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Autore: _Eleuthera_    10/07/2012    21 recensioni
«Credi che non sia più un prigioniero?» domandò Loki, fissandola negli occhi pieni di orgoglio. «Credi che io adesso sia libero? Ti svelo un segreto, Sigyn. La libertà è la più grande menzogna che ti sia mai stata raccontata. Qui dentro non deciderai mai per te stessa. La prigione non è quella che hai visto nei sotterranei. Asgard lo è. Tutto il mondo è una prigione».
[Post Avengers][Loki/Sigyn]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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A LIFE FOR A LIFE

 

Si era svegliato con la sensazione di non aver dormito nemmeno per un istante. Non c’era modo di misurare il tempo là sotto, ma Loki era lo stesso convinto che fosse l’alba. Si sollevò dolorante, più stanco di prima, e la consapevolezza del giorno che era iniziato lo lacerò all’improvviso.
Era la sua ultima alba.
Rimase a fissare l’oscurità, avvolto dal silenzio. Non riusciva a credere che quello fosse veramente l’ultimo giorno della sua vita, eppure da qualche parte dentro di sé lo sapeva, ed era una certezza disarmante.
Si passò le mani sul volto nel tentativo di recuperare un minimo di sangue freddo. Laggiù c’erano solo tenebre e il rumore del suo respiro. Era difficile restare sé stessi.
Non sapeva bene che cos’avrebbe fatto quando fossero venuti a prenderlo, ma in quel momento lo preoccupava molto di più l’attesa.
Rimase seduto, le mani tra i capelli, nel suo angolo di buio.
Finalmente, iniziò ad aspettare la morte.


