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Autore: Crystal Fenix    10/07/2012    0 recensioni
La storia dei mutanti non comincia con Charles Xavier ed Erik Lehnsherr, ma ha radici che risalgono perfino ad un secolo prima. Se in Canada il piccolo James Howlett ha scoperto di possedere una capacità straordinaria, anche in Oregon una bambina viene a conoscenza di uno strano potere qualche anno dopo. Si chiama Crystal, e sfuggita da un passato macchiato dal sangue, viaggerà alla ricerca di risposte e di una famiglia, incontrando molte persone come lei, e arrivando a sconvolgere i fili del destino. Questa, è la sua storia.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 3 • Farewell

«L'isola»


Ad Erik bastò abbassare il pugno perché il cadavere di Shawe cadesse inerme sulla spiaggia, di fronte agli occhi increduli degli X-Men e a quelli del Team Inferno. Azazel si avvicinò per un attimo a quello che fino a poco tempo prima era stato il suo capo, ma appena dopo il suo sguardo corse all’altro uomo, che ora indossava l’elmetto per schermare la telepatia.
Lentamente, Erik si posò di fronte al relitto del sottomarino arenato, di fronte a tutti loro. Cauti, i ragazzi gli si avvicinarono.
«Togliete i paraocchi, fratelli e sorelle!» esclamò quando fu sicuro di avere la loro attenzione.
«Il vero nemico è laggiù» asserì  indicando le navi militari americane e russe che prendevano posizione a qualche centinaio di metri da loro.
«Sento le loro armi muoversi nell’acqua, il loro metallo che ci prende di mira! Americani, sovietici… umani, uniti nella loro paura dell’ignoto. L’uomo di Neanderthal è spaventato, miei fratelli mutanti!».
Assieme agli altri, cominciò ad avvicinarsi alla riva del mare, dove il calmo infrangersi delle onde sulla sabbia suggeriva che quella non era altro che la quiete prima della tempesta.
«Forza Charles…» disse Erik rivolto all’amico.
«Dimmi che sbaglio».
Xavier si portò indice e medio alla tempia sinistra, e scandagliò in un attimo le menti dei soldati a bordo delle navi. No. Erik non sbagliava.
La paura era il sentimento che in quel momento prevaleva nelle menti dei soldati, e specialmente in quelle dei loro comandanti, che stavano rivolgendo la loro completa attenzione e ciò che era successo sulla spiaggia. Che fossero russi o americani non avrebbe fatto differenza: avrebbero messo temporaneamente da parte il loro conflitto e si sarebbero coalizzati contro di loro.
E proprio in quel momento, i cannoni cominciarono a puntarsi su di loro.
Il professore, ansimante, rimase ancora un attimo con lo sguardo fisso in quella direzione, mentre ombre di incredulità e delusione si mescolavano nei suoi occhi. Poi si voltò verso Moira e con un cenno del capo le fece capire che la flotta doveva essere avvisata: la spiaggia era sicura, non c’era alcun motivo di attaccare.

La ragazza si precipitò verso il jet con cui, poco prima, erano arrivati sull’isola. Afferrò il microfono e una cuffia, pregando in cuor suo che funzionassero ancora, e immediatamente tentò di trasmettere il messaggio. Ma l’atterraggio di fortuna doveva aver danneggiato tutta l’apparecchiatura elettronica del velivolo. La radio era fuori uso.
Moira non fece in tempo a dire nient’altro: l’esplosione in lontananza di alcuni colpi fece voltare tutti quanti in direzione delle navi, confermando le paure di Charles. L’attacco era cominciato.
Decine e decine di missili iniziarono a dirigersi verso la spiaggia, disegnando larghi archi bianchi su tutto il cielo, mentre altri ancora venivano sparati da entrambi gli schieramenti.
I ragazzi si strinsero fra loro: era quella la fine che gli sarebbe toccata? Una morte per mano di coloro che si erano proposti di proteggere? E per cosa? Perché erano diversi da loro? Dove stava la giustizia, in tutto quello?
Fu il rapido movimento di polso di Erik a riportarli alla realtà. Con un po’ di fatica, riuscì infatti a bloccare tutti i missili, che ora fluttuavano in aria davanti ai loro occhi. La stessa scena lasciò senza parole i soldati sulle navi, che rimasero sbigottiti ad osservare la scena.
