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Autore: Julia Ivory De Lancy    09/07/2012    5 recensioni
Ma è ingiusto svendere la propria onestà per vergogna.
L'onestà, verso noi stessi, più che verso il prossimo, rappresenta quell'unico centimetro di libertà che resta in una vita già segnata dal destino.
In fin dei conti è proprio questo il punto.
Uno non può decidere di chi innamorarsi, l'unica cosa che può decidere è se negarlo o ammetterlo, per quanto scomodo questo possa essere.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Marco, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Incredibili domande su destino, esistenza e isteria, che mi portano, in una noiosa Domenica di Luglio, a scrivere una shot che non dovrebbe essere pubblicata. Non è gran ché, ancora non so se mi garba e se la lascerò pubblicata o meno.
Il destino, si, può sembrare un argomentazione scelta per fare sensazione, ma questa breve storia, nasce proprio da un capriccio del caso.
Un'immagine trovata, un film vecchio di anni ed una canzone riscoperta.
La dedico, anche se futile e priva di sostanza, alle persone che stanno seguendo Neutron star collision, e alle due amiche trovate, LaCla e Lenhara, proprio grazie ai miei stupidi parti mentali.
WARNING! Riferimenti erotici evidenti. Ormai mi conoscete, non sono tipo da mezzi termini, non smusso e non indoro la pillola.
Vi rubo un ultimo secondo prima di lasciarvi alla lettura; voglio fare un piccolo sondaggio tra le mie lettrici, riguardante Neutron : Di che colore vi immaginate i capelli di Dakota? Non prendetemi per scema : è una questione ormai oggetto di intestine diatribe tra me e Lenhara, quindi sarei curiosa di ricevere le vostre opinioni! 
 

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Buona lettura, spero vi piaccia
Julia

 Sleepless
[(Allwais remember you) Outcast, Hysteria, cigarettes and a cup of tea]


Our integrity sells for so little, but it is all we really have. It is the very last inch of us, but within that inch, we are free.
[ Valerie Page - V per Vendetta ]

Forse, tutto sommato, Marco la fenice, comandante della prima divisione dei pirati di Barbabianca dovrebbe fare pace con il suo cuore, e già che c'è, anche col fato.
Ci ha pensato quel mattino, sul ponte, mentre beveva una tazza di thé.
Ci ha ripensato nel pomeriggio, mentre seduto nella sua cabina, con un libro in mano, fumava una Marboro rossa.
Durante la cena Ace gli ha sorriso, mentre il babbo tagliava il tacchino, ed allora Marco la fenice ha deciso che chiudere i conti con sé stesso e col passato, è ormai qualcosa di assolutamente vitale.
Non si è fermato a gozzovigliare con i suoi fratelli, ed ha anche ignorato l'invito a Poker di Ace, Izou e Vista.
< Ho una cosa importante da fare, vi lascerò in mutande un'altra volta > ha ammiccato prima di chiudersi in cabina.
Un pacchetto di sigarette, carta, penna e una canzone in testa.
Satch è morto e Marco, vuole soltanto scrivergli una lettera.
Ha sentito dire che a volte, scrivere quello che si prova, aiuta ad esorcizzare il dolore, la paura e la rabbia.
Marco non crede in queste cose, quello che vuole è semplicemente far fare pace a cuore e cervello.
Quindi si siede e comincia.
Non vuole pensare, non vuole convenevoli, vuole una storia : la sua storia insieme a Satch, comandante della quarta divisione.

Appoggia la penna sul foglio ed esita.
Poi sorride : lo deve a sé stesso, lo deve a Satch.