Sigyn ascoltò i propri passi risuonare lentamente nel corridoio mentre procedeva verso la sala del trono. Non aveva idea di come facesse a muoversi, né di cosa la trattenesse dal voltarsi e tornare nella sua stanza. Il cuore le pulsava convulsamente nel petto, ma i pensieri erano limpidi: sapeva benissimo che cosa stava facendo, ma pur sapendolo non riusciva a fermarsi, né a tornare indietro.
Continuò a camminare. Un lontano brusio affiorò al suo udito, mescolandosi al silenzio innaturale che regnava nei corridoi. Le superfici dei grandi passaggi marmorei erano lucide e levigate, e Sigyn osservò per un attimo la propria immagine riflessa sulla parete. Per la prima volta dopo la morte di sua madre indossava un abito nero, e la chioma dorata splendeva sulla schiena.
Di lì a poco non avrebbe più potuto portare i capelli sciolti: non era un’acconciatura consona ad una donna sposata.
La parete si confuse tra complicati intarsi, il suo riflesso sparì; Sigyn varcò la soglia e si trovò davanti alla grande scalinata della sala del trono.
La scena le ricordò immediatamente il processo di Loki. Il Padre degli Dei sedeva sul trono tra Frigga e Thor. La sala era affollata, poiché la supplica avrebbe perso di significato se il popolo non vi avesse potuto assistere.
Ogni singolo individuo nella stanza, dal servitore alla dama di corte all’attendente, si voltò verso di lei nel preciso istante in cui entrò. A differenza del processo, non scese alcun silenzio, e il brusio continuò indisturbato.
Sigyn, tesa, si sforzò di non osservare la folla e di tirare dritto. Sentiva il fuoco sulle guance e il cuore in gola, e scese le scale lentamente, per paura di perdere l’equilibrio. Non udiva le frasi che componevano quel mormorio indistinto, ma poteva immaginarle. Nella sua mente inventava parole per definire sé stessa, la promessa sposa di un traditore che aveva tenuto segreta la sua relazione fino a quando non aveva deciso di supplicare per la vita dell’amato. Poteva essere una storia di quelle che aveva sentito raccontare dalle altre donne, una storia torbida, un pettegolezzo grave; con la differenza che quella storia non sarebbe mai stata dimenticata come lo erano le dicerie delle dame di corte. Tutti si sarebbero ricordati di quel racconto, e leggende sul suo amore sarebbero state tramandate: la storia di come il traditore Loki fosse stato salvato dalla sua fedele sposa.
Sigyn si accorse di non riuscire quasi più a trattenere le lacrime. Sapeva che le parole che venivano sussurrate attorno a lei non erano gentili né comprensive. Era umiliante e doloroso scendere quelle scale in mezzo agli sguardi senza pietà di chi probabilmente non voleva morto solo Loki, ma anche lei.
Sapeva che Grete era tra la folla, e se la immaginò livida in volto proprio come quando, la sera prima, era stata costretta a rivelarle tutto. Aveva preferito che Grete lo sapesse da lei piuttosto che da una qualunque dama di corte, ma la reazione della cugina era stata così violenta che Sigyn non era riuscita a calmarla nemmeno per un attimo. Grete aveva urlato e urlato, ripetendole che doveva opporsi, che doveva essere forte, e a nulla erano valsi i tentativi di Sigyn di spiegarle che quello era un ordine come tanti altri e che non poteva fare niente. Grete se n’era andata. Sigyn non l’aveva più vista, ma era certa che si trovasse lì in quel momento, e che i suoi occhi non fossero meno spietati degli altri.
Voltarsi e scappare sarebbe stato un attimo. Anche rifiutarsi di supplicare per Loki e smascherare la messinscena era una possibilità, sebbene fosse una scelta più ardita.
Sigyn valutò le due opzioni mentre muoveva un passo dopo l’altro verso il trono di Odino. Aveva racimolato tutto il suo coraggio e stava per aprire bocca e svelare l’inganno, quando fece l’errore di sollevare lo sguardo.
L’unico occhio del Padre degli Dei la fulminò, e Sigyn ebbe la netta certezza che lui sapesse perfettamente che cos’aveva in mente di fare, e che se avesse osato farlo l’avrebbe uccisa seduta stante.
Scivolò in ginocchio come da copione, senza rendersene nemmeno conto. Si sentiva come se non fosse lei a comandare le proprie azioni, ma lo stesso Odino.
Terrorizzata, guardò verso Frigga, ma per la prima volta non trovò nulla nel suo sguardo che potesse in qualche modo confortarla. Frigga era serena, e teneva il suo sollievo per sé stessa. Sigyn cercò allora Thor, ma notò che il principe evitava meticolosamente il suo sguardo.
Era perduta, e sola. Da qualche parte in mezzo alla folla, anche suo padre la stava guardando.
«Chiedo il permesso di conferire con il Padre degli Dei» disse con un filo di voce.
«Chi chiede udienza?» rispose Odino, seguendo il cerimoniale.
«Sigyn, figlia di Lord Iwaldi e di Lady Freya».
«Lady Sigyn, vi è concesso parlare».
In quel momento la ragazza si accorse del silenzio. Era calato lentamente, e ora riempiva tutta la stanza. La folla voleva sentire bene le sue parole. Sigyn vacillò. Stava salvando la vita di Loki, condannando la propria, e lo stava facendo davanti a quello che per lei era il mondo intero.
Non sapeva come riuscisse a parlare, perché tutto il resto dentro di lei era pietrificato.
«Vi ringrazio, mio signore. Sono giunta al vostro cospetto per implorarvi di risparmiare una vita che avete destinato all’oltretomba».
«La vita di chi merita la tua supplica?»
Sigyn aprì la bocca per rispondere, ma non uscì alcun suono. Sentiva l’orgoglio e l’orrore bruciare dentro di lei, invaderle il cuore. Soffocò la coscienza, e provò di nuovo a dar voce alla menzogna che avevano scritto per lei.
«La vita di Loki Laufeyson, a cui è promessa la mia mano».
Attorno a lei, gli spettatori non trattennero la propria indignazione. Il loro mormorio fu zittito dal rumore dello scettro di Odino sul pavimento, ma a Sigyn quel brusio restò dentro. Tentennò. La sua voce era dolce e limpida come sempre, ma faticava ad uscire, a dire la prima parola. Faticava a fingere, lei che non aveva mai voluto dire bugie nemmeno da bambina.
Pensò con amarezza che, forse, stavano cercando di renderla simile all’uomo che avrebbe sposato.
Una parola le risuonò nella testa, terribile e verissima, quasi una profezia.

