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Autore: Ryashiro    24/01/2007    6 recensioni
Masaya, il ragazzo perfetto. Sempre in anticipo agli appuntamenti, ottimo negli studi. Ma in quella campana di vetro si aggiungerà una ragazza dai capelli rossi, che non solo distruggerà il bel mondo di Masaya, ma anche lui stesso.
Genere: Romantico, Triste, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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27 Ottobre 2006


È assente anche oggi.
Un banco vuoto, freddo, infondo alla classe.
Accanto a questo una ragazza con il capo chino, leggermente rivolto ad una sedia su cui non è seduto nessuno e che viene portata via, dato che un’altra classe ne ha bisogno.
A malapena ricordo l’ultimo giorno che è stato qui, penso fosse inizio settembre, al rientro dalle vacanze estive.
Quando ha varcato l’entrata dell’aula è stato come quando due macchine si schiantano l’una contro l’altra in piena velocità, accartocciandosi e provocando il classico “Crash!”.
Noi tutti abbronzati, con volti solari, rilassati, come se avessimo eliminato lo stress accumulato nei mesi di scuola, troppo impegnati a pensare ai compiti e ai test che gli insegnanti ci propinavano furiosamente giorno dopo giorno.
Facce felici.
Ma lui.. lui no.
È entrato a metà delle prima lezione, ha alzato la testa, e ha cercato l’unico posto libero disponibile mentre il professore lo salutava facendo qualche battuta ironica inerente al suo ritardo.
Quando Masaya ha visto che era stata Ichigo a tenergli il banco vicino a sè, non ha mutato l’espressione di un millimetro.
S’è seduto accanto a lei, senza formulare nessuna domanda, nessun grazie.
-Ciao, come stai?-
Ho sentito che gli chiedeva lei con fare affettuoso, e lui, più pallido del pallore stesso, ha sollevato il capo, l’ha guardata, e le ha sorriso.
Non penso abbia aperto bocca per il resto della giornata.
Mi rendo conto che non avrei nessuna ragione per provare questo insaziabile rimorso nei suoi confronti.
Ma è sconfortante vederlo così.
Mai avrei pensato di riuscire a ridurre una persona in quello stato, anche se, nel più probabile dei casi, la colpa non è dovuta solo ai miei pugni e alle mie minacce pesanti, ma a qualcosa di più grande.
Guardo l’orologio sopra la lavagna, la lezione sembra tardare il proprio devastante inizio.
Avanzo a passo lento e conciso verso Ichigo, che ora tiene i capelli della frangia intersecati fra le dita di due mani bianche e fredde.
- Ichigo?-
Pare non sentirmi, così mi ripeto.
- Ichigo.-
Abbassa le braccia, posandole distrattamente sul proprio banco e dando vita ad un’espressione sciupata, spenta, quasi stolta.
Mi guarda.
- L’hai per caso sentito, in qualche maniera?-
Non mi è nemmeno servito specificare il soggetto. Ogni nostro discorso s’accorcia man mano, come se da qui ad un mese mi basterà semplicemente guardarla per capire cosa pensa.
- No.-
Sibila con le labbra socchiuse.
- Capisco.-
Rispondo comprensivo dandole le spalle, pronto ad incalzare il primo passo verso il mio posto.
- Sta male. Tanto, tanto male.-
- Allora l’hai incontrato, sbaglio?-
Domando voltandomi nuovamente.
Accenna un “sì” distaccato.
- Sta male, Ryo, e non posso farci niente! Io ho paura, ho una paura folle.. io.. io vorrei solo che lui tornasse a scuola.. perché ti giuro, mi dispiace per quello che gli ho fatto.. -
Immerge la testa al sicuro, tra le sue minute braccia, emettendo singhiozzi che lei cerca disperatamente di soffocare in sé stessa.
Rimango lì, ad aspettare un qualcosa che non avviene.
- Possiamo andarlo a trovare insieme oggi, ti va?-
Ichigo emette un mugolio di assenso, quindi la mia proposta è stata accettata. Oggi, finita la scuola, andremo a trovare Aoyama.


