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Autore: Electra_Gaunt    09/07/2012    4 recensioni
Once more I say goodbye, to you
Things happen but we don’t really know why
If it’s supposed to be like this,
why do most of us ignore the chance to miss?
All these Things I Hate – Bullet For My Valentine

Brian non sapeva che Zacky sarebbe venuto alla festa di Johnny, quel sabato sera. O, quantomeno, Jimmy non l’aveva avvertito (o se l’aveva fatto allora Syn non era stato capace d’intendere e di volere).
Perciò si ritrovò ad aprire la porta di casa di Seward totalmente impreparato a quella visione.
Non che Zacky Baker non si facesse notare normalmente (quegli occhi erano assolutamente incredibili e, probabilmente, buona parte della fauna femminile della scuola se lo sarebbe scopato volentieri) ma quella sera era.. incredibile.
[...]
Zacky non si mosse per minuti interminabili, arrossendo gradatamente sotto quello sguardo bruciante. A Brian gli si strinse il petto, vedendolo arrossire.
Poi, come scosso da una volontà superiore, lasciò libero il passaggio e lo fece entrare nell’appartamento.
Quella sera iniziò senza neppure un cenno di capo, tra i due.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Synyster Gates, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TERZO CAPITOLO

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Quando riaprì gli occhi si ritrovò a fissare il soffitto di una camera. Non era in ospedale, questo era certo. Girando un poco il capo, vide le pareti sommerse dai poster di band che lui, intontito com’era, non riusciva a riconoscere.
La testa pulsava ancora, ma meno fastidiosamente di come ricordava.
Il problema era la spalla: il dolore acuto gli entrava sotto pelle, come fosse dovuto a mille aghi conficcati nella parte già lesa.
Ci vollero un paio di minuti prima che riacquistasse la lucidità necessaria per chiedersi dove si trovasse. Tentò di capirlo perlustrando la stanza che lo ospitava: probabilmente apparteneva ad uno dei ragazzi.
Forse quella di Jimmy?
O quella di Johnny, visto che la festa era stata organizzata a casa sua.
In un lampo le immagini di quel sabato sera gli tornarono in mente, una dietro l’altra.
Syn che lo guardava sulla porta, con il suo sguardo profondo; le ore trascorse con Jimmy; la cassetta del pronto soccorso; il pugno in faccia; l’energumeno che importunava Johnny.
Una mano che stringeva la sua.
L’odore di Brian.
I suoi occhi.
Sospirò, accomodandosi meglio sui cuscini morbidi. Circondato da quelle sensazioni, avvolto da quelle immagini, preda dei suoi sentimenti (perché non poteva negarlo, non poteva affatto), si sentiva stranamente bene.
Ed il dolore fisico svaniva.
 
Brian si passò una mano sul viso, stancamente. Non aveva mai passato una notte così, davvero, mai nella vita.
Si appoggiò al tavolo della cucina, sospirando piano, sentendo la spossatezza passare gradatamente per venire sostituita dal sonno. Alzando lo sguardo, osservò l’orologio segnare le 8 e mezza del mattino.
Fuori il sole era coperto dalle nuvole scure, cosa che molto raramente accadeva ad Huntington Beach. La finestra aperta lasciava passare un leggero venticello che andava a rinfrescare la sua pelle accaldata. L’odore di pioggia imminente gli arrivava alle narici, come un monito.
Non sarebbe riuscito a resistere dall’appisolarsi, lo sapeva.
Con riluttanza, si avvicinò al lavello e sciacquò rapidamente le tre tazze di caffè forte che aveva servito a Jimmy, Johnny e Matt.
Alla fine, Matt era riuscito a placare gli animi alla festa (fortunatamente). Jimmy ne era uscito con un occhio nero mentre il più piccolo con un labbro sanguinante.
Sullivan e Seward non si erano rivolti parola per tutto il tempo, anche se sinceramente a Brian non importava.
Non in quel momento, perlomeno.
Ciò che lo impensieriva, era Zacky. Quello stesso Zacky che si era messo in mezzo ad una rissa per poter coprire le spalle a Jimmy e che l’aveva salvato dall’essere pestato a sangue.
Sinceramente, non ci aveva neppure pensato a portarlo in ospedale. Quando si era accertato che la rissa fosse terminata, aveva preso tra le braccia Baker ed era uscito fuori, in strada, aspettando che Matt lo aiutasse ad aprire la macchina (lui aveva un dolce peso, da sostenere). A quel punto, l’aveva fatto stendere sui sedili posteriori mentre il biondo prendeva posto affianco al guidatore.
La mente ripercorse freneticamente i momenti in macchina, come fossero superflui ma al contempo indispensabili. Si rivedeva a guardare lo specchietto retrovisore, per controllare che Zacky stesse bene e non assumesse un colorito cinereo. O, meglio, troppo cinereo.
Matt lo fissava, lo sapeva. Continuava a scrutarlo da parecchio, ormai. Più o meno da quando gli aveva fatto intendere che provava qualcosa per il ragazzo dagli occhi cielo.
Non vi prestò attenzione e proseguì spedito verso casa.
Johnny e Jimmy si fecero vivi dopo un paio d’ore, saranno state le 4 del mattino.
Sullivan si era scusato un po’ con tutti in effetti, ma l’unico che rimase in silenzio davanti alle sue suppliche di perdono fu Johnny.
Probabilmente, ci sarebbe voluto un po’ di tempo prima che i due si chiarissero.
Ed ora che tutti se n’erano andati a riposare, lui non sapeva cosa fare. Come comportarsi.
 