Bugiarda.
«Continua, figlia di Iwaldi» la esortò Odino, costringendola ad abbandonare il silenzio.
Sigyn alzò lo sguardo, vuoto.
«Mio signore, vi supplico di non privarmi del mio sposo a poche settimane dalle nozze. Vi prego di perdonare le sue azioni deplorevoli e la debolezza del suo animo. Vi imploro di concedere un’ultima possibilità di redenzione all’uomo che vi ha tanto offeso. Per questo io, Sigyn figlia di Iwaldi, vi sarò grata in eterno, e insegnerò ai miei figli la bontà di colui che con tanta saggezza risparmiò la vita di loro padre».
Non era così difficile, alla fine. Aveva imparato le parole a memoria, e le recitò ancora prima di rendersi conto di averle pronunciate.
In un attimo era tutto finito.
Persa, guardò Odino incapace di credere a quello che aveva appena detto. Non era stata lei a parlare. Non voleva credere di essere stata lei a parlare.
«Io, Odino, Padre degli Dei, concedo al tuo futuro sposo Loki Laufeyson di vivere» rispose Odino, alzandosi in piedi in modo che tutti potessero udirlo e vederlo bene. Avrebbe dovuto seguire uno scrosciante applauso, ma l’unico rumore che percorse le pareti lucide della sala fu il boato di avversione della folla. Sigyn tentò disperatamente di ignorarlo mentre pronunciava la sua ultima frase.
«Grazie, Padre degli Dei».
Si alzò in piedi, ma le gambe non ressero. Inciampò e per poco non finì a terra. Rossa in viso, si inchinò tremando, e si allontanò il più rapidamente possibile. Aveva paura della folla, e percorse ogni gradino senza respiro e con il cuore in gola.
Le sembrò un viaggio infinito, e quando finalmente fu fuori dalla sala scoppiò in lacrime.
Aveva trattenuto il pianto per tutta l’udienza, così come l’aveva trattenuto il giorno prima. Adesso, sebbene non volesse essere sorpresa in singhiozzi, rimase ferma poco oltre la soglia della sala, priva di forze e di autocontrollo. Si premette violentemente una mano contro il viso per soffocare il pianto, ma il suo volto già era bollente. Si appoggiò al muro con una mano, presa da un capogiro.
Non sapeva come, ma l’aveva fatto. Aveva appena distrutto la sua vita.



