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Autore: willbeyoungforever    09/07/2012    2 recensioni
Quinta storia che fa parte del progetto Disney!Gay, ossia la trasposizione con le ship di Glee (Faberry - Brittana - Klaine) delle storie Disney. Questa volta saremo alle prese con Rachel e Quinn nei panni di Rapunzel e Eugene.
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Rachel sogna Broadway. Come regalo di compleanno decide di chiedere ai suoi papà di portarla a NY, ma loro inspiegabilmente si rifiutano.
Quinn è la bad girl che tutti noi ricordiamo, capelli rosa e look punk...
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Santana Lopez | Coppie: Quinn/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Disney!Gay'
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Ciao a tutti! rieccomi qui con la nuova storia che fa parte della serie Disney Gay (trasposizione delle storie Disney, togliendo tutta la componente magica).
Questa volta abbiamo Rachel e Quinn rispettivamente nei panni di Rapunzel e Eugene. Gli altri personaggi sono Rory come Pascal, Santana come Maximum il cavallo, Sheila e Ronnie come gli ex alleati di Eugene, e Figgins come capo delle guardie...buona lettura!


Capitolo 1: Fiore, dammi ascolto
 
C’era una volta, non molto tempo fa, in una rinomata università di New York, un uomo di nome Leroy.
Leroy era un grande appassionato di qualsiasi forma d’arte: ballo, canto, recitazione, musical, opera lirica e quant‘altro. Uno dei suoi più grandi rimpianti era sicuramente quello di non aver mai trovato il tempo per prendere lezioni in nessuna di queste discipline. Era anche dotato, cantava spesso sotto la doccia e aveva una bella voce, così gli riferiva il suo fidanzato Hiram, anch‘esso grande appassionato d‘arti sceniche e performative.
Leroy e Hiram formavano una coppia ormai da un paio d’anni, e quando entrambi finirono i loro corsi in università, decisero di comune accordo di  coronare il loro rapporto sposandosi e andando a vivere insieme in un modesto appartamento nella periferia della grande mela.
 
Anche tra le coppie omosessuali si sente spesso il desiderio di allargare il proprio nucleo famigliare, e i neoconiugi Berry decisero di ricorrere all’inseminazione artificiale.
Leroy e Hiram desideravano per il loro futuro figlio il meglio.
E si sa che a volte i genitori riversano le loro passioni sui propri pargoli. Per questo motivo i Berry ricercarono una donna che avesse delle ottime doti canore, che fosse una modesta ballerina e una grande artista. Quella sarebbe stata la donna perfetta, con l’utero perfetto per il loro bambino.
Dopo lunghe ricerche trovarono nella signorina Shelby Corcoran la candidata ideale. La ragazza aveva appena concluso gli studi in accademia d’arte, ed era in lizza per vari ruoli da protagonista a Broadway. Aveva un bel fisico asciutto, lunghi capelli corvini, e una voce mozzafiato. L’unica pecca era il naso non proprio perfetto e la mascella pronunciata. Ma il bambino avrebbe preso qualcosa anche dai papà, no?
Dopo lunghe trattative legali e mediche, i due uomini riuscirono a coronare il loro sogno: la signorina Corcoran era rimasta incinta.
Dopo nove mesi d’attesa, nacque una bella bambina.
La chiamarono Rachel.
I coniugi Berry erano intenzionati a rimanere a New York per poter garantire un ottimo futuro alla loro bambina, ma a causa di forze maggiori (motivi di lavoro di Hiram) furono costretti a trasferirsi in una cittadina dell’Ohio di nome Lima.
La signorina Corcoran troppo presa dal suo imminente debutto sulle scene non si dispiacque molto per la partenza di “sua figlia”. In quel momento aveva bisogno di tempo per se stessa, e alla fine aveva accettato di prestare l’utero a quella simpatica coppia soprattutto per motivi economici.
Fu così che Rachel crebbe viziata e coccolata dai suoi papà a Lima, ignara di chi fosse la sua vera madre, mentre Shelby, essendo riuscita ad ottenere il ruolo di Elphaba nel musical Wicked, ogni sera si esibiva di fronte a una folla adorante ed estasiata.
 
 