Ma quella situazione di stallo non durò a lungo: lentamente, i razzi si voltarono di mezzo giro, andando a puntare perfettamente la flotta che li aveva appena lanciati. Il professore capì subito.
«Erik, l’hai detto tu, siamo uomini migliori» esordì infatti avvicinandosi all’amico.
«Questo è il momento di dimostrarlo».
Ma Erik continuò impassibile a girare i missili, senza prestare attenzione alle parole di Xavier.
«Ci sono migliaia di uomini su quelle navi, uomini onesti, innocenti… stanno solo eseguendo ordini» continuò allora Charles. La sua voce era ferma, ma i suoi occhi tradivano la tensione che minacciava di sopraffarlo.
«Sono già stato vittima di uomini che eseguivano ordini» gli rispose allora Erik voltandosi a guardarlo.
«Non lo sarò mai più».
Gettò in avanti la mano aperta e i missili cominciarono a correre veloci verso le navi dei due schieramenti.
«Erik, fermati!» gridò il professore, che in fondo confidava nella bontà dell’amico. Ma più gli attimi passavano, più si rendeva conto che Magneto non si sarebbe fermato.
Con un urlo, si gettò allora addosso a lui: i due caddero sulla sabbia ed Erik, per un attimo, perse il controllo dei razzi. Alcuni cominciarono ad esplodere in aria, gli altri a cadere verso l’acqua.
Xavier tentò di togliere l’elmetto all’uomo, ma quello riuscì a scostarlo con un colpo di gomito.
«Non voglio ferirti, non mi costringere!» gli gridò.
I ragazzi cominciarono a correre verso di loro, nel tentativo di aiutare il professore, ma Erik fu più veloce e, manipolando il ferro delle loro divise, li scaraventò lontano. Solo Raven non fu colpita e, sorpresa, rimase immobile.
«Charles, adesso basta!» intimò poi a Xavier, che nel frattempo non aveva smesso di lottare.
Con una mano, Erik riuscì ad immobilizzarlo e con l’altra riprese il controllo dei missili, reindirizzandoli verso il suo obbiettivo. Mancavano poche decine di metri perché raggiungessero la flotta, e tutti pensarono che la sorte dei soldati fosse segnata.
E così sarebbe stato se, in quel momento, un’enorme barriera luminosa non si fosse materializzata di fronte alle navi, proteggendole dal loro stesso attacco. I razzi si infransero infatti contro la luce bianca, ed uno per uno cominciarono ad esplodere, sotto le grida di gioia dei soldati.
Sulla spiaggia, invece, tutti si voltarono: fra loro era infatti comparsa Crystal che, con occhi brillanti di potere, reggeva quel muro gigantesco. Ma nonostante la fermezza del suo corpo e la decisione della sua espressione, la ragazza ansimava: il viaggio a quella velocità le era costato un grande sforzo, e la creazione della barriera non era da meno.
«Fermati, Erik» sussurrò con voce rotta dalla fatica.
L’uomo si alzò in piedi, e non trovando addosso all’amica nessun oggetto di ferro da manipolare per bloccarla, cominciò a camminare verso di lei.
«Non capisci, Crystal? Dobbiamo cominciare a difenderci da ora, o sarà troppo tardi!» esclamò guardandola negli occhi.
Nel frattempo, le forze della giovane cominciavano a venir meno: più la barriera subiva colpi, più Crystal doveva impiegare nuove energie per rigenerarla. E più energia usava, più se ne privava.
Ancora qualche decina di esplosioni e avrebbe ceduto del tutto, ma Erik non sembrava avere intenzione di bloccare i missili. L’unico a capire veramente la situazione fu Charles.
«Erik, la ucciderai!» gridò tirandosi in piedi.
Ma lui era già di fronte a Crystal.
«Tu sai che cosa accadrà. L’hai sperimentato sulla tua pelle, prima di tutti noi» le sussurrò guardandola negli occhi.
«Ti hanno chiamato mostro, ti hanno dato la caccia, e tutto perché eri diversa da loro. Siamo migliori, e dobbiamo dimostrarglielo, così che non osino neanche farci del male!».
Non fece però in tempo a dire altro, perché gli occhi di lei, per un attimo, tornarono celesti.
«La nostra mutazione ci rende migliori solo per le nostre capacità, e non c’è bisogno di dimostrarlo a nessuno» mormorò la ragazza con un filo di voce.