L'attesa era follia. Loki si era sempre reputato un tipo paziente, ma ci voleva una certa serenità per aspettare la morte tutto il giorno, e lui quella serenità non si sognava nemmeno di averla.
Dopo aver aspettato per qualche ora seduto in silenzio, aveva preso a vagare nervosamente per la stanza contando ogni passo, ogni respiro, ogni istante. Dopo un po' non era più stato in grado di tenere il conto e il tempo si era annullato, diventando un'unica tenebra di cui lui non aveva il possesso. Iniziò a dubitare che fosse giorno – magari era ancora notte e lui non aveva dormito affatto – e ad un certo punto iniziò a dubitare addirittura di essere vivo. In fondo, non poteva nemmeno sapere veramente dove fosse. Attorno a lui c'erano le anonime pareti della cella, e dentro le pareti c'era il buio. Forse era già morto e quello era il dopo, ma la sua mente aveva deciso di giocare e lo spingeva a credere di essere ancora vivo. Forse aspettare la morte era già morire.
Come faceva a sapere la verità?
Tornò a sedersi in un angolo, la testa fra le mani. Sentiva la follia scorrere lentamente nella testa. Sapeva di star diventando pazzo. La realtà sbiadiva mentre la morte si avvicinava, e lui era perduto.
Il rumore di passi arrivò all'improvviso e Loki sussultò, scattando in piedi. Sentì il clangore avvicinarsi e fermarsi davanti alla porta, mentre i pensieri ronzavano impazziti, squarciandolo. Erano venuti a prenderlo, e lui era in preda al panico. Aveva temuto quel momento, lo aveva atteso, ma adesso che era arrivato Loki non sapeva che cosa fare. Rimase immobile, all'erta, gli occhi sbarrati, ogni senso più vivo che mai.
Quando le guardie entrarono nella cella e lo afferrarono con forza per le braccia, oppose una certa resistenza. Non si era aspettato quella reazione da sé stesso, ma il suo corpo agì per lui, rifiutando di collaborare. Fu condotto fuori a fatica.
Barcollando, Loki era ormai sulla porta quando si domandò come mai non gli avessero ancora legato le mani, né imposto la museruola. Era strano che lo portassero al patibolo senza premurarsi che non scappasse. Per un patetico istante Loki pensò che si fossero
dimenticati di legarlo. Non riusciva a spiegarselo, altrimenti. Poi aveva varcato la soglia e si era trovato davanti Thor, e tutti i suoi pensieri erano svaniti.
La confusione di Loki raggiunse il suo apice nell’accorgersi che Thor lo accoglieva con un gran sorriso. Serrò le labbra mentre il disprezzo montava dentro di lui e si mescolava alla frustrazione e all’ira.
«Non serve che mostri la tua soddisfazione per la mia condanna in maniera così palese» commentò freddo il sorriso del fratellastro. In tutta risposta, Thor sorrise con rinnovato entusiasmo, afferrando spalle dell’altro.
«Fratello, non capisci» rispose con affetto.
«Questa, poi. Thor, potresti almeno avere la decenza di lasciarmi morire in santa pace» ribatté Loki cercando di scrollarsi di dosso la presa. La cosa che di più gli seccava era che effettivamente non capiva nulla. Le cose non stavano andando come pensava. La lunga attesa, la debolezza e l’angoscia, e quella nuova confusione, lo stavano trasportando sull’orlo della collera.
«Adesso, se non ti dispiace, dovrei andare ad un’esecuzione capitale - e si dà il caso che sia la mia, quindi non posso proprio mancare. Spostati».
Thor non dava segno di volerlo lasciar andare. Quando il fratellastro sorrise di nuovo, Loki fu certo di essere sul punto di perdere il controllo.

«Fratello, non ci sarà nessuna esecuzione».
Loki non reagì subito. L’affermazione arrivò veloce alla sua mente vigile dall’adrenalina, ma il cuore non la comprese. Quello che diceva Thor semplicemente non era possibile. Spiegava l’assenza delle manette, della museruola, e spiegava quel suo orribile sorriso, ma non era possibile.
Loki sapeva di dover morire. Aveva aspettato la morte. Perché adesso lo lasciavano vivere?
Di tutte le cose che avrebbe voluto dire, o che avrebbe potuto dire per dar sfoggio del suo orgoglio e della sua integrità in un momento del genere, Loki non ne disse nemmeno una.
«Che cosa?» mormorò.
«Dobbiamo rimandare le spiegazioni ad un luogo più consono» proseguì Thor con il sorriso ancora sul volto. «Ma sappi che sei salvo, Loki. La condanna a morte è stata revocata».
Thor fece strada lungo il corridoio, al fianco del fratello e delle guardie. Loki vide la cella che per un attimo aveva creduto l’oltretomba allontanarsi dietro di sé e sparire nel buio. Si sentiva smarrito, e detestava quello smarrimento dal profondo del cuore.
«Esigo una spiegazione, adesso» ringhiò all’indirizzo di Thor mentre le scale si profilavano davanti a loro. Nella penombra, non gli sfuggì il cambiamento d’espressione sul viso del fratellastro. Sembrava in difficoltà.
«Sei stato perdonato» disse Thor dopo qualche istante. Loki sbuffò sonoramente.
«L’ultima volta che l’ho visto, Padre non sembrava affatto incline al perdono».
«Qualcosa gli ha fatto cambiare idea».
Loki fece per ribattere quando la luce accecante, ancora una volta, lo sorprese ad un tratto. Per una manciata di secondi non si rese conto di dove stessero andando. Allo stesso tempo, realizzò improvvisamente quanto fosse debole. Non aveva fatto particolare attenzione alle sue condizioni fisiche durante la prigionia, ma mentre percorrevano defilati i grandi corridoi lucidi del palazzo scorse fugacemente il suo riflesso sulla superficie delle pareti. Intravide un volto sciupato e l'angoscia nello sguardo, e per un attimo il pensiero di essere tornato ad Asgard in quelle condizioni gli suscitò un’umiliazione feroce.
Non fece nemmeno in tempo a riemergere dai propri pensieri che si ritrovò in una stanza. Si guardò intorno, perso, mentre le guardie uscivano dalla porta, consapevole della costante presenza di Thor accanto a lui. Gli ci volle un attimo per rendersene conto, e il modo in cui il ricordo si insinuò nella sua testa fu quasi doloroso.
Era la sua stanza.
Come principe cadetto aveva a disposizione alcuni appartamenti, ma quella era proprio la sua stanza, dove aveva dormito da bambino e passato il tempo da ragazzo. Rimase senza parole.
Lo colse alla sprovvista il pensiero di non essere più un prigioniero, e di essere tornato a casa.