12 Dicembre 2005


Sono tutti così dannatamente ciechi.
Corpi ambulanti, accondiscendenti ad ogni fesseria professata dalla televisione e dalla gente comune.
“Dio esiste.”
E loro: “Va bene.”
Non si pongono domande sull’esistenza passata di un “uomo perfetto”.
Per un uomo perfetto, come minimo, ci vuole un Karma perfetto.
Ma a questo ragionamento loro non potrebbero mai arrivarci.
Quindi per me è così terribilmente facile comandarli, dirgli cosa devono fare, pur mantenendo un comportamento del tutto riluttante nei loro confronti.
-Ehi, Ryo.-
Mi volto a guardare la persona che mi ha nominato.
Eccolo, uno dei tanti che manipolo.
-Cosa fai oggi?-
Alzo le spalle.
Mi domanda di uscire con lui ed altri, ma non ho voglia di sentire discorsi idioti, non oggi.
Non ho così tanto tempo da perdere.
-No, ho degli impegni.-
-Ah, ho capito! Qualcosa in programma con la bionda, eh?-
Mi fa l’occhiolino.
Non me la sento di rispondergli con un cazzotto, così preferisco girare attorno al discorso, sperando che lui se ne vada proprio com’è arrivato: senza che nessuno glielo chiedesse.
-Sì, sì.. -
No, invece no.
È da un po’ di tempo che io e “la bionda” non ci vediamo per amoreggiare in qualche squallido locale.
Ma non mi manca.
E mai mi mancherà.
L’unica cosa di cui gli sono grato è che lei sia stata un prezioso passatempo.
Prendo tra le mani una sigaretta che estraggo delicatamente dalla propria confezione per poi riporla nella giacca subito terminato lo scopo.
La blocco con le labbra, mentre il pollice si graffia sulla rotella ruvida dell’accendino. Il fuoco brucia la punta di quella che è una delle mie tante droghe. E ne assaporo il veleno.
Poso la schiena sul cancello che confina tra la libertà e la prigione.
Sto aspettando una persona, ma non mi spiego il motivo del suo ritardo.
Le lezioni sono finite, perché tarda ad uscire?
Una figura mi passa accanto, mimetizzata fra la folla, ma la riconosco lo stesso.
-Ichigo, dov’è Aoyama?-
Lei si blocca sentendo il rumore della mia voce. Lascia che la gente che fugge da quel posto volgarmente chiamato “scuola”, la spinga, la urti e si lasci scappare qualche imprecazione contro di lei, ferma, in mezzo a tutti. Per me.
-Non lo so.-
Un ghigno mi si dipinge sul volto, facendo sì che una risatina sprezzante mi scappi dalla bocca.
-L’hai fatto incazzare, eh?-
Non risponde. Rimaniamo solo noi due, dato che tutti hanno già preso le proprie strade, scappando da questo posto.
Noi due, e il peso del cielo.
Noi due, e il silenzio.
-Perché lo vuoi vedere?-
Domanda lei, abbassando man mano la voce.
-Cosa te ne frega? Devo dirgli una cosa.-
- .. perché mi tratti così..?-
Risponde senza darmi la possibilità di fare un altro respiro.
Sorrido.
-Guardami.-
Lo fa, alza la testa e due occhi cioccolato si sciolgono contro i miei ghiacciati, ma infuocati allo stesso tempo.
-Ti sembro uno di quei ragazzi che fanno attenzione ad ogni possibile reazione dell’altro? Guardami, assomiglio ad una di quelle persone che chiedono “scusa” ogni due parole?-
Una smorfia, poi le lacrime.
Quelle che mentre scorrono, una dopo l’altra, provocano la sensazione di un coltello affilato che ti straccia il cuore.
Conosco quel tipo di pianto.
L’ho provato tante volte, anche se decisamente più profondo e disperato, da farmi venire una nausea devastante.
Una tristezza che mi si presentava talvolta con dei conati.
Non pensare che io riesca ad intenerirmi per una delusione d’amore.
O almeno, una delusione futile come questa.
E poi, chi l’ha detto che è veramente un sentimento di tale natura quello che lei prova per me?
Perché tanta disperazione..?
-Io non p-pretendo niente da te.. Vorrei so-olo che mi rispettassi..-
-Inizia a rispettare me, poi arriveranno i cambiamenti.-
Si copre la faccia con due mani per poi esplodere in un gesto sgraziato, portando le braccia all’indietro e in avanti il petto, urlando, straziando le sue labbra sottili.
-TI ODIO!! MI FAI SCHIFO!!-
-Senti, non voglio farti perdere tempo. È inutile stare qui a perdere la voce. Non hai nessuno a casa che ti aspetta?-
Domando maliziosamente.
Sembra sconvolta.
Silenzioso come un gatto, un ragazzo alto quanto me e con i capelli neri, passa accanto alla rossa, facendo finta di niente.
Ma sa che l’ho visto.
-Oh, Aoyama!-
Esclamo bloccando anche lui sulla soglia del cancello arrugginito.
Si volta verso di me con un’aria strafottente.
-Sì, Shirogane?-
-Dovrei parlarti.-
Aoyama guarda Ichigo che cerca disperatamente di ricomporsi, portandosi via con la mano il trucco che le si è sciolto trasportato dalle lacrime.
-E quale sarebbe l’argomento da trattare?-
Schernisce con un tono morbido quanto il marmo.
- C’è troppa gente.-
La ragazza in mezzo a noi alza la testa e balbetta qualcosa che non riesco a sentire, poi si gira e se ne va con un passo veloce, mentre i tacchi si schiantano pesantemente contro il marciapiede.
-Dobbiamo parlare di lei.-
Annuncio buttando la sigaretta a terra e pestandola con un piede.
-Perché?-
-Perché non la sopporto. Vorrei che tu me la togliessi di torno.-
-In che senso?-
-Niente. Prenditela.-
-Un tuo scarto?-
-Non mi sembrava ti lamentassi tanto l’altro giorno.-
Sorride scuotendo lentamente la testa.
-Sei solo uno sbruffone.-
Il sangue mi sale improvvisamente alla testa.
Lo afferro per la giacca e faccio sbattere la sua schiena contro il cancello, provocando un suono acuto e metallico.
Poi avverto una lieve pressione contro il mio ventre, guardo in basso. Un coltellino.
-Stavolta non vinci tu. Se non lasci la presa andrai in giro con un buco nella pancia.-
Merda.
Allento poco per volta la presa finché non posa completamente i piedi a terra, mette via l’arma tagliente alzando un sopracciglio, e con la stessa aria di strafottenza, mi volta le spalle.
-Mi lascerai completamente la via libera?-
-Che il tuo coltello mi trapassi lo stomaco se così non farò.-