«Dobbiamo dimostrare invece di essere migliori come persone».
Qualcosa cambiò nello sguardo di Erik, così Crystal approfittò dell’occasione e continuò.
«E tu sei una persona migliore di loro… di loro e di chi ti diede la caccia perché eri diverso. Quelli erano i veri mostri, Erik… ti prego, non diventare così anche tu…».
L’ennesimo missile si schiantò contro la barriera, e la ragazza cadde in ginocchio per lo sforzo di rinnovarla.
Ma le sue parole avevano fatto effetto, perché Erik, con sguardo confuso ma sofferente, stava per alzare una mano e bloccare i razzi rimanenti. Forse tutto si sarebbe risolto con quel gesto, se Moira, che aveva ormai identificato l’uomo come una minaccia, non avesse cominciato a sparargli.
Erik se ne accorse appena in tempo per deviare i proiettili, mentre nei suoi occhi tornava quell’ombra di odio che Crystal era appena riuscita a scacciare. Quella, per lui, era la dimostrazione che degli uomini non si sarebbe mai potuto fidare. Accecato dalla rabbia, lasciò la presa sui missili, che tornarono ad infrangersi sul muro di luce.
E in quel momento accadde l’inevitabile.
Uno dei proiettili deviati si diresse verso Charles, che in quel momento si stava alzando. Lo avrebbe sicuramente ucciso se, anche in quel momento, Crystal non fosse stata pronta.
Con una prontezza di riflessi di cui si stupì anche lei stessa, stese infatti un braccio in avanti, creando istantaneamente un’altra barriera più piccola, che però, a causa della mancanza di forze, riuscì solo a fermare temporaneamente il colpo. Ma nessun mutante avrebbe retto un così grande sforzo con così poche energie. Neanche lei.
Lascialo andare, Crys.
Il messaggio telepatico dell’amico le arrivò repentino. Il tempo sembrò quasi fermarsi a quell’istante, tanto che la ragazza pensò che non fosse reale. Ma lo voce non si fermò.
Lascialo andare ripeté con tono calmo.
Crystal inizialmente si oppose; non avrebbe permesso per nessun motivo al mondo che Charles si facesse del male, tantomeno per causa sua. Se riguardo a se stessa non era mai stata certa di nulla, in quel momento le fu invece ben chiara una cosa: avrebbe sacrificato la sua vita pur di salvare le persone a cui teneva. Quelle persone che, dopo tanto tempo, erano riuscite a conquistare la sua fiducia e le avevano donato affetto.
Ma c’era qualcos’altro che non sembrava essere della sua stessa opinione.
Nello stesso momento in cui Crystal accettò il fatto che quella fosse la sua fine, una nuova forza, molto più potente, scaturì dal profondo della sua anima. Attorno alla sua barriera di luce bianca se ne formò un’altra, nera come la notte, che cominciò a divorarla quasi fino a farla scomparire.
Quella era Morrigan.
Come più di un secolo prima non aveva permesso che Crystal morisse nello scontro con il padre, anche in quel momento sembrava che cercasse di proteggerla. Ma in quel caso, proteggere lei avrebbe significato la morte di Charles. E come si era ripromessa, la ragazza non lo avrebbe permesso.
Fu allora che la barriera bianca ricominciò a brillare e a sopraffare quella nera, arrestando nuovamente la corsa del proiettile. La lotta fra i due poteri non durò che appena qualche millesimo di secondo, ma a Crystal parve un’eternità. E alla fine, sopraffatta dalla stanchezza e dalla forza di Morrigan, lasciò la presa sul muro di luce.
Il proiettile, che non aveva più ostacoli di fronte a sé, continuò allora il suo percorso, ma gli sforzi della ragazza non erano stati vani, ed erano riusciti a deviare il colpo.
Quando il tempo sembrò riprendere il suo corso naturale, Crystal riuscì a vedere solamente Charles disteso a terra, con una mano sulla schiena, mentre Erik correva al suo fianco.
Poi, la vista le si annebbiò. Allora, sicura che tutti i missili fossero distrutti, lasciò che l’enorme barriera di fronte alla flotta scomparisse e si lasciò cadere a terra.
Sfinita, assistette alla scena successiva, in cui Erik estrasse il proiettile dalla schiena del professore e lo sorresse.