«Riposa, Loki. Presto anche Madre verrà a farti visita e…»
Loki si voltò di scatto verso Thor, mentre l’altro si stava già dirigendo verso la porta.
«Non credere di andartene così» ringhiò «Ho detto di volere delle spiegazioni, e tu me le darai, adesso».
«Sei stato perdonato, Loki, questo è quanto».
«No, non è quanto. Non è una riposta neanche lontanamente soddisfacente. Voglio sapere perché Padre ha cambiato idea. Dov’è il trucco, Thor?»
Thor gli rivolse uno sguardo malinconico. «Perché devi sempre pensare che ci sia un trucco in tutto quello che vedi?»
«Perché è così» ribatté Loki. «E non osare dirmi che mi sto sbagliando».
Il silenzio di Thor gli fece supporre di essere nel giusto. Rincarò la dose. «Allora, me lo vuoi dire o no, Thor? Cos'ha mai potuto far cambiare idea all’onnipotente Odino? Quale strategia vale la salvezza di un traditore che avreste ucciso senza ripensamenti?»
«Non c’è nessuna strategia, Loki!»
L’attesa, la paura, i segreti. Loki esplose. Si avvicinò al fratello come una furia, livido in volto.
Doveva sapere. Doveva sapere, maledizione! Non aveva aspettato la morte tutto quel tempo per esserne strappato senza sapere il perché. Non avrebbe neppure potuto godere del sollievo della vita, se non avesse saputo perché stava vivendo.
«Dimmelo! Perché Padre ha cambiato idea?»
Thor ricambiò lo sguardo e Loki vi lesse la stessa esasperazione che animava il proprio. Capì che stava finalmente per dirgli la verità, e per un paradossale secondo si sentì in
pericolo.
«Perché qualcuno ha supplicato per la tua vita
» rispose Thor. «Di preciso, è stata la tua promessa sposa. Sì, Loki, stai per sposarti. Congratulazioni».
















--
Sono contagiata dal vostro entusiasmo. Non avete idea di quanto io vi sia grata, e di quanto sia contenta.
Alcuni di voi mi hanno scritto che il matrimonio era "prevedibile", altri che era "totalmente inaspettato". A dire il vero avevo volutamente sparso alcuni indizi, in modo che si potesse ipotizzare, ma non sapere con certezza.
Il prossimo capitolo racconterà in primo luogo la reazione di Loki alla sua inaspettata salvezza, e sarà pubblicato sabato.
Ringraziamenti:

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Per aver inserito la storia tra le preferite: akachika, Astrid Cuordighiaccio, EffEDont, ESTchaviskij, Francesca Akira89, gunnantra, HelleonorGinger, Jun M, LittleBulma, lovermusic, muahaha, Paddina, Sheelen_, sillyVantas, Vampire_heart, Veruschka, virgily, Warumono, waterlily_, _Zazzy
Per aver inserito la storia tra le ricordate: BadWolfSherlokid, Chihiro, Jun M, Out of my head, Sheelen_

Vi ricordo di aggiungere il mio profilo autore su facebook, se vi va: http://www.facebook.com/eleuthera.efp?ref=tn_tnmn
Vi voglio anche consigliare questa fan fiction: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1150218 (Revenge Sweet Revenge di Francesca Akira89. La sento un po' anche come una vendetta personale. Ho iniziato a scrivere proprio perché non ne potevo più di Mary Sue...)

Au revoir,
Eleu
   
 
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