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Autore: Padme_Amidala    10/07/2012    2 recensioni
Estate 1912. New York, la città delle infinite possibilità, ove ogni cosa accade. Questa è l'avventura di un giovane studente che si detreggia tra il ritmo coinvolgente dei musical di Broadway e l'amore per un'aspirante attrice.
Personaggi singolari, uno stile frizzante e divertente sullo sfondo della vera protagonista della storia: New York City.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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Lo studente                                                                                        


Lo studente


     

          "Heaven, I'm in heaven
          And my heart beats so much that I can hardly speak,
          And I seem to find the happiness I seek
          When we are out together dancing cheek to cheek."
          Cheek to cheek, Ella Fitzgerald e Louis Armstrong

                    "You know, those lights were bright on Broadway
                      But that was so many years ago.
                      There are not many who remember-
                      They say a handful still survive
                      To tell the world about
                      The way the lights went out,
                      And keep the memory alive."
                      Miami 2017 (I've seen the lights go out on Broadway), Billy Joel



 Estate 1912                                  


New York, la città delle infinite possibilità, ove ogni cosa accade.
Qui c'è di tutto: teatro, editoria, letteratura, affari, omicidi, aggressioni, ricchezza e povertà.
Qui il presente è così poderoso che il passato si perde. Qui ognuno può trovarvi casa e scegliere in piena libertà il proprio destino, come decantano i versi che Emma Lazarus affidò alle silenti labbra di Madama Libertà, maestosamente ritta in piedi al centro della baia di New York:

"Tenetevi, antiche terre, i fasti della vostra storia.
Datemi coloro che sono esausti, i poveri,
le folle accalcate che bramano di respirare libere,
i miseri rifiuti delle vostre coste brulicanti;
mandatemi chi non ha casa, chi è squassato dalle tempeste,
io innalzo la mia fiaccola accanto alla porta d'oro!"

E Len Isaac Bartòk, studente di legge e vignettista a tempo perso, non poteva che essere d'accordo. In effetti, che una vita trascorsa altrove fosse indegna d'essere vissuta era uno dei pensieri che più spesso transitavano nella sua mente entusiasta. Gli capitava di pensarlo persino quando era immerso fino al collo nello studio di complicati casi giuridici, seduto nello squallido e stretto cubicolo che gli faceva da stanza alla pensione ove alloggiava, i fogli sparsi sul davanzale dell'unica finestrella presente e che egli utilizzava come scrivania, mentre il caldo inclemente opprimeva i newyorchesi costretti a stare al chiuso.
Una folata d'aria bollente e odorosa di polli arrosto proveniente dal marciapiede giunse a scompigliare i fogli. Len li tenne fermi con una mano per poi sollevare lo sguardo e tenerlo fermo sul palazzo di fronte. Sospirò distratto, sentendosi vagamente felice.
Era un giovanotto ventiduenne, alto, bruno e dal largo sorriso, con modi cordiali e affabili. "Un vero eccentrico, quasi certamente pazzo!" era il più sincero commento che di lui faceva Miss Edna Pendleton, la vecchia padrona di casa, a sua volta cortesemente ricambiata dal ragazzo con "l'avara pidocchia, senza nemmeno l'attenuante d'essere ebrea o scozzese". Ma questo, l'anziana lo ignorava, naturalmente. Quello che la induceva a pensarla così era, oltre che il proprio carattere scorbutico, l'abbigliamento assolutamente stravagante del giovane e un umorismo sagace ma a tratti pungente. Non che Miss Pendleton avesse tutti i torti. Tanto per cominciare, Len era un ebreo nato a Brooklyn da genitori ebrei ungheresi. La qual cosa non gli impediva di colpire con la più briosa arguzia le radicate usanze e convinzioni giudaiche, nonché i personaggi più in vista del mondo socio-culturale ebraico.
"Un'abitudine orribilmente stucchevole" cianciava la vecchia Edna quando prendeva il tè in compagnie delle sue tanto care quanto decrepite amiche. Ma Moses e Hannah Bartòk non disapprovavano affatto il figlio. Anzi, ritenevano che il suo fosse un modo come un altro di perpetuare le tradizioni. Moses il tassista, poi, dava prova in prima persona di uno spirito senza pari: non aveva ancora rivelato (e con tutta probabilità non l'avrebbe fatto mai) al padre novantenne che aveva abbandonato lui e l'Ungheria per trasferirsi con la famiglia in America, nell'emblema della modernità. No, per il vecchio ebreo barbuto, loro risiedevano nella felice terra dei loro avi, la Palestina.
L'idea rendeva così gioioso suo padre, che neppure l'indicazione di Brooklyn, New York sul retro delle lunghe lettere che mensilmente Moses gli spediva turbava la sua mente. Una fortuna che avesse novant'anni e molto poca lucidità.
Dunque, si può dire senza esagerare che la stravaganza di Len fosse da addebitare ai suoi genitori, in quanto erede naturale della loro. Un altro motivo per cui il ragazzo era inviso alla sua padrona di casa era il fatto d'essere dotato di un ottimismo sfrenato- che altri avrebbe definito "ottimismo imbecille". Pur senza un soldo, era convinto che tutto fosse a portata di mano, sol che avesse osato allungare un braccio.
Tutto, tranne Cecilia Riley, pensò Len e sospirò di nuovo, ora più mestamente.
In quello, il venditore ambulante di polli arrosto che s'era installato di sotto strillò:" Polli di qualità, polli newyorchesi per i newyorchesi! Allevati in Central Park!". Chiara giunse la voce ridanciana d'un passante: " Ci credo, amico. Quelli sono piccioni!".
Len scosse la testa e sorrise. Oh sì, adorava New York.





Note:
Salve a voi (se esistete, altrimenti scrivo a vuoto) che in modo o in un altro siete finiti qui a leggere questo primo capitolo della mia storia! Beh, le note sono tutte tecniche, mi sa. Parto dalle citazioni: la prima è la famosissima canzone composta da Irving Berlin nel 1935, quindi anche se scritta e cantata un bel po' di anni dopo il periodo in cui è ambinetata questa storia, l'ho citata per l'atmosfera che evoca e che mi sembra adatta al contenuto della storia; per la seconda, ben più recente, vale lo stesso. Dopo tutto, il fascino di New York è rimasto immutato negli anni. Ed è la città stessa ad essere uno dei personaggi della storia, se non quello preponderante.




  
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