«Mi dispiace…» gli sussurrò con occhi spaventati.
Poi si voltò verso gli altri, che altrettanto preoccupati si stavano precipitando verso Xavier.
«Vi ho detto di stare indietro!» ruggì, impedendogli di avvicinarsi.
Lo stesso aveva fatto Moira, impaziente di fare qualcosa per l’amico, ma mettendosi di fronte a loro aveva attirato l’attenzione di Erik. In lei, vide la causa di quello che era successo a Charles.
«Tu…» mormorò mentre l’odio di prima tornava ad accendere il suo sguardo.
«…sei stata tu».
Gli bastò un veloce gesto della mano perché la collana con le piastrine della donna le si stringesse attorno al collo, minacciando di soffocarla. Moira si portò le mani alla gola, nel tentativo di allentarla, ma il controllo sul metallo di Erik era troppo potente.
«Erik… ti prego» lo chiamò allora Charles con un soffio di voce.
«Non è stata lei, Erik… sei stato tu».
L’uomo tornò allora a guardare l’amico steso a terra, con lo stesso sguardo afflitto di prima, e finalmente lasciò la presa su Moira.
«Metterci l’uno contro l’altro… è questo che vogliono. Ho provato ad avvertirti, Charles» replicò.
«Io ti voglio al mio fianco. Siamo fratelli, tu e io… tutti noi, insieme, per difenderci l’un l’altro. Vogliamo la stessa cosa».
No, Erik… non vogliamo la stessa cosa. E neanche tu hai ben chiaro quello che vuoi in questo momento avrebbe voluto rispondergli Crystal, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Riuscì solamente a mettersi seduta, appoggiandosi con le mani sulla sabbia e vincendo un terribile giramento di testa.
Ad attirare la sua attenzione fu poi la risposta di Xavier che, in un certo senso, tradusse in parole i pensieri della ragazza.
«Amico mio…» gli rispose con voce tremante.
«Mi dispiace… ma non è vero».
I due amici rimasero ancora qualche attimo a guardarsi negli occhi. Avrebbero voluto dirsi altro, probabilmente, ma nessuno dei due trovava il coraggio di parlare. Forse, come addio, bastava quello.
Erik alzò poi lo sguardo, e fece un cenno a Moira, che corse subito a sorreggere Charles al suo posto.
Solo allora, l’uomo si accorse dell’amica a pochi metri da loro.
Le corse vicino e si mise il ginocchio di fronte a lei, sorreggendola per le spalle.
«Crys» la chiamò preoccupato.
A fatica, la giovane alzò il viso e guardò finalmente Erik negli occhi. Solo allora lui si accorse della lacrima che le solcava la guancia.
Crystal aveva già capito cosa sarebbe successo. L’amico se ne sarebbe andato, li avrebbe abbandonati per inseguire quegli ideali che le esperienze di una vita gli avevano impresso nella mente. Che fossero giusti o sbagliati, non importava: Erik sarebbe andato fino in fondo, senza badare ad alcun prezzo. Questo, divideva inevitabilmente le loro strade.
«Non avrei voluto che andasse così» la sua voce la riportò alla realtà.
«Mi dispiace, Crys… so che condividi le idee di Charles, e che chiederti di venire con me sarebbe inutile. Ma voglio che tu sappia che devo molto sia a te che a lui. Abbiate cura l’un altro» sussurrò fievolmente, e con una mano le asciugò la lacrima. Le diede poi un bacio sulla fronte, e si allontanò verso gli altri.
Di quel che accadde dopo, Crystal non avvertì nulla, perché il sonno dell’incoscienza si impadronì di lei, trascinandola lontano da quella spiaggia, lontano da tutto.
 
~

 
«Ho bisogno che la riportiate subito a casa sua. Resterà svenuta ancora per qualche ora, e al suo risveglio non si ricorderà di nulla» spiegò Xavier ai due ragazzi.
Hank prese delicatamente in braccio Moira, mentre Alex fece un cenno di assenso con il capo. Dopodiché, i due si congedarono.
Charles sospirò e riprese a far girare le ruote della sedie a rotelle, continuando a percorrere lo spiazzo di fronte alla casa. Si fermò solo poco dopo, quando un sorriso si disegnò lentamente sul suo volto.
«Non serve leggere la mente per capire che sei qua attorno» rise guardando in avanti.
«Le tue ali fanno troppo rumore».