Aspettò pazientemente che qualcuno scendesse le scale, aspettò di sentire un rumore provenire dal piano di sopra. Ma nulla.
E la preoccupazione crebbe.
Forse avremmo fatto meglio a portarlo in ospedale, pensò.
Brian non era un tipo paziente. Non sapeva resistere così a lungo. Non riusciva ad attendere il compiersi degli eventi: lui agiva, anche prima di pensare.
Perciò non si stupì quando si vide salire le scale, quasi fosse spinto da una forza più grande di lui. Arrivato in cima, attese un attimo davanti la porta della sua camera, chiudendo gli occhi e prendendo un respiro profondo. Poi, cautamente, aprì l’uscio e ne varcò la soglia, con fare circospetto.
Zacky era ancora lì, nella stessa posizione in cui l’avevano lasciato ore prima. Forse, non poteva muoversi per via della spalla dolorante. Lui e Matt l’avevano controllata, in effetti, e fasciata: erano certi non vi fosse nulla di rotto (ne avevano viste troppe, di fratture, per non riconoscerne una).
Probabilmente era una semplice slogatura che, col tempo, si sarebbe riassorbita.
Brian si ripropose di cambiargli la fasciatura, appena si fosse svegliato.
Dopo aver constatato di come il viso avesse ripreso colore, si soffermò a fissarlo: la pelle candida, in netto contrasto con i capelli color pece, assorbiva la luce biancastra che proveniva dalle finestre semi aperte, riflettendola.
S’inginocchiò accanto al letto, in contemplazione, senza poterne fare a meno. Gli scostò una ciocca scusa dalla fronte, mentre il cuore batteva insistentemente nel petto.
Cosa gli stava succedendo?
Perché doveva capitare proprio a lui, una cosa del genere?
Zacky sospirò nel sonno e Brian fu scosso da un brivido. Il fiato caldo del ragazzo gli arrivò alle gote, infiammandole. Quelle labbra lo invitavano a cibarsi di loro, senza pietà.
E Syn era davvero troppo debole per resistervi.
Così, accostandosi maggiormente al moro, poggiò la bocca su quella dell’altro, sospirando forte: il loro odore fruttato e il sapore avvolgente lo stordirono totalmente.
Sconvolto, si scostò.
Si trovò spiazzato, ancora. Ormai quel senso di impotenza pareva pervaderlo costantemente.
Ormai non aveva più certezze, di nulla. Di nessuno.
 
 
 

And then I’d say to you we could take to the highway
With this trunk of ammunition too
I’d end my days with you in a hail of bullets

I’m trying, I’m trying
To let you know just how much you meanto me
And after all the things we put each other through

And I would drive on to the endwith you
My Chemical Romance – Demolition Lovers

 
 
