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Autore: Mrs Nobody    12/07/2012    1 recensioni
'Io ero sul punto di addormentarmi e poi ho visto Sherlock, barcollante, ma affatto assonnato, ciondolare verso di me. Senza chiedermi se avessi qualcosa in contrario, ha spostato le coperte e si è messo di fianco a me. Ma naturalmente non avevo nulla in contrario.'
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non è successo niente.

<< Smettila di suonare quel maledettissimo violino, potrei uscirne pazzo! >> 
<< John, pensavo ti piacesse, sono piuttosto bravo dopotutto. >>
<< Sono due giorni di seguito che non smetti. >>

Adoro Sherlock. Quando sembra un bambino, quando sembra un assassino o anche quando sembra uno psicopatico. Adoro tutte le sfaccettature del suo carattere, per quanto, almeno la metà di esse, siano alquanto irritanti. Però è da due giorni che la sua mente geniale non lavora più come prima. Non riesce ad arrivare a capo di questo mistero, anche se perlomeno ai miei occhi sembra piuttosto semplice. "E' perché tu sei stupido". Mi sembra quasi di sentire la sua voce. Invece sento solo il suo fastidioso violino che rischia di farmi esplodere il cervello. Devo assolutamente uscire di qui. Non lo saluto neppure, esco e basta, sbatto la porta solo per fargli capire che sono andato via. Non sembra neppure notarlo.

Il caso riguarda un omicidio coniugale. Lei ha ucciso suo marito. Ma non mi sembra niente di nuovo, lui sfiorava i novant'anni, lei è una giovane extra comunitaria di neppure trenta. Bella, formosa, affascinante. Cosa c'è di strano? Lui era persino ricco, non riesco proprio a capire quale sia il problema di Sherlock. O forse sì? Probabilmente non era il caso che lo agitava, ma quello che c'era stato tra di noi, due giorni fa. Ricordo in maniera nitida ogni singolo istante di quella serata. Non che sia distante, ma comunque eravamo ubriachi entrambi. Io ero sul punto di addormentarmi e poi ho visto Sherlock, barcollante, ma affatto assonnato, ciondolare verso di me. Senza chiedermi se avessi qualcosa in contrario, ha spostato le coperte e si è messo di fianco a me. Ma naturalmente non avevo nulla in contrario.
E poi, solo sesso.
In un primo momento ero certo che avesse scordato tutto, pur avendo lasciato a me un ricordo indelebile. Ma poi l'ho visto lì, che non mi guardava in faccia neppure per sbaglio e ho capito. Ricordava ogni cosa, persino meglio di me.

Fa un freddo assurdo, anche se siamo già ad aprile. Decido che la mia passeggiata è troppo azzardata e torno a casa. Sherlock si è finalmente deciso a poggiare quel benedetto strumento; ora è disteso sul divano con i cerotti alla nicotina sul braccio. Questa volta ne sono tre.
<< Credi davvero che si tratti di un problema da tre cerotti? >> Dico togliendomi il cappotto.
<< Sì. >> Risponde lui. Non si muove, non mi guarda neppure in faccia.
<< Allora spiegami cosa c'è di tanto strano. >> Mi siedo sulla poltrona, i gomiti poggiati sulle ginocchia, in attesa di una risposta, che dal suo sguardo intuisco non otterrò mai.
Sbuffa e aggiunge un quarto cerotto. Lo guardo fissare la parete - quella bucata dai suoi proiettili - e vado a prendermi qualcosa di alcolico da mandare giù.

<< Perché non mi vuoi spiegare? >> Chiedo per l'ennesima volta dopo essermi scolato l'ennesimo bicchiere di whisky ed essere ormai ubriaco per l'ennesima volta.
<< Perché non capiresti. Vattene, sei ubriaco. >>
<< Non sono ubriaco. >> Mento. La vista annebbiata, mi gira la testa, sbando. Sicuramente mi crederà.
<< Vai a dormire. >> Il suo sguardo imperscrutabile, il suo tono cantilenante.
<< Ma sono solo le otto! >>
Mi sento cedere le gambe e poi buio.

Svegliarsi in una stanza interamente bianca è alquanto irritante. Vedo Sherlock in piedi a parlare al telefono, suppongo, voltato di spalle. Gli abiti scuri che indossa contrastano terribilmente con l'ambiente. Ma non riesco a immaginarlo vestito diversamente, non sarebbe più lui. 
Si volta verso di me di scatto.
<< Sei sveglio. >> Sussurra.
Io annuisco e basta, non ho tanta voglia di parlare, o comunque è la forza che mi manca.
<< Ho risolto il caso. Avevo ragione io, ovviamente. Perché uccidere un uomo, dato che comunque nel giro di un paio d'anni se ne andrà da sè? >>
Annuisco di nuovo, impercettibilmente. Sono davvero un rottame.
<< Dovevo trovare un motivo per il quale si aveva urgenza di farlo fuori. Poteva essere per rabbia, forse perché sapeva qualcosa, magari perché c'era qualche rischio che cambiasse il testamento; oppure nessuna di queste. >>
<< Spiegati. >> Riesco a dire, ansimante.
<< Pensaci, non c'era motivo per ucciderlo. Quindi? >>
Pretende che ci arrivi da solo, che parli. Ma non si rende conto che sto male? << Non lo so. >> 
<< Quindi non è morto! >> Il suo tono trionfante non mi convince affatto.
<< C'è un cadavere, Sherlock. >>
<< Ma non è della persona che crediamo noi. Mio Dio, geniale! Davvero geniale! >>
Ormai non riesco più a parlare, con un gesto gli chiedo di proseguire. 
<< Allora, il cadavere è stato ritrovato due mesi dopo la morte, non è vero? >> Si accorge che non rispondo e si affretta ad andare avanti. << E' stato immerso in una pozzanghera per chissà quanto tempo, non ha smesso di piovere neppure per un minuto nel mese di febbraio! Tutte le tracce sono scomparse. Sarebbe stato fin troppo facile per l'assassino, infilare il proprio documento nella tasca della giacca della vittima. C'è stato uno scambio di persona, ovviamente. Il cadavere aveva un coltello nella schiena, ma questo non dimostra che non fosse già morto prima per cause naturali e che si è voluto inscenare il delitto per far ricadere la colpa sulla povera moglie... >> Mi rendo conto di non riuscire più a seguirlo. << Sherl... >> Cerco di chiamarlo, ma il suo nome mi si spegne in bocca e poi svengo di nuovo. Ma cosa mi è successo? Ah, una botta in testa, probabilmente.