Da dietro un albero spuntò allora Crystal, intenta a ritirare dietro alla schiena i due grandi arti piumati, per poi farli scomparire lentamente.
«Allora devo porre rimedio a questo piccolo inconveniente, se voglio coglierti di sorpresa» sorrise timidamente.
«Ciao Charles».
«Ciao Crys» ribatté lui con tono invece solare e sicuro.
Pian piano gli si avvicinò, fino a sistemarsi di fronte a lui.
«Sembri di buon umore» constatò leggermente sollevata.
«E’ per via del progetto della scuola?».
«Esatto» sorrise lui.
«Ma se non ti dispiace, te ne vorrei parlare mentre facciamo un giro. Stare fermo qui mi annoierebbe abbastanza presto» aggiunse però subito scherzosamente.
Crystal accennò ad un nuovo sorriso, sebbene dietro ad esso si nascondesse una profonda amarezza. Aveva comunque capito quello che l’amico le aveva segretamente chiesto, e così fece due passi fino a portarsi dietro alla sedia dove, dopo un’amichevole pacca sulla spalla di Charles, afferrò i due manici e cominciò a spingere.
«Là fuori è pieno di ragazzi con poteri simili ai nostri, o ancora più particolari e affascinanti. Molti magari sono spaventati, altri curiosi, ma in tutti e due i casi è giusto che abbiano la possibilità di rivolgersi a qualcuno per saperne di più» cominciò allora a spiegare il professore con sguardo illuminato.
«Quello che voglio fare, è creare un luogo in cui possano affinare le loro abilità, imparare a conoscerle e a controllarle. Un luogo dove possano vivere al sicuro e non si sentano giudicati».
«Hai ragione» confermò allora l’amica.
«Credo anche io che siano elementi molto importanti, specialmente ora che il mondo intero è consapevole della nostra esistenza».
Si zittì per un momento, pensierosa.
«Il non far conoscere la nostra identità potrebbe essere un buon punto di partenza contro i pregiudizi della gente» ragionò a voce alta.
«Come ho detto poco fa a Moira, l’anonimato sarà la nostra prima strategia di difesa. Ed è anche il motivo per cui le ho cancellato la memoria» asserì in risposta il professore.
Sospirò.
«Mi dispiace per Moira… so che le eri affezionato» confessò allora Crystal.
«Non ti preoccupare, sto bene… è stato meglio così, per lei e per noi. La CIA può ricorrere a qualsiasi mezzo per arrivare a ciò che vuole. In questo modo, dovremmo essere tutti al sicuro».
Il ragionamento di Charles non faceva una piega, ma la ragazza capì che, in fondo, anche lui avrebbe voluto sbagliarsi riguardo a tutto ciò.
Ammettere che servivano protezione e difesa per i mutanti, significava essere consapevoli che il mondo non li avrebbe accettati con facilità. Quel che aveva detto Erik, era in parte vero, e Crystal e Xavier lo avevano sempre saputo. O meglio, temuto.
«Aveva imparato molte cose riguardo alle mutazioni. Perché non l’hai tenuta per insegnare qui?» chiese distrattamente la giovane.
«Perché non è una mutante. Tu ti sentiresti più sicura ad usare i tuoi poteri di fronte ad un altro mutante o ad una persona normale?».
Anche in quel caso, Charles aveva ragione.
«Giusto. In effetti la mia era una domanda poco pensata» ammise infatti Crystal.
«Devi avere altro per la testa. Tu sei una delle poche persone che pensano prima di parlare» sorrise l’amico voltandosi verso di lei.
Seguì un attimo di silenzio, in cui il cinguettio degli uccelli e il mormorio del vento si impadronirono della scena. L’atmosfera era tranquilla e serena, e in parte aveva sepolto l’accesa tensione di qualche giorno prima. Ma non sempre la cenere riesce a ricoprire completamente le braci, e qualcosa, in fondo, continua ad ardere.
«Speravo invece che tu potessi assolvere quel compito» la voce di Charles la riportò alla realtà e la lasciò senza parole.
Si fermò e si sistemò al suo fianco, guardandolo negli occhi con sguardo interrogativo. Il professore si lasciò sfuggire un lieve sorriso.
«Mi piacerebbe che tu insegnassi in questa scuola, Crystal» spiegò.