Johnny aveva continuato a tacere anche quando Jimmy, con tutta la buona volontà, aveva riaccompagnato a casa Matt per poi fare rotta verso casa del più piccolo. Non aveva proferito nemmeno un sibilo e quando erano giunti nel noto vialetto era sceso, sbattendo la portiera con enfasi.
Sullivan non aveva esitato a seguirlo.
Seward si era rinchiuso nella propria camera, lasciando all’altro la facoltà di occuparsi di chiudere la porta di casa, salire le scale ed incominciare a bussare insistentemente alla sua stanza da letto.
Per dieci minuti buoni lo implorò di aprire, di farlo entrare (Jimmy non credeva di avere così tanta pazienza); ma, com’era ovvio, non riuscì a trattenersi dall’alterarsi.
“Johnny sii ragionevole ed apri questa cazzo di porta. Ora! – disse convinto, con tono che rasentava l’urlo – Ti giuro che la sfondo. Mi hai sentito? La sfondo! E non sono certo ti convenga!”
Sbraitò.
Rimase un paio di minuti, in totale silenzio interrotto unicamente dal respiro accelerato di Rev.
Poi la porta si aprì, lentamente, svelando la figura distrutta di Johnny (gli occhi arrossati di pianto e le mani tremanti). La spavalderia di Jimmy scemò in un fiotto di fumo, bloccandolo d’improvviso.
“Dimmi quel che devi e poi vattene. Voglio stare da solo” pronunciò il più giovane, trattenendo i singhiozzi imbarazzanti che, nel mentre, non riusciva a fermare.
“Io.. io… - balbettò Rev, senza sapere cosa dire né come scusarsi – non volevo finisse così, la serata. Mi dispiace davvero ma quel tipo ti …”
“Stavamo parlando, già. Stranamente riesco a fare amicizie anch’io, senza che ci sia tu di mezzo. Il povero e piccolo Johnny è dotato dell’uso della parole, grazie tante!” proruppe Seward, interrompendolo.
“N-non volevo dire questo… I- io…”
“Tu cosa?!” ripeté “tu cosa?! Volevi che qualcuno si facesse male, eh? Ammettilo! Volevi vedere Zacky ridotto in quello stato. Volevi aizzare una rissa fin da subito, solo perché … non so neanche perché! Poteva finire molto peggio di come si è conclusa, lo capisci? Se solo non fosse arrivato Matt a tener testa a Carl! Io ne sarei uscito distrutto e tu ancora peggio!”
“Mi sono scusato! Che altro vuoi che faccia?! Che mi inginocchi per implorarti? O che vada, strisciando come un verme, a porgere le mie più sentite scuse a quell’energumeno senza cervello che ti stava importunando?! Perché è per questo che sono intervenuto!” ribatté Jimmy, gli occhi infiammati di rabbia e la voce altalenante.
Johnny non sapeva cosa pensare.
“Non mi stava importunando.. ed anche se fosse sono capace di difendermi! Ma non sarebbe sicuramente stato necessario, cazzo!”
“ Non ho mai pensato questo! Ma non ne ho potuto fare a meno! Non ci ho pensato, non ho riflettuto. E ho detto che mi dispiace, per questo.” Rispose, calmandosi.
Johnny, che fino a quel momento l’aveva osservato in viso, si voltò di spalle, sfregandosi gli occhi con la manica della felpa, facendoli diventare ancora più rossi.
Jimmy sentì un peso all’altezza del cuore farsi più pesante. Non sopportava il vederlo così.
“Johnny ti preg-”
“Dimmi perché.”
Le parole morirono in gola, assieme ai respiri. Le pupille si sgranarono leggermente, mentre la possibilità che la verità potesse essere svelata lo destabilizzò.
Il più piccolo gli si fece vicino, ormai stanco di quella farsa.
“Sai perché ho reagito così? Sai perché sto reagendo così, proprio adesso?”
L’altro fece segno di no, osservandolo appoggiare le mani sul proprio petto.
“P- perché ho avuto paura, come mai prima di ora. Forse perché è successo troppo in fretta, probabilmente perché mi fidavo eccessivamente del tuo buon senso – rise ironico – ma, comunque, ho avuto paura. Una paura sciocca e folle che magari, quella cazzo di rissa, potesse finire di merda, come tutte quelle a cui ho avuto la sfortuna di assistere.”
Johnny s’interruppe, abbassando lo sguardo: Jimmy gli aveva stretto gli avambracci in una presa leggera come l’aria. Ma piacevole.
