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Autore: Austen    10/07/2012    3 recensioni
Nel giardino di marmo, in un tempo sospeso, metto in scena un desiderio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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 George e James giocavano sul vecchio tavolo da ping pong con la rete forata e il piano verde screpolato. Eleonore ed io, invece, preferivamo goderci l'ombra del portico e, sedute sulle fredde panchine di marmo, chiacchieravamo allegre, sparlando delle fanciulle di nostra conoscenza e ridendo crudelmente dei nostri fidanzati che, pur di non perdere davanti ai nostri occhi, sudavano in una lotta fratricida che li faceva sembrare delle scimmie ammaestrate, mentre saltavano da una parte all' altra del campo.
Il giardino di marmo era incantevole, in quel pomeriggio quasi finito di luglio. Ospiti di una zia, mio fratello George, mia cognata Eleonore, il mio fidanzato James ed io trascorrevamo giornate tranquille e felici, senza separarci mai. Capitava che facessimo delle lunghe passeggiate o che incontrassimo amici e parenti nella chiassosa allegria della città vicina; il nostro rifugio preferito era, tuttavia, quel giardino. Lo avevo soprannominato così perché era un cortile elegantissimo, in cui le aiuole erano sapientemente incorniciate da viottole di ghiaia e le statue raffiguranti idoli di bellezza greci danzavano in un' armonia immobile. Le panchine, i tavolini, la piccola fontana asciutta nell'angolo: tutto era di marmo, un marmo forte ed elegante nella sua freddezza. Il limite della villa era costituito dall'entrata di un bosco, separato dalla casa da una staccionata, in cui James ed io fuggivamo spesso, all'improvviso, ridendo come due bambini, e di nascosto in quanto la zia non voleva che uscissimo. Era così facile sentirmi al sicuro, perfino in quella foresta buia, quando James mi teneva la mano correndo e sorridendomi, mentre i nostri abiti si sporcavano di  fango e quando, finalmente, ci gettavamo a terra, sulle foglie secche dell'autunno e l'erba verde dell'estate.
Il giardino di marmo assunse la sua espressione più dolce quando il sole cominciò a tramontare e le statue si vestirono di una luce opaca e calda. George indossava uno dei suoi soliti, tremendi pantaloni corti alle ginocchia, del tutto inadatti per un ragazzo della sua età. La dolce Eleonore portava, invece, un delizioso abito color crema con dei piccoli fiori viola, mentre io indossavo un vestito verde muschio, stretto in vita da una cintura di stoffa dello stesso colore. Ma James era sempre stato il più elegante, fra noi. Quel giorno era vestito interamente di lino bianco, e quel candore, smorzato appena dalla luce soffice del tramonto, in contrasto con la sua carnagione scura, i suoi profondi occhi neri e i capelli neri scompigliati, lo rendevano ancora più bello di quanto non fosse. Dal suo sorriso sghembo, mi accorsi che avvertiva il mio sguardo, fisso su di lui da svariati minuti.
Nella quieta serata campestre, tutto ciò che si udiva erano le nostre risate assordanti ed ineducate e il ticchettio della pallina sul tavolo da ping pong.
Improvvisamente, un tiro forse troppo convinto di George portò la pallina fuori dal campo; il triste destino di essa fu di andare a fracassare una delle alte finestre del salotto buono. Proprio in quel momento, la povera zia passava per avvertirci che la cena era in tavola. Dopo aver assistito al disastro inevitabile con aria sbigottita e atterrita, gridò:
-George, questo è estremamente sconveniente!-
Mio fratello abbozzò delle scuse poco convinte, cercando di isolare dal suo raggio uditivo le nostre risate soffocate. Appena la zia si allontanò, anche lei con un sorriso impercettibile sulle labbra, scoppiammo in una fragorosa risata.
Non dimenticherò mai quel momento. 
Eravamo tutti così felici.
James, più che ridere, sembrava sorridere fissandomi. Nessuno mai, al mondo, mi aveva guardata con gli stessi occhi con cui lui lo faceva in quel momento.
George mi aveva sempre protetta, Eleonore aveva dissipato la nebbia della mia solitudine. Erano la mia unica e vera famiglia.
James aveva portato a galla quello che una vita di convenienze, bustini ed ipocrisie mi aveva costretta a soffocare. James aveva messo in gioco se stesso per amarmi, e mi aveva salvata. E' per questo motivo che io lo amavo, più delle mie radici malate che avevo tagliato, più di qualsiasi eredità.
Quando l'ilarità si fu estinta, e il sole stava ormai per scomparire, George ed Eleonore ci avvertirono che andavano a prepararsi per la cena e ci raccomandarono di essere puntuali.
Quando uscirono a chiamarci, videro il cancelletto della staccionata socchiuso. 
  
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