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Autore: TooLateForU    10/07/2012    9 recensioni
“Sapevi che schiessenhausen vuol dire gabinetto?” chiesi divertita, sfogliando il dizionario tascabile di inglese-tedesco.
“Sì Julie, lo sapevo. Perché sai, io sono tedesco.”
“Ti immagini? Scusi, devo fare un salto al SCHIESSENHAUSEN!!” scoppiai a ridere, perché era una parola sinceramente esilarante, ma Mister Trecce Selvagge si limitò ad alzare un sopracciglio.
Nessuno comprendeva il mio spiccato humor inglese.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  questo capitolo è corto e schifoso, ma sono pur sempre io l’autrice, quindi cosa vi potevate aspettare?
anywaaaaay, come vanno le vostre vacanze? io mi sto sciogliendo. probabilmente cambierò pelle, come i serpenti. ssssssss (?)
grazie millemila a chi legge/ride/recensisce. mi fate sentire meno idiota a pubblicare queste stronzate :)
besos!
 

 


7.30 del mattino. Bagno. Aushw..ehm, casa dei crucchi.
Ero seduta su uno dei due lavandini (a che servono due lavandini?! non abbiamo quattro braccia) del bagno a strecciarmi i capelli, che stamattina assomigliavano pericolosamente a quelli di Bob Marley.
Ah, quanto dolore per essere splendida! Ma dopo aver visto Sexy Treccine non potevo correre il rischio di farmi vedere in giro conciata come una barbona. E se tutti i tedeschen fossero ugualen a lui?
Questo viaggio stava diventando quasi semi sopportabile, ma Dio, stavo lacrimando furiosamente ed ora la spazzola era piena di capelli.
Qualcuno bussò secco alla porta “Julie muoviti, c’è la mia crema idratante per le mani là dentro!” urlò Carol.
Sosteneva infatti di avere le mani secche e rovinate. Ma può esistere una cosa più triste di una crema idratante per le mani?!
“E siamo in ritardo per la scuola!”
Si, può esistere.
 
Brun e Marlene (come le mele, si!!) ci mollarono con la loro BMW nera e lucida davanti ad un edificio in mattoni rossi molto imponente e molto spaventoso. Su questo torreggiava una lastra di marmo con scritto ‘Scuola Ludwig V. Beethoven’
“La nostra scuola si chiama come il tipo sordo che diceva di non essere sordo?” chiesi, incredula.
“Oddio oddio, non vedo l’ora  di vedere come funzionano le cose, le classi, i professori, i compagni..Secondo te ci sarà un corso di teatro?” Carol mi ignorò bellamente, e prese a farneticare sciocchezze. La sua chioma fiammeggiante ballonzolava a destra e a manca, ed io per poco non volavo via a causa dello spostamento d’aria.
“Carol, ti prego, passiamo alle cose che hanno un senso. Tipo me.” suggerii “Ieri al lavoro di Brun ho visto un tipo davvero, uhm, appetitlich  e magari potrebbe essere proprio qui, in questa scuola!” esclamai su di giri.
“Com’era fatto?”
“Bene!”
“Qualche altro segno distintivo, oltre ‘essere fatto bene’?”
“Pieno di treccine, vestito da gangster fallito, una fascia stile Rambo in testa. Non troppo alto, ma più di me.” lo descrissi. Certo, non che dovesse essere difficile essere più alti di mezzo metro.
Carol aggrottò le sopracciglia “L’hai visto allo studio di registrazione? Era con qualcuno?”
Qualcuno, qualcuno, qualcuno..uhm, fino a quel momento avevo focalizzato in mente solo la testa fluttuante di Sexy Treccine, gli altri erano come avvolti in una nebbia di fumo.
“Ah sì, con un tipo con dei capelli alti otto metri, neri. E poi qualcun altro che non ho veramente guardato. Sai, quando hai un Brad Pitt tedesco davanti..”
Stava per aprire bocca e ribattere, quando sentimmo la campanella suonare e mi prese bruscamente la mano. Aveva il panico negli occhi.
“Oddio, oddio, oddio..” mormorò.
“Ti prego, non farti saltare una sincope, sei l’unica che sa il tedesco tra noi due!” la pregai.
Lei scosse la testa, seccata, e poi prese a trascinarmi verso l’atrio. Era TUTTO deserto, TUTTI erano già nelle loro classi.
Non c’era neanche un bidello molleggiante a fingere di pulire. A giudicare dal pavimento, qui pulivano sul serio!
Cose come queste te le sogni a Bristol. Nel bagno del secondo piano della scuola, ad esempio, c’era ancora un mars mezzo mangiucchiato che avevo lasciato cadere cinque mesi prima.
Ad un tratto comparve davanti a noi una vecchia tedesca occhialuta che prese a sbraitare in crautese. Carol prese a farfugliare qualcosa che assomigliavano a delle scuse, allora il dobermann tedesco (la tipa) assentì e ci porse due fogli con l’orario, prima di andarsene.
“Bene. E ora?” chiesi.
“E ora cominciamo la scuola!”
Merda.
 