«Sai molte più cose di me riguardo agli effetti delle mutazioni e hai già dato prova di saper capire e aiutare i ragazzi. E, cosa più importante… non vorrei perdere un altro amico».
La ragazza rimase a guardarlo negli occhi senza sapere esattamente che cosa dire. Accadeva troppo spesso che lui la lasciasse senza parole. Ma quella volta era diverso.
Era da quella mattina che rimuginava su cosa avrebbe fatto e, fino a quel momento, la scelta era stata una sola. Xavier, con quell’offerta, l’aveva appena posta di fronte ad un bivio.
No, Crys. Tu sai cosa è meglio per lui si disse allora per mettere fine a quel conflitto di idee.
«Crys?» di nuovo, la voce dell’amico la riscosse dai suoi pensieri.
«Sì, scusami» mormorò scuotendo la testa, come per voler cancellare i ragionamenti di un attimo prima.
Prese un respiro profondo e poi tornò a guardarlo negli occhi.
«Però pensavo… come fai a volermi ancora vicino dopo quello che ti è successo?».
Charles inclinò la testa di lato con espressione stranita.
«Che cosa intendi?» le chiese socchiudendo gli occhi.
«Se non fosse stato per me, tu cammineresti ancora…» spiegò allora lei abbassando lo sguardo e il tono di voce.
Più ripensava a quello che era successo, alla lotta con Morrigan che aveva perso, più si rattristava.
Se solo fossi stata più forte…
«Ok, ora ascoltami» il professore la prese per le mani, costringendola a chinarsi perché i loro visi fossero alla stessa altezza.
«Non è stata colpa tua. E’ stato Erik a deviare il proiettile. Tu invece mi hai salvato la vita. Se non lo avessi spostato ancora, mi avrebbe ucciso» le disse con tono sicuro e deciso.
«Invece, se non fosse stato per Morrigan, ora non saresti costretto a stare su questa sedia a rotelle!» ribatté lei, mentre nei suoi occhi si faceva strada un terribile senso di colpa.
«Ma eri consapevole di quello che stavi facendo? Stavi per morire, Crys! Nessuno avrebbe retto una barriera così grande per così tanto tempo, senza contare che avevi già fatto uno sforzo enorme per raggiungerci. Quell’ulteriore muro di luce avrebbe prosciugato del tutto la tua energia vitale» contestò allora Charles.
Le strinse le mani.
«Sarei morto piuttosto che veder morire te. Ti avevo avvertito anche telepaticamente… Ma tu mi hai offerto un’altra scelta» continuò non vedendola convinta.
«E se mi chiedessero di scegliere fra la tua vita e le mie gambe… ora saremmo in questa stessa situazione».
La ragazza liberò una mano dalla presa dall’amico e se la passò sul viso. Le idee e i sentimenti di Charles avevano vinto le sue motivazioni per l’ennesima volta.
«Razza di testardo…» lo rimproverò con un sospiro.
Xavier stava probabilmente per ribattere, ma questa volta Crystal non lo lasciò parlare.
Ora o mai più si disse più decisa che mai.
«Ma per una volta, posso porre rimedio alla situazione» si affrettò infatti ad aggiungere.
«E’ da ieri che ho una strana sensazione. La sensazione di poterti guarire».
Il professore non nascose uno sguardo stupito.
«Crys… il tuo potere ha a che fare con la luce e sua manipolazione. Non capisco come si possa collegare alla guarigione» ragionò quindi ad alta voce.
«Hai ragione,» la ragazza si fece seria, «ma ricordi quell’energia latente di cui mi hai parlato? E’ da quando mi sono svegliata dopo Cuba che mi sembra quasi di sentirla».
Si fermò un attimo per cercare le parole.
«E’ come se l’aver quasi utilizzato tutto il mio potere avesse liberato quel potere nascosto. Non credo di essere diventata una guaritrice o di aver acquisito una nuova capacità. Ma il mio istinto… mi dice che ce la posso fare».
Xavier non dubitava dell’amica, ma forse la delicatezza della questione non riusciva a fargli credere completamente alle sue parole. Rimase a guardarla, confuso, fino a che lei non parlò di nuovo.
«Ci sono due effetti collaterali a tutto questo però» annunciò con voce incerta.
«Credo che la guarigione non sarebbe permanente. Con l’età è probabile che il problema ritorni. E inoltre…» sospirò, «…usare quell’energia latente sarebbe come aprire la cella in cui è rinchiusa Morrigan».