Te lo ricordi Satch?
Avevo 5 anni quando sei arrivato a bordo della Moby Dick.
La prima volta che mi hai visto hai riso a crepapelle : un bambino taciturno, seccante e troppo esile, buono neanche da cucinare. Dicevi sempre così.
Poi diciamocelo, non che tu fossi molto più grande di me : di anni ne avevi si e no dieci.
Non ci piacevamo affatto, questa è la verità.
Tu eri già spavaldo, carismatico e sicuro di te; io invece non sapevo chi ero.
Ma i bambini sono bambini, e molto meglio degli adulti, percepiscono il bisogno di non restare soli.
A 5 anni, si è carta bianca, questa è la realtà dei fatti.
Tutti, hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a scrivere le proprie pagine, e tu, per me, sei stato quel qualcuno.
Anche a 10 anni, vantavi l'incredibile capacità di sapere sempre cosa dire e cosa invece evitare. Non mi hai mai chiesto niente di me, e, forse stupidamente, sono ancora persuaso del fatto che la ragione non fosse il disinteresse.
Consapevolezza, piuttosto.
Un bambino di 5 anni non dovrebbe trovarsi su una nave pirata, esattamente come uno di dieci.
Ricordo una mattina d'inverno, lievemente angosciato per via dei fulmini che squarciavano il cielo, mi sono infilato nella tua branda con una certa nonchalance.
Pensai che mi avresti picchiato, preso in giro, e cacciato via, invece no : hai alzato un sopracciglio e mi hai scompigliato i capelli, commentando soltanto con < Fifone, è solo un temporale>.
Tu lo sapevi Satch, anche se io non ti avevo detto nulla.
Sapevi sempre tutto, ancora oggi mi chiedo come fosse possibile.
Sai cosa? Anche io a cinque anni qualcosa sapevo : quello nel tuo letto era il mio posto preferito. Vicino a te, al sicuro.


I miei capelli non mi sono mai piaciuti, ma sono nato così.
Sei stato tu, quando di anni ormai ne avevo 13 a impiastricciarmeli con il gel, togliendomi quel seccante aspetto da chierico bagnaticcio che tanto odiavo.
Non che la situazione sia particolarmente migliorata, ma quel tuo gesto, mi ha fatto sentire come se a qualcuno importasse realmente di come io potessi rapportami al mio corpo in continuo cambiamento.
A tredici anni, in fin dei conti, il corpo lo si sente eccome.
Forse il nostro non è mai stato normale cameratismo tra fratelli, perchè tutte le mie prime volte, le ho vissute con te.
La prima barba, e conseguente rasatura, i primi accenni della voce di un bambino che diventa quella di un uomo, la prima erezione.
Ogni prima volta poi, festeggiata con un bicchiere di rum.
Io e te, seduti sul tuo letto, segretamente terrorizzati all'idea che il babbo ci scoprisse ubriachi.


Hai riso, Cristo, quanto hai riso, quando ho ingerito quello strano frutto, eh Satch?
Devi avermi sfottuto per almeno un anno, giusto per ricordarmi quella mia buffa sorte. "Stupida quaglia" "Pennuto retrocesso" " Mancata Drag queen" e via discorrendo.
Quante volte ti sono corso dietro per tutto il ponte, brandendo un qualsiasi oggetto potenzialmente sfruttabile a tuo danno?
Come se ciò non bastasse, proprio non riuscivo a volare : mi schiantavo ovunque.
E quante volte ti sei dovuto tuffare per recuperarmi prima che annegassi?
"Sei una palla al piede" dicevi sempre.
Ma mi volevi bene, e te ne volevo anche io.

Avevo 15 anni, e tu 20 quando ho aperto la porta della tua cabina e ti ho scoperto a letto con Bay.
Ero ingenuo, forse troppo e geloso anche.
Geloso di te, ma il motivo ancora mi sfuggiva.
E ti ho odiato, quando, ancora mezzo nudo, con i boxer stropicciati, sei uscito dalla tua cabina e ti sei acceso una sigaretta guardandomi .
Hai sorriso e < E' una cosa normale Marco> hai detto poggiandomi una mano sulla spalla < E' sesso, quando sarai più grande capirai> hai concluso scompigliandomi i capelli.
Ti ho odiato, davvero, e ho odiato Bay.
Per un periodo sono anche riuscito a convincermi che era di lei che ero così fottutamente geloso.
Ma poi di sera, da solo nel mio letto, ci pensavo.
Mi masturbavo, provavo a pensare a lei e mi veniva la nausea.
Allora pensavo a te Satch, a quella tua faccia buffa e a quel sorriso osceno, ed allora riuscivo a riequilibrare il mio baricentro.
Riuscivo a venire.