Per tutti gli spanferkel di questo mondo, cosa andava blaterando questa tizia? Innanzitutto credo che fosse la propropronipote di Hitler. I baffi c’erano, e anche gli atteggiamenti nazisti. Mi ero arrischiata a sussurrare a Carol che il biondino al primo banco ci fissava e quella mi aveva lanciato un’occhiata raggelante, come se avessi interrotto qualcosa di importante, e non solo una stupida lezione.
Comunque, era l’insegnate di matematica, e questo potrà aiutare a capire come mai ho tentato di tagliarmi le vene con la punta della matita.
Spiegava le disequazioni di secondo grado. Ma perché? PERCHE’?
Ad ogni modo, non potevo deprimermi per molto. Mr Trecce Selvagge non si era visto, quindi probabilmente non veniva alla nostra scuola.
Oooh, forse era più grande. Magari frequentava l’università.
Ah no, un momento, se era in uno studio di registrazione…Ommiodio, era una rockstar!
“Carol Carol, forse Treccia Ribelle è una rockstar!” le mormorai concitata, ma lei mi zittì bruscamente e un colpo alla cattedra mi fece sobbalzare.
Tutta la classe gelò, girandosi verso la Nazi che mi fissava con i suoi occhietti neri come se volesse disintegrarmi. Non parlò, semplicemente indicò la porta con un dito.
Uhm, forse mi stava cacciando. Mi alzai cercando di non far strusciare troppo la sedia, sotto lo sguardo preoccupato di Carol. Mentre passavo tra i banchi una tipa che avrebbe potuto concorrere a Germany’s next top model mi disse “Ciao ciao inglezina!” e poi prese a ridere.
Oh, che palle!
 
Me ne stavo comodamente seduta su una delle sedie fuori dalla presidenza, aspettando che il famoso preside mi accogliesse nella sua calorosa dimora, quando mi apparve davanti agli occhi la figura trafelata di Brun.
“Ciao.” Disse lui, lanciandomi un’occhiata alla io-so-cosa-hai-fatto.
“Uhm, ciao.” Risposi incerta. Dannazione, qui chiamavano i genitori o tutori o quello che è per stronzate simili?!
Questo è contro i diritti umani!
Brun comunque non sembrava troppo arrabbiato. Con un respiro profondo si sedette accanto a me, e si schiarì la gola.
“Senti, Brun, non pensavo che ti chiamassero, okay? Ma non sono io anti-matematica, è la matematica anti-me. Ho tentato di spiegare che sono una tipa pratica, e fantasticare su cose assurde come il pi greco non fa per me, ma nessuno mi da retta.” Gli confessai, in un momento di pura sincerità.
Normalmente qualcuno come mio padre avrebbe cominciato a sbraitare cose senza alcun senso, come ‘quando avevo la tua età tuo nonno mi avrebbe bla bla bla..’ o sul fatto che avessi delle ‘responsabilità’, dei doveri e tante altre cose inutili, invece Brun si mise a ridere.
“Sai, mi ricordi tanto me quando avevo la tua età.” Disse, e cominciai a domandarmi se mi ero tolta a dovere le sopracciglia, ieri “Sei una combina guai, ma hai sedici anni ed è più che normale. Avrai tempo per metterti la testa apposto..Adesso ci sorbiremo qualche chiacchiera di quel grassone là dentro e poi ci andiamo a mangiare qualcosa, che ne dici?”
Fatemi capire, stavo per essere punita con del CIBO?
Mi aggrappai a Brun, gridando “Sei il padre che non ho mai avuto!”
Non potevo considerare il matto che girava per casa il mio vero padre, ovviamente.
 
TRECENTO ANNI DOPO
“Questo cofo è buoniffimo!” esclamai a bocca piena, buttando giù un altro boccone di Rahmapfelkuchen (mi sono fatta capire dal cameriere indicando il dolce, poi me e fingendo di masticare). La cosa più tedesca che avevo mai assaggiato in vita mia erano stati dei Vafer, ma a quanto pare esistono cose mooolto più buone.
Brun rise divertito, prendendo un sorso dalla sua birra. Era una birra ENORME, grossa come il sedere di Eva Justice, e vi assicuro che poteva essere considerata una persona a parte, il suo sedere.
Improvvisamente il blackberry di Brun prese ad illuminarsi e a vibrare sul tavolo, e lui si affrettò a rispondere con un sonoro “YAAA?”
Dopodiché ebbe inizio una veloce discussione in tedesco che non mi presi la briga di ascoltare, intenta a mangiare il mio dolce. Mi sentivo la bocca tutta appiccicosa, segno che probabilmente avevo della crema sparsa un po’ ovunque, ma a chi importava? C’eravamo solo noi in quel bar.
Ad un tratto Brun si alzò in piedi, e prese a sventolare una mano verso qualcuno alle mie spalle. Ma che cosa..?
“Voglio presentarti qualcuno di importante!” mi disse, facendomi l’occhiolino.
“Che cofa?” domandai, con l’ultimo pezzo di dolce in bocca, mentre mi giravo quasi al rallentatore.
Alle mie spalle c’erano quattro sconosciuti di cui uno (uno? una?) era truccato meglio di me e vestito da Catwoman, o almeno era la spiegazione che davo a tutta quell’aderentissima pelle nera che indossava. Gli altri due erano due specie di gorilla larghi come..ehm, un armadio largo dell’ikea.
E poi lui, l’Adone tedesco, che mi fissava mentre avevo un ENORME pezzo di Rahmapfelkuchen in bocca ed ero tutta sporca di crema in faccia.
Mein Gott!

   
 
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