Quell’ultima condizione risvegliò completamente l’attenzione dell’amico.
«No, Crys. Non ho alcuna intenzione di lasciar…».
«Ma potrei fermarla» lo interruppe lei.
«Avrei il tempo di andare abbastanza lontano perché non possa nuocere a nessuno».
Sperava di riuscire a convincerlo, ma in fondo sapeva che lasciare andare un’altra persona cara non sarebbe stato facile per Charles.
«Sarebbe un’occasione per imparare a controllarla una volta per tutte. E chissà, quando tornerò potrei riuscire a guarirti definitavemente…».
«Ecco a cosa pensavi. Te ne stai andando… di nuovo» sussurrò Xavier.
Crystal non rispose, e lui distolse lo sguardo, volgendolo lontano.
«Charles, io…».
«Potresti rimanere» questa volta fu lui ad interromperla, fissando nuovamente gli occhi in quelli celesti di lei.
«E potremmo lavorarci insieme come ti ho promesso sin dall’inizio. Preferisco passare i giorni assieme a te che camminare per non so quanto tempo per poi ritornare così come ora».
«Ma io no» sussurrò la ragazza.
Xavier inclinò la testa di lato, senza capire quello che l’amica intendeva.
«Come già ti avevo spiegato, Morrigan sta diventando sempre più forte. Ma ora, finalmente, sento di poterla contrastare. Per farlo, però, devo liberarla, Charles» spiegò la giovane.
«E sai che non lo farei mai vicino a voi».
Fra i due calò il silenzio.
Erano entrambi molto testardi e non avrebbero rinunciato facilmente. Ma Crystal sarebbe stata divorata dal senso di colpa se Charles non avesse approvato la sua partenza. Abbandonare lui e tutti gli altri era un colpo davvero duro, anche perché quella volta significava tornare dopo davvero molto tempo. Aveva già sperimentato la nostalgia di quelle persone e di quel posto sulla sua pelle. L’unica cosa che rendeva possibile la sua decisione era la volontà di non metterli in pericolo.
«Crys» il tono di voce spezzato del professore costrinse la ragazza ad alzare lo sguardo: gli occhi dell’amico erano colmi di tristezza, e quello fu un ennesimo colpo al cuore per lei.
«Erik e Raven se ne sono andati. Tu sei tutto ciò che mi rimane del gruppo con cui questa storia è iniziata. Non credo che potrei lasciarti andare, e anche per gli altri sarebbe difficile» cominciò a spiegare, ricacciando indietro il suo dolore.
«Ma mi fido di te. Se tu ritieni che questa sia la scelta migliore, allora la accetterò anche io».
Riprese la mano della ragazza e la strinse forte, senza staccare gli occhi dai suoi.
«Però…» mormorò a fatica, «… voglio che tu mi prometta che avrai cura di te. Che se avrai bisogno di qualsiasi cosa, tornerai subito qui. E che questo non sarà in nessun caso un addio».
Crystal, con le lacrime agli occhi, si alzò e si sporse in avanti per abbracciarlo forte.
«Promesso» gli sussurrò ad un orecchio.
E’ meglio andare… Charles ha già sofferto abbastanza decise infine.
Si staccò dall’amico e si mise in piedi di fronte a lui, porgendogli una mano.
«Forza, Charles» lo incitò accennando ad un sorriso.
«E’ ora di camminare».
Xavier, seppur follemente triste, si sforzò di ricambiare il sorriso e afferrò la mano della ragazza.
Crystal la strinse e chiuse gli occhi.
Una luce meravigliosa scaturì dai due palmi uniti e pian piano inondò tutto il viale. Dolcemente, la giovane tirò in piedi Charles che, senza capire come, riuscì a non ricadere sulla sedia.
Il forte bagliore gli impedì di vedere cosa esattamente stava succedendo. Improvvisamente, però, sentì di nuovo l’amica che lo abbracciava forte.
«Se mai avessi bisogno di me, ovunque sarò, ti basterà cercarmi qui» gli sussurrò ad un orecchio poggiandogli delicatamente un dito su una tempia.
E quando la forte luce svanì e le sue braccia ricaddero contro il suo stesso petto, Xavier rimase immobile, in piedi sulle sue gambe, con una lacrima che dolcemente gli accarezzava una guancia.

  
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