Mi sveglio di nuovo in quella maledettissima stanza bianca, sono stufo di svenire. Voglio andare a casa. No, possibilmente prima voglio capirci qualcosa. Cerco Sherlock con lo sguardo senza trovarlo. Poi, finalmente, un infermiere si degna di venirmi a dare qualche spiegazione. Niente di grave, sono solo caduto a terra; mi hanno fatto qualche esame, ma pare che sto bene e mi dimettono tra poco. Mi ha persino raccomandato di non bere più, ma ovviamente non gli darò ascolto. Avrà più di dieci anni meno di me; non permetto a un ragazzino di farmi la paternale.

Trascorro un paio d'ore strazianti, senza fare nulla. E poi finalmente vedo Sherlock entrare con un modulo per farmi uscire dall'ospedale. Sistemata la parte burocratica, respiro un po' dell'aria fresca ed inquinata di Londra. Noto che Sherlock ha perso tutto l'entusiasmo che aveva tirato fuori qualche ora fa. Non posso stare zitto.
<< Che succede? >>
Ovviamente non mi risponde, si volta dall'altro lato. Mi irrita infinitamente questo suo atteggiamento.
<< Rispondimi una buona volta! >> Alzo la voce, ma poi me ne pendo subito. Vedo il suo viso contratto in un'espressione estremamente delusa.
<< Mi sbagliavo. >> Dice, quasi sputando quelle due parole. Dubito che le avesse mai pronunciate prima.
<< Come, scusa? >>
<< Io ho sbagliato a sospettare lo scambio di persona! Oh mio Dio. Cosa mi prende? Era uno sciocchissimo omicidio, compiuto dalla figlia perché il padre stava per lasciare tutti i suoi beni alla giovane moglie. Quella stupida donna ha confessato e le prove erano a favore della sua ammissione. Ero convinto che ci fosse stato uno scambio di persona, che lui fosse fuggito a causa dei debiti che gravavano sulle sue spalle. Mi sbagliavo. >>
Non l'avevo mai visto così. Sherlock era solito essere freddo e distaccato, con la risposta pronta, incapace di farsi travolgere dalle emozioni, ma ora stava cambiando qualcosa. Non osavo espormi, ma sospettavo seriamente che ciò che c'era stato tra di noi fosse il drammatico motivo per cui aveva perso tutta la sua prontezza. Decido di parlargli, ma solo dopo essere tornati a casa, seduti sulle poltrone senza fare niente. Sta per prendere il violino. Scatto in piedi e gli dico di poggiarlo immediatamente.
<< Dobbiamo parlare. >> Dico a quel punto, con aria estremamente seria.
<< Non abbiamo motivo di farlo. >>
<< Si, invece! Sherlock, so che ti ricordi tutto di quella sera, eri abbastanza lucido da sapere ciò che stavi facendo! >>
Sherlock sospirò - non l'avevo mai visto sospirare - e si mise seduto sul borto della poltrona, come se fosse pronto a scappare da un momento all'altro. Sapevo che l'avrebbe voluto fare, ma il suo buonsenso - perché in fin dei conti il buonsenso ce l'aveva - lo costringeva a restare seduto.
Il silenzio mi distrugge e decido di riprendere parola.
<< Senti, io capisco benissimo che tu voglia evitarle l'argomento, ma... >>  Non riesco a terminare la frase, perché in un attimo mi ritrovo le sue labbra sulle mie. Non so bene come reagire, ma non ho le forze di scansarmi e costringerlo a parlare e poi ho fame di lui. 

Di nuovo ci ritroviamo a letto. Questa volta siamo entrambi lucidissimi. Non so più come comportarmi, sono stanco di questa orribile situazione. Ci stacchiamo l'uno dall'altro contro voglia - cioè, questo vale per me - e poi parlo. Non riesco a frenare il fiume di parole che escono dalla mia bocca.
<< Ti prego spiegami cosa sta succedendo. In questi giorni tu non sei più tu ed io non sono più io, mi sta esplodendo il cervello. Io ti voglio un bene infinito e mi auguro che anche da parte tua sia così, ma .. >>
<< ...ma vuoi una qualche spiegazione. >> Termina lui per me. Io annuisco. Davvero, non sono più io.
<< Tra di noi non c'è niente. Tutto deve tornare assolutamente come prima. Io sono sposato con il mio lavoro. >>
Annuisco di nuovo, so che è così, non è la prima volta che me lo dice. 

E' passato una lunga settimana da quella conversazione. Tutto è tornato esattamente come prima. Ora ha dimenticato cosa significhi provare anche un minimo di emozione. Mi rendo conto che in fondo è meglio così.
Anche questa sera mi ha raggiunto a letto. Lo facciamo e poi basta. Stop.
E' solo uno sfogo, suppongo. Perlomeno adesso risolve casi al primo tentativo.
  
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