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Autore: Opalix    12/07/2012    8 recensioni
Elogio alla follia...
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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L’ORDINE DELLA CAMICIA DI FORZA

ovvero

“AMICI DI VIRGINIA DE WINTER”
(della cui femminilità, a differenza di quella di Maria de Filippi, sono abbastanza certa)

Una delle cose davvero strabilianti dell’aver assistito da vicino all’ascesa di Milady de Winter (al secolo Savannah che, sebbene sia una che di solito tende a non far stragi e lasciare i personaggi tutti interi, ha ben pensato di autobattezzarsi come la stronza assassina dei tre moschettieri, così, tanto per lasciarsi aperta la porta) è stato il suo progressivo circondarsi di una manica di adorabili creature che hanno come comun denominatore il fatto di essere, oggettivamente, fuori come dei copertoni.
Riferendomi a queste folli e folleggianti creature parlo, ovviamente, dei suoi personaggi. Che poi essi siano diventati i protagonisti di un gioco di ruolo on-line, impersonati da esseri umani altrettanto folli e folleggianti, è da ritenersi un effetto collaterale abbastanza prevedibile.
Ma lasciamo gli adorabilmente pazzi ruolanti fuori dalla discussione e provvediamo ad analizzare gli originali, i figli amatissimi, usciti freschi freschi (e, ahimè, sempre troppo vestiti) dalla penna di Milady.
La saga prende il via con la prevedibile damsel-in-distress, che per una volta non è né bionda né in mutande, come prevede il copione dei migliori horror anni ’90, ma si difende bene in quanto a pirlaggine andandosene in giro, sola ed indifesa, in una notte in cui anche Buffy l’Ammazzavampiri si metterebbe una mano sul cuore e darebbe due giri di chiave alla porta. Eloise, la nostra attraente damigella, vince al gioco dell’oca (in che senso? potrebbe venire da chiedervi…) e risveglia l’aitante vampiro pluricentenario addormentato da tempo.
Una questione di culo, suppongo. Se io fossi in pericolo in zona universitaria accorrerebbero un punk a bestia e il suo pulciosissimo cane, Eloise si becca Ashton Blackmore.
Anzi, Ashton Blackmore di Blackmore.
Bello da vivo, bellissimo da non morto e, se mai qualcuno trovasse il modo di farne un cadavere definitivo e non semovente, sarebbe bello lo stesso perché i morti Blackmore non si putrefanno neppure.
Culo per culo per 3,14.
Un momento di silenzio e raccoglimento per sospirare sulla sua pelle di marmo lunare, i suoi capelli neri e i suoi occhi viola. E serve anche un po’ per domandarsi se i Blackmore e i Targaryen sono parenti alla lontana, ma questo non diciamolo all’autrice se no mi disconosce.
Ora, a questo punto della vicenda (cioè più o meno a pagina sei della prima pietra tombale, perché definirlo mattone è sminuente e non rende l’idea del gotico romanticismo di cui sono infuse le copertine, né del peso che questi libercoli da ombrellone sono in grado di infliggere alle tue braccia se tenti di leggerli sdraiata sulla spiaggia) tutti si aspetterebbero che l’avvenente umana e l’avvenente vampiro si mettessero insieme e la storia si svolgesse come da copione, tirando in ballo un altrettanto avvenente lupo mannaro a caso per fare un triangolo amoroso inter-specifico sufficientemente tormentato.
Grazie a Dio tutto ciò ci viene risparmiato.
Ashton Blackmore infatti non sembra abbisognare di una donna, ma piuttosto di un cane. O di un gatto. O di un criceto. O di un pappagallino. O di una potenziale esorcista con poteri magici da usare come animaletto di cripta, insomma. Infatti, questo centenario pezzo di carne indurita, decorativo come un David di Michelangelo e più o meno della stessa consistenza, non fa che rivolgersi ad Eloise chiamandola “ragazzina umana”, con l’aria di uno che vuole farle pat-pat sulla testolina da un momento all’altro, o ridere sotto i canini con il vago, distaccato divertimento con cui uno scienziato osserverebbe un topo da laboratorio intrappolato nel mini-labirinto.
