gli faceva fare gli esercizi di respirazione, sapeva quanto dolore gli poteva provocare quell'esercizio.

< Ciao Kim, sì, come va? > chiese staccandosi dal vetro

< Bene, l'intervento è riuscito a regola d'arte, scommetto che non avrà nemmeno problemi di rigetto > il medico uscito dalla stanza di Richard si unì alla conversazione.

< Reina, cosa ci fai qua? > gli chiese anche lui sorpresa di vederla

< Sono in pausa... > si giustificò come se spiegasse la sua presenza < Come sta? >

< Questi sono i giorni più duri, non devo di certo spiegartelo, se stringe i denti tra una settimana, al massimo dieci giorni lo rimandiamo su. Toglimi una curiosità, i suoi parenti? > Rei cercò di pensare in fretta, l'altra volta Rick era stato molto infastidito nel parlare di cose personali era indecisa se dire la verità o inventarsi qualcosa.

< Vivono lontani... Soffre molto? > domandò, conscia di aver chiesto una cosa banale ma era l'unica cosa che le era venuta in mente per deviare il discorso.

< Sì, quando vediamo che non sopporta più gli diamo un po' di morfina, anche se sarebbe meglio evitare > il medico si allontanò.

< Rei... > Reina era di nuovo appoggiata al vetro, questa volta Rick era voltato verso di lei e la stava guardando.

< Sì? > spostò lo sguardo sul viso della caposala per qualche secondo, poi si concentrò sull'uomo a letto che sembrava porgerle la mano.

< Perché sei venuta? > lei le lanciò un'altra occhiata

< Te l'ho detto per... > Kimberlee la interruppe

< Una spreca una delle sue pause per scendere a vedere come sta un perfetto estraneo, a chi vuoi darla a bere? > le sorrise maliziosamente.

< Non so a cosa ti riferisci e non lo voglio sapere... > rispose al suo sorriso < Mi sta simpatico, tutto qui > aprì il palmo della mano sul vetro, come per raggiungere la mano tesa di lui.

< Vogliamo anche aggiungere che è decisamente attraente? > Rei la fulminò con lo sguardo

< Ma piantala, mi credi così poco professionale? E poi cosa vuoi capire tu di uomini che nemmeno li guardi... >

< Solo perché sono attratta dalle donne non significa che non ho gli occhi, è alto, bello, aitante e anche ben fornito... credimi, l'ho depilato io per l'intervento > Rei si sentì avvampare dall'imbarazzo a quel pensiero.

< Piantala... E' tardi, devo tornare a lavorare > lanciò un'ultima occhiata a Rick e si allontanò nel corridoio.

La sera a casa il pensiero di Richard nel letto che le tendeva la mano continuava a tormentarla, la sua espressione e la sua mano tesa verso di lei non le davano pace. Kim le aveva dato il permesso di entrare per qualche minuto, ovviamente prendendo tutte le precauzioni necessarie per non portare batteri all'interno, ma lei aveva rifiutato usando come scusa la fine della sua pausa. In realtà aveva paura che Rick la cacciasse di nuovo, ci era rimasta male davvero sentendo le parole che lui aveva usato, Rei voleva solo cercare di essergli amica lui invece aveva sprangato tutte le porte, non permettendole di entrare nel suo mondo.

< Mamma che hai? > Zack la guardava seduto al tavolo della cucina, il viso appoggiato sulle mani e un'espressione indecifrabile sul viso.

< Niente scimmietta, perché? > lei ritrovò all'istante il sorriso

< Sembri triste > ammise lui mordendosi il labbro inferiore, se avesse continuato così si sarebbe messo a piangere nel giro di dieci minuti. Era il bambino più emotivo del mondo, se Reina piangeva anche lui piangeva, se la madre era arrabbiata con qualcuno anche lui incrociava le braccine sul petto e metteva il broncio.

< No amore mio, mi dispiace per un signore in ospedale tutto qui > Zack s'interessò al discorso della madre.

< E' morto mamma? > lei scosse la testa, aveva spiegato da un paio di mesi il concetto di morte e malattia al bambino. Era mancata la zia del padre di Zachary e lui non era riuscito a capire cosa volesse dire, a cinque anni la morte è un mistero. Così Reina lo aveva fatto sedere sulle sue gambe e aveva cercato di spiegargli, senza spaventarlo troppo, cos'era successo a Zia Marge.

< No Zack, aveva male qui... > gli appoggiò il palmo della mano all'altezza del cuore < E il dottore gliene ha messo uno nuovo > il bambino aprì la bocca in un'espressione stupita.

< Uao, mamma hai aggiustato una persona! Lo devo raccontare a Ramona > Rei si voltò con le mani appoggiate sui fianchi

< Zack no, quante volte te lo devo dire che non devi raccontare bugie? La mamma non ha fatto assolutamente niente, lei non guarisce le persone ma si... > aspettò che lui finisse la frase

< … si prende cura delle persone malate finché non guariscono > cantilenò lui, era successo troppe volte che raccontasse alla sua baby-sitter che sua madre aveva guarito magicamente tutto l'ospedale.

< Bravo il mio principe, adesso mangiamo > iniziò a disporre le verdure e il pesce nei piatti, dopo il solito bacio per augurarsi una buona cena iniziarono a mangiare.


Note: Ciao a tutti, spero che la mia storia vi piacerà, so che per adesso non è ancora successo nulla di eccezzionale però giuro che se avrete la pazienza di seguirmi non ve ne pentirete. Grazie a tutti i lettori silenzioso che l'hanno letta, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Ciao a presto
Ps. scusate se ci sono errori di ortografia.

 

  
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