“Ma, ho pensato, questa volta sarà diverso: saranno coinvolte le persone che amo con tutto il cuore. D- da … sempre. Matt, Syn, anche Zacky.” Sospirò.
Te.”
Jimmy sgranò gli occhi.
“Proprio tu che riesci a farmi ridere anche nelle situazioni del cazzo, che mi ha sempre aiutato e sostenuto. A cui rompo le scatole, continuamente, ma che non me lo fa mai pesare. E non potevo immaginare che.. beh, ti facesse del male. Che ti facessi del male. I- io.. non l’avrei sopportato.”
“Ehi – Rev prese il volto del ragazzo tra le mani, premendo la fronte sulla sua – come hai potuto constatare, sono ancora qui. Vedi? Sano e testa di cazzo. Insomma.. come sempre.”
Johnny rise per un momento, prima di rendersi conto di quanto fossero vicini. Tornò serio lentamente, guardandolo negli occhi e sentendo le guance scottare come tizzoni arderti.
Fanculo.
“F- forse è meglio che.. beh, tu vada. Sono certo che dormire farà bene ad entrambi.. e..”
“Non vuoi sapere perché, quindi?”
“C- come?”
Jimmy prese un respiro profondo.
“Tu mi hai chiesto il perché del mio comportamento: mi hai detto il tuo, benché non te lo avessi domandato. Ma, a quanto pare, non ti interessa più di tanto il mio.”
Johnny non voleva realmente saperlo. Non perché non gli interessasse, ma era certo che il non avrebbe retto alla verità.
Perché, lo sapeva bene, ormai non poteva più negare a se stesso che l’attaccamento morboso che aveva per il moro fosse dovuto a qualcosa di più forte, di una semplice amicizia.
E sapere di non essere ricambiato avrebbe significato distruggerlo e demoralizzarlo più di quanto già non fosse.
Tornò in sé solo quanto si sentì cingere la vita da due braccia forti. Jimmy non si era mai comportato così. Il suo sguardo non era mai stato tanto penetrante come in quel momento.
Johnny ne era del tutto rapito. E perduto.
Follemente.
“Ci sono delle cose che tu non sai, Johnny… davvero. E sono arrivato ad un punto in cui non riesco più a tenerle per me.”
Il ragazzo seguiva a stento il discorso dell’altro giovane, completamente stordito dal suo respiro.
Dal suo odore di birra mischiato a qualcos’altro che non riusciva a decifrare.
Cuoio, forse. O menta fresca.
Seward non seppe cosa pensare, nuovamente.
“E’ tutto qui. Tutti i segreti, le bugie ed i comportamenti strani sono riconducibili a questo.”
“A.. c-cosa?” balbettò il più piccolo.
Sembrava una ragazzina alla sua prima cotta, cazzo. Doveva tentare di controllare il tono di voce, di tanto in tanto. Ma pareva impossibile.
“Scusami.”
“S- scusarti? Per cosa? Non capisc-”
Jimmy sorrise appena, teso come mai.
S’avvicinò lentamente, per non spaventarlo, e poggiò le proprie labbra su quelle dell’altro.
Johnny rimase impietrito sul posto, troppo sconvolto per reagire, troppo assuefatto dalla bocca morbida di Jimmy, dolce ma allo stesso tempo resa rude dal piercing al mento.
Non lo fermò e non pensò di farlo neppure per un secondo.
Ma, d’altra parte, non si mosse, rimanendo a fissare The Rev che era perso nel suo mondo fantastico.
Jimmy, destato dal suo sguardo insistente, si scostò dal viso del più piccolo, divenuto rosso peperone.
“Per questo. M- mi devi scusare per questo.”
Gli sguardi dei due s’intrecciarono ancora.
“Se puoi.”
Il bacio era ancora lì.
Indelebile.
Bruciante.





Note dell'autrice:
Allora..avevo promesso che avrei aggiornato il prima possibile, tentando di mantenere un minimo di tempo tra un capitolo e l'altro. Quindi, eccomi qui! Spero che questo capitoletto non vi abbia deluso *evita come sempre i pomodori maturi* *li raccoglie per fare la salsa* 
Ringrazio chiunque abbia avuto la buona volontà di recensire fino ad adesso e chi, invece, ha letto soltanto o ha aggiunto la fic tra le Seguite/preferite/da ricordare.
Non sapete quanto mi abbia fatto piacere.
Ringrazio Vava_95 per la pazienza nel sopportarmi ;)
Per chiunque volesse seguirmi su twitter, io sono @ElectraGaunt :)
A presto,

_Electra_
  
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