Un altro che ha seriamente bisogno di comprarsi un cane, o di procurarsi un hobby davvero molto impegnativo, è il biondo di turno, Axel Vandemberg. Anzi, il Principe Axel Vandemberg: biondo come il sole di giugno, occhi azzurri come il mare in Sardegna, bello, forte, ammirato, e con un ego al confronto del quale il Pacifico si sentirebbe una pozzanghera.
E di nuovo penserete (e non posso darvi torto) che, se ci è stato risparmiato l’ormai logorroico triangolo tra il vampiro, l’umana e il lupastro, non ci verrà risparmiato l’atavico dramma della scelta tra il biondo e il moro. Ma no, nemmeno questo.
Ashton non entra nemmeno in competizione, non nella vita concreta, almeno; l’interno della testa di Axel è tutta un’altra questione… ma il cervello di Axel Vandember mi sembra un luogo troppo estenuante perché io possa desiderare davvero di fare un viaggio al suo interno. Probabilmente mi aspetterei di sentire una versione gothic di Marco Masini che canta T’innamorerai/ di un bastardo che/ti dirà bugie/per portarti via da meeee, senza tener conto del fatto che contar balle ad Eloise sembra essere il passatempo preferito di Axel per un migliaio di pagine circa.
Ashton, dicevo, si limita a fare pat-pat sulla testolina di Eloise e si diverte un mondo a prendere per i fondelli il povero biondo. Eloise e Axel sono innamorati cotti uno dell’altra, da tempo talmente immemore che viene da chiedersi come Axel abbia superato l’adolescenza senza farsi venire il tunnel carpale. Del resto, sono entrambi così svegli e pronti di spirito da passare il tempo a far finta di non conoscersi piuttosto che fare ciò che Madre Natura li ha progettati per fare, alleggerendo in questo modo non solo il loro spirito, ma anche quello delle persone che stanno loro intorno, che sopportano le loro paturnie e che ne hanno lo spirito pieno e dolorante.
Ah si, è vero, c’è stato un dramma precedente, che ha interferito con il loro amore e separato i loro destini. Era coinvolta una zoccola vampira vecchia di centinaia di anni (la Bella Stronza?), e tutta una serie di situazioni in cui Axel avrebbe ben potuto evitare di andare a ficcare il naso. Di qui il bisogno cronico di Axel di un hobby impegnativo che lo porta ad essere una piaga nel posteriore dello Studium in generale, e di Eloise in particolare, a pedinare la gente in generale, ed Eloise in particolare, e a far parte di una versione medieval-gothic dei Back Street Boys in mantello nero e faccia mascherata.
L’Aldenorense dagli Occhi di Ghiaccio entra infatti a far parte delle confraternita delle Cinque Lune, insieme ad altri quattro pazzi, come richiede la migliore tradizione delle boy band. Axel è il biondo di turno, ovviamente, mentre gli altri Quattro dell’Oca Selvaggia (citazione di un vecchio film con Richard Burton, per chi fosse troppo giovane per averne mai sentito parlare… e no, giuro che non è un porno) sono: Ross Granville, il serio e sostenuto, (che, con il numero esorbitante di cugine e sorelle che si ritrova, ha sviluppato una furiosa orticaria da overload di estrogeni tale per cui non riuscirà mai ad avvicinarsi ad una donna in vita sua… di qui la necessità, anche per lui, di un hobby impegnativo), Gil Morgan, quello con i muscoli, (che di selvaggio ha solo un’ormonite furibonda perchè la sua strawberry blonde della situazione ha troppo la puzza sotto il naso per dargliela), Stephen Eldridge, quello dall’aria intellettuale, (che è la personificazione stessa dell’hobby impegnativo, probabilmente perché nessuno gli ha mai spiegato che il modo giusto per smaltire l’eccesso di energia non è esattamente andarsene in giro a scassinar tombe), e Bryce Vandemberg, il sofisticato.