E poi c'è stata Laura Nyro, in quel locale a Drum.
Faceva un freddo del cazzo, avrò avuto 16 anni, forse 17.
A quel punto è stato tutto chiaro.
Tu che ridacchiavi distrattamente, ubriaco marcio, muovendo la testa a ritmo.
Mi sono segnato le parole sai? Di inglese all'epoca non capivo un cazzo, eppure quella musica, oltre ad avermi fatto venire un'inarrestabile voglia di erba e di sesso, mi ha fatto capire tutto.
O meglio, mi ha fatto ammettere tutto.
Ammettere, ormai certo di quello che provavo, che il problema non fosse averti scoperto a fare sesso, ma che al posto di Bay, avrei voluto esserci io.
Mi sono odiato per questo pensiero, per anni.
Ma è ingiusto svendere la propria onestà per vergogna.
L'onestà, verso noi stessi, più che verso il prossimo, rappresenta quell'unico centimetro di libertà che resta in una vita già segnata dal destino.
In fin dei conti è proprio questo il punto.
Uno non può decidere di chi innamorarsi, l'unica cosa che può decidere è se negarlo o ammetterlo, per quanto scomodo questo possa essere.
Quella notte ti ho trascinato nella mia cabina e abbiamo fatto sesso.
Anche quella prima volta, l'ho vissuta con te.
Non mi aspettavo lunghi discorsi il mattino successivo, e non ce ne sono stati.
Hai detto soltanto < Sei una frana, inutile gallina, buono neanche da brodo>.
Mentre ti accendevi una sigaretta, forte degli ormoni e del male che ancora mi spaccava a metà, ti ho picchiato.
Poi abbiamo riso, cazzo, quanto abbiamo riso.
Poi abbiamo fatto sesso di nuovo.
E' diventato un circolo vizioso Satch.
Siamo passati dal festeggiare le prime volte con il rum, al festeggiare qualsiasi stronzata scopando nella dispensa, in cabina, sul ponte o sulla vedetta.
Col tempo molte cose sono cambiate e si sono evolute.
Quando per la prima volta ho incontrato il sorriso viscido di Teach, ho avuto l'istinto di sgozzarlo.
Non mi piaceva : era come quel temporale.
La sua presenza mi angosciava, e te lo dissi; una volta, forse due.
Ma tu non sei mai stato un tipo suggestionabile Satch, tu ridevi di tutto.
Quando poi è arrivato Ace, Teach e le mie preoccupazioni sono scivolate in secondo piano.
Da due, siamo passati all'essere tre : tre in cucina di notte a cazzeggiare, tre a bere Rum, tre anche a letto.
E' stato strano, effettivamente.
Non credo di essere gay, credo che le donne mi piacciano, semplicemente, tu ed Ace mi siete sempre piaciuti di più.
Poi Teach ti ha ucciso, e sono crollato.
Mi sono odiato per non essere rimasto allerta, e ho odiato il tuo maledetto entusiasmo : solo un idiota avrebbe sbandierato il ritrovamento di quel frutto ai quattro venti.
Sai cosa Satch? Non è stata la tua morte a farmi perdere la testa, ma il fatto di essere stato impotente davanti alla tua sorte.
Una fenice, capisci? Una cazzo di fenice.
La fenice che risorge dalle sue ceneri, la fenice, che si rigenera e può curare, la fenice, alla quale sono stati dedicati miti, racconti e quattro piramidi.
La fenice, a conti fatti, è solo un uccello del cazzo.
Non sono riuscito a salvarti, non sono riuscito a curarti.
Non sono riuscito nemmeno a salutarti.
Allora ho capito a pieno le parole della Nyro, ho capito perchè mi sono entrate dentro e mi abbiano in qualche modo costretto ad essere onesto con me stesso e adesso so, che non mi innamorerò mai più di nessun'altro.


Marco sorride : ha finito.
Passa l'indice sulla carta, ha paura di sbavare l'inchiostro ma non resiste alla tentazione.
Li dentro c'è tutto, tutto ciò che è stato e tutto ciò che deve lasciarsi alle spalle.
Ripiega la carta con cura e la stringe tra le dita.
Ormai sono le 3.34 del mattino, sa che tutti dormono, quindi esce sul ponte.
Passi lenti, ma freme.
Respiro regolare, ma nel petto ha un maglio a vapore.
Giunge a prua, si appoggia al parapetto e si accende una sigaretta.
Tira nervosamente, chiedendosi se quella sia la soluzione migliore : ne ha considerate tante ormai.
Guarda l'oceano, mentre il fumo gli brucia la gola, l'esofago, i polmoni e lo stomaco.
A volte vorrebbe ingoiarla accesa e provare le brezza del dolore.
Marco, a volte, odia essere una fenice del cazzo.
Prende la lettera che ha scritto e la appoggia alla brace.
E' così che deve andare.
Ha scritto la loro storia, ora non gli resta che lasciarla al vento.
Satch è bruciato e il loro passato insieme deve seguirlo.
Sorride, mentre il fuoco si mangia quel lembo di carta e sente un lieve formicolio alle dita.
La lascia andare e la regala all'oceano.

Ghigna, tutto questo è perfettamente nel suo stile.
  
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