*

 
“Ti prego Rory, riesci a passare da me? C’è una cosa importante di cui dobbiamo discutere…te lo ricordi?”
“Rachel sono preso in questo momento…e poi cosa ci sarà mai di così importante che non puoi aspettare nemmeno un’ora?” rispose il ragazzo seccato dall’altro capo del telefono.
“Rory come puoi essertelo dimenticato? Dobbiamo provare il discorso che devo fare domani ai miei Papà…il mio compleanno….New York…ti ricordi adesso?” disse la ragazza in tono quasi isterico.
“Ancora con questa storia? Ma l’abbiamo già provato mille volte…sei pronta, andrà benissimo e vedrai che ti diranno di si!”
“Si vede che sei appena arrivato…non conosci proprio i miei Papà…sono le persone più gentili e buone del mondo, tranne quando si trattano due argomenti…mia mamma e New York….non so se le due cose siano collegate in qualche modo…ma ti preeeegooooo!”
“Io sono arrivato da poco in America, non sono ancora stato a New York e come vedi sono ancora vivo…mi spieghi perché è così importante andarci?” chiese il ragazzo sempre più stanco. L’unica cosa che voleva fare in quel momento era accendere il pc, la web cam, collegarsi a Skype e parlare con sua mamma in Irlanda. Ma Rachel non sembrava intenzionata a smettere di ciarlare, e andando avanti di quel passo a Dublino si sarebbe fatta notte.
Era una ragazza simpatica, certo, una delle poche che a scuola non gli tirava granite in faccia o lo gettasse in un cassonetto, ma quando iniziava a parlare di se stessa era veramente petulante e insopportabile.
“SONO SCONVOLTA DALLA TUA MANCANZA D’INIZIATIVA! Eppure ti ho fatto entrare nel Glee Club mi pare…hai una bella voce, dovresti aspirare anche tu a Broadway…e New York è la patria del Musical…se continuo a stare qui rinchiusa in Ohio non potrò mai sfondare! La mia casa è la Grande Mela…e il mio sogno più grande è riuscire a vedere le luci di Time Square nel giorno del mio compleanno. Essere avvolta da quella atmosfera magica fatta da cartelloni pubblicitari, da artisti di strada, turisti affascinati con lo sguardo perso tra i grattacieli…” Rachel sospirò mentre la sua mente vagava tra le strade di New York, perdendosi totalmente in quei pensieri che l’assillavano da quando era piccola e aveva visto un documentario sul musical Cats in televisione. Ecco, quello era stato il preciso istante in cui aveva deciso che non sarebbe diventata una cantante famosa come le Spice Girls ma un’artista di Broadway.
Da quel momento in poi il suo modello di vita cambiò da Gery Halliwell a Barbra Streisand, il suo film preferito divenne “Funny Girl“, non più “Spice World” e sotto la doccia si ritrovò a cantare “Don’t Rain On My Parade” al posto di “Wannabe“.
I suoi due Papà erano rimasti entusiasti da questo repentino cambiamento della figlia, fino a quando la bambina non espresse il desiderio di andare a New York finito il liceo. L’idea che in quella città, e soprattutto nel mondo di Broadway, Rachel sarebbe potuta entrare in contatto con Shelby Corcoran e venire così a conoscenza di un passato che le era stato tenuto nascosto per lungo tempo, per evitare inutili sofferenze, li terrorizzava.
Tutto questo, naturalmente Rachel non lo sapeva.
Ma a pochi giorni dal suo diciassettesimo compleanno, e ad un anno dal diploma, la ragazza era più che decisa a farsi regalare un viaggio in quella città. Internet aveva degli ottimi siti che illustravano tutte le scuole d’arte presenti a New York, ma Rachel desiderava esplorarle di persona, per rendersi effettivamente conto delle sue opzioni.
“Non si discute Rory, ti lascio 30 minuti e poi ti aspetto a casa mia. Tanto cos’hai da fare? Non conosci nessuno qui. E non dirmi che devi farti una doccia, perché sappi che non mi interessa…il mio problema è più importante della tua igiene personale!”
Rory nella sua stanza lanciò un occhiata all’orologio e sbuffando rispose “30 minuti dovrebbero bastare, vorrà dire che parlerò solo con mia mamma, i miei fratelli e i cugini di primo grado….quelli di secondo e terzo dovranno aspettare la prossima videochiamata…”
“Grandioso!” rispose Rachel che si era fermata alla prima parte della frase dell’amico “allora ti aspetto qui!” aggiunse riattaccando il telefono.
 