Quest’ultimo, fratello di Axel, ha fatto della ricerca di un hobby impegnativo la sua filosofia di vita, la sua missione, il suo fine ultimo. Così ultimo che lo porterà alla tomba, come lui intelligentemente prevede e fa le prove del caso. Ma i biondi Jonas Brother presenti nella vecchia capitale non sono solo due, c’è anche Jordan, l’ultimo nato, che non viene arruolato nei Black Cloak Boys solo perché è piccolino e sarebbe circonvenzione di minore, e che se ne sta lì a guardare i suoi fratelli con aria afflitta e col terrore negli occhi calcolando a mente le probabilità di non aver ricevuto troppe copie dei geni che hanno reso Axel e Bryce… ciò che sono. Belli e biondi.
Bella stronza/che ti fai vedere in giro per locande ed osterie/con il culo sulla carrozza di quel vampiro arrogante…
Eh già, in questo scenario pieno di popstar alla High School Musical con un pizzico di The Skulls, il neurone di Axel continua imperterrito a cantare. Nel frattempo, la dolce Eloise se ne va in giro col vampiro più bello e più potente di tutta la cristianità a profanar tombe (è evidente che farsi una manicure o leggersi un libro non sono passatempi contemplati nella Vecchia Capitale) e gode dell’occasionale compagnia di un’altra coppia di pittoreschi personaggi: i vampiri Blackmore, che entrano in scena accompagnati dal motivetto di “Who wants to live forever”… e in effetti ce lo vedi quasi, il sostenuto Adrian, come una versione un po’ più silenziosa di Freddy. Considero questo personaggio estremamente riposante: è probabilmente l’unico del Mucchio Selvaggio a non tentare in continuazione di imporre la propria molesta presenza al proprio prossimo a tutti i costi. Dopo due o trecento pagine di Axel che compare dietro a ogni muro come la classica vicina guardona e Ashton che si diverte a spuntare da tutti i buchi come un’erbaccia particolarmente resistente, si accoglie l’entrata in scena delle buone maniere di Adrian con un sospiro di sollievo. Al fianco di Adrian, il “giovane” Cain appare un po’ come un curioso mix tra Justin Bieber (però meno antipatico) e il classico orfanello da telenoleva sudamericana degli anni ’80.
La cosa davvero positiva dei vampiri della De Winter (non solo dei Blackmore) è l’assoluta mancanza di seghe mentali stratificate. Mi spiego: dopo essermi sorbita cinque o sei libri infarciti delle paturnie di Lestat, per non parlare di quelle del glitterato Edward, avere a che fare con una manciata di non morti che non hanno occupato quel paio di secoli precedenti l’inizio della storia per costruirsi roccaforti volanti di seghe mentali… beh, è un passo in avanti. Certo, la cosa potrebbe trovare spiegazione nel fatto che la Lady Creatrice non ha fornito loro la materia prima necessaria per quest’attività, ma tendo a considerare principalmente un indice di buona educazione il fatto di non tediare il proprio prossimo con rimorsi, rimpianti e quanto di più deprimente la mente umana possa partorire se ha disposizione decenni di nullafacenza.
Concludo questo elogio alla follia e questa analisi dei principali “male characters” di Milady con un pensiero profondo ed intellettualmente impegnato. Si, dopo aver conosciuto i personaggi c’è anche una storia. Con una trama, pensate un po’. Anzi più storie che si intrecciano e vanno a formare quattro libri, che dovevano in origine essere tre. Il terzo libro sta per uscire, e il quarto… boh. Manco il titolo sappiamo ancora. Ma possiamo fare delle ipotesi. Dopo la Spada, la Chiave e la Penna… con l’ordine di quale altro oggetto dalla forma o dal simbolismo “velatamente” fallico avremo a che fare nel quarto capitolo della saga?

Baci a tutti e buona lettura della terza lapide,
Diana Malaspina (Opalix)

   
 
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