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Autore: Cheonefer86    09/07/2012    0 recensioni
“Vorrei gridare. Piangere. Ma sarebbero soltanto urla nel deserto.”
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Notte

Nota: Storia come compitino sul punto nell’Aula di Scrittura del Magie Sinister Forum, ovvero: “Il punto sui pensieri di Severus Piton”.

 

 

 

 

Vox clamantis in deserto



 

Notte.

Notte che scorre.

Notte che azzanna una preda ormai vinta.

Una preda riflessa nei miei occhi di tenebre. Una preda che mi somiglia.

Sono io.

Non mi sento morto, il mio cuore ancora batte, ma c’è sangue.

Caldo. Acre. Scorre sulle mie mani.

Non è il mio.

Sento un pianto così vicino da farmi male. Delle lacrime che bagnano la terra.

Lucenti si disperdono nell’urlo scarlatto che stringe la gola.

Non sono una preda e non c’è sangue. Ma lo sento.

Sulle mani. Sul cuore.

Nell’anima.

Ho ucciso un uomo in quest’oscurità rotta da bagliori di smeraldo e da un lampo turchese che ha spezzato il mio respiro già lento, in un corpo immobile e freddo.

Come uno spietato assassino.

Senza pensieri. Senza rimorsi. Senza dolore.

Soltanto un marchio di colpa.

Occhi che mi osservano, mi giudicano. Mi condannano.

È bastato aprire la bocca e sussurrare un incanto di morte così dolce e letale come il petalo di un fiore che delicato si posa sulle labbra ormai stanche. Un fiore nero, oscuro. Velenoso.

Un veleno inciso in amare lettere verdi che si perdono nell’aria come il sibilo di un serpente.

Due parole. Nessuna esitazione nel dirle.

Due parole. Nessuna libertà nello sceglierle.

Le mie colpe hanno portato soltanto sofferenza nella vita di chi ha sfiorato la mia anima martoriata. La mia anima che non potrà guarire. La mia anima che non voglio che guarisca.

Ho visto morti su morti, la perdita di cuori felici, la rovina di anime candide.

Ho visto la luna piangere ad ogni morso del Serpente, tingersi di un rosso che precipitava lacrime tristi sulla terra bagnata. Sulla terra ferita.

Sulla terra sporcata col sangue che ho sulle mani.

Un elenco lungo e doloroso. Nomi che mi fanno male. Che piango, che odio.

Che amo.

Albus Silente.

Mi volto per un attimo verso quei mattoni che piangono, ai piedi della fine che abbraccia il tuo corpo gelido. Spento. Morto.

Vorrei che quell’abbraccio fosse mio. Solo e soltanto per il mio corpo vuoto e avvizzito in cui ogni fiore sarebbe nato morto. Dissolto nell’aria come cenere.

Mi volto per un’ultima volta.

Un passo. Due passi. Corro via da questo luogo di sogni e incubi.

Mi allontano dall’azzurro di quegl’occhi disperati e supplicanti.

Carnefice che taglia i fili di una vita già persa: questo sono diventato.

Questo sono sempre stato prima di salire lassù dove l’aria è così gelida e il cuore si fa di ghiaccio.

Dove ho dovuto gettarti nell’abisso profondo. Scuro. Infinito.

Su quella Torre sono morto anch’io.

Ho ucciso il mio ultimo sogno. Ho ucciso il mio sguardo d’oscurità.

Vorrei gridare. Piangere. Ma sarebbero soltanto urla nel deserto.

Vivo i miei incubi. Combatto i miei demoni.

Morirò per le mie colpe.

 

 

 

   
 
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