*

 
“Da capo!”
“Rachel ti prego…bastaaaa”
“Rory, smettila! Dai, vai li in fondo…” disse la ragazza spingendo l’amico verso la porta d’ingresso della sua camera “ora esci, bussi e ricominciamo tutto dall’inizio, per l’ultima volta….”
“Questa volta dev’essere veramente l’ultima….” disse il ragazzo chiudendosi la porta alle spalle.
Rachel si posizionò sul suo letto in attesa che l’amico irlandese bussasse.
Toc Toc.
“Si?” chiese la ragazza fingendo un tono sorpreso
“Rachel, siamo noi, Leroy e Hiram…siamo venuti a darti il bacio della buona notte…possiamo entrare?”
“Certo, certo….venite pure….”
Rory con aria annoiata entrò nella stanza e si avvicinò all’amica. Poi riprese a parlare “allora hai qualcosa da dirci?”
“ARGH RORY! Com’è possibile che ti sbagli ancora? Prima devi chiedermi com’è andata la giornata, poi devi chiedermi quanti assoli ho ottenuto al Glee Club e solo a quel punto puoi domandarmi -hai qualche cosa da dirci-”
Rachel scosse la testa abbattuta, mentre il ragazzo si lasciava pesantemente cadere sul letto mormorando “Basta ti prego…ne ho fin sopra i capelli di questa storia…non sono credibile come padre…figurati che tu mi stai facendo addirittura fare DUE padri contemporaneamente….impossibile!”
Rachel guardò Rory con occhio critico, e prima di abbandonarsi anche lei accanto all’amico disse “hai ragione, sei un pessimo attore….e soprattutto nessuno dei miei papà si vestirebbe mai total green come te in questo momento…e questa cosa non aiuta per niente il mio processo Stanislavskjiano di immedesimazione…”
Rory fece finta di capire quello che avesse appena detto la ragazza, anche se in realtà non aveva afferrato assolutamente nulla.
Pochi istanti dopo i due ragazzi sentirono bussare alla porta. Questa volta per davvero.
Rachel si drizzò sul letto con una velocità inaudita sussurrando all’amico “Rory….sono loro! I miei papà! È arrivato il momento….vai a sederti su quella sedia e….mimetizzati con l’ambiente!” disse indicando una poltrona in fondo alla stanza.
“Mi sarà un po’ difficile…hai tutti i muri rosa a fiorellini…e io sono vestito di verde acceso….” disse il ragazzo incamminandosi verso quel punto.
“Sfrutta le tue abilità camaleontiche….svelto!”. Rachel si rassettò il vestitino lilla che indossava quel giorno, si sistemò i capelli e poi domandò “Si?”
“Rachel siamo i tuoi Papà, siamo venuti per darti il bacio della buona notte…possiamo entrare?” dissero i due uomini all’unisono dall’altro capo della porta. La ragazza prima di rispondere guardò l’amico seduto scomposto sulla poltrona come per dire -vedi come fanno i miei papa?!- e poi disse “certo, certo!” aprendo la porta.
I due uomini entrarono in stanza vestiti di tutto punto, (non si sa come non si accorsero della presenza di Rory) e abbracciarono la figlia come se niente fosse. Poi come la ragazza aveva preannunciato poco prima all’amico, iniziarono a domandarle della sua giornata e del Glee Club. Solo a quel punto Hiram aggiunse: “Hai qualche novità da darci?”
Rachel si fece coraggio, raddrizzò la schiena e alzò il mento, e misurando bene le parole che ormai sapeva a memoria, disse: “a dire il vero si…ho deciso il mio regalo di compleanno!”
“Fantastico Rach, 17 anni sono importanti, hai fatto bene a pensarci a lungo…” disse Leroy “di cosa si tratta?”
“Voglio andare a New York, voglio vedere le luci di Time Square la sera del mio compleanno, voglio poter assistere a un Musical dal vivo e partecipare agli Open day delle università poi…”
Leroy era rimasto allibito da quella richiesta, mentre Hiram aveva assunto un colorito vicino al porpora. Infatti fu proprio quest’ultimo a sbottare per primo interrompendo il monologo della figlia “Rachel, non se ne parla nemmeno! Ne abbiamo già discusso a sufficienza, non sei ancora pronta per il mondo che c’è la fuori….figuriamoci per il mondo dello spettacolo e soprattutto per New York!”
“Ma papà, è il mio sogno!” piagnucolò la ragazza.
Questa volta fu Hiram a parlare “quando avrai 25 anni ne riparleremo…ora sei troppo piccola”
“ma a 25 anni sarò troppo vecchia per pensare di far carriera!” rispose Rachel con tono isterico.
“Basta Rachel io e tuo padre abbiamo deciso così! Per il tuo bene…” continuò Hiram, facendo capire che non c‘era altro da discutere.
Rachel abbattuta andò a sedersi sul letto, con gli occhi pieni di lacrime.
Leroy, aveva il cuore spezzato nel vedere sua figlia così, ma lui e Hiram ne avevano parlato a lungo, ed erano entrambi d’accordo che quella fosse la decisione migliore.
“Rach…” disse Hiram dopo qualche minuto di silenzio interrotto solo dal respiro pesante della ragazza e da qualche singhiozzo “ora vai a dormire…domani mattina dobbiamo svegliarci presto, ti ricordi che devi accompagnare me e tuo padre all’aeroporto…”
“Certo che me lo ricordo….come potrei dimenticarlo? Voi ve ne andate, guarda caso a New York, per lavoro…e io invece devo starmene qua in Ohio come una sfigata!”
“Il lavoro è lavoro Rachel, non abbiamo deciso noi la meta, lo sai…” disse Leroy, poi Hiram aggiunse “e comunque domani mattina in aeroporto puoi iniziare a informarti sui prezzi e sugli orari dei voli….alla fine non manca molto al tuo venticinquesimo compleanno….”
Rachel tuffò la testa nel cuscino con fare melodrammatico gridando “ANDATE VIA!”, e così fecero i due uomini, seguiti da Rory che non aveva nessun intenzione di sorbirsi i lamenti della ragazza.

Come per le altre storie ho le cover pronte da porre al vostro giudizio...a presto!
Ottavia
   
 
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