Casa mia. O forse no.
Forse l’odore dell’alcol e di mille altri tabù si sono impadroniti di quest’abitazione che non ha nulla a che fare con l’umiltà.
Avanzo verso la cucina, perché provo timore a muovermi in casa mia?
Forse perché so già cosa mi aspetta, la scena straziante che mi paralizzò anni fa, quand’ero piccolo, e non sapevo fino a che punto potesse farmi schifo il mondo, o mia madre.
Sì, è ancora lì.
Da ieri sera. Dalla scorsa settimana. Negli anni passati.
Lì. È un cadavere. Ma è morta?
No. Respira. E beve.
Seduta sulla stessa sedia e impietrita sullo stesso dannato tavolo freddo.
Il volto nascosto fra le braccia.
Eppure non cerca di nascondere la sua vergogna di fronte ai miei occhi, ma ad un Dio, a sé stessa.
E nessuno può scappare da sé stesso, dal buco nero della sua testa.
-Quando sarai morta immagino che non sentirò nemmeno l’odore del tuo corpo.-
“Le dico”.
Apro il frigo e l’esalazione del marcio mi assale le narici, poi la testa, lo stomaco.
Corro improvvisamente fuori dalla stanza, raggiungendo il giardino e accendendo una sigaretta che inspiro come fosse ossigeno.

Quella puzza..
Il marcio di ciò che era cibo che colava dai piatti ..

Inspiro di nuovo: è finito tutto. È passato.

.. l’odore dell’alcol..
.. i capelli unti di mia madre..


È passato. È passato. È passato.

.. com’è possibile.. avevo comprato della roba da mangiare pochi giorni fa..
Com’è possibile che si sia decomposta in un modo così.. così rozzo..?

Piego le ginocchia e mi siedo sulle mie caviglie, butto a terra la sigaretta e mi stringo lo stomaco fra le braccia.
Sento rimbombare il suono del campanello dentro la casa, scontrarsi con le pareti di marmo, contro il soffitto, contro me.
Vomito, non ho idea per quanto tempo, ma riesco a rialzarmi, e ad andare ad aprire la porta.
-Ma ciao!-
Keichiro, l’unica persona che mai mi permetterei di comandare.
La sua espressione è sempre così “buona”, cordiale.
-Ryo ma sei pallidissimo.. tutto a posto..?-
Non ferirebbe nessuno, nemmeno se gli facessero direttamente del male.
Sono felice di averlo come amico.
-Ryo..?-
Se penso alla famiglia che ho avuto, se penso a tutti quelli che mi odiano..
-Che è successo?-
A quell’odore che mi soffoca..
-Ryo!-
Se penso.. a mia madre..
-Ma cosa..-
Se penso.. al dolore..
-Aspetta.. Siediti qui..-
Mi viene solo..
-Ma stai..?-
..da piangere.
Chiudo ed apro gli occhi.
Mi parla, mi chiede cos’ho. Cos’è successo.
Niente di diverso dagli altri giorni, è che impazzisco, impazzisco capisci?
“Voglio morire”
È l’unico pensiero che mi pugnala le tempie con queste parole.
Voglio morire, lo voglio.
Lo voglio..
-Ma cos’è quest’odore?-
Non lasciarmi Kei, non guardare cosa c’è in quella stanza.
C’è il male là dentro.
Ma lo fai, ti alzi, mi abbandoni.. e apri quella porta.
-OH MIO DIO!!-
Te l’avevo detto, c’ho provato.
-RYO, CAZZO! TUA MADRE È MORTA!!-
E allora?
Cosa vuoi che cambi? Prima era diversa? Si muoveva, forse? Mi voleva bene, o almeno, me lo dimostrava?
È un corpo Kei.
Un corpo.



Rya è tornata è.é
^0^ scusate per il clamoroso ritardo ma m’è tornata di botto l’ispirazione.
Lo so che penserete: l’ultimo pezzo è scarsissimo, non descrive nulla.
Sappiate che è voluto xD
Volevo chiedere scusa a tutte, se non risponderò ai commenti, ma sarebbe inutile xkè è passato un casino di tempo e non ricorderete + cosa avete scritto..
Cmq grazie di cuore a: Cumpa, Gaia, Fuuma, Mary Cry, Fraise, Vanil_shore, Shark attack, Hypnotic Poison
Grazie davvero a tutti, continuate a seguirmi!! Ah, a proposito, W i miei 15 anniXD

Ryashiro
  
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